Una Nuova Vita pt1
«Bene.» fece il dottor Manuzzi perfettamente tranquillo, come se fosse tutto nella norma. «Penso che sia giunto il momento di mettere fine a questa farsa.» il suo corpo cominciò gradualmente a cambiare, diventando più alto e più muscoloso.
I capelli si tinsero di un biondo limone lunghi fino alle spalle e le iridi di un caldo color nocciola. Attorno agli occhi si formarono delle lievi rughe.
Anche i vestiti non erano più gli stessi; al posto del camice bianco e dei pantaloni di jeans ora portava un maglione grigio scuro largo, con la cerniera e il colletto alto molto grosso, assieme a dei pantaloni di una tuta dello stesso colore.
Ai piedi adesso c'erano un paio di anfibi scuri alti mentre alla vita era legata una grossa cintura piena zeppa di pugnali e di strane stelle con un buco al centro.
Il volto era coperto dal naso in giù da una maschera di tessuto nera che sembrava attaccata alla maglia indossata dall'uomo sotto la felpa.
Teneva le mani in tasca in posizione rilassata e osservava tutti i presenti con aria divertita.
Sia i bambini che gli Educatori lo fissavano a bocca aperta, increduli di colui che avevano davanti agli occhi.
Lo avevano riconosciuto tutti. E non c'era da stupirsi essendo lui uno degli Eroi più famosi e amati.
L'unico a sembrare annoiato era Shakoma, che alzó gli occhi sbuffando come a dire: "Hai finito di metterti in mostra ora?".
Gabriele sollevò il viso guardando diffidente l'Ultra, Dri ancora stretta a sé. Anche lei si era voltata verso quello che prima si spacciava per un dottore ma non sembrava per nulla stupita.
L'uomo fece un passo avanti verso i due neo Ultra. «Da quanto posso vedere dalle vostre facce mi avete riconosciuto tutti.» disse, nel silenzio la sua voce risuonava forte e limpida «Ebbene sì, io sono Mille Volti. Piacere di conoscervi.»
In quella stanza avvolta nel silenzio, il primo a parlare fu Gab. «Dri aveva ragione.» affermò con tono sicuro, sia lui che Adriana si staccarono dall'abbraccio ma si tennero comunque per mano.
Adri diede una veloce occhiata all'amico, aveva ancora gli occhi rossi dal pianto. «Visto? Te l'avevo detto che non era un medico.»
«Non ho mai creduto il contrario» ribatté lui a voce bassa per non farsi sentire.
Mille Volti ridacchiò «La piccola Adriana ci ha preso. Penso che quella fosse stata una delle prime dimostrazioni della sua abilità.» poi fece una cosa che colse di sorpresa i due bambini, si inchinò rispettoso. «È un onore trovarmi di fronte ai due Bambini citati nella Profezia.»
Gli altri erano ancora troppo allibiti e scossi da seguire il suo esempio.
Finalmente Marco riuscì a ritrovare l'uso della parola. «No-Noi pensavamo che... che venisse soltanto un dottore specializzato a controllarli.» disse balbettando «Non direttamente un Eroe. Di solito...»
L'Eroe si rimise in piedi pulendosi i pantaloni, le armi tintinnarono ad ogni suo movimento. «Di solito uno di noi arriva nel luogo dove si trova il Neo Ultra una volta che questo ha utilizzato per la prima volta la sua abilità e prima, nel caso ci siano stati problemi durante la malattia, vi è un medico normalissimo a controllare. Ha perfettamente ragione signor Bonfatti.» concordò continuando ad osservare Gab e Dri con grande interesse «Tuttavia, essendo l'anno "speciale", Suprem Dragon ha voluto che al minimo avviso andassero subito a presenziare noi Eroi nel caso trovassimo il famoso Bambino Portatore di Pace per assicurarsi che non finisse nelle mani sbagliate, tipo quelle degli Oscuri.»
Marco deglutì a fatica. «Capito...»
Mille Volti batté le mani soddisfatto. «Perfetto!» esclamò «Ora, se non vi dispiace, vorrei parlare con voi Educatori, specialmente con lei Bonfatti, sul futuro dei vostri orfani. E vi prego, date dei vestiti al piccolo Gabriele, si prenderà un malanno altrimenti!»
Marco e Caterina annuirono vistosamente, vistosamente ancora scossi, guidando l'Eroe verso l'ufficio del primo.
Fu così che la loro infanzia finì.
La giornata passò lenta, vischiosa.
Gli orfani lanciavano ai neo-Ultra occhiate intimorite. Alcuni si tenevano lontani da loro per paura, tutti gli altri invece non sapevano bene che cosa dire o fare.
Nel loro orfanotrofio nessuno prima d'ora era mai diventato un Ultra.
I Bambini erano rimasti impressionati dalla fiammata improvvisa di Gabriele e Francesco non osava trovarsi nella stessa stanza con Adriana. Aveva ancora un aspetto molto pallido ed estremamente sofferente.
L'unica che restava ancora vicina ai loro vecchi amici era Cecilia, continuava a chiacchierare tranquillamente come se non fosse accaduto niente di strano.
Gabri gli fu particolarmente grato di questo. Lo fece sembrare ancora per un po' un bambino perfettamente normale.
Talvolta lanciava delle occhiate oblique all'Eroe impegnato a discutere con gli Educatori, non si fidava ancora molto di lui al contrario di tutti i bambini che lo guardavano con gli occhi pieni di ammirazione.
Aveva poi notato che con Shakoma, Mille Volti si scambiava delle battute come se fossero amici di lunga data. Questo lo incuriosì moltissimo, che rapporti c'erano tra il suo Educatore preferito e quello strano tipo?
L'Eroe si decise di parlare con i due bambini soltanto dopo l'ora della storia. Li prese da parte mentre tutti gli altri tornavano già nei loro dormitori e finalmente parlò. «Mi dispiace se ho dovuto mentirvi sulla mia identità fino ad ora, ma non dovevate subire alcuna pressione prima che riusciste a manifestare le vostre abilità.» Si era messo accovacciato per poterli vedere per bene in faccia e teneva in mano due zainetti, uno blu elettrico e uno color porpora.
Gab assottigliò lo sguardo. «Quindi sapevi fin dall'inizio.»
Mille Volti ridacchiò tra sé. «Più o meno. Ci erano arrivate delle segnalazioni per ciò che ti stava accadendo durante la tua malattia, Gabriele. So che hai vomitato fuoco e questo non era per niente una cosa normale.» poi si rivolse alla bambina «Adriana invece mi ha insospettato il fatto che è rimasta incosciente per il tuo stesso lasso di tempo, più lungo mai registrato finora. Quando poi mi ha detto quella frase la prima volta, diciamo che ha confermato i miei dubbi.»
Dri chinò il capo grave. «Dobbiamo andarcene con lei, vero?» le tremavano appena le mani e teneva gli occhi bassi. Neppure lei, come il suo amico, voleva andarsene dall'orfanotrofio. Era la loro casa.
La loro famiglia.
L'uomo annuì lentamente, a Gabri infastidiva il fatto di non riuscire a vederlo completamente in faccia.
«Partiremo domani mattina, un jet ci aspetta all'aeroporto.» rispose, sembrava dispiaciuto. Che comprendesse lo stato d'animo dei due orfani? «I vostri amici vi hanno visto usare le vostre abilità e quelli che vanno alle medie ne parleranno sicuramente con il loro compagni. La voce di due neo-Ultra comincerà a fare il giro del mondo e voi sarete in enorme pericolo. Gli Oscuri potrebbero trovarvi, meglio partire il prima possibile.» consegnò gli zainetti ai due orfani e fece segno di andare al dormitorio. «Andate a riempirlo della vostra roba e andate a dormire. Ci vediamo domani mattina.»
Gab e Dri, seppur con riluttanza, ubbidirono. Volvevano stare un po' con i loro amici prima di lasciarli per sempre.
Prima di andarsene a dormire, Gabri però chiese a Mille Volti un piccolissimo favore, per un suo amico.
I due bambini si scambiarono un solo abbraccio per darsi forza a vicenda. Era stato tutto troppo veloce.
Troppo istantaneo.
Dovevano ancora abituarsi ai loro nuovi poteri e già dovevano dire addio a tantissime persone.
Non era per nulla facile.
Quando Gabriele entrò nel proprio dormitorio fu assalito da tutti i suoi compagni ancora svegli tempestandolo di domande.
«Sai diventare tutto di fuoco?»
«Puoi lanciare potenti fiammate?»
«Puoi sputare fuoco?»
«Puoi trasformarti, per favore?»
«Te e Adri diventerete degli Eroi?»
«Ve ne andrete via per sempre?»
«Siete davvero i due Bambini della Profezia?»
«Puoi trasformarti in qualcos'altro?»
Gab non sapeva rispondere neppure ad un decimo a quello che chiedevano, in altre invece preferiva tacere poiché la verità in quel momento era ancora una caramella al limone. Troppo acerba per poterla mandare giù subito.
Arrancò a fatica verso il proprio letto e quando lo raggiunse vi ci trovò sopra Mirco seduto ad aspettarlo.
Il biondino lo fissava senza neanche l'ombra dell'allegria che spesso possedeva.
Il piccolo Ultra chinò il capo affranto. «Io non volevo avere dei poteri» gli disse a mò di scusa. Sperava soltanto che l'amico non fosse arrabbiato con lui, sapeva quanto era rimasto deluso quando aveva scoperto di non possedere alcun potere.
A sorpresa di Gabriele, un sorriso si formò sul viso di Mirco. «Tranquillo Gabri» gli disse andandogli incontro «Moltissimi Eroi dicono che non è una cosa che si può scegliere. Perciò non hai colpa di nulla.» una volta che erano uno di fronte all'altro, gli posò una mano sulla spalla «Scommetto che tu sarai il più grande di tutti! Ed io sarò il tuo fan numero uno!»
Anche Gab si concedette un sorriso e per una volta decise di essere lui ad abbracciare il ragazzino per primo e non viceversa.
Quando si staccò, estremamente rosso dall'imbarazzo per il gesto che aveva appena fatto, gli diede un foglietto piegato in due parti.
Il favore che aveva chiesto a Mille Volti.
Non appena Mirco lo aprì per poco non urlò dall'emozione. Dentro c'era l'autografo di uno degli Eroi preferiti del ragazzino il quale cominciò a farsi aria con la mano mentre cercava di trattenersi.
«Ho l'autografo di Mille Volti! Ho l'autografo di Mille Volti!» ripeteva con voce acuta.
Gabri lo guardò tra il divertito e il confuso, ma felice che gli fosse piaciuto il regalo. «La prossima volta che ci vediamo ti porto quello di tutti gli Eroi.» gli disse incerto per poi aggiungere serio «Io non dimenticherò nessuno di voi, promesso.»
Ebbe il tempo di finire la frase che Mirco gli si buttò addosso al settimo cielo mandandolo a terra seguito poi dagli altri bambini che gli si ammassarono sopra.
Gabriele si sentiva schiacciato sotto quel peso. «Lasciatemi... non respiro...» riuscì a dire mezzo soffocato.
«Lasciati avvolgere dall'abbraccio di gruppo!» ribatté allegro Mirco, anche se neppure lui se la passava granché bene.
«No...» tentò di ribellarsi Gab, ma fu tutto inutile.
~~•~~
La mattina seguente furono svegliati in un orario piuttosto presto da Marco e Caterina. Fu strano fare colazione da soli, era insolito mangiare in silenzio senza il rumore degli altri orfani.
I loro zainetti non erano molto pieni, erano pochissimi gli oggetti che potevano rivendicare come propri.
Dri possedeva soltanto il suo medaglione-carillon, due libriccini che gli avevano regalato gli Educatori anni prima e i suoi diari composti da ben dieci sottili quadernini.
Gab invece aveva soltanto la targhetta che portava sempre al collo, il cubo di Rubick (alla fine aveva scoperto come si chiamava) e un aquilone mezzo distrutto.
Nient'altro.
Neppure i vestiti che indossavano erano veramente i loro, appartenevano all'orfanotrofio ed erano addirittura di misura sbagliata.
Il maglioncino grigio scuro che Gabri portava gli arrivava alle ginocchia e le maniche erano veramente troppo lunghe. Almeno era morbido e non irritava molto la pelle.
Partirono prima che gli altri orfani potessero svegliarsi, essendo poi domenica si sarebbero destati tra ancora un bel po'.
In quel momento Gabriele e Adriana si trovavano davanti all'enorme cancello dell'orfanotrofio ad osservarlo mentre si apriva.
Moltissime volte erano sgattaiolati fino a lì per vedere come fosse la vita lì fuori, immaginando com'era vivere all'esterno di quelle mure.
Fantasticare delle vite delle persone che passavano lì davanti.
E ora, finalmente, il mondo gli si spalancò davanti a loro.
Senza ostacoli.
Era talmente tanta l'emozione che provavano che i due neo-Ultra si dimenticarono per qualche istante la tristezza del momento e la tensione della nuova vita che li attendeva oltre, dall'altra parte del mondo.
Gli Educatori donarono ad entrambi un cambio di vestiti ed un album di foto realizzato un po' frettolosamente. Consisteva di un libro dove un quarto delle fotografie era stato accuratamente incollato sulle pagine, il restante ammucchiato tutto insieme in un'unica busta.
Marco era un po' imbarazzato nel consegnarlo, non avevano avuto molto tempo ed erano riusciti a stampare tutte le foto solo poco prima, ma i bimbi apprezzarono comunque il gesto e abbracciarono forte (o si lasciarono abbracciare, come nel caso di Gabriele) salutandoli.
C'erano tutti.
O quasi.
Mancava solo Shakoma. Quando Gab lo notò e ne rimase ferito.
Avrebbe voluto salutare l'Educatore un'ultima volta prima di partire.
Mille Volti gli poggiò una mano sulla spalla, il bimbo dovette trattenersi dal guardarlo male.
«Non rimanerci troppo male. Quel brot zinganàz ha fatto sempre desiderare negli addii.» gli disse, dal tono sembrava anche lui un po' seccato.
L'uomo alzò poi il viso in direzione degli Educatori. «Non preoccupatevi, saranno sotto la mia tutela e una volta arrivati alla Villa compreremo a loro dei vestiti nuovi. Vivranno bene.» le ultime due parole le pronunciò con voce un po' incerta. Indicò poi ai due bimbi una macchina nera, molto lussuosa, che si trovava poco distante fuori dal cancello. «È ora di andare. Su, salite» premendo un semplice bottone di un rettangolino che teneva in mano le portiere si aprirono.
Gab rimase a bocca aperta e si avvicinò curioso di capire come funzionasse il veicolo.
Sapeva cos'erano le macchine, ci giocava spesso con Dri e alcuni suoi amici, ma erano anni che non ne vedeva una dal vivo e così vicina. Era enorme e lucida.
Prese a girargli attorno affascinato mentre Adri invece era già salita in uno dei sedili posteriori.
«Buona fortuna a tenerlo a bada.» riuscì a scherzare Marco guardando il bambino, nonostante gli avesse fatto vedere i sorci verdi in quei anni gli sarebbe mancato. «Ehi Gabri! Vedi di non combinare troppi disastri là.»
«Naaah» fece il piccoletto sdraiato a terra per vedere come fosse fatta quella macchina da sotto.
«Adri, ti prego, bada che non si metta troppo nei guai.» chiese Caterina impensierita alla bambina.
Lei assentì risoluta. «Starò attentissima.» abbassò poi il viso verso l'amico «Dai Ga! Sali!»
Sbuffando, Gabriele ubbidì sedendosi nel posto affianco al suo, dentro sapeva di menta. Anche Mille Volti entrò in macchine e chiuse le portiere mettendo quindi in moto il veicolo.
Mentre la macchina partiva, i due neo-Ultra salutarono con la mano gli Educatori tenendo il viso spiaccicato contro il vetro.
Il cancello dell'orfanotrofio Campostrini, la loro casa per più di sei anni, si chiuse dietro di loro.
Gab strinse la mano di Dri, qualsiasi cosa il futuro riservasse in serbo per loro, sapeva con certezza che l'avrebbe affrontato assieme a lei.
~~•~~
Mentre guidava, Mille Volti cambiò nuovamente aspetto con quello di un uomo un po' più robusto vestito con abiti eleganti. Diceva che avrebbe destato alcun sospetto nel caso qualcuno dovesse notarli.
Gab si trovava d'accordo, vedere un uomo con la parte inferiore del volto del tutto coperta avrebbe attirato molta più attenzione.
Intanto che la macchina procedeva tranquilla, il bimbo si sporse verso il sedile davanti. «Te e Shakoma vi conoscete.»
«Abbiamo notato come vi parlate.» disse Adriana porgendosi in avanti anche lei.
L'Ultra rivolse a loro un'occhiata divertita dallo specchietto retrovisore. «Ci avete beccati eh? Sì ci conosciamo da parecchi anni, ma è una lunga storia. Un giorno ve la racconterò.» promise Mille Volti «Ora però passiamo a cose un po' più serie.» fece poi cambiando discorso «Tipo come funzionerà la vostra vita da adesso in poi. Sapete dove viviamo noi Eroi, vero?»
No, Gabriele non ne aveva idea. Non gli era mai molto interessato.
«Nella Villa Justice, in un'isola del centro America. Se non sbaglio.» rispose Adriana, Gab la guardò incredulo. «L'ha spiegato l'Educatrice Maria in classe l'anno scorso.» sospirò lei rassegnata. «Ricordi?»
Il corvino scosse la testa. «No, per niente.» probabilmente in quel momento era stato impegnato nel progetto della nuova Freccia 3 a vela. Questa era ancora più veloce delle altre due precedenti, anche se funzionava solo se c'era molto vento.
«Esatto Adriana, brava.» disse Mille Volti fermandosi davanti ad un semaforo. «Per essere più precisi a Barbados, non si sta male lì. Ieri i miei colleghi mi hanno chiamato, tutti i neo-Ultra della vostra annata sono stati trovati e anche loro partono oggi, contando anche i diversi fusi orari. C'incontreremo tutti all'aeroporto dell'isola, al momento il nostro è fuori uso.» la luce del semaforo diventò verde, la macchina ripartì. «Una volta arrivati alla Villa vi faremo fare un giro turistico in modo che possiate ambientarvi velocemente, non dovrete fare nessuna visita medica particolare poiché la maggior parte ve le ho già fatte io. Al massimo dovrete fare solo un veloce controllo nei prossimi giorni, ma nulla di più.»
«Ma tu non sei un medico.» gli ricordò Dri accigliandosi.
«Non ufficialmente, ma ho vaste conoscenze in quel campo. Essere un Eroe non significa mica che io debba restare ignorante, giusto?» Mille Volti dovette nuovamente fermarsi per via di una colonna di macchine che si erano trovati davanti. «Dannazione! Ma è domenica, perché c'è tanta fila a quest'ora?» imprecò sottovoce seccato.
Gabriele continuava ad osservare come l'uomo si muoveva per far andare la macchina. «Io non voglio restare ignorante. Io voglio conoscere.»
«Mi piace questo tuo entusiasmo.» commentò un po' più allegro l'Eroe. «Comunque il mio vero nome è Andrea, il cognome è sempre Manuzzi, su quello non ho mentito. Sarò il vostro Tutore, cioè colui che v'insegnerà a controllare le vostre abilità e con cui trovare nuove tecniche da usare con esse.»
Dri inarcò un sopracciglio. «Abilità?»
«Penso che stia parlando dei nostri poteri.» provò ad indovinare Gab.
Andrea annuì. «Esatto, noi le chiamiamo abilità. Ognuna è diversa dall'altra e non si ripete mai una uguale, più o meno.»
Imboccarono una stradina a sinistra con un cartello su cui scritto "Aeroporto" e accanto il disegnino di un aereo. Lì la fila era quasi del tutto scomparsa.
«Quindi la tua abilità è quella di assumere l'aspetto di qualsiasi persona tu voglia.» osservò Gabriele curioso.
«Sì, anche voi se volessi. Adesso però non mi conviene farlo, non siete molto alti ancora e i bambini non possono guidare.» rispose Andrea. «In più posso usare le abilità fisiche di alcuni Ultra di cui assumo l'aspetto o una loro caratteristica, ma mi stanca più velocemente. Ma ora lasciamo stare le abilità, ci sarà un sacco di tempo per parlarvene per bene una volta alla Villa. Lasciatemi spiegare e non interrompetemi più perché se no perdo il filo del discorso.» si grattò il mento confuso. «Dov'eravamo arrivati?»
«Che sei il nostro Tutore.» rispose Adri.
Mille Volti schioccò le dita «Giusto! Grazie Adriana.» poi riprese a parlare «Allora ogni neo-Ultra ha il suo Tutore, di solito proviene dallo stesso stato o continente d'origine del ragazzino per farlo sentire un po' più a suo agio. Tutti noi Ultra siamo divisi per Blocchi, cioè le annate di cui facciamo parte. Con i compagni del vostro Blocco seguirete lezione sulle arti marziali e sulle armi che verranno tenute da due Eroi differenti.» diede un'occhiata per appurarsi che i due orfani lo stessero ascoltando, entrambi lo stavano fissando attentamente senza neppure perdersi una parola che il loro Tutore diceva.
Gab addirittura non muoveva un muscolo, da quanto era concentrato.
«Per il primo anno» proseguì l'uomo «Vi faranno provare diversi stili fino a trovare quello ideale per voi. Alla fine dell'anno ci sarà la Consegna delle Armi dove riceverete l'arma costruita apposta per ognuno di voi. L'addestramento per diventare Eroi dura ben quattro anni, al quinto invece dovrete affrontare un esame per dimostrare di essere idonei all'incarico. Questo e tutto, o meglio queste sono le cose più importanti; le regole ve le elencheranno una volta arrivati alla Villa. Vi è tutto chiaro?» i due bimbi annuirono un po' incerti. La spiegazione era durata molto meno di quanto si aspettassero ma erano abbastanza sicuri che non fosse così semplice. «Capirete meglio col tempo.» li assicurò Mille Volti, nel frattempo erano arrivati in un parcheggio immenso pieno zeppo di veicoli simile al loro. «Siamo arrivati.» annunciò Andrea spegnendo il motore dell'auto. «Su scendete.»
Di fronte a loro c'era un edificio enorme dalla forma rettangolare completamente rivestito di cemento e pochissime finestre dal vetro oscurato.
Davanti, a caratteri cubitali azzurri, c'era scritto "Aeroporto Valerio Catullo".
Mille Volti mise la sicura alla macchina facendola lampeggiare un paio di volte. «So che dopo la Terza Guerra Mondiale era stato ricostruito in maniera molto più raffinata ed elegante, ma un incendio del '328 l'ha distrutto completamente e lo stato, trovandosi in crisi per rifarlo hanno dovuto basarsi soltanto sull'aspetto pratico per non sprecare troppi soldi. D'allora non è più stato ristrutturato.» raccontò ai suoi nuovi allievi «Una cosa simile è successa anche al vostro orfanotrofio.»
Adri lo fissava ammirata, quell'uomo sapeva un sacco di cose. Gabriele invece aveva prestato poco attenzione alla spiegazione della storia dell'edificio, era troppo impegnato a guardare a bocca aperta un aereo che in quel momento stava decollando.
«Wow! Ma quei cosi volano sul serio!» esclamò tutto eccitato. «Ma come fanno?»
«Si chiama scienza.» rispose brevemente Andrea, Dri aveva preso l'amico per il polso trascinandolo verso l'entrata assieme al loro Tutore.
Quando si aprirono le porte anche lei però non riuscì a trattenere un gemito di sorpresa. «Accidenti, ci sono tantissime persone!»
Ce ne erano veramente tante. Tutte vestite per bene con abiti colorati e braccia pieni di gioielli, si spostavano da un posto all'altro seguite da degli omini con gli stessi abiti scuri che si trascinavano dietro enormi valigie. Molti più di una.
Dalla loro faccia Adriana poté constatare che non vedevano l'ora che il loro padrone (o padrona) si fermasse.
Alcuni di quelli con abiti vivaci si portavano con sé cagnolini di piccola taglia che abbaiavano istericamente contro qualsiasi cosa si ritrovassero davanti, altri invece avevano strani rettili o pappagallini che starnazzavano in giro.
Gabriele sentì l'amica stringergli forte la mano. «Queste persone non mi piacciono. Sono troppo egoisti.» gli disse con un filo di voce.
Il bambino annuì, quei tizi erano sicuramente tutti i ricchi assieme ai loro servitori. Bastava vedere i loro abiti, il loro atteggiamento da padroni del mondo e le occhiate disgustate che rivolgevano ai vestiti sformati e vecchi che i due Ultra avevano addosso.
Non voleva averci niente a che fare con quei tizi.
Troppo pieni di sé.
Alla dogana, gli addetti al lavoro storsero il naso quando videro l'interno del suo zaino e fecero un sacco di storia quando passarono sotto al metal detector. Sia Gab che Dri portavano le loro collane con i loro ciondoli di metallo e gli addetti alla sicurezza insistevano che non potevano portarli a bordo dell'aereo.
Per loro fortuna arrivò Andrea a salvarli perché Adriana non sarebbe riuscita a trattenere Gabriele a lungo, il bambino stava per passare ad insultare quei tizi in dialetto.
Perché tutti quei ricchi del cavolo potevano portarsi tutti quei gioielli di metalli preziosi e nessuno diceva niente mentre a loro due, solo perché dimostravano di essere abbastanza poveri, glieli volevano togliere? Non aveva senso.
«È ingiusto!» sbottò Gab ancora furente per quanto successo prima. «Perché quei tizi possono fare quello che gli pare e gli altri no?»
«Sono ricchi.» fu la sola e insoddisfacente risposta di Mille Volti. «Col tempo ci farai l'abitudine.»
Gabriele non ne era per niente contento. Mise le mani nelle tasche del maglione e protestò. «Io non voglio farci l'abitudine. Questa cosa è sbagliata!»
«Gab ha ragione. Perché viene permesso che questo accada? Perché loro possono?» esclamò Adriana, poco fa era riuscita a mantenere la calma ma ora pure lei voleva capire il motivo di quel comportamento. «Ho percepito una cosa enorme di falsità e bugie in tutte quelle persone tanto da far venire la nausea.»
Gab la guardò sorpreso «Davvero?» non si era ancora abituato a quell'incredibile sensibilità dell'amica che aveva sviluppato di recente.
Lei mosse il capo assentendo. «Sì!»
Mille Volti si girò verso di loro. «Comprendo il vostro disgusto verso quelle persone, ma ora lasciate stare. Non ci caverete nulla, fidatevi.» dal tono di voce sembrava che pure a lui l'atteggiamento di tutti quei ricchi lo irritassero. «Ora venite, noi non seguiamo il loro stesso percorso.» li allontanò dalla fila di gente pronta ad imbarcarsi nel proprio aereo indirizzandoli verso un'uscita che dava direttamente nella zona air-side, dove si trovavano tutti gli aerei pronti a partire.
Solo allora Gab notò una cosa particolare talmente evidente che si chiese come avesse fatto a non accorgersene prima. Anche se in realtà si trattava di una mancanza.
Tirò insistentemente la manica della felpa di Mille Volte attirando la sua attenzione. L'uomo si voltò verso di lui sollevando le sopracciglia leggermente seccato, stava discutendo con una della sicurezza per lasciarli passare per quell'uscita.
«Non sapevo come chiamarti.» si difese il bambino.
L'Eroe lanciò un'occhiata attorno a sé. «Per adesso potete chiamarmi pure Andrea.»
Gab fece segno di aver capito. «Bene. Andrea, perché ci sono solo i ricchi a prendere l'aereo?» il loro Tutore non rispose. Fissando l'uomo vestito di blu, invece sollevò la mano destra facendo ricomparire il disegno nero di una stella racchiusa in un cerchio.
«Le basta come prova ora?» fece gelido, il tizio spaventato si spostò lasciandoli passare. «Non azzardarti a farne parola con nessuno intesi?»
L'uomo annuì freneticamente allontanandosi ancor di più. «Sissignore. Mi scusi.» pigolò chinando il capo in gesto reverenziale.
Sbuffando Mille Volti aprì la porta e scese le scale di ferro velocemente seguito dai due bambini. «Pensava che fossi un bugiardo. E pure l'ha vista la lettera di Dragon e lo stemma degli Eroi sul foglio.» proseguì con un'altra serie di parolacce con ancora quella lingua che Gab e Dri non riuscivano a comprendere.
«Andrea...» lo richiamò ancora Gab cercando di stare al passo del loro Tutore. «Perché ci sono solo i ricchi?» chiese di nuovo «È perché hanno un posto per gli aerei solo per i ricchi? Quindi ce n'è anche uno per chi non è ricco?»
«Aeroporti» disse Adriana. «Si chiama aeroporto questo posto.»
«Esiste un aeroporto anche per chi non è ricco?» insistette Gabriele. Finalmente le scale erano finite e ora Andrea stava cercando con lo sguardo il loro mezzo di trasporto.
«No. Esistono aeroporti solo per ricchi. Alla gente comune è difficile che vi entri.»
La risposta sorprese sia Gab che Dri. «Perché?» chiesero all'unisono.
«Perché loro non possono lasciare il loro paese.»
«Perché?» insistette Gabriele.
Questa era la terza regola di cui Gabri non ne capiva il senso. Immaginava già la risposta dell'Eroe ma non poteva fare a meno di continuare a chiedere. Perché esistevano tutte queste regole idiote?
Quello era soltanto uno dei suoi milioni di perché che sarebbe rimasto senza alcuna spiegazione.
O almeno, non una spiegazione realmente soddisfacente.
Andrea lo guardò con tantissima tristezza. «Mi dispiace piccolo, non so risponderti a questa domanda. Il mondo è quello che è e purtroppo dovrete farci l'abitudine, non avete scelta. Nessuno a scelta.» si massaggiò le tempie, come se sopportare tutto questo fosse molto stancante. «Andiamo, siamo già in ritardo.» si diresse a passo svelto verso l'aereo più piccolo tra tutti quelli che si trovavano sulla pista, nero e lucido.
Sembrava molto buffo.
I due bambini si scambiarono un'occhiata «Io a queste regole non mi ci voglio abituare.» dichiarò decisa Dri.
Gab non poté trovarsi più che d'accordo.
Adriana si diresse verso quel buffo aereo e fece segno a Gabriele di seguirla. «Andiamo»
Al momento non c'era nient'altro da fare se non salire su quel jet e andare ovunque li avrebbe portati.
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