1 - Upside down

Gli esseri umani si suddividono in categorie: in base all'aspetto fisico, in base al tipo di apparato riproduttore che hanno, in base all'età, in base all'orientamento sessuale, in base a qualunque caratteristica possa differenziare un individuo da un altro.

Prendiamo l'esempio dell'attitudine a una determinata attività.

Ci sono quelle persone che qualsiasi cosa facciano, la fanno bene, perché si impegnano.
Magari ci impiegano tempo e denaro, ma sono determinati, e ci riescono.

Poi ci sono quelle persone che qualsiasi cosa facciano, riesce loro sempre tutto nel migliore dei modi, perché... Sinceramente non lo so il perché, spesso non si meriterebbero nemmeno un ravanello nell'ano.
Molte (per non dire tutte) di queste persone senza nemmeno fare uno schifo di sforzo riescono sempre ad eccellere in qualunque dannata cosa.
Legge un libro: oh mio dio, leggi benissimo!
Mangia un panino: fatemi essere quel panino, voglio essere mangiato/a in un modo così perfetto!
Tira un calcio ad una palla: magnifico, hai mai pensato di entrare in una squadra di calcio e giocare nella serie A?
Respira: miseriaccia, il suo alito alla cipolla è qualcosa di divino!

E infine ci sono quelle persone che non fanno altro che sbagliare.
Hey, sono proprio io, Johanna Walker.
"Il tuo più grande errore è stato quello di nascere. Se non l'avessi fatto, ora non saresti qui e quindi non avresti potuto fare tutto il casino che hai fatto."
Queste sono state le esatte parole di mio padre quando è venuto a prendermi dopo che sono stata espulsa per la sesta volta consecutiva dalla sesta diversa scuola nel giro di quattro mesi.
Non avevo ancora compiuto nove anni e già mi si proiettava davanti una vita piena di sfiga e odio da parte di tutti. Persino gli scoiattoli mi odiano.

Mi hanno mandata da un educatore, da uno psicologo, da uno sciamano voodoo, dal papa, da un esorcista, da un dietologo, persino da una tizia tedesca chiamata signorina Rotwailer? No, forse era Rottenmaier? Comunque, hanno tentato in tutti i modi di farmi essere una persona normale, ma ovviamente non ci sono riusciti.
È stato molto esilarante farli uscire tutti di senno, anche se, tutte le volte che tornavo a casa, mio padre mi accoglieva con un caloroso "spero tu non abbia fatto tutte stronzate oggi". Una persona amorevole, non c'è che dire.

All'età di tredici anni - udite, udite - ho passato l'esame di terza media senza troppi problemi. A parte quelle dannate prove a quiz per valutare il livello di istruzione di uno stato, ovviamente. Credo di aver abbassato le percentuali positive della popolazione italiana almeno del 20%.
Fare l'orale è stata la parte più difficile, ma credo che chiunque, pur di non aver più a che fare con me, mi avrebbe promosso.

Il primo giorno di liceo non poteva non iniziare senza che io combinassi qualche catastrofe.
Appena avevo aperto la porta della mia classe, il muro di fianco ad essa era crollato.
Ovviamente tutti i miei nuovi compagni e la professoressa erano dentro l'aula.
Ambulanze, vigili del fuoco, guardia forestale, polizia, carabinieri, guardia di finanzia, erano accorsi tutti in men che non si dica, ed io ero stata chiusa nell'ufficio del preside ad aspettarlo. Non ho fatto crollare nessun muro, ho solo rotto la cornice di una fotografia dei suoi figli.
"Mi ascolti bene, io non ho intenzione di dover rimediare ad ogni apocalisse che la sola sua presenza preannuncia. Quindi mi auguro vivamente che lei si trasferisca nell'altro emisfero del globo: magari se il mondo è girato al contrario, lei potrà essere una persona normale."
Inutile dire che, dopo un anno dall'illuminante discorso del preside, da Nizza mi sono trasferita a Melbourne, in Australia, dai miei zii paterni.

Oh, zia Beth e zio Ector, due amorevoli persone. Come mio padre, insomma.
Zio Ector, essendo il fratello maggiore di mio padre Patrick, è più severo ed intransigente del fratellino.
Zia Beth, invece, è una donna pacata e tranquilla, oserei dire priva di personalità. Non che tutte le persone debbano essere esuberanti o testarde, ma quella donna non ha mai una dannata opinione su nulla, nulla.

I miei zii hanno due figli gemelli, Rick e Ross, ed una figlia, Jane.

Jane, la maggiore, è la classica brava ragazza super studiosa: la sua pagella è sempre stra piena di A, si è diplomata con il massimo dei voti (e forse anche la lode), ha due lauree, una in giurisprudenza e l'altra in medicina, e ora vive a New York con il suo fidanzato.
Io e i gemelli la chiamiamo "macchina da guerra", perché quando si prefissa un obbiettivo, costi quel che costi, lei ci arriva. E comunque fa di tutto per meritarselo.

Poi Rick e Ross, nati ad un giorno di distanza l'uno dall'altro (non mi capacito ancora adesso di come questa cosa sia possibile), sono tutto fuorché uguali, a parte i lineamenti somatici.
Rick è un maledetto perfettino, anche se è facilmente corrompibile, ed è timidissimo e chiuso in se stesso con chiunque non sia di famiglia.
Ross è un casinista come me, che però riesce sempre a cavarsela e a non finire in punizione. Egocentrico e fannullone, è anche circondato da un miliardo di ragazze che muoiono dietro di lui.

Sto tornando a casa con il pullman dopo una stancante giornata di scuola.
È una sera d'inverno e fa dannatamente caldo. (Già, qui le stagioni funzionano al contrario.)

Esausta, scendo dal veicolo e cammino dalla fermata fino alla casa dei miei zii, prendendo già le chiavi in mano per aprire.

«Ross, mi passi una birra?» esordisco, appena entro in cucina, chiudendo la porta d'entrata dietro di me.

Il gemello prende una bottiglia dal frigo di fianco a lui e me la lancia. Miracolosamente riesco a prenderla al volo e, mettendo gli occhiali da sole sulla testa, salgo in camera mia con lo zaino su una spalla e la bottiglia di birra in una mano.

Mentre cammino per il corridoio, scorgo Rick in camera sua a studiare.

«Ancora a studiare?» gli chiedo, ridacchiando tra me e me quando sussulta.

«Dato che domani c'è la verifica di fisica e non voglio prendermi una F, come invece farete tu e Ross, sì. E sono nel panico più totale.» balbetta, sfogliando spasmodicamente le pagine del libro e del quaderno.

«Rick, conoscendoti avrai scansionato ai raggi x ogni fonte disponibile sugli argomenti della verifica per tutto il pomeriggio e per tutti i pomeriggi dei giorni passati, quindi riposati. Domani mattina non voglio andare poi a scuola accompagnata da uno zombie e da un altro zombie, dato che stasera Ross ha intenzione di andare in un locale con una ragazza, credo.» cerco di rassicurarlo, fallendo miseramente, visto che dopo le mie parole, Rick si alza dalla sedia e scende di sotto, lasciandomi come un'imbecille sulla soglia della sua stanza.

Sospiro, sapendo già che i due gemelli litigheranno per l'ennesima volta.
E la colpa di chi è? Mia, che non sono capace a tenere la bocca chiusa.

Mi trascino fino al fondo del corridoio, fino alla mia camera, e spalanco la porta, per poi richiudermela alle spalle appena sono dentro.
Lancio malamente il mio zaino ai piedi del letto, appoggio la bottiglia sulla scrivania, mi tolgo le scarpe e mi lego i capelli in una coda alta, aprendo poi un cassetto e tirandone fuori un apribottiglie per stappare la birra.
Appena ne bevo un sorso mi rilasso e mi siedo sul divanetto di fianco alla finestra.

Continuo a sorseggiare la birra, mentre osservo il paesaggio arido che si estende fuori, in netto contrasto con i campi verdeggianti coltivati da zio Ector e zia Beth, e ovviamente dai bellissimi ragazzi che pagano.

E tra di essi c'è Ashton Irwin, che è praticamente il sogno erotico di ogni ragazza di Melbourne e dintorni.
È un ragazzo abbastanza alto, muscoloso, mascolino, con una chioma di ricci biondo scuro, abbronzatura sempre perfetta... Insomma, vent'anni di pura bellezza divina.

E, giusto per non farci mancare nulla, ogni tanto vengono dei suoi amici per poi andare in giro, quando ha finito di lavorare.
Amici come Calum Hood, ad esempio.
Un ragazzo alto, dai capelli corvini, tratti neozelandesi, bicipiti che potrebbero fare invidia persino a Captain America, labbra piene e vabbè, un'altra divinità di circa diciotto anni che onora la popolazione terrestre della sua presenza.

Amici come Luke Hemmings, anche.
Che nonostante sia il più piccolo è il più alto di tutti, ha delle gambe lunghe e snelle che farebbero invidia a qualsiasi modella, capelli biondi, occhi azzurri, spalle larghe... Sì, in pratica un angelo sceso in terra.

E poi c'è l'acerrimo nemico di Ross, Michael Clifford.
Sempre vestito di nero, come Ross, sempre con un ghigno stampato in faccia, come Ross, sempre con i tatuaggi neri che risaltano sulla sua pelle nivea, come Ross.
Un tempo erano migliori amici, mi ha raccontato Rick, erano sempre insieme, il loro primo tatuaggio l'hanno fatto insieme, ma un giorno hanno litigato per una ragione a tutti sconosciuta, e da quel giorno non si sono più parlati, solo qualche occhiataccia nei corridoi di scuola.
In presenza di Ross non si può nominare Michael, e in presenza di Michael non si può nominare Ross.

Anche se talvolta vedo Ross guardare tristemente fuori dalla finestra, proprio dove ci sono Ashton e i suoi amici, e spesso anche Michael sembra triste quando è qui con gli altri.

In ogni caso anche Michael Clifford è una bellezza spettacolare, una bellezza quasi come se fosse un angelo dannato.
Anche se i suoi capelli hanno visto tinte di ogni colore dell'arcobaleno e non, quindi non è esattamente un ragazzo satanico, opterei più per descrivere il suo stile come punk rock.

Ed è quando sento il rumore di un motore avvicinarsi che scorgo la macchina degli amici di Ashton.
Oh, bene, anche questa sera potrò assistere ad una sfilata di cotanta bellezza.
Con questo pensiero, finisco di trangugiare la birra e scendo le scale, per osservarli meglio da vicino.

Quando arrivo in salotto però, mi trovo davanti ad una scena che non mi sarei aspettata.
C'è zia Beth che sta chiedendo amorevolmente ad Ashton e i suoi amici di fermarsi a cena, zio Ector sta leggendo il giornale (da quando sa leggere?), Rick è tutto allegro che apparecchia tavola, e Ross è raggomitolato su una poltrona con le cuffiette nelle orecchie e gli occhi chiusi, mentre fa finta di dormire per non incrociare lo sguardo di nessuno.

Questa serata si prospetta interessante.
Soprattutto perché io sono assolutamente l'espressione della femminilità, e tutto questo testosterone mi sta mandando in agitazione.

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