La Caduta dell'Ultima Maschera pt2
«Aprile! Tienile ben aperte quelle dita!»
Audrey lasciò cadere nel mare il flusso d'acqua che stava controllando e sollevò le mani mostrando all'orfano la giusta posizione delle dita. «Così devono essere.»
Poco più avanti, a sinistra, Nick era impegnato a correre alla velocità di un normale essere umano con l'acqua che gli arrivava al petto facendo avanti e indietro tra i due pali che erano stati conficcati nella sabbia ad una distanza di circa quindici metri l'uno dall'altro.
Il sole caldo di tarda mattinata colpiva inesorabile e senza pietà le spalle abbronzate dei giovani Ultra, diventando ad ogni minuto che passava sempre più cocente.
In qualche modo Gab e Nick erano riusciti a seguire l'allenamento restando perfettamente svegli, nonostante le quattro ore di sonno. Tre e mezzo per Gabriele.
La sveglia alle sette e un quarto aveva permesso a loro di fare colazione con calma e anche di spartirsi equamente il bottino di quella notte con il loro amici, appena destati, riuscendo addirittura ad arrivare comunque puntuali all'appuntamento con Audrey alla spiaggia Brandons, una delle più vicine a Bridgetown.
Ora però, dopo ormai due ore di allenamento quasi continuo, i due ragazzini cominciavano a sentire la stanchezza pesargli addosso. Anche la loro giovane insegnante iniziava a dare segni di essere un po' provata.
Gabri cessò di controllare il suo flusso d'acqua lasciandolo cadere anche lui nel mare e si studiò brevemente le proprie mani per poi sollevare lo sguardo verso Audrey guardandola perplesso. «Ma le mie dita sono completamente fatte d'acqua...»
La ragazza scosse la testa con fermezza, alcune ciocche ancora asciutte della chioma bionda seguirono il movimento con la stessa morbidezza delle onde del mare. «Non importa, tu devi comunque tenerle ben aperte quando domini l'acqua» replicò con fare deciso e autoritario.
«Beh... il piccoletto con le lentiggini non ha tutti i torti, Drey» le gridò Ghaith steso a pancia in giù sul suo telo color corallo a pochi metri dalla riva con addosso un paio di occhiali scuri per proteggersi gli occhi dal sole ed un bicchiere di granita all'anguria, ancora pieno, posto al suo fianco sulla sabbia. Era arrivato circa un'ora prima e da allora non aveva fatto altro che rimanere lì a prendere il solo ed intervenire di tanto in tanto con qualche commento a caso. «In effetti le sue mani sono già fatte completamente d'acqua! Non ha bisogno di tenere aperte le dita.»
Audrey gli scoccò un'occhiata seccata. «Ma tu sei venuto qui per aiutarmi o per vedermi in costume?»
Da quella distanza, Gab parve di vedere il ragazzo sorridere in difficoltà. «Ehm... se ti rispondo con la seconda non ti arrabbi, vero?» tentò Ghaith con tono speranzoso.
La sua ragazza non gli rispose verbalmente, si limitò invece a sollevare il braccio col polso piegato all'ingiù in direzione del compagno di Blocco. Obbedendo al suo gesto, un'onda dalle notevoli dimensioni si alzò dal mare e si diresse con sorprendente rapidità verso Ghaith investendolo in pieno.
«Mi sa di sì...» mormorò lui completamente bagnato dalla testa ai piedi, telo compreso. «NO! La mia granita!» esclamò successivamente non appena vide il bicchiere rovesciato a causa della forza esercitata dall'onda che gli era stata spedita contro con il contenuto riversato sulla sabbia e ormai mischiato con essa. «Non ne avevo ancora bevuto neanche un sorso!»
«Su forza! Alza quel tuo bel sedere e vieni qui a darmi una mano!» gli ordinò Audrey scherzosamente.
Sentendola, il ragazzo si tirò su gli occhiali da sole sistemandoseli sopra la testa, negli ultimi tempi aveva preso a tingersi diverse ciocche di capelli davanti di un rosso intenso, e sorrise ammiccante alla compagna. «Quindi ammetti che ho un bel sedere?»
«Non per molto se non ti decidi a muoverti» replicò Audrey guardandolo con aria divertita poggiando le mani sui fianchi.
Gabriele roteò gli occhi annoiato.
Eccoli che riprendeva a flirtare.
Di nuovo.
Era la quarta volta in quell'ora e quando partivano, i due ragazzi tendevano a dilungarsi un po' troppo nel provocandosi maliziosamente a vicenda con in mezzo addirittura qualche bacio, di quelli fatti con lo scambio di saliva. L'ultima volta la cosa era durata quasi un quarto d'ora dove lui e Nick erano stati costretti a subirsi le loro romanticherie, di certo avrebbero fatto di simile, se non peggio, anche questa volta.
Gab diede una breve occhiata a Ghaith, il quale sembrava in procinto a rispondere alla provocazione della sua ragazza mentre si stava alzando in piedi, per poi tornare a rivolgersi ad Audrey sorridendo spigliato. «Maestra Audrey, potresti mostrarmi di nuovo la tecnica del tornado d'acqua?»
«Uhm?» la ragazza si voltò verso di lui con un'espressione quasi sorpresa dal suo improvviso intervento, infine gli sorrise cordiale inarcando un poco le sopracciglia mortificata. «Mi dispiace ma qui non c'è abbastanza acqua per farne uno decente» gli spiegò sinceramente rammaricata. «Per riuscirci bisognerebbe andare al largo ma se Andrea lo scoprisse non me la farebbe passare liscia come l'ultima volta.» aggiunse poi rabbrividendo appena al ricordo della strigliata "tranquilla" che aveva avuto da parte dell'Eroe per aver portato il suo allievo ad allenarsi al largo e quindi in quasi pieno oceano Atlantico.
Allora basta fare in modo che non lo scopra!
Così avrebbe ribattuto il ragazzino se avesse avuto davvero intenzione di rivedere nuovamente quella tecnica particolare di manipolazione dell'acqua.
Tecnicamente gli sarebbe davvero piaciuto poterla rivedere un'altra volta, e magari pure riprovarci ad eseguirla, ma in quel momento sapeva che non aveva né abbastanza forza e né la concentrazione necessaria (quest'ultima dovuta principalmente dallo sconvolgimento provocato da quanto aveva quella notte) per riuscirci correttamente.
Perciò, avendo già perfettamente immaginato che la sua insegnante sul dominio dell'acqua gli avrebbe risposto in tal modo, l'orfano aspettò che la sua vera preda abboccasse alla provocazione creatagli apposta.
«Maestra? Ma che... EHI!» si udì infatti gridare poco dopo dalla spiaggia seguito poi dal rumore dei passi che si muovevano nell'acqua nella loro direzione. Sollevando leggermente un angolo delle labbra, Gab sorrise scaltro. «Com'è che a me non mi hai mai chiamato "maestro" mocciosetto? Dopotutto sono io il tuo insegnante sulla manipolazione del fuoco!» protestò Ghaith fermandosi a pochi metri da loro e fissando risentito il ragazzino tenendo le braccia incrociate. Gabriele rispose al suo sguardo sorridendo malandrino.
Audrey scosse la testa ridacchiando sommessamente. «Guarda che in realtà neppure a me si è mai rivolto chiamandomi "maestra"» lo informò guardando ilare il proprio ragazzo, poi gli si avvicinò mettendosi leggermente in punta di piedi e gli scoccò un bacio sulla guancia, a cui il compagno ricambiò con uno più passionale procedendo con il loro amato scambio di saliva.
«Almeno alla fine ti sei deciso a darti una mossa a raggiungerci» replicò Gab con disinvoltura, come se la sua provocazione di prima non fosse stata affatto calcolata, portandosi le braccia dietro la testa e guardando l'orizzonte con fare svogliato.
Ghaith si taccò di poco dalla ragazza interrompendo il loro bacio e lanciò un'occhiataccia al ragazzino. «Con te farò i conti dopo» gli sibilò fissandolo minaccioso, questo gli rispose facendogli la linguaccia.
Audrey si scostò dal compagno ridendo. «Visto che ti sei deciso ad aiutarmi, potresti badare per un po' Gabriele? Io vado un attimo a controllare Nick.» intanto che già cominciava ad allontanarsi per dirigersi verso l'australiano, che ancora continuava a correre anche se con minor velocità rispetto a prima. «Deve allenarsi ancora un po' con la tecnica della piovra, perciò niente attacchi potenti ma solo piccoli e precisi.»
«Piovra?» fece il ragazzo aggrottando le sopracciglia confuso. Nel frattempo l'orfano si era già avvicinato di qualche passo verso riva e aveva già raccolto dell'acqua attorno a sé creando dei tentacoli di tale elemento formando un cerchio con sé stesso al centro.
«Oh... ora capisco il perché si chiama piovra» commentò Ghaith non appena lo vide. Gabri sorrise scaltro.
Il ragazzo piegò leggermente il capo a sinistra ghignando divertito. «Attacchi piccoli e precisi eh? Ho capito» muovendo rapidamente le mani dall'alto verso il basso creò due scie di fuoco le quali, agitando maggiormente le braccia, si allungarono prendendo la forma di due fruste infuocate che l'Ultra più grande utilizzò per attaccare l'orfano.
Gab usò i tentacoli d'acqua per parare uno dopo l'altro gli attacchi del suo insegnante del fuoco controllandoli tramite i movimenti morbidi e fluidi non solo di mani e braccia ma aiutandosi anche con tutto il corpo, come se stesse facendo una specie di danza.
Una danza dai movimenti simili a quello delle onde dell'oceano.
Essendo, quella della piovra, una tecnica molto versatile sia in difesa che in attacco, l'italiano di tanto in tanto passava all'offensiva spedendo contro Ghaith uno dei suoi tentacoli che quest'ultimo però deviava grazie alle sue fruste di fuoco.
Tuttavia, man mano che andavano avanti, i movimenti di Gabriele cominciarono a divenire sempre più lenti per via della stanchezza che provava dopo due ore passate a manipolare l'acqua incessantemente. Inoltre Ghaith non accennava minimamente a diminuire la potenza dei suoi attacchi ma, come al suo solito, aveva preso quell'esercizio con fin troppa serietà.
Fortunatamente i suoi attacchi restavano sempre piuttosto facili da prevedere per l'orfano.
Audrey tornò da loro una decina di minuti dopo affermando, con il grande sollievo di Gabriele, che potevano fermarsi e che per il momento bastava così.
Disattivando la sua abilità, Gabri si lasciò cadere a terra stremato, l'acqua fredda dell'oceano gli lambì il corpo arrivandogli fino al petto. «Oh finalmente...» sospirò sfinito «Un po' di riposo...»
«Che c'è? Sei già stanco?» lo sbeffeggiò Ghaith energico spegnendo le sue fruste infuocate con un solo gesto delle mani, poi sollevò le braccia tendendole verso l'alto stirandosi i muscoli come se quello che avesse appena fatto per lui fosse trattato di un semplice riscaldamento. «Io invece sono ancora freschissimo!»
«Io mi sono allenato con la mia abilità per ben due ore» mugugnò Gabriele socchiudendo gli occhi mentre si distendeva lentamente reclinando la testa all'indietro finché non avvertì il tocco freddo dell'oceano bagnargli i capelli. «Tu a malapena gli ultimi dieci minuti» andò ancora più giù col busto. Ora le uniche parte del corpo rimaste fuori dall'acqua erano il viso, il collo, l'inizio delle spalle e la punta delle ginocchia.
Il ragazzo più grande schioccò la lingua con fare disinteressato. «Bazzecole» commentò scrollandosi le spalle indifferente e ritirandosi giù gli occhiali da sole.
Gabri non gli rispose neppure. Rimase in quella posizione beandosi della freschezza che l'acqua estremamente pulita dell'oceano dava al suo corpo.
Era passata almeno una ventina di minuti dall'ultima volta in cui aveva potuto rinfrescarsi un po' e a quell'ora il sole iniziava a diventare veramente caldo. C'era stato qualche secondo in cui il ragazzino aveva temuto che la sua testa e le sue spalle potessero prendere fuoco da quanto erano calde.
«Vedi di non paragonare gli altri a te» fece Audrey rimproverando il suo ragazzo. «Non tutti sono dei fanatici dei combattimenti come te.» infine si rivolse all'orfano sorridendogli allegra. «Forse è meglio se ti vai a riposare all'ombra anziché qui» gli disse usando un tono gentile e leggero. «Dopo aver passato tutto questo tempo sotto il sole c'è il rischio che questa è la volta buona che ti ustioni.» vedendo che però il ragazzino non accennava a muoversi, gli si chinò accanto a lui e gli picchiettò la fronte con le dita bagnate, chiamandolo. «Gabriele...»
Come per dimostrare di averla sentita, Gabri si limitò a riaprire gli occhi ed a sollevare la testa dall'acqua con un sospiro svogliato. Piccole gocce trasparenti presero a scendergli dai capelli bagnati e scivolarono lungo il suo viso pieno di lentiggini. «Va bene ho capito. Adesso mi alzo» borbottò stancamente rimettendosi in piedi.
Audrey gli sorrise soddisfatta prima di voltarsi dalla parte opposta dove, a qualche metro più avanti, si trovava l'australiano, pure lui seduto con l'acqua che gli arrivava alla gola ed un'evidente stanchezza sul volto. «Anche tu Nick, vatti a sedere sotto l'ombrellone!»
«Ho le gambe troppo pesanti, non riesco a muoverle!» si lagnò il ragazzino con tono sfinito. «Sono troppo stanco...»
La ragazza rivolse una breve occhiata a Ghaith, questo sbuffò seccato. «Ho capito, vado a prenderlo» borbottò avviandosi verso l'australiano.
«Grazie, sei davvero un tesoro!» esordì Audrey sporgendosi in avanti per scoccargli un bacio sulla guancia. Con quello, il compagno prese a camminare con maggior vigore.
Gab sospirò con fare annoiato. Choji aveva ragione; ci voleva veramente poco per infiammare il ragazzo per qualsiasi cosa.
Un paio di minuti dopo tutti e quattro si trovavano sotto l'ombra fresca dell'ombrellone, piantato da Audrey con l'aiuto dei due ragazzini al loro arrivo alla spiaggia, intenti a mangiare del cocomero tagliato a pezzettini che la ragazza si era portata dietro in una borsa-frigo.
Gab e Nick seduti sul telo color senape del primo e i due Eroi su quello verde acqua di Audrey.
Tutt'attorno a loro erano ben udibili gli schiamazzi dei bambini che giocavano tra le onde del mare mentre i genitori li tenevano d'occhio dalla spiaggia. Alcune persone camminavano lungo la riva in gruppetti di tre o cinque chiacchierando tra loro spensieratamente.
Una scena divenuta ormai inusuale negli ultimi tempi a causa della guerra che imperversava.
Anche se la totalità dei conflitti avevano luogo solo oltreoceano, tutti i Kappa e parecchi Lambda di Barbados erano stati comunque chiamati al fronte africano, uno dei due continenti dove si svolgevano la maggior parte degli scontri, dividendo così molte delle famiglie presenti sull'isola.
Lo stesso accadeva in moltissimi altri stati del pianeta.
Con l'inizio di dicembre però; figli, mariti, parenti potevano tornare a riunirsi nuovamente con le loro famiglie diventando così motivo di festa non solo a Barbados ma in tutto il mondo.
Perciò c'era un ché di piacevole nel risentire la spiaggia riempirsi dei rumori legati alla vita.
Audrey guardò divertita i due ragazzini seduti di fronte a sé. «Avete delle facce...» ridacchiò mettendosi in bocca un pezzetto di cocomero a forma di triangolo. «Vi si legge da lontano un miglio quanto siete stanchi.»
«Colpa dei tuoi allenamenti» replicò Nick allungandosi verso la borsa-frigo per prendere una bottiglietta d'acqua. «Sono troppo estenuanti!»
«Quelli di Vivian sono molto peggio, fidati.» fece Gab tenendo lo sguardo rivolto verso l'oceano nel punto dove dei bambini si divertivano a giocare nell'acqua con delle barchette di legno sotto l'occhio attento dei genitori.
«Ah» fu l'unica cosa che mormorò l'australiano in risposta alla frase dell'amico mentre si portava alle labbra l'apertura della bottiglietta, il tappo di essa tenuto nella mano libera. Dopo essersi bevuto qualche sorso d'acqua, si rivolse al ragazzo più grande guardandolo con curiosità. «Ehi Ghaith, hai per caso già finito la tua granita?» gli domandò riavvitando il tappo alla bottiglia per poi rimetterla via. «Volevo assaggiarla»
A Gabri sfuggì un sottile verso di scherno mentre si voltava nuovamente verso il gruppo. «Se è per questo neppure lui è riuscito ad assaggiarla» gli disse con tono beffardo.
«Eh?» fece Nick piuttosto confuso, a quanto pare si era perso la scena di quando Audrey aveva spedito un'onda contro il suo ragazzo.
«La mia granita...» si lamentò Ghaith soffrendo al ricordo della sua granita perduta e ai soldi che aveva sprecato per non essere riuscito a berne neanche un sorso.
«Te lo sei meritato» ribatté Audrey inflessibilmente continuando a mangiare il cocomero.
«Sei cattiva» brontolò il ragazzo imbronciandosi.
Una palla da volley blu e gialla rimbalzò sulla sabbia fino a fermarsi contro la schiena di Ghaith. Non sapendo che cosa l'avesse colpito, il ragazzo si voltò guardandosi attorno con aria confusa prima di notare un gruppetto di ragazzi e ragazze in piedi poco distanti che fissavano con nervosismo il quartetto.
Portandosi un pezzo di cocomero alla bocca, Gabri li scrutò pigramente. Ad occhio e croce dovevano avere sui sedici anni, un anno in meno dei suoi insegnanti della manipolazione del Blocco 18, e dalle occhiate lanciavano a lui ed ai suoi amici era evidente che avessero assistito al loro allenamento in acqua, perciò sapevano che cos'erano.
«È vostra questa palla?» domandò Ghaith prendendo la palla con una sola mano.
Un ragazzo di quel gruppetto si fece avanti con passo incerto «Ehm... sì. Ci scusi» mormorò terribilmente a disagio. «Non volevamo colpirla»
Gab si trattenne dal lasciarsi sfuggire un risolino beffardo.
Era difficile che qualcuno potesse voler colpire intenzionalmente una persona sconosciuta durante un gioco tra amici per puro divertimento.
A meno che non si fosse degli idioti presuntuosi con un livello d'intelligenza inversamente proporzionale alla grandezza del proprio ego.
Ghaith lanciò la palla al ragazzo in modo che potesse prenderla senza problemi facendole compiere una discreta parabola in aria.
Questo riuscì ad afferrarla al volo tranquillamente sollevando solamente le braccia «Gr-Grazie» balbettò nervosamente. «Ci scusi ancora» aggiunse per poi tornare con passo svelto, quasi scappando, dai suoi amici.
Ghaith lo guardò allontanarsi tenendo le sopracciglia leggermente aggrottate in un'espressione scontenta. «"Ci scusi?"» borbottò infastidito tornando a voltarsi verso il quartetto. «Ma se non avrà avuto neppure un anno in più di me quello!» accanto a lui, ad Audrey scappò un risolino divertito e lo stesso accadde anche a Nick.
Diversamente da loro invece, Gabriele continuava ad osservare in silenzio quel gruppetto di adolescenti con aria imperturbabile mentre questi riprendevano a giocare a qualche metro più in là rispetto a prima.
«Vado a chiedere se posso giocare con loro.» dichiarò all'improvviso alzandosi in piedi e cogliendo di sorpresa il resto del quartetto.
«Come? Sul serio?» domandò Nick tra il costernato e l'esaltato. «Posso venire a chiederlo anch'io?»
Gab gli sorrise vivace. «Ovv-»
«Mi dispiace distruggere così le tue speranze ma non puoi andarci.» lo troncò bruscamente Audrey prendendo un altro pezzetto di cocomero dalla scatola di plastica che teneva in mano. «L'allenamento per te non è ancora finito» aggiunse subito dopo dando poi un morso al pezzo rosso di anguria aveva preso.
A quelle parole, un'ombra scura passò rapida sul volto dell'orfano per poi essere sostituita l'istante successivo da un sorrisetto previdente e rassegnato. «Speravo davvero che te ne fossi dimenticata» ammise con tono piatto lasciandosi sfuggire sottile sospiro mentre reclinava la testa all'indietro. Ad ogni fine allenamento Audrey era solita a far combattere l'italiano contro di lei per qualche minuto in modo che potesse mettere in pratica le tecniche che aveva appena imparato nella lotta, lo stesso facevano anche gli altri componenti del Blocco C18 quando era il loro turno di allenare Gabriele con il proprio elemento. «Uff... devo proprio farlo?» sbuffò svogliatamente. «Non posso finire un po' prima stavolta? Sono stanco»
«No» gli rispose Audrey con fare allegro alzandosi anche lei in piedi, infine gli sorrise gentile «Dai andiamo» disse facendo cenno col capo al ragazzino di seguirla intanto che già si incamminava verso il mare.
Gabri diede un ultimo sguardo al gruppetto di ragazzi ancora intenti a giocare, poi si voltò e seguì la sua insegnante la quale aveva già raggiunto la riva e stava in quel momento entrando in acqua.
Voglio andarmene.
«Sei pronto?» fece Audrey una volta che l'orfano l'ebbe raggiunta in acqua. Questo si limitò a prendere posizione a qualche metro di fronte a lei, pronto a combattere.
Nel frattempo Ghaith e Nick si erano già premurati di far allontanare i bagnanti più vicini in modo da evitare che potessero ferirsi accidentalmente.
Quando il ragazzino diede segno di essere pronto, la ragazza sorrise allora soddisfatta. Con il solo movimento fluido delle braccia sollevò dal mare un grosso anello trasparente completamente fatto d'acqua facendolo vorticare attorno a sé per poi unirla tutta in un unico punto e lanciarla verso l'orfano sotto forma di un potente siluro dalle notevoli dimensioni.
Limitando la sua abilità soltanto sulle dita, Gabri impose il proprio controllo sul fluido che stava per colpirlo e, dopo avergli fatto compiere un mezzo giro attorno a sé per non diminuirne la potenza, lo rispedì indietro al mittente al doppio della sua velocità precedente. Audrey riuscì a scansarlo deviandone la traiettoria e mandandolo verso l'oceano, dove sapeva che non vi era nessuno lì in quel momento.
«Wuuooo! Vai così Gab!» si sentì gridare dalla riva.
Sicuramente Nick.
«Wow! Niente male!» si complimentò Audrey sinceramente compiaciuta. Gab piegò un angolo delle labbra in un sorriso scaltro.
Ovviamente, anche questa volta aveva in mente un piano.
Saltò due volte roteando su sé stesso a mezz'aria e scagliando contro la sua insegnante due siluri d'acqua più piccoli ma non meno veloci del primo. La ragazza riuscì a schivarli entrambi con facilità e rispose all'offensiva spedendo verso il ragazzino diverse frecce di quell'elemento.
Aspettandosi un simile attacco, l'orfano alzò appena le braccia facendo sollevare dal mare due flussi che presero a vorticargli attorno prendendo la forma di due anelli d'acqua abbastanza spessi e li usò come scudo per le frecce che gli erano state lanciate contro assorbendole all'interno dei suoi cerchi, ingrossandoli in questo modo. Infine, tendendo con un movimento fluido il braccio di fronte a sé e puntandolo in direzione dell'avversaria, ordinò ai due anelli di spezzarsi e di unirsi in un unico flusso a spirale dirigendolo poi a tutta velocità nel punto indicato dal suo braccio.
Agendo prontamente, Audrey fu in grado di contrastare quell'attacco separando i due flussi di cui era composto, appena prima che questo potesse colpirla, e facendoli girare brevemente attorno a sé disperdendone la forza per poi lasciarli ricadere in acqua.
Gab abbassò leggermente il capo sorridendo con scaltrezza.
Stava andando tutto esattamente come aveva calcolato.
Allenandosi anche con gli elementi aria e terra, aveva imparato che esistevano principalmente due modi per contrastare un qualsiasi tipo di attacco; si poteva deviarne la traiettoria e dirigerlo dove più si voleva senza però interromperne il movimento oppure lo si poteva annullare del tutto drasticamente.
Entrambi i metodi avevano i loro vantaggi e svantaggi e quello che si era trovata costretta a scegliere Audrey, a causa della rapidità con il quale gli era stato lanciato contro dall'italiano, aveva come punto debole quello del tempo.
Modificare il percorso del siluro d'acqua scagliatogli per poi disperderne la potenza fino ad annullarla completamente richiedeva del tempo, anche se non troppo, e la dovuta concentrazione.
Approfittando di quegli attimi in cui l'attenzione della ragazza non era totalmente rivolta su di lui, Gabri abbassò di poco le braccia verso l'acqua per poi spalancarle di colpo verso l'alto in un singolo e morbido movimento. A quel suo gesto, dal mare si sollevò all'improvviso una fitta coltre di nebbia che avvolse completamente i due sfidanti, ostruendone la visuale sia ad essi che a coloro che stavano assistendo allo scontro.
Gab era ben consapevole di come quel loro piccolo combattimento avesse certamente attirato l'attenzione dei bagnanti presenti in spiaggia e sinceramente non gliene poteva importare di meno se questi ora non riuscivano più a vedere lui e Audrey oltre la foschia, non combatteva certo per dare spettacolo o per farsi notare e sapeva che lo stesso valeva anche per Audrey.
Questa, non sopportando di avere la visibilità ridotta, spalancò di getto le braccia ordinando alla nebbia di diramarsi giusto in tempo per vedere una sottile lama d'acqua dirigersi con fin troppa rapidità verso di lei.
Riuscì a schivarla soltanto per un soffio saltando di lato. «Ma che... EHI!» prese ad esclamare voltandosi in direzione dell'orfano per riprenderlo. Quest'ultimo attacco era stato un pochino troppo pericoloso per i suoi gusti.
La ragazza sembrava in procinto di aggiungere qualcos'altro (sicuramente nulla di carino) ma poi si bloccò non appena vide l'espressione di Gabriele.
Ma allora era già troppo tardi.
Era già caduta nella sua trappola.
Gab tirò indietro bruscamente il braccio, ora trasformato completamente in acqua, trascinando con sé in quel movimento anche l'Ultra più grande come se ci fosse un filo che la legava in qualche modo a lui, cosa che poi non era tanto distante dalla realtà.
Mentre Audrey era stata impegnata a schivare la sua lama d'acqua, Gabri aveva mutato il proprio braccio sinistro in un tentacolo del medesimo elemento e usato poi per avvolgerlo attorno alla caviglia destra della sua insegnante senza che questa se ne accorgesse.
D'altronde poi, il flusso a spirale, la nebbia e la lama d'acqua avevano avuto come obbiettivo proprio quello di distogliere gradualmente l'attenzione di Audrey dal suo avversario.
Senza volerle lasciare il tempo di pensare o di reagire, Gab mosse il tentacolo come se fosse una frusta facendo sollevare in aria il corpo della ragazza per poi farla ricadere nel mare dalla parte opposta a dove stava prima.
A dispetto però di quanto si potesse pensare, per via della stanchezza che provava il ragazzino, dopotutto si era potuto riposare solo per una decina di minuti, l'impatto con l'acqua non fu così tanto forte per Audrey ed ebbe come effetto solo quello di fermarla temporaneamente facendo così guadagnare giusto una manciata di secondi in più a Gabriele.
Secondi che l'orfano non aveva alcuna intenzione di sprecare, nonostante fosse piuttosto stanco.
Prendendo la rincorsa, ordinò all'acqua di fronte a sé di sollevarsi congelandola poi subito dopo creando così una specie di rampa di salto da usare per darsi un maggior slancio. Normalmente avrebbe utilizzato l'aria per riuscirci ma Audrey era stata molto chiara al suo primo giorno di allenamento con lei: solo manipolazione dell'acqua durante le sue ore. No gli altri elementi.
Quando entrambi i piedi del ragazzino si staccarono dalla pedana di ghiaccio, una volta che l'ebbero percorsa totalmente con passo rapido, questa tornò nuovamente allo stato liquido ma, anziché ricadere in mare, girò un paio di volte attorno all'orfano seguendo i movimenti morbidi e fluidi delle braccia di quest'ultimo mentre si trovava ancora a mezzaria assumendo la forma di un siluro pronto ad essere lanciato contro il suo obbiettivo.
Una volta che si fu messa su a sedere dolorante, restando però ancora dentro l'acqua, Audrey sollevò la testa verso l'alto e incrociò il suo sguardo con quello scaltro e previdente di Gabriele intanto che gli le calava addosso, preparandosi a spedirle contro il flusso d'acqua che stava dominando in quel momento. Una luce determinata brillava nelle sue iridi dorate.
Davanti a quella vista, gli occhi della ragazzina parvero spalancarsi maggiormente, al loro interno vi si poteva leggere la paura che si stava impadronendo di lei. Poi li richiuse di colpo abbassando simultaneamente il viso verso il basso. «NO!»
Al suo grido, il mare attorno a lei sembrò esplodere sollevandosi in un'unica grande onda dirigendosi a piena potenza in direzione del ragazzino.
Non aspettandosi una cosa simile, Gabri ebbe giusto il tempo di portare davanti a sé il flusso d'acqua che stava controllando usandolo come scudo nel tentativo di smorzare almeno in parte la forza di quell'attacco.
L'impatto fu comunque piuttosto potente e l'orfano si trovò ad essere sbalzato via cadendo rovinosamente in acqua qualche metro più indietro. La caduta fu abbastanza forte da mozzargli il fiato.
Si risollevò in piedi poco dopo con fatica barcollando vistosamente prima di riuscire a riacquistare l'equilibrio. Avvertiva il proprio cuore martellargli prepotentemente nel petto, la maggior parte dei muscoli gli dolevano fastidiosamente e aveva il fiatone. Sottili rivoli d'acqua scorrevano sulla sua pelle olivastra scaldata dal sole mischiandosi al sudore.
In alcune parti del corpo sentiva il bruciore provato dai tanti piccoli taglietti provocati dai pezzi di conchiglie rotte che si trovavano nella sabbia nel punto in cui era caduto.
Era stanco.
Decisamente stanco.
Sollevò di poco il viso e vide Audrey di fronte a sé nello stesso punto di prima, anche lei ora in piedi, ma neppure essa sembrava essere messa meglio rispetto a lui.
La mente dell'orfano riprese a lavorare velocemente, proseguendo nell'elaborazione di nuovi piani, mentre invece la vista cominciava a farsi più offuscata e confusa.
Infine sentì le gambe cedergli e il mondo attorno a lui divenne completamente nero.
Voglio andarmene.
~~•~~
«Siamo sicuri che non sia morto?»
«Te l'ho già detto cinque volte; è vivo. È soltanto svenuto.»
«Spero di non avergli fatto troppo male...»
«Ehi! Sembra che si stia svegliando!»
Mentre tornava riprendere coscienza di sé, Gab aprì lentamente gli occhi uscendo dal dolce tepore che lo aveva avvolto come una coperta fin ad un secondo fa.
La prima cosa vide fu il volto di un uomo di mezz'età dalla carnagione pallida e smunta con alcune striature di grigio tra i capelli e la barba biondi e gli occhi color nocciola dall'aria malinconica.
«Andrea» mormorò Gabriele con un filo di voce.
Il suo Tutore gli rivolse un lieve sorriso. «Bentornato tra noi, burdel.»
Non si trovava più nell'acqua ma, bensì, sotto l'ombra fresca dell'ombrellone di Audrey sdraiato sul proprio telo. Oltre al volto dell'Eroe vide anche quello di Nick, Audrey e Ghaith che lo fissavano chi con preoccupazione e chi invece contento che si fosse svegliato.
L'orfano fece per alzarsi mettendosi seduto ma quel movimento repentino gli diede un leggero capogiro.
«Ehi non aver fretta burdel, ti sei appena svegliato.» lo riprese con tono gentile Andre posandogli una mano sulla spalla. «Su prendi, mangia un po' di questi. Ti daranno energia» porse al ragazzino un paio di bustine di carta con dentro lo zucchero che solitamente si trovavano nei bar.
Gabri ne prese uno di quelli che l'uomo gli offriva e lo aprì. «Deduco di non essere rimasto svenuto per molto» disse reclinando di poco la testa all'indietro per poi rovesciare il contenuto della bustina che aveva aperti in bocca.
«E che cosa te lo ha fatto capire?» gli domandò sorridendo con interesse il suo Tutore.
«I miei capelli ed il mio costume sono ancora molto bagnati come se fossi uscito dall'acqua da pochi minuti e da come sono bagnati i tuoi pantaloni e la tua camicia immagino anche di non essere rimasto svenuto dentro l'acqua per troppo tempo. A prendere le bustine di zucchero dal bar scommetto invece che è stato Nick» elencò con semplicità Gabriele una volta che ebbe giù per la gola lo zucchero.
«Risposta esatta!» esclamò allegramente l'australiano seduto di fianco a lui.
Gab proseguì a parlare, man mano sentiva le forze che gli stavano tornando gradualmente. «Perciò il tempo totale in cui sono rimasto privo di sensi dev'essere stato di...» sollevando appena il viso prese a giocherellare con la propria collana con aria pensosa. «Un minuto e mezzo, circa.»
«Due» lo corresse Andrea dando una breve occhiata all'orologio che portava al polso, poi si voltò verso il suo allievo guardandolo sinceramente impressionato. «Beh, per lo meno ora sappiamo che la tua giovane e geniale mente ha già ripreso a funzionare e che non ha subito alcun danno. Direi che questa è un'ottima cosa.»
Appena dietro l'orfano si sentì Audrey tirare un sospiro di sollievo, anche lei aveva ancora i capelli molto bagnati.
Il ragazzino rivolse un rapido sguardo al suo Tutore, evitando però accuratamente di guardarlo negli occhi. «È stata Dri a dirti che ero qui, vero?»
«Sì, l'ho incrociata qualche ora fa dopo che ero tornato alla Villa» rispose l'uomo aprendo di qualche altro bottone la camicia che indossava a causa del caldo che provava, poi guardò l'orfano con le sopracciglia leggermente aggrottate in un'espressione preoccupata. «Sembrava un po' strana, per caso avete litigato?»
A quella domanda, Gab si portò le gambe al petto appoggiandovi sopra il viso senza rispondergli. Lo sguardo rivolto verso i propri piedi.
«Uh quindi siamo ai primi litigi!» commentò beffardamente Audrey.
Gabri le rifilò un'occhiataccia. «Io e Dri non stiamo insieme» chiarì seccato.
La ragazza parve sinceramente sorpresa da quella risposta. «Ah no?» fece perplessa.
«No» insistette l'orfano tornando a posare lo sguardo sull'oceano.
«Chi è che sta insieme a chi?» domandò invece Ghaith confuso, evidentemente doveva essersi perso qualche battuta.
«Nessuno» sbottò l'italiano con tono piatto. Nick rivolse una fugace occhiata preoccupata all'amico per poi tornare a guardare anche lui versi il mare.
«Stai meglio ora, Gabriele?» gli chiese Andrea dopo avergli dato anche la seconda bustina di zucchero.
Gab l'aprì e se ne versò il contenuto in bocca «In realtà non mi sono sentito veramente male. Ero solamente stanco» spiegò riabbassando il capo dopo aver deglutito lo zucchero.
«Dovresti prenderti più cura del tuo corpo» lo rimproverò l'uomo, voltandosi poi verso Audrey aggiunse. «E tu dovresti fare allenamenti meno estenuanti.»
Questa giocherellò con una ciocca di capelli guardando altrove in imbarazzo. «Ammetto che, forse, oggi potrei aver esagerato un pochino...»
Nick le rivolse un'occhiata indispettita. «Solo oggi?»
«Ogni tanto» si corresse all'ora la ragazza fingendo un'espressione innocente continuando ad attorcigliare la ciocca di capelli attorno a un dito.
Intanto Andrea gettò un'altra occhiata al suo orologio. «Manca ancora un po' per l'ora di pranzo, che ne dite di fare un salto al bar qui vicino e di prendere qualcosa? Offro io.»
«Ci sto!» esclamò immediatamente Nick con entusiasmo.
Gab lo guardò con la coda dell'occhio piegando le labbra in un sorrisetto beffardo. «Non ti smentisci mai, eh?»
«Mai» rispose l'australiano ridacchiando ilare.
«Noi invece decliniamo l'offerta» fece Audrey prendendo dalla borsa la bottiglietta d'acqua mezza vuota. «Abbiamo in programma di passare l'intera giornata qui al mare con Choji e Vivian. Dovrebbero arrivare a momenti»
«E poi, in attesa che arrivino, ci piacerebbe passare un po' di tempo da soli.» aggiunse subito dopo Ghaith portando un braccio attorno al fianco della sua ragazza. Questa di voltò nella sua direzione e gli diede un bacio sulle labbra.
Andrea rivolse a loro un'occhiata malinconica, infine scrollò le spalle abbozzando un sottile sorriso. «Ricevuto» affermò con aria tranquilla per poi girarsi verso i due ragazzini. «Voi ce l'avete un cambio di vestiti dietro?»
«Sì» risposero questi annuendo.
«Ottimo, allora prima andate a darvi una bella lavata per togliervi di dosso il sale marino e dopo che vi sarete cambiati andiamo» fece l'uomo indicando dietro di sé col pollice le due docce aperte che si trovavano nella spiaggia.
Gabriele gettò un'occhiata in quella direzione e accennò un lieve sorriso ironico. «Sperando sempre di non incontrare una gran fila»
La fila c'era ma per loro fortuna non era poi così lunga, perciò riuscirono a lavarsi ed a cambiarsi senza impegnarci troppo tempo.
Una volta che si furono vestiti raccolsero le proprie borse da sotto l'ombrellone e, assieme ad esse, Gabri prese anche lo skateboard che si erano portati dietro lui e Nick e che avevano poi appoggiato contro il bastone bianco dell'ombrellone. Quando lo vide Andrea gli rivolse un'occhiata curiosa.
«E quello?» chiese l'Eroe, dopo aver salutato Audrey e Ghaith, indicando lo skate che teneva l'orfano.
Gab sorrise arguto. «È il nostro skate»
«L'abbiamo trovato abbandonato in una via di Venezia» spiegò allegramente Nick tirandosi giù de tutto la sua canottiera bianca che per sbaglio si era leggermente sollevata quando si era messo lo zaino.
Andre aggrottò la fronte perplesso. «Venezia?» dopo sgranò gli occhi come se si fosse ricordato qualcosa. «Ah giusto! La missione in cui eravate incaricati di proteggere l'Alfa russo nel suo viaggio verso l'Italia.» fece infine schioccando le dita, lanciò successivamente un'occhiata interessata al suo allievo. «Se non sbaglio non avete potuto portarla a termine a causa di un intervento da parte di Mantèio, giusto?»
«Proprio così» assentì Gabri senza guardare in viso il suo Tutore. Al termine di quella missione, lui e suoi compagni avevano deciso in comune accordo di raccontare la verità sul perché avessero scelto di lasciarla fallire.
Secondo Gabriele infatti, Suprem Dragon non avrebbe potuto fare a loro alcun rimprovero se gli avessero comunicato che in mezzo c'era stato lo zampino di Mantèio e così era andato.
Dopotutto era l'Ultra con l'abilità di vedere il futuro e che aveva emesso la famosa Profezia, neppure Suprem poteva contestare ad una sua interferenza in una missione.
Ovviamente però lo stesso non era accaduto per quanto riguardava la missione con i due gemelli. Poco prima del loro viaggio di ritorno da Montrèal, l'orfano aveva esplicitamente chiesto ai propri compagni di mettere nel loro rapporto la bugia dei due hacker che Dri aveva usato con il direttore della banca Hebèrt e inoltre di non farne parola con nessuno dei Gemelli-Specchio né di tutto quello che riguardava questi ultimi. In quel caso la verità poteva rivelarsi molto pericolosa e, alla luce di quanto aveva scoperto la notte precedente, Gabri aveva avuto la conferma che aveva fatto bene disporre di tali direttive ai suoi compagni.
Nel frattempo erano ormai giunti davanti al bar a cui erano diretti. Questo non era di grandi dimensioni ma il suo aspetto semplice e anche quasi un po' rustico rendeva particolarmente piacevole e rilassante fermarvisi per almeno qualche minuto.
Grazie al fatto che si affacciava direttamente sulla spiaggia faceva sì che fosse frequentato maggiormente dai bagnanti che si trovavano il quella zona o anche poco più in là, ma a causa però di questa sua grande vicinanza con l'oceano era anche uno di quei bar che restavano aperti unicamente per la stagione più calda.
«Quell'ultimo attacco di Audrey, cos'era?» domandò Gabriele una volta che si furono seduto attorno al tavolino più vicino con le cose che avevano ordinato. Sopra di loro, un tetto di paglia forniva il giusto riparo dai raggi cocenti del sole ai clienti che vi sedevano ai tavolini. «Non sembrava qualcosa che controllava con la sua volontà» insistette l'orfano muovendo su e giù la sua cannuccia e mescolando distrattamente la granita all'amarena che aveva preso.
Andrea gli lanciò un'occhiata accorta. «Non ti sfugge proprio nulla, vero?» per tutta risposta, il ragazzino si limitò ad avvicinare la cannuccia alle labbra e tirò su un paio di sorsi della sua granita. L'uomo si lasciò sfuggire un breve sospiro rassegnato prima di riprendere a parlare. «In realtà questa è la prima volta che glielo vedo fare di persona ma il suo Tutore era un mio grande amico e mi aveva spiegato che, nei primi tempi in cui aveva appena sviluppato la sua abilità, Audrey non era ancora in grado di controllarla perfettamente come adesso e capitavano dei momenti di forte stress o paura in cui ne perdeva il controllo facendola agire inconsciamente come una sorta di meccanismo di difesa.» spiegò l'Eroe «Fortunatamente questa cosa aveva smesso di capitarle già dopo poco meno di un anno qui alla Villa, perciò sono rimasto piuttosto sorpreso anch'io che le fosse successo di nuovo» concluse infine rivolgendo uno sguardo interessato al suo allievo sedutogli accanto, ancora intento a bere la granita. «Parlando ancora di attacchi particolari; dove l'hai imparato a creare la nebbia?» gli domandò con una leggera nota impressionata nella voce. «Non ho mai visto Audrey farla»
«Infatti l'ho imparata da solo» rispose Gab con naturalezza. «Dopotutto la nebbia non è altro che acqua allo stato aeriforme.»
Nick si appoggiò completamente contro lo schienale della sedia schioccando la lingua con fare divertito, in mano teneva il bastoncino del ghiacciolo al limone che si era fatto compare da Andrea. «Ogni tanto infatti Audrey si chiede da dove te ne esci con certe novità sul dominio dell'acqua» fece lanciando un'occhiata vivace all'amico mentre avvicinava il ghiacciolo alla bocca. «Un pò come quella volta quando, durante un combattimento tipo quello di prima, hai cominciato ad attaccarla manipolando le piante più vicine tramite l'acqua che scorreva al loro interno.»
Il Tutore dell'italiano piegò appena il capo confuso «Piante?»
Gabri tirò su un altro paio di sorsi di granita con aria indifferente. «Audrey è potente, molto, ma limitata» disse dopo un po' «Domina solo l'acqua che vede, non quella che c'è realmente.»
A quelle parole, Andrea abbassò la bottiglietta di soda che aveva precedentemente sollevata per bere. «Che vuoi dire?» gli domandò facendosi più serio in volto.
L'orfano spostò lo sguardo sul suo Tutore guardandolo con un misto di stupore e incredulità, non aspettandosi quella domanda. «Beh... è semplice» replicò bevendo un altro sorso di granita. «Se ci pensate bene l'acqua è presente ovunque ci sia vita. Persino nell'aria se c'è la giusta percentuale di umidità»
Le sopracciglia di Andrea si aggrottarono formando una profonda ruga in mezzo alla fronte, la bocca divenne un'unica linea sottile. «Quando intendi che l'acqua è presente ovunque ci sia vita, intendi che-»
«Si trova in ogni essere vivente» completò Gab allontanando la cannuccia dalle labbra. «Compresi gli umani.»
Nell'udire quelle ultime tre parole, la presa della mano dell'uomo sulla bottiglia si fece più stretta. «Ora basta.» disse con tono sorprendentemente basso e duro. «Ti rendi conto di quello che stai dicendo Gabriele?» sbottò severamente.
Il ragazzino si girò a fissarlo con un'espressione spaesata da quell'improvviso comportamento del suo Tutore. A fianco a lui, anche Nick si bloccò al suo posto con il ghiacciolo in bocca ed uno sguardo parecchio confuso sul viso.
Che accidenti era preso ad Andrea?
L'orfano sgranò appena gli occhi, come se avesse capito il motivo di una tale reazione da parte dell'uomo, per poi accigliarsi leggermente subito dopo. «Aspetta, non dirmi ch-» provò a dire ma Andrea non lo lasciò finire.
«Capisco il voler sperimentare nuove tecniche e forme di manipolazione degli elementi, ma c'è un limite per ogni cosa!» esclamò l'Eroe sbattendo la bottiglia di soda contro il tavolino.
Lo sguardo di Gabri si assottigliò maggiormente. «Credi davvero che io potrei usare un dominio simile per uccidere?»
La bocca di Andrea si deformò in una smorfia irritata, era da molto che l'orfano non vedeva il proprio Tutore così arrabbiato. «Tra dire e il fare spesso il confine che li divide non è poi così sottile» dichiarò mantenendo il volume della voce basso ma ben chiaro. Gab ebbe l'impressione che l'uomo stesse parlando per esperienza.
Nick alternò lo sguardo prima sul proprio migliore amico e poi sull'Eroe con espressione confusa. «No aspettate, non ci sto capendo più nulla» disse infine togliendosi il ghiacciolo dalla bocca. «Di quale tipo di dominio state parlando?»
«L'acqua si trova in ogni essere vivente presente su questo mondo» rispose Gabri con tono neutro ripetendo la frase che aveva detto poco prima. «Ciò significa che se volessi potrei usarla per muoverne i corpi a mio piacimento.»
«Ah» fu l'unica che fu in grado di pronunciare l'australiano a quella risposta.
«È una cosa sbagliata.» commentò Andrea aspramente.
«È sbagliata solo per l'uso che si intende farne» replicò allora Gab con fare deciso.
L'uomo sollevò un sopracciglio ironico. «E sentiamo, tu per cosa vorresti farne uso?» fece provocandolo.
«Per proteggere» fu la risposta immediata e schietta di Gabri. «Non ho alcuna intenzione di utilizzarlo se non come ultima possibilità, quando non ci sarà più alcuna alternativa se non quello» spiegò con sincerità. «Posso usarlo per bloccare il movimento del nemico prima che questo possa far del male alle persone a cui tengo, ma non lo userei mai per uccidere» non ne sarei mai in grado di farlo. Sarebbe semplicemente orribile, oltre che disumano.
Controllare il corpo di qualcun altro contro la sua volontà era qualcosa d'inumano e decisamente terribile per chi lo subiva, perciò Gabriele capiva bene quello che il suo Tutore pensava però riteneva anche che, se usata in maniera differente, quella tecnica potrebbe davvero salvare delle vite. Ovviamente però da usare solo in casi di estrema necessità.
Andrea rimase a fissare il suo allievo ancora per un po' con uno sguardo imperturbabile. «Promettimelo» parlò infine senza alcun preavviso cogliendo alla sprovvista i due ragazzini.
La fronte dell'orfano si spianò del tutto sfumando in un'espressione che era tra il confuso e il sorpreso. «Eh?»
«Hai detto che se dovessi usarla sarebbe solo per proteggere gli altri e che ti limiterai solamente a bloccane i movimenti del nemico.» fece l'Ultra più grande lasciando ricadere il busto contro lo schienale della sedia senza però smettere di guardare duramente il ragazzino. «Promettimelo allora. Promettimi che non userai quella tecnica per far del male, manipolare o uccidere qualcuno. Promettimi che la userai solo quando sarà davvero necessario, quando davvero qualcuno sta rischiando di morire e mai per un tuo capriccio, promettimelo!»
Gabriele sollevò lo sguardo ma senza incrociarlo del tutto con quello di Andrea, dopo quella cosa accaduta ormai un anno e mezzo fa non riusciva più a farlo. Non voleva rivedere di nuovo quei ricordi orribili che avrebbe tanto voluto poter cancellare definitivamente dalla sua mente.
Nonostante questo, l'uomo riuscì comunque a vedere le iridi color ocra dell'orfano brillare decise. «Lo prometto.» disse infine Gab usando un tono perfettamente calmo e fermo.
Andrea continuò a scrutare l'allievo ancora per diversi secondi prima di sospirare seccatamente socchiudendo appena gli occhi, poi sollevò di poco il braccio destro lanciando una veloce occhiata all'orologio che portava al polso. «Su sbrigatevi a finire la vostra granita e il ghiacciolo che fra poco si torna alla Villa» fece ai due ragazzini mentre si portava la bottiglietta di soda alla bocca. «È quasi ora di pranzo»
Nick fece gesto di assenso col capo mostrando di aver ben inteso, Gab invece si limitò ad avvicinare di nuovo la cannuccia alle labbra tornando a guardare fisso di fronte a sé senza però volgere lo sguardo in nessun punto in particolare.
L'espressione stanca sul suo volto.
Voglio andarmene.
Fecero la strada di ritorno verso la villa in uno stato d'animo abbastanza teso e irrequieto, a cui Nick tentava di alleggerire raccontando ad Andrea quello che avevano fatto in quegli ultimi giorni quando lui era ancora via.
Gabri percorse il tragitto che li separava dalla spiaggia alla stazione degli autobus sullo skate rimanendo costantemente a mezzo metro davanti al compagno e il proprio Tutore, di tanto in tanto si univa alla conversazione con Nick ma restava per lo più in silenzio limitandosi ad ascoltare quello che il suo migliore amico diceva.
Lo stesso valse anche durante il viaggio sull'autobus dove l'orfano passò il tempo a guardare fuori dal finestrino, perso nei suoi pensieri, con Nick sedutogli a fianco che fischiettava spensieratamente il motivetto, allegro ma ripetuto, di una canzone che aveva sentito poco prima al bar.
[Meglio fischiettata che cantata]; si ritrovò a pensare con un certo conforto Gab abbozzando un lieve sorriso.
Una volta, durante un'uscita del Blocco a Bridgetown, l'australiano era stato in grado di far scappare via un gatto, impegnato a dormire sul muretto di una casa, semplicemente provando a cantare "Somebody to Love".
«Ehi, sei tornato di nuovo a sorridere!» notò Nick guardando in direzione dell'amico e sorridendogli allegramente. «A cosa stai pensando? Ad Adri?»
«No» rispose Gabri spontaneo continuando a scrutare il paesaggio tropicale scorrergli davanti accennando ad un sorriso tranquillo. «A quanto sei stonato»
L'espressione dell'australiano mutò immediatamente in una più infastidita e un poco delusa. «Non sei affatto gentile» brontolò il ragazzino imbronciandosi.
Gab soffiò rumorosamente dal naso sollevando un angolo della bocca in un sorrisetto divertito. «Però sono sincero» replicò fissando beffardamente il compagno con la coda dell'occhio.
«Talvolta pure troppo» sbuffò Nick mostrandosi seccato, ma poi curvò le labbra in un sorriso vispo diede una leggera gomitata al suo migliore amico, il quale ridacchiò brevemente a tale gesto.
Dai sedili appena dietro di loro, Andrea osservava in silenzio i due ragazzini scherzare sorridendo quasi con aria nostalgica.
Notandolo, Gabri non poté fare a meno di chiedersi che cosa stesse pensando, o ricordando. «Stai pensando a qualcosa» affermò all'improvviso girandosi all'indietro in modo da poter guardare il Tutore, con le braccia avvolse la parte superiore del sedile su sui sedeva. «Che cosa?» domandò infine curioso. Anche Nick si voltò in direzione dell'Eroe mettendosi in ginocchio sul proprio sedile esentando un'espressione alquanto confusa da quel cambio di conversazione così repentino. Fino a qualche istante fa lui e Gab erano impegnato a scherzare allegramente tra loro.
Andrea sollevò appena il viso rivolgendolo verso l'allievo. «E te invece?» rigirò, con tono tranquillo, la domanda all'orfano. «A cosa stavi pensando fino a poco fa?»
Gab serrò le labbra leggermente infastidito e poggiò il mento sullo schienale del sedile.
Stava evitando la sua domanda, lo sapeva bene dato quello era il proprio metodo che solitamente utilizzava quando qualcuno gli chiedeva qualcosa a cui non aveva voglia di rispondere.
A quanto pare Andre aveva scelto di usare la sua stessa arma contro di lui.
Ottime capacità d'osservazione e d'imitazione delle persone circostanti, proprio quello che ci si sarebbe aspettato da un'Ultra con un'abilita mutaforma come la sua; ragionò Gabriele piegando le labbra in un sorrisetto accorto. Sarebbe stato perfetto come attore, o come spia.
Normalmente l'orfano non si sarebbe fatto per niente problemi a far notare all'Eroe del suo tentativo di eludere alla propria domanda, ma stavolta le cose erano diverse. A causa della risposta di quest'ultimo, non ci sarebbe stato alcuno scambio equivalente se fosse stato solamente Andrea a sbilanciarsi ad esporre i propri pensieri al ragazzino e Gabri non poteva certo condividere i suoi.
Erano troppo pericolosi.
«Agli Eroi» rispose apposta con fare enigmatico sorridendo sagacemente. Non era una menzogna quella, ma solo una minuscola parte della verità.
A tale risposta allora Andrea sorrise con perspicacia, lo sguardo triste e malinconico però non accennava minimamente a sparire dal suo volto. «Al futuro»
Gabri piegò il capo da un lato appoggiando la guancia destra sul tessuto ruvido del sedile e abbassò appena le palpebre in un'espressione arguta. Nessuno dei due si sarebbe esposto.
«Al futuro?» mormorò Nick aggrottando la fronte confuso. «Il futuro di chi? Il tuo?»
«Di tutti» ribatté Andre volutamente ambiguo.
L'australiano sbatté un paio di volte gli occhi, poi inclinò il capo verso sinistra fissando completamente spaesato l'Eroe.
«Eh?» fece non riuscendo a capire quello che voleva dire l'uomo. Al contrario, Gabriele riuscì benomale a farsi un'idea di ciò che il suo Tutore stava pensando prima.
Non era poi così difficile se ci si ragionava bene sfruttando tutte le informazioni in proprio possesso. O almeno era così per lui.
Nel frattempo il pullman prese a rallentare gradualmente fino a fermarsi del tutto. Gab gettò un'occhiata fuori dal finestrino e vide il familiare cancello di piombo della villa a qualche metro da loro, aperto. La foresta tropicale era ora solo un verde confine che delimitava il parcheggio che si affacciava all'ingresso della residenza degli Eroi.
Andrea si alzò dal suo sedile e fece per avviarsi verso la portiera della corriera seguito poi a ruota da Nick. Oltre a loro tre non c'era nessun'altro sull'autobus.
«Stavi pensando a noi.» disse Gabri con tono fermo e placido senza muoversi di un millimetro. «A quando, fra pochi mesi, ci toccherà scendere in guerra e come questo inciderà sul destino di tutti e dei cambiamenti che seguiranno. Scommetto pure che ti sei anche chiesto in cosa la guerra trasformerà noi ragazzini e che fine farà la nostra spensieratezza giovanile, non è così?» un sorriso scaltro prese forma sul suo viso non aveva udì il rumore dei passi interrompersi bruscamente.
A quanto aveva indovinato.
Era quello a cui stava pensando il suo Tutore poco fa.
«Sei davvero un ragazzino troppo sveglio» commentò piatto Andrea riprendendo a camminare sulla passarella del pullman. «Talvolta però vorrei tanto che tu non lo fossi.» completò senza alcuna emozione nella voce, presto si sentì il suono dei passi che scendevano con calma dagli scalini dell'autobus.
Gab restò ancora per qualche secondo fermò dov'era, poi si alzò sospirando con fare annoiato e presa la sua borsa e lo skate dirigendosi infine anche lui verso la portiera ancora aperta della corriera.
Andrea non era di certo l'unico a desiderare una cosa simile.
Voglio andarmene.
~~•~~
La mensa quel giorno era esattamente come Gabri se l'aspettava.
Piena, rumorosa e con un sacco di decorazioni natalizia appese alle pareti o sistemate come centrotavola nei posti dove si sedevano a mangiare gli Ultra.
All'interno vi si respirava un'atmosfera di allegria e di festa che ormai non si sentiva più da parecchi mesi.
«Oh eccovi finalmente!» li accolse a modo suo Paulo non appena vide i due ragazzini avvicinarsi al loro tavolo. «Dov'eravate finiti? È ormai mezzogiorno passato!»
«A bere una granita e mangiare un ghiacciolo» rispose Gabriele schiettamente mentre si sedeva al suo solito posto, poggiò lo skate sul pavimento lucido della mensa e vi mise i piedi sopra per tenerlo fermo. «Ciao Sadieh» salutò con un cenno del capo la ragazzina comodamente seduta sulle gambe di Paulo.
«Ciao Gabri, ciao Nick!» ricambiò lei allegramente. «Siete stati al mare?»
Afferrando la bottiglia d'acqua, posta vicino al centrotavola a forma di stella natalizia, Nick annuì. «È così evidente?» domandò versandosi un po' d'acqua nel suo bicchiere di vetro.
«Diciamo che la sabbia rimasta sui vostri piedi rappresenta un ottimo indizio» commentò Yen divertita portandosi alla bocca un gamberetto fritto con l'ausilio di un paio di bacchette di legno.
«Senza contare poi la piccola scia di sabbia che vi siete lasciati dietro» aggiunse Paulo col suo solito tono burbero e canzonatorio indicando con il pollice dietro di sé la direzione da cui erano arrivati i due compagni.
Nick abbassò il bicchiere da cui stava bevendo e diede una sbirciatina ai suoi sandali ancora sporchi di sabbia. «Em... colpa mia. Forse non li ho puliti molto bene»
Gab gli sorrise beffardo. «Tu dici?» fece ironico alludendo al fatto che l'australiano non li avesse puliti per niente. l'orfano poi gettò una rapida occhiata al posto vuoto a fianco a sé dove di solito si sedeva Dri, chiedendosi dove fosse finita l'amica.
Sapeva che quel giorno non aveva il volontariato da Adunbi, perciò non poteva essere in infermeria. A giudicare dall'atteggiamento rilassato dei suoi compagni non doveva essere accaduto nulla di male, quindi probabilmente era tornata in camera a prendere qualcosa che aveva dimenticato. A consigliargli tale opzione era la borsa lasciata aperta della ragazzina e appoggiata sulla sedia vuota e il piatto ancora fumante di spaghetti al pomodoro.
Dalla forchetta pulita era chiaro che non fosse stato ancora toccato e che magari era arrivato poco dopo che Adri fosse uscita.
Se le sue deduzioni erano corrette, sarebbe dovuta tornare tra non molto.
Seduto accanto alla vietnamita, Fahed si decise finalmente a sollevare il capo dal libro di poesie decadenti su cui stava studiando. «Che cosa siete andati a fare al mare?»
«Dovevamo allenarci con Audrey» spiegò Nick con brio sporgendosi di lato per poter leggere anche lui il menù di quel giorno che stava esaminando l'italiano. «Uh c'è anche il roastbeff oggi! Lo prendi anche tu insieme a me Gab?»
«No, oggi ho voglia di pasta» declinò Gabri lasciando il menù all'amico e digitò il l'ordine sul telecomando.
L'australiano fece le spallucce con aria indifferente. «Fai pure, non sai che ti perdi!»
Uno scalpiccio di piedi familiare, proveniente alla sua destra, attirò l'attenzione di Gabriele.
«Eccomi! Scusatemi se ci ho messo così tanto!» pronunciò Adriana trafelata raggiungendo il resto del Blocco, in mano teneva un quaderno rosso e viola che usava solitamente per letteratura.
«Ehi ciao Adri!» esclamò Nick dal suo posto muovendo la mano in gesto di saluto.
Dri spostò lo sguardo nella direzione da dove aveva sentito la voce ma rivolgendolo più che altro alla persona seduta vicino all'australiano. Il diretto interessato prese a fissare il proprio bicchiere di vetro come se fosse qualcosa di estremamente interessante ripercorrendo mentalmente la sua composizione chimica per distrarsi.
«Oh... siete arrivati.» disse la ragazzina facendo il giro del tavolo per raggiungere il suo posto accanto all'orfano.
Nick annuì vispamente mentre giocherellava con il telecomando su cui si digitavano gli ordini per i pasti. «Giusto qualche minuto fa»
Paulo osservò i due italiani che, seppur seduto l'uno di fianco all'altra a pochi centimetri di distanza, evitavano di guardarsi e di rivolgersi parola manifestando un certo imbarazzando abbastanza evidente tra loro, d'altronde non si parlavano dalla notte prima in seguito al loro litigio. Ghignando scaltramente, l'argentino disse poi a Dri. «Sai, questo testone di un Folletto, anche se non ha voluto chiedere nulla, ti stava cercando prima.»
Adri alzò la testa sorpresa tenendo sollevata la forchetta a cui aveva avvolto una manciata di spaghetti pieni di sugo. «Davvero?» chiese voltandosi verso il suo migliore amico.
Gabri invece a quell'affermazione, purtroppo veritiera, si irrigidì di colpo e prese a giocherellare nervosamente con la sua collana volgendo il proprio sguardo altrove, a disagio.
«È diventato tutto rosso!» dichiarò Sadieh senza malizia indicando il ragazzino, dietro di lei, diversamente, Paulo sghignazzò divertito.
Se possibile, Gabri percepì il proprio viso avvampare ancor di più e cominciò, quasi in maniera inconscia, a battere ripetutamente il tallone destro contro lo skate mentre si ostinava a guardare dall'altra parte in un inutile tentativo di apparire indifferente. In quel momento avrebbe tanto voluto avere un cappuccio per coprirsi il volto in fiamme, sfortunatamente invece indossava una semplice canotta nera piuttosto larga.
Detestava arrossire, specialmente in pubblico.
Era una specie di tortura per lui.
Lo faceva sentire esposto, vulnerabile.
Anche piangere davanti ad altre persone non gli piaceva, ma almeno in quel caso poteva controllarsi e nascondere la propria sofferenza dietro ad un sorriso per poi liberarla una volta solo. Diversamente invece accadeva quando arrossiva.
«Il quaderno di letteratura» disse Adriana con tono pacato girando con due dita la forchetta tra gli spaghetti. Gab la scrutò senza voltarsi del tutto, le guance ancora rosse. «L'avevo dimenticato in camera e sono andata a prenderlo»
L'orfano riportò di nuovo lo sguardo sul suo bicchiere. «Lo so» ammise rigirandosi tra le dita la targhetta di metallo che portava al collo. «L'avevo intuito»
Con la coda dell'occhio vide l'amica annuire silenziosamente, come se in realtà se lo aspettasse una risposta simile. Poi questa prese qualcosa dalla sua borsa e la porse a Nick allungando il braccio nella sua direzione. Sembravano dei fogli a righe piene di scritte e piegati a metà verticalmente. «Li hai lasciati in camera nostra ieri sera.»
Non appena li vide, Nick rimise sul tavolo il telecomando con cui stava ancora giocando fino a poco fa. «La mia relazione!» esclamò prendendo i fogli che gli stava porgendo Adriana. «Ti ringrazio Adri, me n'ero dimenticato che li avevo lasciati da voi! Ora finalmente posso finirla!» aggiunse tirando fuori dalla propria borsa un astuccio color zucca pieno di penne e gomme.
Fahed aggrottò la fronte fissando l'australiano con disapprovazione. «Non l'hai ancora finita?» commentò incredulo. Alla sua destra, Paulo riprese a sghignazzare beffardo.
«Sshhh!» fece Nick agitando una mano in direzione del compagno per chiedergli di far silenzio mentre con la destra scriveva freneticamente sul foglio. «Mi manca solo una parte piccolissima!»
Scuotendo la testa con fare rassegnato, il marocchino si portò una mano alla fronte sospirando seccatamente. «Lo sai che era da fare per oggi, vero?»
«Secondo te perché ho fretta di finirla allora?» replicò l'australiano con una punta di nervosismo nella voce mentre procedeva a scrivere il più velocemente possibile.
«Oltre che a finirla, sarebbe meglio anche che tu la rendessi un po' più leggibile» lo canzonò Paolo divertito, marcando maggiormente l'ultima parola, intanto che tagliava a metà quello che sembrava un fagottino pieno di carne a forma di mezzaluna e ne passò una parte a Sadieh, che lo prese entusiasta iniziando a mangiarlo.
I piatti di Gabriele e Nick invece arrivarono una decina di minuti più tardi, quando il resto del gruppo aveva ormai quasi finito di mangiare, mentre l'australiano terminò finalmente la sua relazione qualche secondo dopo accasciandosi sulla sedia sfinito ma soddisfatto. Quella "piccolissima" parte che gli mancava non doveva essere poi così tanto piccola in realtà.
Di certo però sarebbe potuta sicuramente essere più corta se la sera precedente Nick avesse passato più tempo a scrivere anziché a distrarsi, prima di recarsi in camera di Deka per il loro furto nelle cucine della villa.
Nel ripensare alla notte scorsa, Gabriele si volse appena a guardare il capo degli Eroi seduto al suo solito tavolo sistemato in fondo alla mensa affiancato ai suoi fidati Generali.
Grazie alle informazioni raccolte negli ultimi mesi, più quelle che aveva origliato di notte davanti all'ufficio di Suprem, l'orfano era stato in grado di comprendere quasi interamente il quadro generale della situazione fatta eccezione per un singolo dettaglio. Un unico tassello che non combaciava quasi per nulla con tutti gli altri.
Un interrogativo a cui, se ci si ragionava attentamente, si poteva comunque riuscire ad intuirne la risposta.
Se le cose erano davvero come supponeva, allora Suprem Dragon stava ad una partita a scacchi piuttosto pericolosa e complessa.
E di certo non doveva essere il solo a giocarci.
Finalmente, molte delle domande che affollavano da qualche anno la testa dell'italiano trovarono la loro risposta. Il prezzo da pagare però era stato troppo alto e adesso era giunto il momento di decidere davvero che cosa fare.
Perso com'era nei suoi pensieri, Gab non si accorse del picchiettio incessante che gli scuoteva leggermente la spalla finché questo non divenne abbastanza insistente da non poter più essere ignorato. Assieme ad esso, udì anche qualcuno che pronunciava il suo nome continuamente il suo nome senza sosta.
«Gab? Gaaab. Ehi Gab, ci sei?» sentì Nick chiamarlo.
Ritornando drasticamente alla realtà, il ragazzino si voltò verso i suoi compagni e li scoprì fissarlo con delle facce strane.
«Che c'è?» chiese confuso.
«Dovremmo essere noi a chiederlo a te» replicò Nguyen accigliandosi leggermente. «Va tutto bene?»
Gab piegò leggermente il viso appoggiandolo al palmo sinistro sorridendo affabile. «Perché? Dovrebbe esserci qualcosa che non sta andando bene?» fece utilizzando un tono placido e rilassato. Accanto a sé, intravide Adriana alzare gli occhi al cielo sospirando esasperata.
Aveva capito che stava cercando di evitare la domanda.
«No no!» esclamò Yen scuotendo la testa animatamente in imbarazzo. «È che beh ecco... ultimamente sei un po'... strano.» ammise fissando nervosamente il suo piatto, ormai vuoto.
L'orfano inarcò un sopracciglio divertito «Oh! Questa sì che è una novità!» commentò sarcastico.
La vietnamita gli lanciò un'occhiataccia. «Hai capito cosa intendo» ribatté stizzita. Gab si limitò a scrollarsi le spalle con aria indifferente.
«È da stamattina che sei spesso così pensieroso» gli fece notare Nick aggiungendosi anche lui alla conversazione. «E poco fa la tua faccia era in modalità stratega.»
Gabri sbatté un paio di volte le palpebre perplesso. «Da quand'è che la mia faccia ha delle modalità?» domandò voltandosi verso il suo amico.
«Da quando parlarti seriamente è diventato un'impresa.» ribatté Fahed seccato chiudendo di botto il libro di poesie. «Spesso riuscire a capirti è quasi impossibile!» dichiarò rivolgendo all'italiano un'occhiata di rimprovero.
Questo cominciò ad infilzare i fusilli al pesto rimasti nel suo piatto con aria distratta. «Non sono così difficile...» borbottò svogliatamente.
La maggior parte dei ragazzini seduto al quel tavolo si scambiarono un'occhiata incerta senza però rispondere subito. Gab li notò e avvertì un peso piombargli all'improvviso nel petto.
«Un po'» fece Sadieh abbozzando ad un sorriso dispiaciuto.
«Oggi poi in particolar modo» aggiunse Paulo masticando un pezzo del suo strano fagottino di carne.
L'orfano continuò a tenere lo sguardo sul piatto insistendo a trafiggere gli ultimi fusilli restanti.
«Gab» lo chiamò Dri parlando per la prima volta da quando era iniziata quella conversazione. «Siamo preoccupati per te»
«Sì...» mormorò Gabriele con tono apparentemente indifferente. «Lo so»
Capiva che erano solo preoccupati per lui e se da una parte la cosa faceva piacere sapere che i suoi amici mostravano di tenerci all'orfano, dall'altro invece lo faceva sentire terribilmente in colpa.
Dopotutto, però, era lui quello che si stava allontanando da loro, non di certo il contrario.
Sapeva che quello che stava facendo, non dire nulla e lasciarli completamente all'oscuro, non era giusto nei loro confronti ma non voleva trascinarli con sé nell'abisso in cui stava poco a poco precipitando. Non poteva proprio permetterlo.
Infine si lasciò sfuggire un breve sospiro deciso, smise di torturare quella povera pasta e si rimise a mangiare.
Non aveva senso continuare ad autocommiserarsi, era solo controproducente.
Adesso doveva decidere come muoversi.
Ora che conosceva la verità aveva solo due alternative possibili: proseguire oltre e fare finta di nulla oppure prendere parte anche lui a quel pericoloso gioco.
Stavolta non aveva molto da pensarci, sapeva già cosa avrebbe scelto, ma anche qui vi si richiedeva un prezzo piuttosto alto da pagare.
Che cosa posso fare?
Come posso muovermi?
Nel frattempo, all'interno del gruppo, nessuno osò più pronunciare una parola e finirono il loro pranzo nel più completo silenzio mentre giungevano, come lontane, le risate degli Eroi che erano ancora impegnati a festeggiare l'inizio di dicembre e di come fossero riusciti a sopravvivere a quel primo anno di guerra e battaglie, anche se non tutti sembravano però condividere tale gioia.
Quando mancarono meno di venti minuti all'inizio della lezione di letteratura con Shakoma, che si sarebbe tenuta come sempre al loro solito posto in biblioteca, i ragazzini si alzarono dal tavolo e raccolsero ognuno la propria borsa che avevano appoggiato chi sul pavimento e chi sullo schienale della sedia in cui si era seduto. Lo stesso tentò di fare anche Dri ma venne bloccata da Gab che le afferrò debolmente un lembo della sua canottiera a righe bianche e blu, lo sguardo del ragazzino rivoltò dall'altra parte con un'espressione indecifrabile sul viso.
Adriana si voltò in direzione dell'amico scrutandolo confusa, infine si rivolse al resto del gruppo «Voi intanto andate. Noi vi raggiungiamo più tardi» e tornò a sedersi accanto a Gabri.
I ragazzini si scambiarono un'occhiata titubante ma poi annuirono appena. «D'accordo! Allora ci vediamo dopo!» esclamò Nick con tono ilare facendo l'occhiolino ai due compagni rimasti ancora seduti, indirizzandolo in special modo all'orfano.
«Oh sì, buona fortuna» aggiunse Paulo ghignando beffardamente, anche Yen prese a sorridere in maniera inquietante ridacchiando tra sé e sé.
Gabriele avvertì le proprie guance avvampare. Di nuovo.
Idioti... ma che diamine avevano capito quelli?
«Non fate tardi» li ammonì invece Fahed con fare indifferente avviandosi verso l'uscita della mensa, seguito poi dal resto dei compagni che continuavano a lanciare occhiate maliziose ai due orfani mettendoli entrambi in imbarazzo.
Gabri resistette all'impulso d'insultarsi in veronese e attese invece che si allontanassero a sufficienza prima di parlare.
Nel frattempo anche la mensa aveva preso a svuotarsi gradualmente.
Presto la stanza non fu più così piena come a mezzogiorno, ma non era neppure tanto vuota. All'interno vi erano ancora abbastanza Eroi che stavano tutt'ora finendo di mangiare assieme ai loro Blocchi.
I due ragazzini rimasero in silenzio ancora per qualche secondo, entrambi che evitavano accuratamente d'incrociare lo sguardo dell'altro tradendo però un certo disagio tramite il movimento frenetico delle mani o il continuo mordicchiarsi delle unghie.
«Scusami» si decise infine a parlare Gab dopo un po', con la mano destra tormentava insistentemente la catenella della sua collana. «Per ieri» specificò subito dopo con tono neutro ostinandosi a tenere lo sguardo chino sul tavolo «Io... ti faccio sempre preoccupare un sacco e mi dispiace. Ieri io avrei potuto dirti qualcosa prima di andarmene o almeno spiegarti perché era importante che io seguissi quell'uomo e invece... me ne sono andato e basta, abbandonandovi tutti all'improvviso. Non è stato affatto corretto.» abbassò maggiormente il capo scurendosi in volto e chiuse di colpo la mano a pugno stringendovi all'interno la catenella con cui stava giocherellando fino a poco prima. Le labbra si serrarono in una smorfia afflitta. «Mi dispiace, sono davvero un pessimo amico...» mormorò sollevando una gamba e portandosela contro il petto stringendola con entrambe le braccia.
Non si pentiva della sua scelta di seguire quel dottor Allen per i corridoi della villa la notte scorsa e né di aver origliato la conversazione tra questi e Suprem Dragon ma, piuttosto, per come aveva lasciato i suoi compagni in quel corridoio.
Era per quello che si sentiva in colpa.
Per averli fatti preoccupare inutilmente.
Per aver fatto preoccupare Dri.
E, in parte, per quello che avrebbe fatto più tardi.
Sebbene una parte di sé sapeva bene che quella fosse la soluzione migliore, l'altra non poteva fare a meno di sentirsi come se stesse tradendo i propri amici.
Perché, in effetti, era proprio così che loro l'avrebbero visto.
Come un tradimento.
Sono davvero un amico orribile...
«Io so che tu stai soffrendo, lo sento» parlò Adri qualche secondo più tardi spezzando il silenzio che vi era calato nuovamente. «Anche quando sorridi davanti agli altri, sento che non stai bene. Che soffri» rimanendo nella stessa posizione, Gab guardò l'amica con la coda dell'occhio e notò piccole lacrime trasparenti scivolarle sulle guance e cadere sulla pelle scoperta delle sue gambe. Le mani della ragazzina si strinsero nel tessuto rigido dei pantaloncini di jeans che indossava mentre le sopracciglia si aggrottarono in un'espressione affranta. «E mi... distrugge non capire come fare per aiutarti. Mi fa sentire così... inutile!» prorompé con tono irritato ma allo stesso tempo amareggiato, come se fosse arrabbiata con sé stessa. Sollevò poi una mano e prese ad asciugarsi con un certo fastidio le lacrime dal viso usando il palmo. «Dannazione... perché continuano a scende-» fece per commentare seccata improvvisamente si ritrovò tra le braccia di Gabriele che la strinsero con forza stando però attento a non farle male, cogliendola di sorpresa.
Con la testa appoggiata sulla spalla di lei e gli occhi socchiusi, Gab le sussurrò all'orecchio aumentando di poco la stretta. «Mi basta solo che tu esisti.»
A quelle parole, Dri reagì avvolgendo con le proprie braccia il busto esile del ragazzino stringendosi a lui e affondò il volto sulla sua spalla sospirando piano.
I due restarono abbracciati così per almeno qualche minuto, beandosi l'uno del contatto con l'altra, prima di staccarsi. L'umore già un po' più sollevato rispetto a prima.
Gab si scostò da lei abbozzando un leggero sorriso pacato, sollevò poi una mano e asciugò una lacrima superstite dalla guancia dell'amica sfiorandone delicatamente la pelle. «Meglio?» fece guardandola con espressione vivace.
Un sorriso affettuoso prese forma sulle labbra di Dri. «Abbastanza» affermò usando un tono più tranquillo, poi squadrò il ragazzino con uno sguardo carico di apprensione. «Te invece?»
Lui si limitò a sorriderle abile. «Con te sto sempre bene.» le rispose raccogliendo la sua borsa dal pavimento e alzandosi in piedi.
Adri sospirò scuotendo la testa con aria rassegnata. «Sei sempre il solito...» commentò accennando però ad un sorriso sereno mentre anche lei si alzò dalla sedia. «Dai andiamo.» disse facendo col capo verso l'uscita della mensa per poi avviarsi in direzione di essa.
Poggiando di colpo con forza un piede su una delle punte dello skate, Gabri fece alzare verticalmente la tavola in modo che l'altra parte gli arrivasse precisa alla sua mano leggermente protesa in avanti, afferrandola. Dopodiché affrettò di poco il passo pera raggiungere l'amica.
Appena prima di varcare la soglia della stanza però, l'orfano gettò un'ultima occhiata a Suprem Dragon. Era ancora seduto al suo tavolo intento a discutere di qualche cosa con i suoi sottoposti, dalle loro espressioni pareva essere qualcosa d'importante.
«Un giorno devo dirti una cosa» mormorò Gab alla ragazzina procedendo oltre. «Ricordatelo.»
Dri gli rivolse uno sguardo perplesso, non aspettandosi tale affermazione così all'improvviso, ma poi annuì decisa «D'accordo.» assentì affiancandolo.
Procedettero insieme per diversi metri restando l'uno di fianco all'altra, estremamente vicini.
Di tanto in tanto, Adriana lanciava qualche fugace occhiata di sottecchi all'amico, come se fosse indecisa su qualcosa. Infine però sorrise sottilmente e parlò: «Sai, anche se spesso sei difficile da capire questo non significa certo che sia io che gli altri non ti vogliamo bene o non ti accettiamo così come sei.» fece guardandolo con dolcezza mentre proseguivano a camminare mantenendo sempre lo stesso andamento e la stessa distanza. «Volevo solo che tu lo sapessi.» terminò scrollandosi leggermente le spalle tenendo però d'occhio la reazione del ragazzino a quelle parole.
Gabri non parlò, invece tolse la mano libera, quella che non reggeva lo skateboard, dalla tasca dei pantaloncini e strinse debolmente quella della ragazzina.
Un debole sorriso sereno gli si dipinse sul volto mentre continuava a rivolgere lo sguardo di fronte a sé.
Probabilmente Adri non se rendeva davvero conto di quanto gli avesse fatto piacere sentirsi dire quella frase, anche se sapeva bene che lei avesse deciso di pronunciarla proprio con quell'intenzione.
Di certo però doveva percepire, grazie alla sua abilità, come parte del suo animo si fosse sollevato lavandogli via un pezzo del suo dolore che ogni tanto tornava a opprimerlo.
A Gab spesso non importava ciò che degli sconosciuti potessero pensare di lui, mostrando una certa insofferenza e menefreghismo quando sentiva questi commentare quanto fosse strano o bizzarro, al contrario però, l'idea di non essere accettato per quello che era dai suoi amici lo faceva irrimediabilmente soffrire.
Poco dopo avvertì la mano di lei muoversi nella sua finché entrambi le mani non furono intrecciate tra loro.
Non aspettandoselo, Gabriele si voltò verso l'amica con uno sguardo sorpreso e la vide sorridergli pacatamente.
Allora anche lui le sorrise di rimando, prima con affetto e subito dopo con vivacità, aumentando la stretta sulla sua mano rendendola più sala e decisa e percorsero i pochi metri che li separavano dalle scale per accedere ai piani inferiori della villa senza mai lasciarsi. E così anche per il resto del tragitto verso la biblioteca.
Quando vi entrarono, giungendo nel luogo dov'erano soliti a fare lezione, trovarono i loro compagni già seduti ai loro banchi e Shakoma che aveva già iniziato a spiegare.
Quest'ultimo, non appena li vide, smise di parlare e lanciò ai due ragazzini un'occhiata severa. «Ben arrivati» li salutò freddamente incrociando le braccia davanti al petto. «Come mai questo ritardo?»
«Dovevamo parlare.» rispose Gabri con semplicità intanto che sia lui che Dri andavano a sedersi ai loro posti. Paulo e Yen rivolsero ai due italiani delle occhiate divertite indirizzandole soprattutto alle loro mani fino a poco prima ancora intrecciate.
Vendendoli, Gab alzò gli occhi al soffitto seccato.
Di nuovo erano giunti alla conclusione sbagliata.
Idioti...
«Ed era così importante?» domandò l'ex Educatore sollevando un sopracciglio.
L'orfano aggrottò leggermente la fronte piegando la bocca in una smorfia pensierosa. «Penso... che la risposta dipenda dai punti di vista.» fece adagiandosi sullo schienale della sua sedia. «Per me e Dri era importante ma forse, secondo il tuo punto di vista, non così tanto.»
Shakoma continuò a scrutare con attenzione il ragazzino ancora per qualche secondo, poi sorrise divertito. «Risposta interessante...» disse sinceramente impressionato a soddisfatto. «Per questa volta chiuderò un occhio.» dichiarò scrociando le braccia e riprendendo in mano un libriccino rosso che prima aveva appoggiato sulla cattedra. A quella frase sia Gab che Dri tirarono un leggero sospiro di sollievo per essere riusciti a scamparla. «Però voglio sperare che almeno la relazione sul libro che dovevate leggere in questo mese l'abbiate fatta.» aggiunse subito dopo con tono severo e duro. Per qualche strano e arcano motivo fissava solamente Gabriele intanto che parlava.
Mentre tirava fuori la sua relazione dalla borsa, e dal quaderno di letteratura dentro cui l'aveva nascosta per proteggerla dall'acqua e dalla sabbia, Gab ringraziò mentalmente Adriana per aver ricordato il giorno prima sia a lui che a Nick della consegna. Se non fosse per lei, molto probabilmente a quest'ora entrambi potevano già andare a scegliersi le proprie lapidi per le loro tombe.
Allungò i fogli piegati verticalmente su cui aveva scritto la relazione a Shakoma che li prese esaminandoli brevemente, nell'altra mano teneva quella di Dri dalla grafia più curata e chiara. «Per lo meno sono abbastanza leggibili» fu il commento dell'anziano lanciando una veloce occhiata severa a Nick seduto subito dietro l'orfano, in uno dei gli ultimi due banchi. Sentendosi preso in causa, l'australiano prese a guardare altrove con aria fintamente innocente.
«Bene.» mormorò l'ex Educatore poggiando i fogli sulla scrivania assieme a tutti gli altri che aveva già precedentemente ritirato. «Direi che possiamo riprendere finalmente a far lezione. Dov'eravamo arrivati?» chiese aggrottando le tempie nel tentativo di ricordare.
Fahed alzò prontamente la mano. «Avevi iniziato a spiegare di Andreas Gryphius.» rispose diligentemente sistemandosi meglio gli occhiali che nel frattempo gli erano un po' cascati dal naso.
Shakoma annuì lentamente come a concordare sulla risposta data dall'allievo. «Sì giusto, Gryphius. Grazie, Fahed» fece rivolgendo un sorriso soddisfatto al ragazzino prima di ritornare a spiegare da dove era stato interrotto poco prima. «Allora, dicevamo: Andrea Gryphius era un importante poeta e drammaturgo tedesco del diciassettesimo secolo, uno dei più significativi compositori del barocco. Tra le sue opere più famose vi troviamo certamente le...»
Intanto che l'anziano parlava, Gabri si piegò a destra con il busto chinandosi sulla sua borsa per prendervi dal suo interno l'astuccio contenente tutte le sue penne e matita, più anche qualche cacciavite e bullone. Con la coda dell'occhio vide un movimento alla sua sinistra, come se qualcuno avesse lanciato qualcosa di piccolo verso di lui, e quando si rialzò trovò un fogliettino piegato in quattro parti sul suo banco.
Guardando nella direzione da cui era venuto fu alquanto evidente chi fosse stato a lanciarglielo.
L'espressione beffarda che vi si leggeva sul volto di Paulo ne era un indizio più che sufficiente.
Sospirando debolmente, Gabri afferrò il bigliettino dal suo banco e lo aprì leggendolo.
ALLORA?
Che idiota; fu l'unica cosa che pensò l'orfano mentre prendeva una penna nera dall'astuccio e scrisse la risposta appena sotto alla domanda dell'argentino.
ALLORA COSA?
Ripiegò il foglietto di nuovo in quattro parti e lo rispedì al mittente, in un momento in cui Shakoma era di spalle, lanciandoglielo con un elastico che teneva nell'astuccio.
La risposta non tardò ad arrivare.
Stavolta però mancò il suo obbiettivo di parecchi centimetri e, anziché finire sul suo banco, cadde per terra poco distante.
Gabriele dovette chinarsi, fingendo di dover raccogliere una penna che gli era caduta, per prenderlo.
NON HAI DA DIRCI NIENTE?
Gab lanciò un breve sguardo svogliato all'argentino. Questi lo fissava con un sorriso sornione.
Seccato, riprese in mano la penna e vi scrisse:
E CHE DOVREI DIRVI? IO E DRI NON CI SIAMO MICA MESSI INSIEME, SE È QUESTO CHE INTENDI.
Questa volta osservò con una certa soddisfazione come l'espressione beffarda e canzonatoria sparì dal viso di Paulo intanto che egli leggeva la sua risposta.
Non dovette attendere molto perché il bigliettino tornasse, stavolta cadendo sulla sua borsa.
Paulo doveva decisamente migliorare la sua mira.
...NON TI CREDO.
Un sorrisetto previdente fece sollevare un angolo delle labbra di Gab. Fece roteare abilmente la matita tra le dita prima di posarne la punta sulla parte bianca rimasta del foglio.
E NON CREDERCI SE VUOI. SAPPI CHE ANCHE DRI TI DAREBBE LA MIA STESSA E IDENTICA RISPOSTA.
Il fogliettino tornò dall'argentino colpendo in pieno la bottiglietta d'acqua che Paulo teneva sul suo banco.
Un sospiro seccato si udì giungere dai posti davanti, più precisamente dove si trovava la scrivania. «Gabri-chan e Paulo» li chiamò Shakoma con tono abbastanza spazientito. I due ragazzini trasalirono immediatamente nel sentirsi richiamati dall'ex Educatore e cominciarono a temere per la loro sorte. «Posso sapere che cosa vi state continuamente passando di nascosto anziché seguire la mia lezione? Sarò anche vecchio, ma guardate che vi vedo benissimo»
Gabri vide, con la coda dell'occhio, Paulo accartocciare con particolare fastidio il bigliettino su cui avevano scritto per poi buttarlo dentro la propria borsa. «Shakoma» fece questo alzando la mano. «Posso fare una domanda?»
Gabriele socchiuse gli occhi sperando che non avesse in mente di fare quello che temeva.
Inarcando un sopracciglio perplesso, l'anziano gli rispose. «Certo, fai pure»
Allora l'argentino si girò verso Adriana, che nel frattempo si era voltata per vedere che cosa stessero combinando i suoi compagni, e sbottò con aria seccata. «Ma t e quel dannato Folletto alla fine vi siete messi insieme sì o no?». A tale domanda Nguyen, che fino ad allora aveva passato il tempo a sonnecchiare tranquilla, si fece di colpo più attenta e interessata.
L'orfano si buttò completamente contro lo schienale della sedia reclinando la testa all'indietro e sospirò esasperato.
Quando si comportavano così tendeva a non sopportarli proprio.
Ma perché diamine non si facevano gli affari loro invece d'insistere continuamente con quella stupida storia?
Erano stressanti, oltre che fastidiosi.
Dri guardò spaesata il compagno di Blocco, a causa di quella sua domanda così repentina e fuori luogo, prima di rispondergli con sincerità. «No.»
L'improvviso picco di entusiasmo manifestato da Yen scemò drasticamente mentre Paulo pareva avere la faccia di qualcuno che aveva voglia di sbattere la testa contro il legno del banco.
Fermo nella stessa posizione di prima, Gabriele lanciò un'occhiata all'argentino sorridendogli beffardo. «Io te l'avevo detto» gli disse con fare canzonatorio.
Dal suo posto subito dietro l'italiano, Nick si sporse col busto a sinistra allungando una mano verso Paulo e sorrise raggiante. «Sgancia!» esordì allegro.
Gabri inclinò ancor di più la testa all'indietro in modo da poter guardare, più o meno, in faccia l'australiano. «Che? Ci avete persino scommesso sopra?» gli domandò infastidito.
Nick gli sorrise solare. «Certo! E io ci ho pure vinto tre dollari!» affermò con brio per poi tornare a voltarsi in direzione dell'argentino. «Su Paulo, una scommessa è una scommessa.» insistette con la mano ancora protesa verso il compagno. Questo strinse i pugni borbottando qualcosa di poco carino ma alla fine si chinò verso la sua borsa per prendervi i soldi pattuiti.
Nel frattempo, in tutto questo, Shakoma era rimasto perfettamente immobile con un'espressione indecifrabile sul volto. «Quado avevi chiesto se potevi fare una domanda, speravo che si trattasse di qualcosa di inerente alla lezione che stavo spiegando, non questo.» mormorò dopo un po' picchiettando l'indice sulla copertina rigida del libro che teneva in mano mentre fissava l'argentino con rimprovero. «Ora, posso riprendere a spiegare o ne avrete ancora per le lunghe? No perché così mi organizzo anch'io e quello che non facciamo oggi in aula oggi ve lo studierete voi dopo da soli e poi vi interrogherò su tutto l'argomento la prossima volta. Va bene così? Per me non c'è problema»
Immediatamente, a quelle parole, nella stanza calò un silenzio assoluto ed ognuno tornò a sedersi in maniera composta rivolgendo la propria attenzione all'insegnante.
O meglio, quasi tutti.
Shakoma spostò lo sguardo su Gabriele, l'unico ancora stravaccato sulla sua sedia. «Gabri-chan» lo chiamò usando un tono tranquillo ma fermo allo stesso tempo. Il ragazzino, seppur svogliatamente, si tirò su rimettendosi seduto per bene. «Grazie.» fece l'ex Educatore chinando appena il capo compiaciuto. «Bene, riprendiamo; allora nelle "Sonette"...»
Nonostante Gabri avesse davvero tutte le intenzioni di ascoltare la spiegazione dell'insegnante, l'improvviso rumore di passi numerosi che si facevano man mano più vicini catturò la sua attenzione.
Sembrava che un gruppo composto da un discreto numero di persone si stesse dirigendo con una certa gravità verso di loro.
Nello stesso istante in cui Gab li udì, anche Dri parve percepire qualcosa da come s'irrigidì improvvisamente voltandosi verso un punto tra gli scaffali situati oltre Nick.
Gabriele seguì il suo sguardo e vide poco dopo apparire da dietro di essi Suprem Dragon accompagnato dai suoi fidati Generali più un paio di Eroi, un uomo e una donna sui trent'anni, di cui l'orfano non sapeva molto se non che fossero particolarmente spietati e brutali verso i Liberatori.
Gli occhi del ragazzino si strinsero divenendo due fessure.
Niente di quella situazione lasciava presagire qualcosa di buono.
Già il solo semplice fatto che Suprem avesse deciso di recarsi fin lì, in quel loro piccolo angolo nascosto della biblioteca, non era per nulla rassicurante. Se poi si doveva pure aggiungere la presenza di quei quattro determinati Eroi, allora la faccenda si faceva molto seria.
Stava per accadere qualcosa di brutto e osservando la direzione in cui volgeva lo sguardo dei nuovi venuti era facilmente intuibile chi fosse il loro obbiettivo.
La cosa a Gab non piacque affatto.
Che fossero venuti per quello?
C'era il rischio che poteva essere effettivamente così.
Non appena vide il gruppetto di Eroi fare la loro comparsa da dietro gli scaffali pieni di libri, per la terza volta in meno di venti minuti, Shakoma interruppe la sua spiegazione e guardò in direzione dei nuovi arrivati con un'espressione confusa e vagamente inquieta. «Salve» disse chinando leggermente il capo in un saluto referenziale. «cosa devo l'onore? Posso fare qualcosa per voi?»
Osservando attentamente, Gabri intravide l'anziano arricciare appena le labbra come faceva ogni volta che c'era qualcosa che lo preoccupava.
Suprem Dragon sollevò l'angolo sinistro delle labbra in un sorrisetto divertito mentre scrutava attentamente l'ex Educatore, poi cambiò di colpo espressione assumendone una molto più seria e dura. «Arrestatelo.» ordinò freddamente ai suoi uomini.
L'uomo e la donna di cui Gab al momento non ricordava il nome, né quello vero e né quello da Eroe, ghignarono malignamente e presero ad avanzare verso l'anziano.
Ma prima ancora che questi potessero fare qualche altro passo in più, una scarica blu-azzurra passò improvvisamente di fronte a loro cogliendoli di sorpresa.
Alzandosi dal suo posto, Gabriele si frappose fra loro e Shakoma facendo da scudo per quest'ultimo.
«Non un altro passo» scandì con tono deciso e fermo, senza però alzare la voce. Le iridi color ocra brillavano di una luce determinata e pericolosa.
Non avrebbe permesso a loro di avvicinarsi a Shakoma.
«Gab...» udì Dri chiamarlo nervosamente dietro di lui. L'orfano percepiva su di sé gli sguardi dei suoi compagni che lo fissavano con un misto di paura, preoccupazione e confusione.
Sapeva che era stupidi mettersi contro il volere di Suprem Dragon e che poteva mettersi seriamente nei guai per questo, ma Gab non poteva permettere che loro facessero del male al suo Educatore preferito.
«Spostati stupido moccioso!» gli intimò brusco l'uomo senza nome muovendo un passo verso il ragazzino e protendendo il braccio per poterlo scostare via in malo modo.
Senza muoversi minimamente, Gabri si limitò ad attivare la sua abilità unicamente su entrambi gli avambracci e sulle mani trasmutandole in pura elettricità.
Una luce bluastra gli illuminò debolmente il volto e alcune ciocche di capelli mentre alcune scariche del medesimo colore gli sfrigolavano accanto senza mai toccarlo.
I due Eroi retrocedettero di poco fissando nervosamente il giovane Ultra e l'elettricità che lo circondava.
«Che bamboccio impertinente» si sentì commentare sottilmente Vipère con voce schifata dal suo posto a fianco del capo degli Eroi.
«Stupido moccioso!» inveì invece Navaìnica avanzando verso l'orfano guardandolo seccato. «Credi davvero di poterci affrontare usando contro di noi il mio stesso elemento?» girando la parte dei suoi bracciali che si trovava più vicina al polso, questi si attivarono cominciando a brillare di una luce bianca-azzurrina nel punto dove l'elettricità scorreva maggiormente. «Sei soltanto uno stolto.» mormorò infine allargando le braccia e aggrottando la fronte in un'espressione minacciosa.
Gabriele non prestò una benché minima attenzione a quello che era il suo Maestro d'Armi, continuando invece a guardare dritto negli occhi il capo degli Eroi.
«Navaìnica, aspetta.» lo richiamò Suprem Dragon sostenendo inflessibile lo sguardo tenace del giovane Ultra, dopodiché si rivolse direttamente a quest'ultimo. «Ragazzino, tu sai chi è realmente colui che consideri come tuo insegnante?» gli domandò senza alcuna traccia di superbia nella voce.
Le labbra di Gabri si serrarono divenendo un'unica linea sottile.
Sì, certo che lo sapeva.
E da diversi mesi anche.
A farglielo capire erano stati i vari dettagli che l'orfano colto da quando Shakoma aveva deciso di restare alla villa, specie dopo quella loro piccola chiacchierata che avevano fatto quasi quattro mesi fa, ad agosto.
Primo tra tutti era certamente stata quella strana fasciatura che ricopriva puntualmente l'avambraccio sinistro dell'ex Educatore ogni volta che questo ricompariva da quelle sue inspiegabili sparizioni che avvenivano di tanto in tanto e che duravano almeno una decina di minuti nei quali risultava introvabile a chiunque lo stesse cercando.
Anche se inizialmente Gab non vi aveva dato peso, alla lunga si era accorto di tale stranezza e, col tempo dopo un'attenta osservazione, nella sua testa aveva cominciato a prendere forma una teoria.
Un sospetto che aveva trovato conferma in quello stesso giorno con l'intromissione completamente inaspettata du Suprem Dragon durante la loro lezione e dal suo seguente ordine di arrestare l'anziano.
Shakoma era una spia dei Liberatori.
Ora ne era più che certo.
Ma a giudicare dagli sguardi spaesati dei suoi compagni era piuttosto chiaro che invece tale idea non li aveva minimamente sfiorati.
Molto probabilmente non avevano neppure notato quella particolare stranezza nel loro insegnante.
Ancora una volta, Gabriele si sentì solo nel suo essere incredibilmente perspicace.
Socchiudendo le palpebre, l'orfano sollevò leggermente il viso sospirando svogliatamente. «Ovvio che lo so.» sbuffò con fare annoiato. «Ma non m'importa.» dichiarò deciso riaprendo gli occhi e riportando lo sguardo sul capo degli Eroi. «Non vi lascerò procedere oltre.»
Quello che stava facendo era completamente privo di senso oltre che inutile, lo capiva bene.
Era tecnicamente giusto che gli Eroi volessero arrestare, e certamente poi uccidere, il suo Educatore preferito in quanto spia dei loro nemici e perciò del pericolo che rappresentava per i primi.
Gabriele era consapevole di tutto quanto e lo comprendeva perfettamente, però...
Shakoma era la figura più vicina a un padre che lui avesse mai avuto.
Non poteva assolutamente permettersi di perderlo.
Non anche lui.
Nell'istante in cui il ragazzino pronunciò quell'ultima frase, Suprem Dragon sgranò gli occhi come se fosse in qualche modo sbalordito o scioccate da tale risposta. Una piccola incrinatura nella sua maschera imperturbabile che era solito ad indossare ogni giorno.
Quell'inusuale espressione durò solo una manciata di secondi sul volto dell'uomo prima di sparire altrettanto velocemente com'era comparsa, tornando ad essere imperscrutabile come sempre.
«Capisco...» sussurrò Suprem con voce piatta, un sorrisetto ironico si formò sulle sue labbra. «Ma che cosa interessante...» aggiunse poco dopo scrutando l'orfano con aria quasi divertita e beffarda.
Le sopracciglia di Gab si aggrottarono confuse, ma prima ancora che l'italiano potesse chiedere qualsiasi cosa udì Shakoma chiamarlo da dietro di lui.
«Gabri-chan»
Voltandosi verso di lui, il ragazzino vide il suo insegnate guardarlo con uno sguardo carico di affetto.
«Lascia stare, va bene così.» fece l'anziano parlandogli con dolcezza. «Grazie»
Lentamente, le scariche elettriche che ronzavano pericolosamente attorno al corpo di Gabri presero ad affievolirsi fino a spegnarsi del tutto mentre i suoi avambracci tornavano normali. «Shakoma...» mormorò con la voce che era poco più di un sussurro.
No...
L'ex Educatore gli sorrise tristemente. «Sei sempre stato il mio preferito.» poi sporse in avanti il braccio sinistro premendo due dita sulla pelle esposta dell'avambraccio. Il disegno nero e stilizzato di un'aquila con le ali spiegate prese forma nel punto in cui le dita premevano con insistenza sull'epidermide.
Nel vederlo, gli Eroi si irrigidirono di colpo riconoscendo il simbolo dei Liberatori.
Shakoma chiuse gli occhi e sorrise serenamente. «Tod.»
Morte.
L'istante successivo in cui pronunciò quella singola parola, il corpo dell'anziano si contrasse violentemente, come se fosse stato colpito improvvisamente da un fulmine. Dopodiché, si afflosciò al suolo senza emettere alcun lamento.
E non si rialzò mai più.
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Gabriele si sentiva davvero patetico a starsene chiuso in bagno da solo, ma non c'erano molto altri posti alternativi dove potersi isolare e affrontare in silenzio il proprio dolore.
In camera a quell'ora i suoi compagni stavano dormendo profondamente da un pezzo mentre invece il tetto c'erano delle buone probabilità che fosse occupato da Dri quella notte.
Quando l'amica aveva saputo dell'identità di spia per conto dei Liberatori del loro ex Educatore ne era rimasta visibilmente turbata e non aveva quasi più spiaccicato parola per tutto il resto della giornata.
Lo stesso era valso anche per Gab.
Con uno sguardo stanco, l'orfano osservava la luce emessa dalla lampada del bagno riflettersi sulla lama pulita del pugnale che teneva in mano. Gli occhi che ne ripercorrevano insistentemente il filo di essa.
Non sapeva bene perché l'avesse preso prima di richiudersi in bagno, ma aveva passato l'ultima ora a fissarne il taglio mentre cercava di respingere il dolore che lo soffocava.
Non avrebbe mai creduto che respirare normalmente potesse risultare un'operazione così difficile.
Come se i suoi stessi polmoni si rifiutassero di voler prendere aria.
La presa sul manico del coltello si fece più forte, il filo della lama pericolosamente vicino al palmo destro del ragazzino.
Perché doveva soffrire così?
Perché doveva essere così lui?
Perché?
Faceva tutto così male...
Avrebbe tanto voluto mettere a tacere tutto quel dolore.
Per sempre.
La presenza dura e leggermente fredda dell'oggetto dalla forma circolare che teneva in grembo gli ricordò del vero motivo per il quale si era chiuso in bagno in quell'ora tarda di notte, quando tutti dormivano.
Si trattava del dischetto nero che Bulhuui gli aveva dato al termine del loro incontro su qu molo silenzioso di Venezia in una notta fredda e umida del febbraio di quello stesso anno.
Il tempo concessogli stava giungendo lentamente a termine, era ora di prendere una decisione.
Allontanando da sé il pugnale, Gabri afferrò con l'altra mano il dischetto e, senza più alcuna esitazione, vi premette deciso al centro.
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