Una Mente Oscura pt1

Il cameriere dovette aspettare almeno cinque minuti di fronte alla porta della stanza 250, prima che qualcuno si degnasse ad aprigli, a fianco a sé teneva un carrellino su cui era stata sistemata la colazione degli ospiti che alloggiavano in quella camera.

Dall'uscio fece capolino la testa di un ragazzino coi capelli castani in disordine, dall'altezza pareva avere circa dieci o undici anni. A causa degli occhialini che indossava, il colore degli occhi era di difficile interpretazione ma non parevano possedere un pigmento scuro.

Il ragazzino sollevò la testa guardando il cameriere con aria assonnata, come se fosse appena sceso dal letto. Dal segno del cuscino che aveva sulla guancia doveva essere proprio così.

«La colazione» disse il cameriere facendo cenno al carrellino che aveva trasportato fino a quel piano. L'uomo fece per entrare in camera ma il piccoletto lo fermò.

«Ci penso io, grazie» lo assicurò senza riuscire a trattenere un enorme sbadiglio «Mi dispiace se l'abbiamo fatta aspettare molto, ci siamo appena svegliati.»

«Non fa niente» fece con professionalità il cameriere facendo breve inchino per poi rimettersi dritto e andarsene, mentre scendeva le scale parve scuotere con disappunto la testa.

Intanto Nick, tra uno sbadiglio e l'altro, era appena rientrato in camera con il carrellino, mollando la colazione in mezzo alla stanza si buttò sul suo letto a faccia in giù.

Senza guardare prese uno dei due cuscini che si trovavano sul suo letto e lo lanciò dietro di sé.

«Ehi!» protestò Gabri che si trovava ancora sotto le coperte a pancia in giù con addosso il pigiama. I capelli corvini erano ancora più spettinati del solito e teneva un libro di chimica aperto sopra il cuscino e Bobby sopra la spalla, come sempre.

Per via dei continui allenamenti che stava facendo sotto il sole nell'ultimo periodo, le lentiggini che aveva sul viso era aumentate, arrivando alcune addirittura sulle spalle, risaltando maggiormente gli occhi color ocra dell'orfano.

Gab raccolse il cuscino tirato e lo rispedì al mittente, il quale mugugnò stanco. Paulo e Fahed stavano ancora dormendo profondamente, così sicuramente anche le ragazze che si trovavano nella stanza adiacente alla loro.

«Perché mi hai svegliato?» mugugnò il piccoletto alzando svogliatamente il viso.

«Non avevo idea di dove fossero i tuoi occhialini e io ci avrei messo troppo tempo a vestirmi» rispose Gabriele tornando a studiare sul libro scrivendo qualche appunto con una penna.

«E tu perché sei già sveglio?» chiese Nick con la voce impastata dal sonno.

Gabriele girò la pagina e continuò a leggere. «Incubi» rispose Bobby al posto suo.

L'australiano si girò lentamente con la stessa grazia di una balena spiaggiata, mettendosi a pancia in sù. «Devi fare qualcosa per questi incubi. Stanno peggiorando.»

«Avrei bisogno di qualche tisana particolare ma non sono molto esperto in medicina e Adunbi non mi vuole aiutare.» le sopracciglia di Gabri si aggrottarono «Interessante...» mormorò a bassa voce e scribacchiò sopra ad una pagina.

«Hai provato con la camomilla?» propose Nick.

«Tutta la scorsa settimana» Gab passò di nuovo la penna sul libro, l'espressione attenta su quanto stava studiando.

«Allora non so che altro dirti»

«Ti ringrazio, sei di grande aiuto»

«Prego» fece Nick fissando intensamente le assi del letto sopra il suo «Ho sonnoooo...» si lagnò tirando sù di poco la testa. «Che ore sono?»

Bobby si voltò verso il ragazzino «Le otto meno un quarto»

«Ma da quant'è che siete svegli voi due?» dal modo con cui parlava non doveva mancare molto prima che l'australiano si riaddormentasse.

«Da due ore e mezza circa» di nuovo fu Bobby ha dare la risposta precisa, il suo padrone invece era tuttora concentrato sul suo libro di chimica. «L'incontro con il direttore della banca è alle nove in punto. Credo che sia ora di fare colazione se volete arrivare in tempo.»

A quella frase, Gabriele spalancò gli occhi spaventato. «No Bob-»

Troppo tardi.

Dal robottino partì un trillo assordante di una sveglia dal volume abbastanza alto da poter svegliare tutti in pochi secondi.

Non aspettandoselo, Nick rotolò a lato cadendo per terra. Gli altri due compagni di stanza scattarono con busto in avanti.

Si udì il rumore di qualcuno che sbatteva contro la lampada sistemata la sera prima appena sopra la testa.

«GABRIELEEEE!» si sentì urlare qualche istante dopo, sicuramente Paulo. «IO TI UCCIDO!»

Fahed teneva una mano sul cuore respirando lentamente e gli occhi strabuzzati. «Un incubo...»

L'argentino cominciò scendere adagio le scale dal suo letto, a causa dello spavento provato da quel risveglio brusco, mentre Gabri tentava di sbrogliarsi dalle coperte che lo avvolgevano come un bozzolo, senza però riuscirci. Appena vide Paulo avvicinarsi minaccioso decise di scendere comunque dal letto nonostante avesse ancora le gambe incastrate tra le coperte e cominciò a saltellare per tutta la stanza inseguito dall'argentino mentre questo cercava di colpirlo più volte.

«Se non fai attenzione rischi di far cadere il carrello con la colazione!» lo avvisò evitando l'ennesimo pugno sperando di riuscire a far desistere il compagno dall'aggredirlo.

«Se tu invece stessi fermo...» brontolò Paulo provando nuovamente a colpirlo senza successo «Renderesti le cose molto più facili!»

«Ma è stato Bobby!» si difese Gab senza smettere neppure un secondo di saltellare con addosso le coperte. «Non gli ho chiesto io di far partire la sveglia!»

Il robottino, che era rimasto fino a quel momento sul cuscino di Gabri, spiegò come se fosse la cosa più ovvia del mondo «È tardi. Dovreste fare colazione e vestirvi.»

La porta che conduceva alla camera delle ragazze si aprì mostrando un'Adriana mezza addormentata, i capelli aggrovigliati e addosso un pigiama semplicismo composto da una maglietta color malva ed un paio di pantaloncini grigi.

Gabri si domandò che cosa pensò Dri quando vide la scena che le si mostrava davanti. Lui dentro il suo bozzolo di coperte che saltellava in tondo inseguito da un Paulo ancora barcollante, Nick a terra seppellito dai lenzuoli e Fahed che provava a scendere per cercare i suoi occhiali caduti per terra.

Immaginò che, sotto un certo punto di vista, la situazione poteva risultare divertente. Per chi assisteva dall'esterno almeno.

«Cos'è tutto questo baccano?» gridò Adri sollevando confusa le sopracciglia.

«Colpa sua!» risposero Fahed, Nick e Paulo all'unisono indicando Gabriele. Il dito di Fahed sbagliava di qualche metro dal suo obbiettivo poiché non aveva ancora trovato i suoi occhiali.

Per non essere da meno, Gab indicò a sua volta Bobby «Ha acceso lui la sveglia!»

«Ma chi è che l'ha costruito?» gli rinfrescò la memoria Paulo afferrandolo da dietro per il colletto della canottiera, riuscendo finalmente a fermarlo.

L'orfano provò di divincolarsi dalla presa dell'argentino senza successo. «Tecnicamente ad inventare la sveglia è stato Levi Huctchins nel diciottesimo secolo, perciò devi prendertela con lui per l'esistenza di tale tortura.» rispose accennando ad un sorriso ingenuo nel tentativo di rabbonire l'amico, per lo meno era riuscito a liberarsi dalle coperte che gli avvolgevano le gambe.

Paulo aggrottò la fronte inizialmente confuso per poi ghignare beffardo. «Purtroppo credo che questo tizio sia già morto più di sette secoli fa, quindi dovrò prendermela con qualcuno di più vicino ed ugualmente fastidioso» decretò con un'espressione preoccupante sul viso mentre avvicinava minaccioso una mano verso il fianco dell'italiano con l'intenzione di fargli il solletico.

Gab vedendolo prese a dimenarsi ripetutamente scalciando in aria intanto che pensava rapidamente ad un modo per scamparla.

Appena prima che potesse entrare in azione, intervenne Dri che li fermò entrambi tempestivamente. «Okey va bene basta.» disse camminando verso di loro fissandoli severa. «Sono sveglia da troppo poco tempo per potermi subire le vostre assurde discussioni» dichiarò stropicciandosi stancamente gli occhi. «Fatele dopo la colazione, grazie.»

«Sentito?» fece Gabri sorridendo innocente all'argentino, questo lasciò andare la presa facendolo cadere malamente sul pavimento per andarsi a sedere sul letto di Nick borbottando sommessamente qualcosa che poteva essere facilmente un: "Stupido Folletto".

«Yen dorme ancora?» domandò Gabriele rialzandosi da terra.

Adri socchiuse gli occhi sospirando. «Quella ragazza non si sveglia neppure con lo scoppio di un cannone!»

Il ragazzino sorrise perspicace. «Lo immaginavo» disse allungando le braccia verso l'alto stiracchiandosi. «Ci penso io a svegliarla» annunciò dirigendosi verso la porta che dava l'accesso alla camera delle ragazze, prima di entrarvi però si voltò verso l'australiano. «Vieni anche tu Nick?»

«E me lo chiedi?» esclamò Nick già tutto allegro e pimpante saltando giù dal letto per raggiungerlo. «Hai già qualche idea per riuscire a svegliarla?» la luce scaltra che si formò nelle iridi color del miele dell'orfano, accompagnata da un sorrisetto accorto, bastò come risposta alla domanda dell'amico.

Notandola, Adriana gli lanciò un'occhiata allarmata. «Che hai in mente?»

Gabri si limitò ad assumere un'espressione sagace. «Solo la migliore delle sveglie» rispose varcando l'entrata della loro stanza seguito da un Nick entusiasta.

Passarono soltanto pochissimi secondi perché ricomparissero entrambi con dell'espressioni particolarmente soddisfatte e divertite, mentre dall'altra parte si udiva il rumore dell'acqua che fuoriusciva incessante dal rubinetto del bagno delle ragazze come se qualcuno stesse cercando di sciacquare insistentemente via qualcosa di sporco o schifoso.

«Che cosa avete combinato?» chiese preoccupata Dri, i due amici presero a ridacchiare tra loro enigmaticamente sedendosi sul pavimento.

«Qualcuno ha visto il mio calzino?» domandò invece Fahed scendendo dal suo letto con soltanto il calzino sinistro addosso e gli occhiali leggermente sporchi. «Non lo trovo. Eppure ero sicuro di averlo messo tra i miei vestiti»

Le risatine dei due ragazzini divennero più forti e beffarde, non ci volle poi molto per Adri a fare due più due e capire che cosa era successo.

Sgranando gli occhi incredula fece «Non ditemi che...»

«So io dov'è finito il tuo calzino mancante!» sulla porta comparve Nguyen con una smorfia schifata sul viso ed un calzino nella mano destra mentre l'altra serviva a coprire il naso della ragazzina, si poteva intravedere una luce adirata nei suoi occhi. In testa aveva un groviglio di capelli di una forma non definita e il colletto della maglietta, che fungeva da pigiama, era totalmente bagnato.

A quella vista, Gab e Nick non riuscirono più resistere e scoppiarono completamente a ridere appoggiandosi a vicenda per non cadere.

Gli altri due ragazzini del Blocco fissarono la scena sconcertati. «Che cosa...» mormorò incerto Paulo. «...è successo? Esattamente...»

Smettendo di ridere, Gab prese a spiegargli tutto sorridendo argutamente. «Mentre mi rincorrevi per la stanza ero riuscito a prendere di nascosto uno dei calzetti di Fahed che gli era caduto per terra durante la notte, volevo usarlo contro di te come diversivo nel caso volessi attaccarmi con il solletico ma Dri è intervenuta prima che io potessi lanciartelo in faccia» disse assumendo un'aria divertita e astuta allo stesso tempo. «Perciò ho pensato che sarebbe potuto servire lo stesso alla perfezione anche per svegliare una persona con il sonno pesantemente come Yen.»

«Dovevate vedere la scena!» fece Nick ridendo ancora tenendosi la pancia. «È bastato metterle il calzino sul naso per quasi un secondo perché si svegliasse immediatamente. Non credevo potesse essere così efficace, potremmo farlo altre volte!»

«Ti prego no!» quasi strillò Nguyen terrorizzata alla sola idea. «È stato terribile! Mi ci vorranno delle ore prima che le mie povere narici si liberino da questo orribile fetore nauseante!»

«Comprendo la tua sofferenza» commentò Paulo ricordando di quando la prima volta, quasi un anno fa, gli era toccato subirsi la stessa medesima sveglia traumatica. «Se penso poi che per poco stavo per beccarmelo io...» un brivido gli corse lungo la schiena al solo pensiero del terribile rischio che aveva corso. «Grazie Adri per aver salvato il mio povero naso.» fece infine voltandosi riconoscente verso l'italiana.

Lei scrollò le spalle. «Non ringraziarmi» disse sorridendo appena, a disagio. «Io sapevo solo che aveva in mente qualcosa ma non che cosa. La mia abilità non mi permette di percepire i pensieri di una persona, ma soltanto ciò che riguarda la sua anima»

«Fa lo stesso» ribatté l'argentino accomodandosi sul pavimento. «Mi hai comunque salvato l'olfatto»

Intanto il diretto interessato del piano diabolico, se ne stava tranquillamente seduto sorridendo con aria soddisfatta e svagata dondolandosi debolmente con le gambe strette al petto.

«Che cosa c'è per colazione?» domandò Fahed andandosi a sedere tra Paulo e Nick, al lato opposto da dove invece si era sistemata Nguyen.

«Cioccolata calda e pancake» rispose Adri dando un'occhiata alle cibarie sistemate con estrema cura sui i due piani del carrellino.

Nick si alzò immediatamente afferrando un piatto con aria famelica. «Pancake! Evvai!» esultò entusiasta prendendosi due pancake dal vassoio. «C'è anche dello sciroppo d'acero per caso? Spero proprio di sì, il Canada è famoso per il suo sublime sciroppo d'acero!»

Dri tolse il coperchio ad una piccola brocca che si trovava accanto al vassoio dove stavano i pancake e vi ci guardò dentro. «Sì, c'è» rispose passandola ad un Nick un po' troppo esaltato. «E c'è anche della panna da mettere con la cioccolata per chi la volesse» aggiunse indicando una ciotola di medie dimensioni piena di candida panna.

«Io non la voglio» comunicò Paulo prendendosi anche lui la sua parte di pancake aiutandosi con la forchetta.

«Io invece sì» fece Gab interrompendo finalmente quel suo fastidioso dondolio, si girò poi verso Nick osservandolo versare abbondanti dosi di sciroppo d'acero sui suoi pancake. «Non l'ho mai assaggiato lo sciroppo d'acero. Com'è?»

«Fidati, è buonissimo!» rispose l'australiano cominciando a divorare la propria colazione con espressione soddisfatta.

«Vi conviene sbrigarvi a fare la colazione.» si raccomandò Bobby sistemandosi accanto a Gabri. «Sono già le sette e cinquanta, avete l'incontro con il direttore della banca alle nove.»

«Giusto, a proposito di missione» fece Nguyen versandosi della cioccolata calda nella tazza per poi aggiungervi un po' di panna. «In cosa consiste esattamente? Quando ieri Shui ce l'ha spiegata non ci ho capito molto»

«In realtà è piuttosto semplice» esordì Gabriele affogando i suoi pancake con lo sciroppo d'acero «Il nostro incarico stavolta consiste nell'indagare su alcune rapine avvenute di recente alla Royal Blan, una delle banche più importanti del Canada.»

«Okey, qui c'ero arrivata anch'io» replicò Yen «Quello che però non capisco è perché non se ne può occupare la polizia? Non sarebbe il loro lavoro quello? Combattere il crimine, rivolvere casi...»

«Anch'io mi ero fatto la stessa domanda, perciò stamattina ho voluto fare qualche ricerca sull'argomento e devo dire che ho scoperto parecchie cose interessanti.» mettendo in bocca un pezzo di pancake, l'orfano fece cenno al proprio robottino. «Bopfy, cominfia tu»

«Nelle ultime otto settimane, la Royal Banc di Montréal è stata rapinata per ben quattro volte e sempre di notte» cominciò ad esporre Bobby con serietà. «In tutti e quattro i furti la polizia è già riuscita ad arrestare i colpevoli grazie alle riprese delle telecamere, presenti sia nella banca che nel caveau, ma la refurtiva trovata corrisponde soltanto al novantotto virgola sei per cento di quella rubata»

Fahed inarcò le sopracciglia perplesso bevendo un sorso di cioccolata «E... quindi?»

L'orfano deglutì il boccone che stava masticando per poi sorridere perspicace. «Questi casi, in apparenza separati tra loro, manifestano tutti delle stesse identiche peculiarità alquanto interessanti» disse con vivacità, pareva quasi che si stesse divertendo nel creare diverse congetture di quel caso. «Stranezza numero uno: i presunti colpevoli degli ultimi quattro furti sono tutti dipendenti della banca che avrebbero rapinato e tutti loro sembrerebbero soffrire di difficoltà economiche in famiglia»

«Beh, non potrebbero aver rubato apposta per via di queste loro difficoltà economiche?» provò a ipotizzare Yen soffiando di tanto in tanto sulla sua cioccolata ancora troppo bollente.

«Tutti quanti nello stesso periodo uno dopo l'altro?» fece sarcastico Paulo. «Sarebbe veramente da idioti farlo. Già dopo solo il primo furto avrebbero iniziato a costruire nuove difese più efficienti di quelle precedenti, specialmente trattandosi di una banca così importante come la Royal. Tentare con una nuova rapina dopo un lasso di tempo così breve dalla prima sarebbe stato da pazzi.»

«Oppure hanno voluto tentare lo stesso di rapinarla apposta proprio perché era passato poco tempo dal furto precedente» insistette testardamente Nguyen. «Creare le precauzioni necessarie per difendersi occorre del tempo, no? Durante quel periodo sarebbe il momento perfetto per tentare con il furto.»

«Okey ma, i colpevoli sono tutti dei dipendenti?» mormorò Nick facendosi improvvisamente serio. «È troppo assurda come coincidenza e sono piuttosto sicuro che anche i poliziotti l'hanno notata.»

«Esattamente, è quello che credo anch'io» confermò Gab con espressione compiaciuta. «Stranezza numero due: in tutti i casi, la refurtiva totale ammonta ad oltre quindicimila dollari canadesi però, a quella ritrovata, ne manca l'uno virgola quattro per cento»

«Complimenti per la precisione» commentò l'argentino con un ghigno impressionato sul volto.

«Grazie!» rispose l'orfano sorridendogli con naturalezza bevendo un sorso della sua cioccolata, quando riabbassò la tazza gli era rimasta una striscia di panna sopra le labbra. «Inoltre molti dei sospettati hanno saputo portare degli alibi parecchio resistenti che dimostrano la loro innocenza e hanno anche dei testimoni che ne confermano la veridicità.»

«Però presumo che le immagini riprese dalle telecamere siano piuttosto chiare ed inequivocabili» suppose Adri pensierosa, sollevò poi il capo voltandosi a guardare Gabriele. «Hai già qualche teoria di cosa possa trattarsi?»

Il ragazzino sbuffò inclinando il viso verso sinistra e appoggiando la guancia sul palmo della mano. «No, ancora nessuna. Purtroppo al momento non possiedo abbastanza informazioni per averne qualcuna» mormorò scocciato, infine sorrise abilmente mentre le iridi brillarono di una luce scaltra e allo stesso tempo divertita, come se stesse per giocare ad un qualche tipo di gioco particolarmente avvincente «Ma non vedo l'ora di trovarle.»

~~•~~

«Ti ho già detto che mi dispiace!» esclamò Nick mentre camminava lungo una viuzza secondaria di Montréal assieme ai suoi amici.

«Non m'interessa» fece Fahed irritato. «Tu con i miei occhiali non dovevi giocarci!»

«Ma non si sono rovinati così tanto!» ribatté l'australiano.

«Non sono tanto rovinati?» per poco non gridò il marocchino guardando furente il compagno. «C'è qui una crepa che percorre una lente per intero! Secondo te non sono rovinati?»

«Sì ma non è mica [completamente] crepata, no?» obiettò il ragazzino nel tentativo di difendersi. Fahed lo guardò con un piccolo tic all'occhio destro causatogli dal nervoso.

«Io te l'avevo detto di lasciarli stare» commentò Gabri ridacchiando beffardamente da sotto la maschera, teneva entrambe le mani dentro le tasche della divisa.

Nick gli lanciò un'occhiata storcendo la bocca in una smorfia scocciata. «Disse quello che si diverte invece a rubarglieli»

«Non è esatto» lo corresse l'orfano assumendo un'aria astuta. «Io li nascondo in punti dove so che Fahed non presterà attenzione nonostante siano comunque in bella vista.»

Stavolta fu il suo turno di beccarsi un'occhiataccia da parte del marocchino.

«Non ci posso credere che questo sia il livello di conversazione che sono costretto a subirmi ogni singolo giorno!» borbottò Paulo con tono esasperato.

Gab si voltò a guardarlo inarcando un sopracciglio. «Ma se spesso prendi parte pure te in queste conversazioni» gli volle far notare.

Dietro di loro, Adri e Yen camminavano senza dire una parola, abituate com'erano a quei loro dibattiti privi di logica.

«Sì ma almeno quando partecipo anch'io acquistano un po' di senso.» ribatté l'argentino sollevando il mento orgoglioso, poi spostò lo sguardo sull'italiano. «Piuttosto, credi davvero che sia sicuro lasciare il tuo robottino a proteggere la nostra stanza?»

«Non vedo perché dovrebbe essere il contrario» rispose Gabriele portandosi le braccia dietro la testa. «Ve l'ho detto un sacco di volte: ho costruito Bobby in modo che possa essere il mio aiutante perfetto e non solo per quanto riguarda con i miei esperimenti. Non crederai certo io abbia voluto crearlo completamente disarmato.» aggiunse con uno sguardo astuto.

Paulo continuò a scrutarlo ancora per qualche istante prima di tornare a guardare di fronte a sé. «Bah, se ne sei così sicuro» borbottò scrollando le spalle con indifferenza.

«Come sei dubbioso!» fece Nick affiancando i due amici sorridendo vivacemente. «Io invece sono sicuro che Bobby saprà difendere la nostra camera alla perfezione, nel caso dovesse entrare qualche ospite indesiderato.»

«Grazie Arrow» disse Gab chiamando l'amico con il nome da Ultra che aveva scelto quasi una settimana fa. Dopo mesi e mesi di proposte di nomi assurdi e ridicoli, finalmente l'australiano era riuscito a trovarsene uno che suonasse bene all'orecchio e che allo stesso tempo si collegasse alla sua abilità.

Mancavano soltanto Gabri e Paulo, nel trovare un nome adatto a loro.

L'argentino fissò il piccoletto con un'espressione sconcertata e visibilmente confusa «Si può sapere che cosa ti sei messo in testa?»

Nick si portò una mano sul capo dove portava un bizzarro cappello molto sottile in feltro color tabacco che fino a pochi minuti prima non indossava. «Oh! Intendi questo?» fece allegramente indicando il copricapo. «È un cappello da detective, l'ho comprato poco fa in un negozietto qui vicino» spiegò compiaciuto. «Visto che l'incarico di oggi consiste nel risolvere un mistero volevo farlo con l'abbigliamento giusto!»

Paulo guardò impassibile prima il cappello e poi l'espressione soddisfatta e spensierata dell'australiano. «Quello non è un cappello da detective, è un basco scozzese»

«Però mi dà comunque un'aria da detective» insistette Nick continuando ad esibire con fierezza il suo acquisto.

«Sembri solo un idiota» giudicò l'argentino inflessibile.

«Mai quanto te!» replicò invece spontaneo l'australiano.

A causa di quell'ultima risposta, l'intero Blocco si è trovato costretto ad attardarsi per diversi minuti in un vicoletto perché Gabriele, ma non solo lui, non riusciva a reggersi in piedi dalle risate.

«Ci sei ora?» gli domandò Adriana appoggiata al muro con la schiena accanto a lui.

«Sì, solo un attimo...» espirò Gab accovacciato a terra con le braccia strette sulla pancia e con ancora gli ultimi residui di risata che non accennavano a sparire tanto facilmente. «È stato troppo divertente!»

«Concordo!» ammise Nguyen anche lei piegata in due dalle troppe risate che si era fatta fino a poco prima. «Nick, sei stato fantastico!»

«Lo so» fece l'australiano sorridendo orgogliosamente sistemandosi meglio il basco sulla testa. Paulo invece se ne stava tutto imbronciato in un angolo con le braccia incrociate, lo sguardo ostinatamente rivolto dall'altra parte.

«Avete finito ora?» si lamentò aspramente l'argentino rivolgendo un'occhiata seccata ai tre compagni che ancora si burlavano di quanto successo poco fa. «Non era neanche una battuta così tanto divertente!» protestò leggermente offeso.

«Se devo essere sincera» pronunciò Adri ridacchiando sommessamente, come Gab e Yen anche lei si era temporaneamente abbassata la maschera. «Anch'io ho trovato molto spassosa la risposta di Nick.»

L'australiano assunse l'espressione più trionfa che aveva e sorrise beffardo a Paulo. «Visto?»

«Ragazzi, non per disturbarvi ma...» intervenne Fahed dando una rapida occhiata al suo orologio da polso. «Mancano solo dieci minuti alle nove, se vogliamo arrivare puntali ci conviene muoverci.»

Asciugandosi gli occhi dalle lacrime prodotte dalle risate, Gabri guardò il marocchino con la coda dell'occhio «Sì giusto. Hai ragione» disse poi rialzandosi da terra sorridendo pacificamente «Su forza, andiamo» ordinò al resto dei suoi compagni allungando una mano verso Yen per invitarla a rimettersi in piedi anche lei, dopodiché si avviò in direzione dell'uscita del vicolo dove si erano fermati.

Ripresero a camminare lungo la via precedente con passo svelto per non fare tardi svoltando poi a destra immettendosi nella strada principale della città. Non appena vi entrarono, però, dovettero fermarsi per qualche istante a causa della luce del sole che vi si rifletteva sulla superficie degli edifici andando poi a colpire gli occhi dei giovani Ultra, accendendoli per diversi secondi.

«Vorrei sapere perché tutti i palazzi di questa strada sono rivestiti completamente di vetro riflettente!» bofonchiò Gabri guardandosi rapidamente attorno mentre i suoi occhi cominciavano ad abituarsi gradualmente a quella luce.

«Vetro cosa?» fece Fahed sbattendo diverse volte le palpebre ancora mezzo accecato.

«Vetro riflettente» ripetè l'orfano dando un'occhiata al suo dischetto-navigatore per vedere quanti metri mancassero all'arrivo, fortunatamente non molto. «È il tipo di vetro di cui sono composte queste enormi finestre» disse indicando, con un gesto della mano, gli edifici circostanti. «Chi sta dentro può osservare tutto quello che accade all'esterno ma fuori, invece, vede soltanto il suo stesso riflesso»

«Che cosa idiota» brontolò aspramente Paulo ricominciando a camminare «A me sembrano un perfetto invito ad entrare per chiunque volesse rubare qualcosa. Tutto in questa strada grida a gran voce "ricchezza".»

«E tu te ne intendi, vero?» lo provocò Nick sorridendo beffardo dandogli una leggera gomitata con fare scherzoso.

«Paulo non ha torto» dichiarò Adri ammirando l'enorme e la splendente strada che stavano percorrendo. «Montréal è una di quelle pochissime città a non essere state colpite dalle bombe nucleari della Terza Guerra. Con il passare dei secoli la sua ricchezza è andata ad aumentare diventando così una delle città più ricche al mendo, questi palazzi a specchio che percorrono per intero la via principale sono, per l'appunto, il simbolo della sua prosperità» spiegò la ragazzina facendo cenno ai negozi che superavano. «Per questa sua caratteristica è stata sopranominata come la "Strada degli Specchi" ed è una delle attrazioni principali della città.»

«Quindi ecco il perché la base della Royal Banc si trovi qui» mormorò Gabri con ari soddisfatta. «Primo mistero risolto»

Paulo sbuffò svogliatamente «Io l'avrei soprannominata: "Strada Accecante"» commentò intanto che cercava di ripararsi gli occhi dai riflessi del sole mediante il suo cappuccio «Sarebbe stato molto più adeguato»

«Ma pareti del genere non sono molto più facili da rompere?» domandò perplessa Yen. «Dopotutto sono fatte di vetro»

«Sono molto più resistenti di quanto tu possa credere» obiettò Gabriele osservando attentamente la struttura dei palazzi «E inoltre, puoi star pur sicura che ogni singolo negozio presente in questa strada abbia preso le necessarie contromisure in caso di furti. Non basterà certo rompere qualche parete di vetro per rapinare uno di questi negozi» le disse accennando un breve sorriso divertito sotto la maschera, infine si fermò in mezzo al marciapiede sollevando il capo verso l'alto. «Oh! Eccoci arrivati» annunciò indicando con un cenno la gigantesca scritta dorata di "Royal Banc", in caratteri eleganti, che troneggiava sopra ad una specie di mezzo cilindro ad altezza d'uomo e largo circa un metro e mezzo che fungeva da porta dell'edificio.

Quando entrarono, i ragazzini furono costretti a subire un serrato controllo da parte dei numerosi poliziotti che presenziavano all'ingresso della banca. Furono parecchio meticolosi nel loro lavoro e i giovani Ultra furono obbligati a consegnare tutte le armi che possedevano, se volevano incontrare il direttore.

Quella fu un un'operazione che fece perdere parecchio tempo al Blocco, poiché molti di loro tenevano nascosti tra i loro indumenti diversi pugnali.

Gabri dovette persino togliersi la sua cintura dove portava i suoi attrezzi da lavoro, cosa che lo lasciò alquanto interdetto.

Cosa mai avevano di pericoloso un cacciavite a stella ed una decina di bulloni?

Fecero addirittura delle storie per i ciondoli che i due orfano portavano al collo.

«È soltanto una targhetta dell'ospedale!» protestò Gab rifiutandosi di togliersi la collana.

«E cosa ci fa lei con una tessera dell'ospedale datata nove anni fa?» fece il poliziotto che era stato incaricato di perquisire l'italiano.

«Questo credo che siano affari miei, non pensi?» ribatté irritato il ragazzino stringendo forte in una mano il proprio ciondolo.

Ma l'agente era irremovibile. «Insisto perché si tolga quell'oggetto metallico.»

L'orfano alzò il viso guardandolo negli occhi con fermezza. «No»

Alla fine la situazione si risolse grazie all'intervento di un superiore del poliziotto testardo che decise di permettere all'Ultra di tenersi la sua collana e che si offrì per dare al gruppetto le indicazioni per giungere all'ufficio del direttore della banca.

L'uomo li guidò attraverso un'immensa sala elegantemente decorata, l'alto soffitto era pieno di dipinti raffiguranti corni dorati da cui strabordavano monete e frutta, bellissimi pavoni nell'atto di aprire la loro meravigliosa coda e angioletti che portavano sacchi pieni d'oro e pietre preziose. L'immagine che però sovrastava tutte le altre, era quella che ritraeva la figura di un giovane uomo leggermente in sovrappeso che reggeva un corno d'oro, del tutto simile a quelli già rappresentati, traboccante di gemme e denaro. Gli occhi erano coperti da una benda bianca.

Quella stanza doveva essere certamente il luogo dove si svolgevano la maggior parte delle funzioni pubbliche durante il giorno, ciò era facilmente deducibile grazie alle panche in legno d'ebano posizionate sl lato sinistro della sale mentre in quello opposto si trovavano invece i caselli dove i dipendenti di norma lavoravano interagendo con un cliente alla volta. Al momento però il salone era completamente vuoto, fatta eccezione per i poliziotti posti all'entrata, visto che l'ora ufficiale di apertura della banca non era ancora arrivata.

Gabri alzò lo sguardo osservando incuriosito il dipinto del giovane bendato chiedendosi che cosa rappresentasse.

«È Pluto, il dio greco dell'abbondanza. Si pensa che sia figlio di Demetra, dea dell'agricoltura» spiegò sottovoce Adri avvicinandosi a lui «Quella che tiene in mano è una cornucopia, rappresenta l'abbondanza.»

Gab si girò verso l'amica confuso «Ma la cornucopia non era il simbolo di quella dea greca della fortuna?» domandò «E poi mi avevi detto che Pluto era il dio degli Inferi»

Dri scosse la testa ridacchiando «No quello è Plutone, la controparte romana di Ade. Inoltre a Plutone viene anche associato alle ricchezze presenti sottoterra» mentre parlava, Nick si era fatto più vicino ai due orfani, interessato a quanto la ragazzina stava spiegando. «Però hai ragione, la cornucopia è anche il simbolo di Tyche, la dea greca della fortuna.»

«Oh, quindi mi ricordavo bene!» commentò Gab soddisfatto.

<<Come fai a sapere tutte queste cose?>> domandò Nick meravigliato.

«Mi piace la mitologia» rispose Adriana con semplicità aprendo nel frattempo, come secondo le indicazioni ricevute, una porticina in legno di quercia la quale conduceva ad una lunga scala di marmo finemente decorata che portava agli uffici dei gestori.

Accanto a loro, Fahed sbuffò. «Certo che se leggessi di più queste cose le avresti sapute anche te»

«Ma io leggo!» ribatté stizzito l'australiano mentre saltellava a piè pari sugli scalini di marmo superando il primo piano.

«Fumetti» aggiunse il marocchino imperturbabile.

«E allora?» protestò Nick. «Sono bellissimi e li adoro!» dichiarò orgogliosamente «E poi guarda che io i libri li leggo, qualche volta. Guida Galattica per Autostoppisti, ad esempio, cosa sarebbe?»

«Hai qualcosa contro i fumetti, spilungone?» fece Paulo con tono provocatorio. Come l'australiano, anche lui era un grande amante dei fumetti, sia occidentali che orientali, e tendeva ad innervosirsi parecchio quando qualcuno glieli criticava. Era rimasto piuttosto dispiaciuto quando, con lo scoppio della guerra, quasi la totalità delle opere orientali avevano interrotto la loro circolazione nei paesi che appoggiavano gli Eroi.

«Volevo solo dire che per me quella non è letteratura» esordì Fahed con sincerità.

Gab emise un sospiro tollerante. «Ancora Khafiin? Quante volte te lo devo ripetere?» lo riprese utilizzando un tono mite. «Non imporre agli altri i tuoi ideali, risulti solo molto fastidioso e irritante» mormorò voltandosi poi in direzione del marocchino con un'aria un pò scocciata. «Che problema ti dà il fatto che a loro piace leggere fumetti?»

Alla mancanza di risposta alla sua domanda, l'orfano sorrise perspicace da sotto la maschera e distolse l'attenzione dal compagno tornando ad esibire un'espressione pacifica. «Ottimo! Quindi l'argomento è chiuso!» dichiarò con soddisfazione. Fahed grugnì qualcosa a sottovoce tornando a guardare davanti a sé.

Adesso fu il turno di Adriana di sospirare pazientemente. «Sempre il solito diretto, vero?» disse rimproverando l'amico per la sua solita eccessiva schiettezza e allo stesso tempo cercando di

«Sempre!» fece lui infilandosi le mani nelle tasche della divisa, Dri scosse la testa rassegnata al carattere schietto e ribelle del suo migliore amico.

«Eccoci!» annunciò Yen indicando, con un cenno della testa, la grossa porta di legno bianco-giallastro su cui sopra vi era stata fissata una targhetta di ottone con scritto "Direttore; Claude Hebèrt". Vi bussarono un paio di volte prima di udire un flebile "Avanti" dal timbro piuttosto nasale.

Spingendo verso il basso una delicata maniglia di ottone, aprirono la porta e varcarono l'ingresso della stanza entrando così nell'ufficio del direttore.

Questo era grande all'incirca otto metri e aveva tre pareti completamente piene di quadri dalle diverse dimensioni, quasi tutti raffiguranti degli Ultra colti nel momento in cui utilizzavano le loro abilità. Altri si trattava invece di foto dove ritraevano volti alcuni uomini con abiti da pesca e dei volti di bambini, due in particolare si ripetevano più volte e in paesaggi spesso simili. Guardandole, Gab dedusse che quelli dovevano trattarsi dei figli del direttore mentre la donna che compariva talvolta sullo sfondo doveva essere la moglie.

La parete opposta a quella dove si trovava l'entrata, era l'unica ad essere priva di cornici poiché era composta da un'unica ed enorme finestra dalla quale riusciva ad entrare la timida luce di quella mattinata di metà novembre.

Posta al centro dell'ufficio vi era una scrivania in legno di pino lunga due metri dietro la quale stava seduto un uomo oltre la trentina vestito elegantemente con i capelli di un biondo ramato e l'accenno di barba sul mento, in piedi accanto a lui si trovava invece un signore sulla cinquantina con diverse ciocche bianche tra i capelli scuri ed un paio d'occhiali a mezzaluna posti sul naso vestito con un completo color caffè.

Quando quest'ultimo vide entrare il gruppo di giovani Ultra aggrottò la fronte storcendo allo stesso tempo il naso, come se infastidito dal loro arrivo.

«Ultra?» mormorò con tono sconcertato. «Non ditemi che sono qui per quelle ultime rapine. Non avevamo detto che non ce n'era bisogno e che aveva già fatto tutto la polizia?»

Il direttore prese a rigirarsi agitato l'anello d'oro che portava all'anulare della mano sinistra. «Beh ecco, signor Dubè, i-io credo che un aiuto in più, specialmente se è da parte degli Eroi, non possa mai nuocere davvero. Soprattutto in una situazione come questa» provò a dire nervosamente. «D'altronde la polizia non ha ancora trovato i soldi mancanti delle refurtive, giusto?» aggiunse infine cercando di sorridere disinvoltamente.

Dubè fissò Hebèrt per un paio di secondi con un misto tra diffidenza e severità, poi sbuffò raccogliendo dalla scrivania delle cartelle piene di fogli. «Bah... faccia come le pare» borbottò avviandosi verso l'uscita «Se pensa che potranno rivelarsi utili allora va bene. Arrivederla signorino»

Mentre se ne andava, Gabri beccò Dri lanciare una fugace occhiata sospettosa al segretario. Si trattava solo di un attimo, ma l'orfano riuscì ad accorgersene ugualmente.

Non appena la porta si chiuse con un sonoro scatto della maniglia, nella stanza calò il silenzio. Nick fece un passo avanti sorridendo rassicurante. «Allora, vedo che gli piacciono gli Eroi!» affermò indicando con un gesto della mano tutti i quadri presenti nell'ufficio, probabilmente come pallido tentativo di rompere il ghiaccio.

Quell'Hebèrt sembrava un tipo parecchio nervoso e ansioso.

No, gli piacciono gli Ultra in generale. Dedusse Gabriele osservando come alcuni quadri ritraevano anche dei Liberatori di circa sessant'anni fa.

«Ehm ecco... in realtà sono appassionato agli Ultra in generale» rispose infatti Hebèrt massaggiandosi a disagio il collo, poi prese a sorridere con un'aria un po' più sicura e rasserenata. «Vedete, io credo che ci sia qualcosa di affascinante in voi Ultra e nelle vostre abilità. Possedete come una specie di aurea estremamente intrigante, un contatto molto più ravvicinato con la natura e all'essere rispetto che a noi Normali. Non lo credete anche voi?» chiese rivolgendosi al gruppetto guardandoli trepidante.

Senza farlo apposta, Gab e Dri si scambiarono un'occhiata significativa.

L'abilità di Gabriele in pratica gli permetteva di utilizzare tutti gli elementi esistenti in natura mentre quella di Adriana agiva letteralmente sull'anima delle persone.

Più connessi di così.

Il resto del gruppo invece pareva alquanto spaesato alla domanda del direttore e si guardavano tra loro con aria confusa.

In loro soccorso da un momento alquanto imbarazzante, intervenne Adriana che si presentò. «Piacere di conoscerla, signor Hebèrt. Il mio nome è Psychè» disse con tono gentile «Ci esponga pure la situazione»

«Oh sì, giusto!» fece l'uomo sorridendo imbarazzato. «Dopo tutto siete qui per questo» affermò cominciando poi a spiegare ai ragazzini i casi di quelle quattro rapine. «Negli ultimi due mesi, circa, sono avvenuti nella nostra banca quattro furti, gli uni poco distanti dagli altri, di cui...»

Gabri rimase ad ascoltarlo per a malapena un minuto prima di rivolgere altrove la sua attenzione, ad esempio sui quadri presenti nella stanza. Ce n'era uno in particolare che aveva attirato la sua attenzione.

Ritraeva una giovane donna sui vent'anni stesa sopra un morbido manto d'erba che sorrideva ilare allo spettatore. Aveva la pelle della stessa tonalità del terriccio appena bagnato, risaltando le iridi che parevano oro liquido. La caratteristica più peculiare di quella ragazza, però, erano certamente i suoi capelli completamente bianchi che le circondavano la testa come una candida criniera riccioluta, in mezzo si potevano vedere distintamente delle piume color bronzo intrecciate nella sua chioma.

Il dipinto era stato realizzato con estrema attenzione e precisione, si era in grado perfino di notare una piccola luce maliziosa negli occhi della ragazza.

C'era qualcosa in quel quadro che incuriosiva l'orfano. Sospettava che non si trattasse di un Ultra, la datazione di quel ritratto era molto più antecedente rispetto a quella degli altri dipinti presenti in quella stanza. Risaliva addirittura a ben prima dell'arrivo della Profezia, a quell'epoca gli Ultra erano ancora una novità troppo sconvolgente per poter dare inizio ad un vero e proprio movimento artistico.

Allora quella donna chi era?

Qualcuno gli tirò più volte la manica della divisa, che Gab teneva arrotolata fino ai gomiti, chiamandolo a voce bassa.

«Psst, ehi Gab» bisbigliò Adri riscuotendolo dai suoi pensieri.

Ritornando al presente, Gabri si accorse di come tutti i presenti lo fissassero chi con disapprovazione, chi ridacchiando beffardamente e chi invece con curiosità.

Hebèrt incurvò le sopracciglia ansioso. «Mi-mi stava ascoltando?» domandò con voce incerta.

«Non ne ho bisogno» dichiarò l'orfano spigliatamente. «Quello che sta spiegando io lo so già!»

L'uomo lo guardò confuso e leggermente scettico. «Da-Davvero?»

Gab annuì sicuro. «Certo! Io non mento mai. O meglio, non mi piace mentire» fece continuando ugualmente ad osservare il resto dei quadri presenti. «Perché ora non ci parli della quinta e ultima rapina? Se non erro dovrebbe essere avvenuta circa duo o tre giorni fa»

Nell'udire quell'affermazione e con quale disinvoltura era stata pronunciata, il direttore spalancò gli occhi stupefatto. «Nessuno sapeva di questa rapina, solamente io...» mormorò a bassa voce esterrefatto. «Co-come ha fatto...»

«Altrimenti perché avrebbe richiesto l'aiuto degli Eroi?» gli fece notare Gabri vivacemente ammirando un dipinto rappresentante una donna Ultra dai vaporosi capelli rossi circondata da quelli che parevano fiamme blu. «Però non c'è soltanto questo, secondo me» esordì assumendo un'aria più seria. «Ci sono state ben quattro rapine nell'ultimo mese e mezzo, eppure hai deciso di metterti in contatto con Suprem Dragon solamente adesso. Ciò significa che in quest'ultima vi è qualcosa di così sconvolgente e allarmante che ti ha convinto a chiedere l'aiuto degli Eroi in tutta segretezza, tenendo fuori i tuoi stessi dipendenti e la polizia» spiegò mantenendo un tono tranquillo e spigliato, infine si volse appena rivolgendo all'uomo uno sguardo astuto e perspicace. «Qualcosa come, ad esempio, la registrazione di una telecamera che ti ha ripreso nell'atto di rapinare la tua stessa banca.»

Non appena terminò di parlare, Hebèrt scatto in piedi facendo cadere a terra la sua sedia dall'impeto e indietreggiò fissando il giovane Ultra con un'espressione atterrita. «C-Come fai a saperlo questo?» gridò scioccato «Leggi la mente per caso? Sei un telepate?»

Gabri scosse la testa sorridendo ilare da sotto la maschera. «Niente di tutto questo» rispose con spontaneità mettendo via il suo cubo. «Solo pura logica»

«Non si preoccupi signor Hebèrt, sappiamo bene che lei in realtà è innocente.» si intromise prontamente Adri, la miglior diplomatica del Blocco, nel tentativo di rassicurare il direttore. «Vede, la mia abilità mi consente di raccogliere informazioni sicure al cento per cento e inoltre mi permette di capire se una persona sta mentendo o quali siano le sue vere intenzioni. Perciò so perfettamente che non è stato lei a rapinare la banca qualche notte fa.»

«Proprio così!» concordò vivacemente Gabriele porgendo, con aria compiaciuta, una mano dietro la schiena col palmo rivolto verso l'alto. «Sgancia» bisbigliò in direzione dell'australiano.

Sbuffando, Nick consegnò all'amico i tre dollari pattuiti della scommessa sulla quinta rapina.

Nel frattempo anche gli altri ragazzini erano rimasti piuttosto sbalorditi dalla spiegazione del loro compagno, anche se ormai avrebbero dovuto esserci abituati a quelle sue solite uscite.

Hebèrt tornò titubante alla scrivania rimettendo in piedi la sua sedia e vi sedette continuando a fissare con espressione esterrefatta l'orfano sorridendogli nervosamente. «Lei ha una mente davvero acuta, signor...» fece per dirgli per poi interrompersi aggrottando la fronte perplesso. «Com'è che si chiama?»

Gab riprese a guardare i quadri giocherellando con la sua catenella della sua collana, non sapendo come rispondere a quella domanda dato che ancora non aveva deciso il suo nome da Ultra.

«Elementa» si intromise nuovamente Adriana rispondendo al posto del compagno.

Sorpreso da quell'intervento repentino da parte della sua migliore amica, l'orfano le lanciò un'occhiata confusa inclinando il capo da un lato. Anche il resto del Blocco la guardò disorientato, sapevano bene di come l'italiano con la scelta del nome si trovasse ancora in alto mare.

Perciò nessuno si aspettava una risposta alla domanda dell'uomo, men che meno che sarebbe stata Dri a darla.

«Ehm... grazie» fece incerto Hebèrt. «Comunque devo ammettere che la vostra lettera di presentazione che ho ricevuto ieri sera dal vostro capo, tramite e-mail, diceva il vero. Forse sarete davvero in grado di risolvere questo mistero, nonostante la vostra giovane età»

«Farlo sarà davvero un piacere» affermò Gabriele spontaneamente avvicinandosi maggiormente alla scrivania. «Ora, se ci mostri quella famosa registrazione potremmo trovare qualche informazione di vitale importanza»

Yen si voltò verso l'italiano fissandolo perplessa. «Ma se tanto sai già cosa c'è in quella ripresa, perché visionarla?» gli domandò. Come risposta, Gabri si limitò a lanciarle una rapida occhiata accorta per poi girarsi nuovamente in direzione del direttore che intanto aveva già aperto il suo portatile e stava preparando il video.

«Eccolo» disse infine l'uomo volgendo il computer in modo che i ragazzini potessero vederne lo schermo, questo mostrava una sala gigantesca completamente vuota fatta eccezione per il centinaio di scomparti chiusi a chiave che rivestivano interamente tutte le pareti del caveau. L'ora segnata sull'angolo a sinistra del video segnava le tre e dieci della mattina. «Questo è uno dei nostri caveau, qui ci teniamo principalmente i risparmi dei clienti non benestanti» prese a spiegare Hebèrt «Per accedervi si deve per forza immettere un codice che solo io, il mio segretario e pochi altri miei subordinati conoscono.»

Paulo arricciò le labbra in un ghigno beffardo. «E fammi indovinare, alcuni di questi suoi subordinati sono tra quelli che hanno rapinato la sua banca.»

Il direttore abbassò il capo «Solo gli ultimi due» rispose tornando a tormentare il suo anello. «Quando ho aggiunto anche il riconoscimento del DNA nel sangue dopo gli altri due furti precedenti.»

«Immagino che l'aveva fatto in modo tale da assicurarsi che solo la stretta cerchia di persone da lei scelte potesse entrarvi» ragionò Adri portandosi una mano all'altezza della bocca corrugando la fronte con aria pensosa. «Perciò i primi due presunti colpevoli si trattavano di normalissimi dipendenti»

Hebèrt annuì grave. «È così» confermò incupendosi. «Speravo che quella modifica avrebbe funzionato, ma non mi aspettavo che due dei miei subordinati mi tradissero così» disse con tono abbattuto, infine sospirò risollevando il viso mostrando uno sguardo più risoluto. «Prima di adesso nessuno, eccetto il sottoscritto, ha visionato questa registrazione e ci terrei che voi non ne facesse parola con nessuno» ordinò facendosi sfuggire erroneamente un lieve tremolio ansioso nella voce. «Nessuno deve sapere di questa registrazione, specialmente la polizia. Neppure il mio segretario, il signor Dubè, ne è a conoscenza.»

Dri gli rivolse uno sguardo rassicurante. «Stia tranquillo, signor Hebèrt. Non lo diremo a nessuno.»

L'uomo fissò i ragazzini irrequieto, infine, con grande titubanza, farfugliò un flebile "Okey" mentre premeva sopra un tasto del portatile facendo partire in questo modo la registrazione.

Dopo pochi secondi di video, dove tutto restò fermo e immobile, nella visuale comparì la figura alta e atletica del direttore che entrava all'interno del caveau con molta più calma e sicurezza di quanto potesse esserlo effettivamente il Claude Hebèrt che si trovava di fronte loro.

I ragazzini guardarono in silenzio l'Hebèrt del filmato aprire tramite un codice alcuni degli scompartimenti che si trovavano nella camera blindata ed estrarre da essi diverse banconote che poi infilò all'interno di una busta di carta fino a riempirla quasi del tutto. Infine la nascose in una tasca interna della giacca che indossava e se ne andò, come se non fosse successo nulla, chiudendosi con uno sgradevole la porta alle sue spalle.

L'ultimo suono che si udì nel video fu quello delle diverse serrature che scattarono sigillando così l'entrata del caveau.

Il tutto durò circa solo una decina di minuti, non di più. A parte il furto, pareva non esserci nulla di strano o inusuale. L'uomo ripreso dalle telecamere sembrava proprio Hebèrt, era praticamente identico a lui.

O almeno questo era quello che un occhio non molto attento poteva credere di vedere.

Nick si raddrizzò sbuffando mentre si passava una mano tra i capelli con aria pensosa «Sinceramente a me quello sembrava davvero il signor Hebèrt. Cioè... è troppo uguale a lui!» fece per poi rivolgere uno sguardo sospettoso all'uomo. «Sicuro di non avere un gemello cattivo di cui non eri a conoscenza?»

«Abbastanza» rispose il direttore usando per la prima volta un tono ironico intanto che rigirava il portatile verso di sé.

Dri, con la coda dell'occhio, scrutò di nascosto il suo migliore amico quando a questo gli era sfuggito per sbaglio un flebile verso di scherno alla domanda dell'australiano sul gemello cattivo, certa che fosse riuscito a trovare qualche indizio importante. Notandola, Gabri le rivolse uno sguardo accorto sorridendo divertito, confermandole così si sospetti di lei.

«All'incirca, quanto tempo ci vuole per spostare in una chiavetta tutti i video di sorveglianza degli ultimi due mesi?» domandò l'orfano senza preavviso voltandosi verso Hebèrt.

L'uomo trasalì leggermente nell'udire di nuovo la voce di quello strano ragazzino. «Beh ecco... non lo so» rispose grattandosi il collo a disagio. «Due mesi di riprese sono veramente molti»

«Mi bastano solo quelli durante l'apertura e chiusura della banca e quelli del cambio turno» precisò Gab vivacemente «Più, ovviamente, anche quelli delle altre rapine»

Paulo guardò il compagno inarcando un sopracciglio. «Perché proprio quegli orari?»

«Ho i miei motivi» gli rispose enigmatico l'orfano prima di tornare a rivolgersi all'uomo. «Allora? Quanto tempo ci vorrà, più o meno?»

Hebèrt si portò una mano al mento inclinando il viso verso il basso con un'espressione pensosa. «Beh... trovare e selezionare le registrazioni desiderate occuperà del tempo e per spostarle poi in una chiavetta ci vorranno almeno un paio ore quin-»

«Perfetto!» lo interruppe Gabriele soddisfatto. «Allora torneremo qui nel suo ufficio fra tre ore»

L'uomo sbatté un paio di volte con un misto tra il perplesso e lo sconcertato. «Eh? Cosa...» provò a dire ma l'orfano si era già diretto con disinvoltura verso l'uscita della porta mentre alcuni dei suoi compagni lo fissavano confusi.

Adriana scosse appena la testa sospirando rassegnata. Gabri aveva sempre avuto atteggiamento talvolta un po' troppo schietto e spigliato nei confronti degli altri, ma quel giorno era decisamente molto più vivace del solito.

«Risolveremo il suo caso, ne stia pur certo» garantì al direttore, il quale pareva ancora spaesato, con tono rasserenante prima di seguire l'amico oltre l'uscio dell'ufficio, imitata subito dopo dal resto del Blocco.

L'unico del gruppo che rimase con Hebèrt fu Fahed, incaricato dai due orfani di proteggere il direttore durante la loro assenza.

Una volta usciti dalla stanza, Gabri lanciò un'occhiata a Dri che si trovava di a fianco a lui «"Elementa"?» fece interessato mentre scendevano le scale.

«È latino, significa "elementi"» rispose lei placidamente. «Siccome la tua abilità ti permette di trasformarti in qualsiasi elemento presente in natura e di controllarli pensavo che potesse starci bene come nome da Ultra»

«Latino?» mormorò il ragazzino sollevando un sopracciglio. «Posso chiederti che libri leggi?»

«Potrei chiedere la stessa cosa a te» ribatté Adriana con una luce ironica nelle iridi argentate, riferendosi ai libri di scienze e chimica che l'orfano leggeva per diletto.

«Ma tu li conosci già» replicò Gab usando lo stesso tono usato dall'amica.

«È vero» ammise lei ridacchiando sommessamente. «Comunque scusami per aver risposto al posto tuo, so quanto non sopporti quando gli altri decidono per te. Puoi benissimo cambiarlo se non ti piace»

Gabri storse la bocca in una smorfia pensosa. «Uhm, nah! Mi piace Elementa.» decise scrollandosi le spalle noncurante. «È semplice, d'impatto e pure. Mi aggrada davvero!»

«In effetti come nome ci sta un sacco!» concordò Nick allegro.

«Aggrada?» lo schernì Paulo sghignazzando beffardo appena dietro i due italiani, l'orfano continuò a scendere gli scalini di marmo ignorandolo. «Ad ogni modo, dove stiamo andando ora, Sherlock in formato tascabile?» domandò poi l'argentino cambiando discorso.

«A chiedere ai poliziotti che si trovano qui in banca di portarci nella prigione dove tengono i quattro dipendenti accusati di furto» fu la spigliata e vivace risposta da parte dell'italiano sorridendo esaltato.

«Sembra quasi che tu ti stia divertendo a risolvere questo caso» commentò Yen ancora impressionata dagli assurdi ragionamenti esposti dal compagno poco fa nell'ufficio del direttore.

«Togli pure il "sembra" e il "quasi"» la corresse Gabriele voltando quel poco che gli bastava per guardare la vietnamita con una luce scaltra negli occhi. «Questa missione mi sta piacendo un sacco.» affermò sorridendo abilmente, seppur nascosto dalla maschera. La ragazzina parve rabbrividire leggermente all'espressione dell'orfano.

«Evvai! Si va ad investigare!» esclamò invece Nick sollevando le braccia in alto entusiasta.

~~•~~

«Aaaah... odio investigare!» si lagnò Nick sdraiato sul suo letto a pancia in su. «È così noioso!»

«Ci credo!» brontolò Paulo massaggiandosi stancamente le tempie dopo aver passato delle ore ad esaminare i rapporti che teneva sulle sue gambe. «Non hai fatto nulla per aiutarci con le indagini se non indossare quello stupito cappello e gridare "Istinto da detective a me!"»

«Pensavo potesse funzionare» ribatté l'altro socchiudendo gli occhi. «Provare non costa niente»

«Anche tirarti un pugno in faccia non costa niente» sbottò Paulo tirandosi su in piedi e stringendo la mano in un pugno. «Resta fermo!»

L'argentino non ebbe neppure il tempo di fare un passo verso il compagno che questo era già sparito dalla sua visuale comparendo invece sul letto superiore. «Credo di poter farne a meno, grazie lo stesso per il pensiero» replicò Nick facendogli la scherzosamente la linguaccia per poi staccare con un morso il pezzo di una fetta di torta al limone che aveva rubato mentre sfuggiva dall'amico.

«Bastardo di un nanetto! Prova a lasciare delle briciole sul mio letto e tu stanotte dormi sulla scala antincendio!» lo minacciò Paulo agitando irritato il pugno in direzione dell'australiano, che imperterrito continuava a mangiare la sua fetta ignorando le parole del compagno.

«La piantate di gridare voi due?» li riprese Fahed guardando i due ragazzini con disapprovazione. «Non so se lo sapete ma a quest'ora la gente comincia ad andare a dormire.»

Dopo aver parlato con i dipendenti della banca detenuti in un carcere di Montrèal e ritirato la chiavetta contenente i filmati richiesti da Hebèrt, i ragazzini avevano passato il resto della giornata chiusi nella camera dell'albergo in cui alloggiavano ad esaminare i rapporti che erano stati "gentilmente" concessi dalla polizia e i dati che avevano raccolto da una breve indagine svolta nel caveau preso di mira, il luogo del crimine.

«Io non capisco perché abbiano dovuto affidare a noi questo incarico» si lamentò sfinita Yen inclinando la testa all'indietro appoggiandola contro il materasso del letto di Gabriele. «Siamo solo dei ragazzini! Cosa vogliono che ne sappiamo di come si conduce un'indagine?»

Adriana alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo e lanciò una silenziosa occhiata a Gabri il quale si trovava sdraiato sul proprio letto a pancia in giù con le gambe della sua amica poggiate sopra il suo busto, intento a trafficare allegramente sul portatile di Paulo con Bobby seduto sulla sua testa che osservava attentamente il lavoro del suo creatore. Accanto a loro vi era posato un piattino con sopra una fetta di cheescake mangiata per metà.

«Avranno avuto le loro ragioni» fece svogliatamente l'orfana ritornando a leggere impassibile il suo libro, una bizzarra novella che narrava di una fattoria completamente governata dagli animali.

«Già, perciò potresti smetterla di lagnarti? Sono ore che non stai facendo altro!» la rimproverò aspramente Fahed senza distogliere lo sguardo dai documenti che stava esaminando e ignorando la seguente occhiataccia da parte della vietnamita.

«Sono più di sei ore che sto qui ad analizzare questi stupidi fogli, avrò pur il diritto di lamentarmi!» sbottò Nguyen irritata.

«E se fossero stati gli Oscuri a rapinare la banca?» propose il marocchino senza prestare ascolto alla compagna. «Se non sbaglio la Royal è una delle due banche che fornisce supporto economico agli Eroi.»

«Non ignorarmi, stupido quattrocchi!» gridò Yen appallottolando uno dei fogli su cui stava indagando e lo lanciò contro Fahed mancandolo di diversi centimetri.

Adri posò il libro sulle gambe reclinando il viso verso l'alto «Quindi dici che il vero obbiettivo di queste rapine sia quello d'indebolire economicamente gli Eroi in modo da far sì che non possano reggere a lungo nello scontro» provò ad indovinare il ragionamento del compagno per poi ritornare a leggere.

«Esatto!» assentì Fahed sistemandosi gli occhiali con espressione sicura, certo di averci preso.

«Sbagliato!» lo corresse invece Gabriele con tono vuvace. «E per due motivi» disse lasciandosi sfuggire un breve sbadiglio «Motivo numero uno: per un Oscuro restare per quasi due mesi in territorio nemico e così lontano da casa è estremamente pericoloso. Il rischio di venir scoperti e poi uccisi sarebbe stupidamente alto, già due settimane potrebbero essere troppe» prese a spiegare continuando a digitare sul computer. «Motivo numero due: il totale dei soldi ancora dispersi non è abbastanza alto da mettere in difficoltà economiche gli Eroi. Se è per questo, in realtà neppure la banca stessa ci ha davvero rimesso finanziariamente. A risultare danneggiata è più che altro la sua reputazione per quanto riguarda la sicurezza, nessuno affiderebbe mai i suoi risparmi se non ha la certezza che questi siano veramente al sicuro.»

Fahed si massaggiò il mento concentrato. «E gli Oscuri mirassero proprio a screditare la banca? Dopotutto i presunti colpevoli di queste rapine sono i dipendenti e il direttore stesso della banca. Senza comunque la Royal, gli Eroi avrebbero non poche difficoltà a sopravvivere finanziariamente.»

«Sbagliato anche questo» dissentì di nuovo l'orfano. «Se io fossi un Oscuro e volessi danneggiare una delle risorse economiche degli Eroi lo farei in un unico colpo e non con tante piccole rapine, rischierei di attirare l'attenzione dei miei nemici, cosa che poi è successa. E poi io mirerei al vero fulcro finanziario dei miei nemici, in modo da metterli veramente in serie difficoltà.»

Dri aggrottò la fronte lanciando all'amico uno sguardo esitante. «Intendi per caso la Wells Fargo

La Wells Fargo era la banca più importante degli Stati Uniti, situata a Las Vegas, ed era il principale fulcro economico degli Eroi.

Gabri si voltò leggermente nella direzione dell'amica sorridendole compiaciuto «Proprio quella.»

Paulo si gratto la testa sbuffando spossato, deluso del fatto di non essere ancora riusciti a trovare una risposta a quel caso. Col passare degli anni, l'argentino aveva ormai abbandonato il taglio quasi militare che aveva quando era arrivato alla Villa e aveva cominciato a farseli crescere quelli sopra mentre ai lati continuava a tenerseli cortissimi.

«Ma oltre a smontare le nostre teorie non potresti esporne qualcuna anche tu? Ci sarebbe molto utile, sai?» borbottò avvicinandosi sbadigliando stancamente al letto dove stavano gli italiani. «Sono ormai dieci ore che ci stiamo ragionando sopra e sinceramente sto cominciando ad essere decisamente un po' stan-»

«Attento al blu! È dietro di te!» disse improvvisamente Bobby indicando lo schermo del portatile e interrompendo, involontariamente, Paulo.

Nell'udire quell'avvertimento, l'argentino sbatté un paio di volte le palpebre perplesso. «Si può sapere che cosa stai combinando tu col mio portatile?» fece togliendo bruscamente dalle mani del ragazzino il proprio computer. «Ma tu... stai giocando a Pac-man!» esclamò scioccato e contrariato.

Sullo schermo un piccolo fantasmino blu riuscì, dato che non c'era più nessuno a giocarci, a raggiungere la pallina gialla mettendo fine al gioco.

«Accidenti! Stavo per fare un record!» protestò Gabri quando vide la scritta [Game Over] sul computer. Dal suo posto, Fahed sbuffò con disapprovazione.

«Un record...?» mormorò Paulo a dir poco sconcertato. «Tu dovresti aiutarci ad investigare, non a giocare a Pac-man

«Ha già risolto il caso diverse ore fa» lo informò Dri voltando la pagina successiva del suo libro.

Simultaneamente, tutti gli sguardi del resto dei compagni si volse in direzione di Gabriele fissandolo con un misto l'incredulità e l'essere sconvolti a quella dichiarazione mentre il diretto interessato riprendeva a mangiare la sua fetta di cheescake sorridendo pacificamente.

«Esatto!» confermò staccando con la forchetta un pezzo di torta e portandoselo alla bocca, gustandoselo pienamente.

I ragazzini restarono immobili ancora per qualche secondo, sconvolti da quanto avevano appena appreso. A Nick, che stava ancora mangiando, cadde persino qualche briciola di torta dalla sua bocca. «Eh?»

«Stai scherzando, spero» sussurrò Nguyen ridacchiando istericamente.

«Ma-ma...» balbettò Paulo con gli occhi spalancati dallo stupore. «Ma allora perché non ce l'hai detto?» fece perplesso. «Sono ore che stiamo indagando!»

«Voi avreste dovuto aspettarci prima di mangiare» rispose con scioltezza Gabri mettendo in bocca un altro pezzo di torta. «Io e Dri abbiamo praticamente cenato con due fette di torta al limone ed una di cheescake a testa. E fortuna che c'erano almeno quelle!» esclamò infastidito pastrocchiando con lo strato di marmellata ai frutti di bosco che rivestiva la parte superiore della torta. «Però devo dire che questa cheescake è davvero ottima!»

«Voi due eravate spariti senza dirci nulla!» protestò Yen fissando i due amici risentita ed incrociando le braccia al petto.

L'orfano le rivolse una fugace occhiata prima di tornare su quella che era un terzo della sua cena. «Eravamo andati a gettare l'esca per attirare il colpevole fuori allo scoperto» spiegò ai suoi compagni. «E poi vi avevamo avvisati che stavamo uscendo chiedendovi di aspettarci per cenare»

«È vero, posso confermare.» si inserì Bobby. «Ve l'hanno chiesto per ben due volte.»

Paulo fulminò con lo sguardo il robottino per poi tornarsene verso il letto di Nick buttando sul pavimento con stizza i documenti che aveva esaminato fino a quel momento.

Fahed fissava ancora incredulo Gab. «Esca?» mormorò stupefatto «Quindi hai sul serio già risolto il caso? Sai davvero chi è il colpevole?»

Gabri sorrise spontaneo. «Ovvio» rispose rimettendosi a sedere sul suo materasso, Adri dovette spostare le gambe per permettere all'amico di muoversi comodamente senza rischiare di far cadere il piattino di ceramica. «Ed ho già un piano per incastrarlo»

Nick si affacciò dalla sponda di legno del letto dell'argentino. «Alla fine il mio trucco ha veramente funzionato» fece pulendosi i vestiti dalle briciole di torta al limone rimaste, facendole finire però tutte sul materasso. «L'istinto da detective è davvero arrivato, solo non a me»

Paulo gli rifilò una di quelle occhiatacce in grado d'incenerirti all'istante. «Te stasera hai davvero voglia di beccarti un pugno in faccia, vero?» 

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