Una Mente Oscura pt2
In quella fredda e umida mattina di metà novembre, un leggero manto di nebbia ricopriva le strade addormentate di Montrèal donandole un aspetto quasi spettrale.
Sopra i grattacieli della città, un cielo bianco e denso di nuvole offuscava la tenue luce di un sole appena sorto, impedendo ai suoi deboli raggi di arrivare fino a terra e di riscaldarla.
In quel silenzio tombale che avvolgeva la città, l'unico rumore che si udiva era quello dei passi di quattro ragazzini che avanzavano lungo la via principale del centro.
«Certo che questa calma è abbastanza inquietante» sussurrò Paulo guardandosi attorno nervosamente, come se temesse un attacco improvviso fuoriuscire dalla foschia. «Soprattutto con questa nebbia»
«E fortuna che non siamo in mezzo al bosco» commentò Nick appena dietro di lui. «Lì sì che sarebbe stato inquietante!»
«Vero» concordò Paulo.
Gabri osservò come la nebbia si riflettesse sulle pareti di vetro dei palazzi creando così un effetto surreale «Dite?» fece continuando a camminare rilassato. «Io invece la trovo piuttosto affascinante» disse rivolgendosi al paesaggio circostante.
Accanto a lui, si sentì Nguyen sospirare. «Mah, tu sei davvero tutto strano» fece la ragazzina per poi lasciarsi andare in un enorme sbadiglio. «Piuttosto, perché ci siamo dovuti svegliare così presto? Sono a malapena le sette!»
L'orfano sorrise abile mettendosi le mani nelle tasche della divisa. «Il tempismo, quando si prepara una trappola, è importante» spiegò sia alla vietnamita che agli altri due compagni. «Se sei in anticipo la preda si accorgerà del tranello e di conseguenza non ci cadrà. Se arrivi in ritardo, invece ti sfuggirà. Per farla scattare correttamente devi avere il giusto tempismo.»
«E dovevamo proprio svegliarci alle sei?» sbottò Yen scoccando all'italiano un'occhiata stizzita, qualsiasi sveglia posta prima delle nove aveva la capacità di mettere in cattivo umore la ragazzina per almeno un paio d'ore. Oramai il resto del gruppo ci aveva fatto l'abitudine e aspettava paziente il nervoso le passasse o che questa bevesse le sue tre tazze di caffè giornaliero.
E quella mattina ne aveva bevuta solamente una.
«Sì» rispose Gab vispamente. «Questo è l'orario perfetto! Molti negozi qui aprono verso le nove perciò la strada resterà vuota per almeno un'ora, evitando così di coinvolgere inutilmente dei civili innocenti e allo stesso tempo c'è anche abbastanza luce per vederci senza troppi problemi» espose il proprio ragionamento del perché avesse scelto quell'orario.
Paulo socchiuse leggermente le palpebre scrutando dubbioso l'orfano, infine sbuffò scrollando le spalle con indifferenza. «Bah! Se lo dici tu!» borbottò sollevando poi il viso verso in alto a sinistra. «Comunque siamo arrivati» sia lui che il resto dei ragazzini si fermò di fronte all'entrata della banca ancora chiusa.
«Ottimo!» esclamò Gabriele contento, prima andare a premere il campanello posto accanto alla porta si rivolse ai suoi amici. «Tu e Arrow restate qui a fare da guardia all'entrata, non dovete far entrare nessuno mi raccomando» ordinò con tono improvvisamente serio, poi sorrise scaltramente mentre le iridi si illuminarono di una luce acuta. «Io e Baku invece ci occuperemo di andare a recuperare la nostra cara preda. Ci vediamo fra qualche minuto.» terminato di parlare, spinse il campanello e aspettò che gli fosse consentito l'accesso dagli uomini che facevano da guardia alla banca.
Proprio come accaduto la mattina precedente, questi perquisirono diligentemente i due ragazzini che erano entrati nell'edificio, prima di farli procedere. Questa volta, per evitare di perderci troppo tempo come era successo il giorno prima, sia Gab che Yen si erano premurati di lasciare nelle loro camere quasi tutte le loro armi. Le uniche che si erano portati dietro erano quelle che erano state consegnate a loro alla Cerimonia della Consegna delle Armi.
Prima di consegnarla, Yen tolse dal bastone della sua alabarda una fettuccina colorata portafortuna che il suo ragazzo Josè le aveva regalato prima di partire e se la legò alla cintura mentre Gabri era intento a parlare con una delle guardie.
«Che ti ha detto?» domandò la vietnamita al compagno una volta che l'ebbe raggiunta.
«Eh? Ah, niente di che» fece con noncuranza l'orfano, una volta terminato il meticoloso controllo da parte delle guardie, i due Ultra poterono procedere avviandosi verso le scale che conducevano agli uffici. «Gli ho solamente chiesto se stanotte fosse venuto qualcuno che voleva entrare dentro la banca prima delle sette»
«E...?» cercò di spronarlo Nguyen a continuare a parlare.
«Ne sono comparsi parecchi che chiedevano di entrare, chi per un motivo e chi per un altro» completò Gabriele tenendo il viso sollevato per ammirare un'altra volta gli affreschi che riempivano il soffitto, poi socchiuse appena le palpebre assottigliano gli occhi mentre, nascosto dalla maschera, arcuò l'angolo delle labbra in un sorriso sagace e soddisfatto. «Proprio come avevo previsto»
La vietnamita lo guardò per qualche istante senza riuscire a dire nulla intanto che proseguivano attraverso l'enorme sala, infine sospirò distogliendo lo sguardo dal compagno. «Sei davvero sicuro che il tuo piano funzioni?»
«Certo» rispose l'italiano riabbassando il capo con un'espressione scaltra. «L'esca è troppo invitante per ignorarla, avranno abboccato di sicuro»
«Avranno?» fece Nguyen voltandosi con impeto verso l'orfano fissandolo sconcertata. «Vuo-Vuol dire che sono più di uno?»
Gabriele le rivolse un'occhiata accorta. «Vedrai» rispose enigmatico mentre apriva la porta per accedere alle scale che portavano ai piani superiori.
Percorsero i gradini senza fretta fino ad arrivare al pianerottolo dove era situato l'ufficio del direttore. Una volta giunti di fronte alla porta, Gabri tirò fuori da sotto il bordo dei suoi guanti due graffette di metallo per poi cominciare rapidamente a modificarne la loro forma raddrizzandole.
«Chiederti come hai fatto a nasconderle al rilevatore metallico è da stupidi?» mormorò a voce bassa Nguyen rassegnata restando però ad osservare con interesse le dita dell'orfano che piegavano con agilità il metallo delle graffette fino ad ottenere la forma desiderata.
Dopodiché, Gab si chinò un poco iniziando poi a trafficare con la serratura della porta. «I miei guanti hanno sul bordo un bottoncino di metallo con il quale li posso stringere al polso» le spiegò dopo un po' intanto che continuava ad armeggiare sul chiavistello cercando di fare meno rumore possibile. «Prima di uscire ho incastrato le graffette nei punti in cui si trovano i bottoni, in questo modo le guardie non hanno sospettato di nulla anche quando il rilevatore aveva suonato.»
La vietnamita si appoggiò con la schiena al muro incrociando le braccia al petto. «Tu sei un po' troppo geniale per i miei gusti» commentò sbuffando seccata mentre aspettava che il compagno terminasse il suo lavoro.
«Ti ringrazio» fece Gab concentrato, poco dopo udì il debole suono della serratura che scattava. «Fatto!» esclamò entusiasta rialzandosi in piedi. «Manda il segnale a Psychè, dille che stiamo per entrare.» bisbigliò all'amica, nel frattempo nascose nuovamente le graffette incastrandole nei bottoncini dopo averle ripiegate all'incirca com'erano prima. Poi si portò una mano all'orecchio destro dove teneva il suo auricolare. «Bobby, pensa alle telecamere»
«Ricevuto Gabri» si sentì rispondere la voce del robottino dall'auricolare.
Quando anche Nguyen ebbe finito di parlare al duo Psychè e Khafiin, Gabriele posò una mano sul pomello d'ottone della porta stringendolo appena. «Restami vicino» si raccomandò con un tono improvvisamente serio lanciando un'occhiata fugace alla compagna, questa lo fissò dubbiosa ma infine annuì d'intesa avvicinandosi maggiormente a lui. Allora l'orfano abbassò la maniglia e aprì con decisione la porta.
«Oh interessante» disse Gab sorridendo divertito. «Quindi le copie hanno una durata maggiore di quella che avevo calcolato.»
A diversi metri da loro, proprio dietro la scrivania intento a cancellare tutte le registrazioni delle telecamere degli ultimi due mesi tramite il computer del direttore, vi era il signor Hebèrt in persona.
Non appena li vide, questo con rapidità afferrò, da un cassetto posto alla sua destra, una pistola e la puntò contro i due Ultra.
Gabriele rivolse solo un breve sguardo svogliato all'arma prima di tornare a guardare astuto l'uomo che la impugnava.
«Che-Che ci fate voi qui?» balbettò Hebèrt spostando la pistola prima sull'orfano e poi sulla vietnamita. «Dovevate venire per le nove!»
«Sorpresa!» esclamò allegramente Gabri chiudendosi la porta alle spalle, trasformò una mano in ghiaccio e la posò sull'uscio congelandolo in pochi istanti. «Abbiamo pensato di arrivare un po' in anticipo, giusto per assicurarci nessuno cancellasse le registrazioni che avevo richiesto ieri sera al direttore»
Da quando erano entrati in stanza, Nguyen non staccava gli occhi dall'uomo fissandolo allibita. «I-Il signor Hebèrt?»
«Quasi» la corresse l'orfano avanzando di qualche passo senza mostrarsi minimamente preoccupato dalla canna della pistola puntata su di lui. «Quello che vedi davanti a noi in realtà è soltanto una copia, o riflesso come l'ho chiamato io» le spiegò sistemandosi fra l'amica ed il direttore. «Al momento il vero Claude Hebèrt è ancora a casa sua. Probabilmente sul suo letto intento a dormire, ignaro di quanto sta accadendo qui nel suo ufficio»
«Hai detto "una copia"?» fece Yen sempre più confusa da quello che stava succedendo e le parole dell'italiano ancora non l'aiutavano a capirci meglio.
«Esatto» rispose Gab senza distogliere lo sguardo da Hebèrt mentre questo lo fissava sconcertato. «Si tratta dell'abilità di due gemelli. Sono in grado di dare vita ai riflessi delle persone che si specchiano sopra una qualsiasi superficie riflettente e, di conseguenza, controllare. Dico bene?» affermò sorridendo scaltro.
L'uomo lo guardò per diversi secondi corrugando la fronte agitato, diverse perline di sudore gli scivolavano lente dalle tempie arrivando fin quasi al mento.
«Come hai fatto a scoprirlo?» chiese all'italiano. Stavolta la voce con cui parlò non era più bassa e nasale come lo era invece quella del vero Hebèrt, ma più gradevole e leggermente infantile.
La voce di un ragazzino.
Gabriele si tolse il cappuccio e si abbassò la maschera mostrando al riflesso il suo sorriso tranquillo e allo stesso tempo sagace. «Quando si impugna una pistola con l'intenzione di uccidere la persona che si ha di fronte, di norma lo si fa con la mano dominante apposta per non rischiare di mancare l'obbiettivo» rispose facendo un breve cenno col capo alla pistola che il finto direttore teneva in mano. «Hebèrt è destrino, eppure tu la stai impugnando con la sinistra.»
«Ma-Ma magari potrebbe essere ambidestro come te e Psyc-» provò a contestarlo Nguyen stordita.
«Negativo» la interruppe Gab. «La pistola si trovava nel cassetto a destra della scrivania perché fosse più facile da recuperare in caso di pericolo. E anche moltissimi oggetti come penne, matite, tagliacarte ed il computer stesso si trovano a destra poiché la mano con cui è abituato a scrivere il vero Hebèrt è, per l'appunto, la destra.» disse come se stesse spiegando un problema di matematica piuttosto facile. «Persino la fede nuziale si trova sulla mano opposta a quella dove dovrebbe stare, esattamente come accade quando ci si specchia in una superficie riflettente. Gli oggetti o le caratteristiche fisiche che possediamo, nel nostro riflesso le vediamo nel lato opposto di dove invece si trovano realmente» tirando fuori da sotto il colletto della divisa la sua collana prese a giocherellaci distrattamente facendosela attorcigliare al dito più volte. «Lo stesso è accaduto a quei poveri dipendenti accusati di furto e che ora si trovano ingiustamente in carcere. Le persone che le telecamere avevano ripreso durante quelle rapine non erano altro che i loro riflessi manovrati da voi due. Il grosso neo della signora Gagné, filmata la notte della terza rapina, si trovava sulla narice destra anziché in quella sinistra dove invece si trova realmente e l'orecchino del signor Lessard era a sinistra mentre in verità è a destra.» elencò con semplicità per poi rivolgere un sorrisetto divertito al riflesso. «Dovreste prestare più attenzione a quando scegliete delle vittime di cui sfruttare i loro riflessi per dei furti»
«Ma si trattavano solamente di dettagli insignificanti!» esclamò incredulo la copia di Hebèrt, la mano che impugnava la pistola ebbe un leggero tremore.
«Errato!» ribatté Gabriele vivacemente, il sorriso compiaciuto e tranquillo che esibiva sul suo viso non accennava minimamente a sparire. «I dettagli sono fondamentali, specialmente quando si deve risolvere un caso particolarmente complesso o pieno di anomalie inspiegabili»
Mentre parlava, Nguyen passava lo sguardo prima sull'orfano e poi sul falso direttore senza sapere più cosa dire. Più che per la confusione per quello che stava accadendo era più che altro sconvolta dai ragionamenti che Gabri era stato in grado di fare in poche ore semplicemente osservando dei filmati e mettendo a confronto le immagini visionate nei video con le persone reali con cui aveva parlato a malapena per un minuto. La vietnamita lo trovava veramente incredibile come fosse riuscito a notare tutto quanto e mettere insieme poi i vari pezzi con estrema facilità.
«E noi?» chiese il finto Hebèrt usando ancora la voce di chi lo stava controllando. «Come hai fatto a scoprire me e mio fratello? Siamo sempre stati attenti a non farci mai notare da nessuno, tu come hai fatto a beccarci?»
Gab socchiuse gli occhi inclinando la testa da un lato con espressione accorta e rilassata. «Per "catturare" il riflesso della persona prescelta avete necessariamente bisogno che questa prima si specchi, anche inconsapevolmente, su una superficie riflettente. Questa strada rappresenta un vero paese dei balocchi per voi. Praticamente tutti i palazzi che si trovano qui hanno le pareti in vetro riflettente, banca compresa» disse sorridendo placido, il modo estremamente sereno con il quale esponeva le proprie deduzioni sconcertava non poco i presenti nella stanza. «Ovviamente, però, non potevate restare sempre appostati accanto all'edificio in attesa che la vostra preda passasse, avreste destato troppi sospetti altrimenti. L'orario di apertura e di chiusura della banca ed i cambi di turno dei dipendenti rappresentavano l'occasione perfetta per "catturare" il riflesso della vittima già designata. Lo so bene perché pure io avrei fatto così se avessi avuto la vostra abilità, per questo ieri ho chiesto ad Hebèrt di passarmi tutti i filmati esterni della banca di quegli orari specifici. È stato così che vi ho individuati» terminò di spiegare con un sorriso allegro. «Comparivate nella maggior parte dei fotogrammi e in uno di questi eravate addirittura apparsi entrambi!»
Il riflesso di Hebèrt sollevò gli angoli delle labbra in un ghigno tirato, la pistola ancora puntata contro l'italiano. «D'accordo lo devo ammettere: sei straordinariamente intelligente, piccolo strano folletto»
L'orfano inarcò un sopracciglio guardando il falso direttore indispettito. Piccolo?
«Non mi aspettavo che qualcuno potesse scoprirci con tanta facilità. Ci hai davvero sorpresi.» proseguì a parlare il riflesso, la sua espressione cambiò improvvisamente in una più risoluta «Però, sai, ti dobbiamo proprio ringraziare per questa tua brillante spiegazione» gli disse fissando Gab beffardo. «Mentre parlavi ci hai forbito il tempo necessario per spedirvi contro i vostri stessi riflessi. A quest'ora dovrebbero aver già circondato l'edificio, forse qualcuno di essi è già dietro a questa porta.»
Nguyen si portò una mano dietro la schiena, come per prendere l'alabarda dove era solita a portarla, prima di ricordarsi di averla consegnata alle guardie all'entrata. Da sotto la sua maschera si udì una flebile e frustrata imprecazione quando si rese conto di essere quasi completamente disarmata.
«Non avete scampo, vi siete messi in trappola da soli congelando addirittura quella che prima era la vostra unica via di fuga» fece il falso Hebèrt ghignando divertito, la stretta sull'arma si fece più sicura. «Siete finiti ormai!» gridò infine esultante.
Inizialmente l'orfano spalancò gli occhi sorpreso. Poi fece qualcosa che nessuno dei presenti si aspettava minimamente.
Rise.
E di gusto.
Il riflesso abbassò di poco l'arma guardandolo estremamente confuso. «Cosa...?»
Anche Yen pareva abbastanza sconcertata, non aspettandosi una reazione del genere da parte del compagno in quella fastidiosa situazione.
«Accidenti» mormorò Gab cessando lentamente di ridere. «Credevate sul serio che il mio piano si limitasse solamente a chiacchierare allegramente con voi?» il finto Hebèrt perse tutta quella sicurezza che aveva ostentato soltanto poco prima per pochissimi secondi ritornando ad avere un'espressione puramente confusa e spaventata. «Per prima cosa sapevo che ci avreste inviato qualche vostro riflesso per eliminarci, per questo ho lasciato i due componenti più forti in attacco del nostro Blocco di guardia all'entrata. E secondo...» abbassando leggermente il capo, l'orfano piegò un angolo della bocca in un sorrisetto scaltro assottigliando leggermente gli occhi in un'espressione di chi sapeva che stava andando tutto esattamente come aveva calcolato. «Io ero solo un diversivo.»
«Che cosa?» gridò il falso direttore indietreggiando di qualche passo fissando il ragazzino davanti a sé con sgomento, come se si trovasse di fronte qualcosa di demoniaco o mostruoso.
Osservando soddisfatto la reazione della copia di Hebèrt, certamente rappresentava di riflesso quella che doveva aver avuto l'Ultra che lo stava controllando fuori da quell'edificio, Gabri avanzò di qualche passo. «Mentre io parlavo, altri due nostri compagni avevano l'incarico di stanarvi dal vostro angusto vicoletto che state usando in questo momento come nascondiglio, le loro abilità sono perfette per questo tipo di compito.» spiegò con una tale naturalezza da spaventare maggiormente il riflesso. «Se i miei calcoli sono corretti dovrebbero essere già lì, giusto?»
L'espressione di quest'ultimo si fece sempre più atterrita. «No...» mormorò flebile «Non è possibile...»
«Ah! Un'altra cosa» disse vivace Gab «In verità Hebèrt non aveva alcun appuntamento con noi alle nove ed io non avevo bisogno di nessun video aggiuntivo» lo informò con aria pacifica. «Si trattava di una trappola e voi ci siete cascati in pieno!»
A quel punto la faccia del falso Hebèrt sbiancò quasi del tutto, comprendendo di come, in realtà, lui e suo fratello avevano perso fin dall'inizio. «Chi sei tu?» sbraitò sconvolto puntando nuovamente la pistola contro l'orfano, quando quest'ultimo fece si mosse ancora in avanti, seppur di poco, il riflesso gli urlò. «Fai un altro passo e ti sparo!»
Gabriele si fermò gettando un breve sguardo svogliato all'arma rivolta verso di lui, infine riportò l'attenzione sul riflesso che la impugnava. «Fallo allora» lo provocò sorridendogli di sfida. «Sempre se ci riesci»
Nguyen si voltò di scattò verso di lui preoccupata, non gli piaceva la piega che aveva preso improvvisamente la situazione. «Elementa!» lo chiamò a gran voce allarmata.
La copia di Hebèrt continuava a stringere la pistola con le mani tremanti tenendola fissa sul ragazzino.
«Che cosa stai aspettando? Non avete mica tutto questo tempo!» insistette Gab ignorando l'amica che lo chiamava allarmata. «Cinque... quattro...» per ogni numero che pronunciava avanzava di un passo riducendo la distanza che lo divideva dalla canna della pistola.
«Elementa basta!» strillò Yen con maggior ansia.
«Tre...» proseguì imperterrito l'italiano infilandosi le mani nelle tasche della divisa.
«Smettila!» la vietnamita guardava spaventata il compagno che era sempre più vicino all'arma.
«Due...» il distacco diminuì ancora repentinamente.
«EL!» provò a richiamarlo ancora, nella vana speranza che rinsavisse in tempo.
«Uno...» la punta della canna ora sfiorava la fronte del ragazzino.
Gab chiuse gli occhi senza però smettere di sorridere beffardo.
«GABRIELE!»
Con le mani che gli tremavano dalla tensione, il riflesso premette il grilletto.
Si udì un gran fragore, come di un vetro che andava in frantumi.
Poi, nella stanza, per qualche secondo vi calò un silenzio assoluto.
Zero.
«Te l'avevo detto che quella modifica alle suole dei tuoi stivali si sarebbe rivelata utile.» commentò Gab riaprendo con calma gli occhi. Dietro la scrivania, al posto della copia di Hebèrt ora vi era un cumulo di frammenti di vetro, la pistola era caduta con un leggero tonfo metallico ai piedi del ragazzino. Sopra il mucchietto di vetro era comparso un pugnale con l'impugnatura di cuoio colorato di blu. «Sei diventata davvero brava a lanciare i coltelli» si complimentò l'orfano voltandosi verso l'amica e sorridendole orgoglioso.
Nguyen si trovava ancora a pochi metri dietro di lui, immobile. Il braccio destro era proteso in avanti nell'atto di lanciare l'arma.
Il petto le si alzava e abbassava rapido seguendo il respiro affannato dovuto allo spavento appena preso.
«MA SEI IMPAZZITO?» gli urlò la ragazzina, una volta che si fu ripresa abbastanza da ricominciare a parlare, togliendosi la maschera mostrando il suo volto arrossato dall'ira. Si diresse a grandi passi in direzione dell'italiano che nel frattempo la guardava lievemente confuso. «VOLEVI PER CASO FARTI UCCIDERE?»
«No, ovvio che no!» rispose perplesso Gabri. «Perché mai avrei dovuto farmi uccidere?»
Raccolse la pistola da terra e premette il grilletto mentre la puntava verso il soffitto. Da essa vi si udì solamente un debole "clic", nient'altro.
Neppure uno sparo.
«È scarica» le spiegò Gabriele riponendo l'arma sulla scrivania. «Gli ho tolto io i proiettili di nascosto quando eravamo tornati qui in ufficio per ritirare la chiavetta contenente le riprese. Sospettavo che la nostra preda avrebbe potuto usarla per minacciarci o ucciderci, perciò mi sono premurato di cancellare questa possibilità»
Yen guardò scioccata prima la pistola e poi l'orfano, incredula di quanto era veramente successo.
Infine sollevò una mano e l'abbassò di colpo dando un sonoro schiaffo sulla guancia del ragazzino.
«Ahia!» si lamentò quest'ultimo, non aspettandoselo.
«MA SEI SCEMO O COSA? MI HAI FATTO PRENDERE UN COLPO STUPIDO IDIOTA!» si sfogò la vietnamita urlandogli contro, piccole lacrime le scivolavano dagli occhi. «PERCHÈ DIAMINE HAI VOLUTO CREARE QUESTA STUPIDA MESSINSCENA?»
«Per permettere a te di colpirlo senza essere vista» rispose Gabri tenendosi una mano sulla guancia dolorante.
A quella risposta, la ragazzina si bloccò spalancando gli occhi confusa. «Eh?»
«Ve l'ho detto, io ero il diversivo» proseguì Gab a parlare massaggiandosi la guancia colpita con una smorfia. «Dovevo attirare totalmente su di me l'attenzione del gemello in modo da distrarlo da quello che stava succedendo da loro. Successivamente tu lo avresti colpito con il pugnale nel momento di massima tensione destabilizzandolo del tutto. In questo modo abbiamo semplificato maggiormente il lavoro di Psychè e Khafiin e forse anche quello degli altri. A quest'ora dovrebbero averli già presi»
Nell'udire tali parole, spiazzata, a Nguyen le cedettero le gambe dallo sfinimento e si lasciò cadere a terra. «Psychè lo sapeva?»
«Ovvio!» Gabriele girò attorno alla scrivania raggiungendo il mucchietto di vetri e raccolse il pugnale. «Gli ho esposto completamente il mio piano quando ieri sera eravamo usciti per andare a gettar l'esca. Non le piaceva molto la parte della pistola, per via dello spavento che avresti provato, ma anche lei era d'accordo che avrebbe funzionato alla perfezione» ritornando verso la compagna porgendogli la sua arma per restituirgliela, la ragazzina l'afferrò incerta e fece per rimetterla nella fessura appositamente creata tra la suola e lo stivale. «Sapevo che saresti riuscita a colpirlo» le disse sorridendole gentile «Hai passato gli ultimi sei mesi ad allenarti al lancio dei coltelli, le possibilità che lo mancassi era praticamente nulle.»
Yen sollevò di scatto la testa, guardandolo sorpresa. «Allora la pistola scarica...»
«Era una precauzione che avevo preso nel caso io avessi fallito il mio compito da diversivo» disse Gabri con tono piatto dirigendosi verso la porta congelata, trasformando le sue mani in acqua cominciò a far sciogliere il ghiaccio che si trovava su di essa dopo averci soffiato sopra un getto d'aria calda. «Non potevo permettere che tu ti facessi male per colpa mia.»
La vietnamita restò a fissarlo sgomenta per qualche istante, infine prese a ridacchiare sommessamente sentendo tutta la tensione e lo stress, provato fino a poco prima, scivolargli via dalle spalle. Ora sapeva di essere fuori pericolo. «In questo momento non so se ammirare il tuo genio, essere grata della tua premura nei miei confronti o se prenderti a pugni» mormorò mentre si asciugava col mantello le lacrime causate dal rilascio di tutta l'ansia che aveva avuto per tutto il tempo. «L'ultima è di certo quella più allettante.»
«Mi hai già tirato uno schiaffo prima, mi basta quello» fece Gabriele avvicinandosi a lei e le porse la mano col palmo rivolto verso l'alto. «Andiamo, Arrow e Signor Sarcasmo ci staranno già aspettando di sotto»
«Sì» assentì Nguyen afferrando la mano offertagli dall'amico e usandola per tirarsi su. Nel momento in cui Gab toccò la maniglia, Yen lo fermò appoggiandogli una mano sul braccio.
Lui sollevò un sopracciglio interrogativo.
«Prima di andare...» iniziò senza mollare la presa, seppur non stesse stringendo con forza. «Avrei una cosa da chiederti»
«Spara» le rispose l'orfano voltandosi completamente verso di lei guardandola curioso.
«Prima, quando eravamo in quel salone affrescato, hai detto che diverse persone hanno cercato di entrare questa notte nella banca, prima delle sette, ma che però le guardie le hanno respinte tutte. Come se qualcuno avesse dato a loro precise disposizioni di quando si poteva permettere ai dipendenti o al direttore di entrare nell'edificio» ascoltandola, Gabri mise le mani in tasca accennando appena in un sorriso perspicace. Aveva già capito dove l'amica volesse andare a parare.
Infatti subito dopo gli chiese, scrutandolo attentamente. «Sei stato tu a disporre questi ordini, vero?»
Gabriele inclinò leggermente il capo da un lato sollevando l'angolo delle labbra in un ghigno abile mentre le iridi brillavano scaltre.
Non rispose.
Non ce n'era bisogno.
La sua espressione era già fin troppo chiara.
Nguyen sbuffò con rassegnazione e si riabbassò nuovamente la maschera sul volto, nascondendoselo completamente. «Certo che, quando vuoi, sai essere davvero spaventoso.»
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«Allora...» borbottò Paulo accigliandosi. «Vediamo se ho capito bene: quando Baku vi ha dato il segnale, Psychè ha attivato la sua abilità per cercare il nascondiglio dei gemelli»
«Sì» confermò Dri con un lieve cenno del capo mentre infilava nel fodero una delle due katane che portava legate alla schiena. Erano un regalo da parte di Shakoma in occasione del suo compleanno, avvenuto quasi una settimana fa. Il vecchio gliele aveva consegnate dichiarando come, a parer suo, l'arma ideale per la ragazzina fosse in realtà la spada. Entrambe le lame erano di un insolito bianco quasi lattiginoso che dava alle due armi un aspetto delicato e allo stesso tempo pericoloso, lungo la scanalatura vi erano incisi degli strani ideogrammi di origine giapponese.
Quando al vecchio Educatore era stato chiesto dove avesse trovato quelle due spade così singolari, questo rispose che appartenevano da alcuni secoli alla sua famiglia ma che, non avendo più alcun parente in vita, aveva deciso di donarle all'orfana affermando che sarebbero servite più a lei che a sé stesso.
Perciò ora Adriana possedeva due nuove spade che le donava un'aspetta più intimidatorio rispetto a prima.
«Una volta che li avete trovati, Khafiin li ha attaccati a sorpresa diventando invisibile. Dopodiché Psychè si è occupata di renderli completamente inoffensivi convincendoli a disattivare del tutto la loro abilità» proseguì l'argentino incrociando le braccia davanti al petto.
«Esatto» rispose nuovamente Adri con tranquillità, nel frattempo Khafiin se ne stava in piedi poco distante dall'italiana, intento a pulirsi le lenti degli occhiali.
«Bene» mormorò Paulo con una faccia che lasciava ben intendere il contrario. «Se è andato tutto alla perfezione allora perché cavolo quelle due fotocopie bastarde non si trovano più qui come invece dovrebbe essere?»
Gabri aprì la bocca per rispondergli al posto dei compagni ma all'ultimo cambiò improvvisamente idea richiudendola.
Una volta che lui e Yen si furono ricongiunti fuori dalla banca con Paulo e Nick, un po' affaticati dal recente scontro con il piccolo esercito composto dai loro stessi riflessi, il gruppetto si era poi diretto verso il vicolo dove si trovavano gli altri due compagni ad attenderli. Al momento del loro arrivo, però, il quartetto rimase piuttosto interdetto nello scoprire che i due gemelli, per i quali avevano lavorare duramente per stanarli, erano invece scomparsi.
L'orfano trovava piuttosto bizzarro di come fosse l'argentino ad essere quello più irritato dal fatto che avessero fallito anziché lui, dato che il piano per catturarli era suo. Anzi, a dir la verità non era neppure per nulla sorpreso dalla scomparsa di quei due Ultra, sapeva perfettamente perché Dri e Fahed li avessero lasciati fuggire.
Quando due giorni fa erano a bordo sull'aereo diretti a Montrèal, aveva intravisto una busta di colore viola fuoriuscire leggermente da tasca interna dello zaino di Adriana mentre questa era intenta a cercare al suo interno il libro che si era portata per il viaggio.
Allora Gabri si era limitato a fare finta di niente, ma quella particolare sfumatura di viola e quel flebile profumo di lavanda che era riuscito a sentire erano inconfondibili. Aveva capito immediatamente chi fosse il mittente di quella lettera e che quindi questo significava che nella loro missione vi sarebbe stato qualcosa di inconsueto e vista la situazione aveva presto intuito quale particolarità avrebbe potuto trattarsi.
Per questo motivo, nel momento di formulare il piano la sera precedente, aveva deciso di mettere l'amica nella coppia incaricata di catturare i due ladruncoli. Oltre al fatto che la sua abilità era perfetta per individuare l'esatta posizione dei gemelli, Gab aveva pensato che, siccome era stata lei a ricevere la lettera da parte di Mantèio, Dri doveva essere tra i primi del loro Blocco a dover incontrare i due Ultra anomali.
Perciò non era rimasto affatto sorpreso nel venire a sapere che questi ultimi fossero "scappati".
Il combattimento di Paulo e Arrow contro i riflessi inviati dai gemelli aveva attirato l'attenzione dei Normali che si erano già recati al lavoro, in lontananza si potevano già udire il suono delle sirene della polizia in arrivo. Per i gemelli restare in quel vicolo sarebbe stato pericoloso se volevano evitare di farsi arrestare.
Immaginando a grandi linee che cosa ci fosse scritto nella lettera, Gabriele intuiva il perché della decisione dell'amica di lasciarli andare.
Infatti l'orfano non era per nulla interessato al motivo per cui, nonostante il piano perfetto, avessero fallito, ma era piuttosto curioso di sapere l'orario ed il luogo dove di sarebbero incontrati più tardi con i gemelli.
«Perché se restassero qui verrebbero quasi certamente arrestati dalla polizia» fece Adri riferendosi all'ultima domanda di Paulo.
«E non dovrebbe essere così?» mormorò confusa Nguyen, nel tragitto dalla banca a quel piccolo vicolo dove ora si trovavano, la ragazzina era riuscita a tranquillizzarsi del tutto rispetto a qualche minuto prima nell'ufficio del direttore «D'altronde sono loro i ladri che hanno rapinato la banca per ben cinque volte facendo ricadere la colpa su dei dipendenti innocenti!»
«Diciamo che hanno parecchie cose interessanti da dirci, che invece non potrebbero fare se finissero in prigione» rispose Adriana enigmatica.
Udendo quella risposta, Gabri sorrise abilmente vedendo tutti i suoi sospetti ed i suoi ragionamenti trovare conferma nelle parole dell'amica.
«Abbiamo preso appuntamento con loro questa sera presso una vecchia stazione dei pompieri in periferia.» comunicò Fahed facendo qualche passo in avanti verso il resto dei compagni.
Yen posò una mano sul fianco aggrottando la fronte perplessa. «Ma noi che garanzia abbiamo che si presentino all'incontro? Dopotutto sono dei criminali, a loro converrebbe di più sparire per sempre dalla circolazione»
«Non penso che abbiano molta scelta in realtà» replicò Dri socchiudendo appena gli occhi. «Si trovano nei guai fino al collo, in cambio delle informazioni ho offerto a loro il nostro aiuto.» quando riaprì le palpebre rivolse all'orfano un'occhiata interrogativa e preoccupata, notando di come non stesse pronunciando neppure una parola da quando era iniziata quella discussione. Un comportamento abbastanza singolare per com'è invece solito fare il ragazzino.
«Aiuto? A dei criminali?» sbottò la vietnamita storcendo la bocca in una smorfia di disapprovazione. Un po' Gab la capiva, il gemello che avevano dovuto affrontare li aveva tenuti sotto tiro con la pistola per tutto il tempo. Anche se quest'ultima si era poi rivelata scarica, non sapendolo Yen si era comunque spaventata moltissimo.
Nick si portò una mano sotto il mento massaggiandoselo pensieroso. «Criminali o meno, io credo che dovremmo dare a loro una possibilità e stare a sentire cos'hanno da dirci.» ragionò il ragazzino portandosi poi le mani ai fianchi sospirando. «Anche perché è da un po' che ho questa domanda che mi gira per la testa e vorrei tanto saperne la risposta»
Dal posto in cui si trovava, con la schiena appoggiata al muro e le mani dentro le tasche della divisa in una postura rilassata, Gabriele ridacchiò sommessamente. «Penso di sapere di quale domanda si tratti; è poi la stessa che ci stiamo ponendo noi tutti» affermò dandosi una leggera spinta staccandosi dal muro «Com'è possibile che due ragazzini di all'incirca la nostra età abbiano sviluppato delle abilità? Dopotutto noi sappiamo bene i Blocchi precedenti e successivi al nostro sono già tutti completi e che solo cinque bambini all'anno possono diventare degli Ultra, perciò com'è possibile questo fenomeno?» esordì per poi sorridere con naturalezza. «Beh... suppongo che se li facessimo arrestare difficilmente troveremo una risposta, no?»
Non ancora convinta da tutto quanto, Yen chinò leggermente il capo lasciandosi sfuggire un breve sospiro «Sinceramente io credo ch-» provò a dire ma venne bruscamente interrotta da Gabriele che riprese a parlare vivacemente.
«Suvvia, andiamo!» esclamò togliendo le mani dalle tasche e aprendo di poco le braccia sorridendo spigliato, ignorò l'occhiataccia che gli rivolse la vietnamita. «Due ragazzini che diventano improvvisamente degli Ultra nonostante la loro annata sia già completa, come pensate che reagirebbero le autorità di fronte a quest'informazione? Nella migliore delle ipotesi si farebbero due grosse risate dichiarando la questione come una grossa buffonata inventata da degli stupidi ragazzini e si convinceranno che si è trattato invece di due hacker abbastanza abili da manomettere il sistema di sorveglianza digitale della banca, a quel punto ai gemelli toccherebbe scontare solo alcuni anni di galera. Dopotutto questa novità è abbastanza assurda persino per noi, se ci pensate» disse con scioltezza. Di colpo, però, il sorriso scomparve sul suo volto scurendosi tutt'ad un tratto cambiando improvvisamente espressione in una più seria e grave «Ma che cosa accadrebbe se invece ci credessero? Una volta appurata la verità, che cosa succederà ai gemelli?» fece riabbassando le mani rimettendosele nuovamente in tasca. «Verrebbero immediatamente etichettati come pericolosi, da isolare ed evitare con grande attenzione. Probabilmente qualcuno effettuare degli esperimenti su di loro ed inoltre diventerebbero l'obbiettivo di diverse organizzazioni criminali che vorranno sfruttarli unicamente per i loro scopi.» sollevò la testa in modo da poter guardare chiaramente i compagni, le iridi erano di una sfumatura molto più cupa rispetto al solito. «Verranno all'incontro, questo è sicuro» decretò infine parlando con enorme sicurezza. «Non hanno altra scelta che esserci e, ad essere sinceri, neppure noi l'abbiamo. Non possiamo consegnarli alla polizia»
Dopo quelle parole, nel gruppo scese il silenzio assoluto.
Per qualche secondo, Paulo rimase ad osservare di sottecchi l'orfano. Infine si voltò dall'altra parte soffiando frustrato dal naso. «Detesto quando tu hai così terribilmente ragione» espresse chiaramente infastidito.
Gabriele chiuse momentaneamente gli occhi sorridendo naturale all'argentino inclinando appena il viso. «Lieto che tu sia d'accordo con me!»
Paulo gli lanciò un'occhiata seccata sbuffando esasperato. «Forza muoviamoci! Non ne posso più di stare in questo vicolo così sudicio!» esclamò avviandosi verso l'uscita della stradina. Subito Nick lo affiancò dandogli una pacca sul busto, dato che non riusciva ad arrivargli alla spalla.
«Come siamo schizzinosi!» fece prendendo in giro scherzosamente il compagno. «Ma come? Non ti piace questo meraviglioso profumo della famosa marca De Cassionets? È buonissimo!» l'istante successivo in cui finì la frase, sparì per poi ricomparire a circa due metri più indietro evitando all'ultimo il pugno dell'argentino.
«Bah... di sicuro è meglio dei calzini di Khafiin» commentò Nguyen incamminandosi anche lei alla fine del vicoletto.
«Che centrano i miei calzini ora?» ribatté Fahed indignato raggiungendoli.
«Che puzzano fino all'inverosimile!»
Rimasti indietro, Dri mosse qualche passo in avanti avvicinandosi a Gabri. «Grazie per avermi sostenuta» gli disse sorridendogli con gratitudine.
Gab riaprì gli occhi e la guardò con affetto. «Sei la mia migliore amica, che altro avrei dovuto fare?» rispose sorridendole spigliatamente. «Ma aspetta ancora per ringraziarmi» affermò successivamente rivolgendole uno sguardo astuto. «Spetta a te il compito d'inventare una scusa da dire ad Hebèrt.» disse allegro «Non possiamo mica dirgli la verità e sai bene quanto io faccia schifo a mentire»
Adri sospirò arrendevole per poi lanciare un'occhiata divertita e affettuosa all'orfano. «Un po' questo me lo aspettavo» ammise prendendo a camminare in direzione dove si trovavano gli altri, poi si fermò voltandosi verso l'amico guardandolo con un'espressione pacifica mentre si ritirava su la maschera coprendosi la parte inferiore del viso. «Su muoviti, il caso non è ancora finito!»
Gabriele la fissò per qualche istante tranquillo, poi accennò ad un breve sorriso divertito e la seguì fuori dal vicolo.
Aveva ragione, il caso non era ancora chiuso.
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