Una Giocata Vincente pt2
Giungemmo all'aeroporto una ventina di minuti più tardi atterrando nel gigantesco spiazzo d'asfalto dove gli aerei si muovevano una volta che erano giunti a terra o che si preparavano a decollare, accanto a uno degli hangar posti nella fascia più interna della struttura.
Una volta che ebbi fatto calare delicatamente a terra sia Den che Simon mi ritrasformai riprendendo forma a fianco a loro. un paio di scarpette nere mi calzavano ora morbide ai piedi e sistemata sulla schiena portavo la custodia della mia naginata con l'arma infilata al suo interno.
Tutt'attorno vigeva un silenzio surreale, quasi immobile.
Una cosa del genere era piuttosto inusuale per l'aeroporto principale di una città grande e famosa come Las Vegas.
Che fossero già arrivati?
«Alla buon'ora, siete arrivati finalmente!» si udì sbottare seccata una voce maschile alle nostre spalle.
Ci voltammo tutti e tre e vedemmo comparire da dietro il loro nascondiglio, diverse pile di grosse casse di legno sistemate contro il muro dell'hangar vicino, le figure di un ragazzo e di una ragazza.
Il primo, di statura piuttosto alta, indossava un giubbotto invernale azzurro sfumato verso il grigio con dei pantaloni di jeans blu dall'aspetto abbastanza pesante, la testa lasciata scoperta dal cappuccio mostrava la sua capigliatura rasata ai lati mentre i capelli lisci e corvini lasciati crescere nella parte superiore del cranio erano legati dietro in un corto codino. Una maschera da sci con la visiera blu-viola gli nascondeva completamente gli occhi, oltre che una buona parte del viso lasciando scoperto solo dal naso in giù, e a sinistra teneva legato al fianco sinistro il fodero in cuoio di una spada mentre ai piedi portava dei corti stivaletti neri con la punta rinforzata in ferro.
La ragazza accanto invece era vestita molto più leggera: un paio di pantacalze in pelle color terra rossa e un giubbino smanicato di cuoio marrone chiaro, come se qui fuori non ci fossero solo due gradi (non mi definivo un tipo freddoloso, ma solo a guardarla vestita così mi faceva venir freddo al posto suo). Le uniche cose che indossava sugli avambracci erano delle protezioni di legno rivestite con un tipo di cuoio molto più scuro e rigido sotto i quali teneva nascosto un pugnale in ciascuno, le stesse le portava anche sulle gambe. Le tante treccine nere, legate insieme in una coda alta, incorniciavano il suo viso ovale dalla carnagione color cioccolato fondente, la maschera tribale che indossava ogni volta che era in missione era al momento legata alla cintura colma di pugnali che portava in vita (Irawa aveva una certa predilezione per i coltelli, non girava mai senza almeno quattro lame nascoste nei vestiti, anche in quelli più attillati). Non pareva avere la stessa espressione irritata che vi si poteva al contrario leggere sul volto dell'altro.
Entrambi avanzarono sicuri nella nostra direzione.
Intravidi un sorriso allegro prendere forma sul viso di Den. «Bonso-»
«No! Niente "buonasera"!» lo interruppe brusco Noah fermandosi davanti a noi e incrociando le braccia davanti al petto, una smorfia seccata piegava la bocca sul suo viso pallido. «Si può sapere dov'eravate finiti? È da più di un quarto d'ora che vi stavamo aspettando qui fuori. Al freddo.» si lamentò.
Ahia... sapevo che non avrebbe apprezzato il nostro "leggero" ritardo.
«Colpa mia» ammisi facendomi avanti tranquillo «Dovevo fare una cosa...» spiegai evasivo.
Noah inclinò appena il capo da un lato. «Che cosa?» domandò dubbioso.
Arcuai gli angoli della bocca in un sottile sorriso innocente «Questo purtroppo non posso dirtelo al momento.» dichiarai sincero mantenendo un atteggiamento rilassato.
Anche se non potevo vedere i suoi occhi, nascosti dietro la visiera da sci, sapevo come adesso mi stessero esaminando con attenzione alla ricerca di qualche possibile indizio che gli rivelasse cosa io avessi in mente. Che facesse pure, tanto non avrebbe trovato comunque nulla.
Infatti vidi infine il suo viso sollevarsi da me e spostarsi poi sugli altri due compagni posizionati di fianco a me.
«Inutile che ti affanni, non l'ho rivelato nemmeno a loro.» lo avvisai indovinando quello che stava tentando di fare, o di scoprire.
Accanto a me, Simon annuì «Io e Double ci abbiamo provato un sacco di volte ma niente, ci ha solo detto che si tratta di uno scherzo ma non ho capito per chi.»
«Vero» confermò Den seppur non molto attento alla conversazione, era ancora chinato a terra intento ad allacciarsi le stringhe dei suoi stivali di pelle. Per evitare di fare troppo tardi era stato costretto a limitarsi a indossarli soltanto, senza annodarseli.
Lo sguardo di Noah tornò nuovamente a posarsi su di me. «Uno scherzo?» mormorò con disapprovazione.
Da parte mia continuai a limitarmi a sorridere placidamente. «Tranquillo» gli dissi sostenendo il suo sguardo «vi spiegherò tutto a tempo debito, promesso.» Lui non parve comunque molto contento della mia risposta ma non domandò più nulla in merito all'argomento. Volsi quindi una breve a tutto lo spazio attorno privo di qualsiasi segno di vita eccetto noi cinque, sei contando Ezra nascosto già dietro il nostro jet. «Piuttosto silenzioso qui» commentai con ironia.
«Se ne sono andati via tutti circa quattro minuti fa, passeggeri compresi» mi comunicò Irawa parlando improvvisamente, gli occhi semichiusi in un'espressione concentrata per captare qualsiasi suono o odore. «Hanno lasciato il campo completamente libero» sollevando di colpo le palpebre piantò le sue iridi scure sulle mie «È stata lei ha ordinarlo» riferì «Sono riuscita a udirla mentre lo diceva, ha detto che era per coinvolgere meno vite possibili nello scontro.»
Sospirai abbozzando un leggero sorriso ironico. «Esattamente come mi ero aspettato...» sussurrai a voce bassissima nel tentativo di non tradire il mio vero stato d'animo.
«Saranno qui fra pochi minuti» concluse infine Irawa «Due o tre massimo.»
La bocca di Noah si serrò formando un'unica linea sottile (quando indossava la visiera quello era l'unico indizio per riuscire a capire quale espressione stesse facendo) «Allora ci conviene muoverci subito e raggiungere al più presto il nostro je-»
«No»
L'attenzione di tutti si concentrò simultaneamente su di me fissandomi spaesati, Noah in particolar modo.
«Non ho alcuna intenzione di comunicare a loro la posizione del nostro aereo» chiarii mettendomi le mani in tasca con non curanza, anche se ci fossimo messi a correre non saremo lo stesso in grado di raggiungerlo in tempo. «Li sconfiggeremo qui.» decretai deciso. L'aereo rappresentava il nostro unico mezzo per tornare al castello, se i nostri avversari dovessero distruggerlo saremo spacciati o comunque ci ritroveremo in difficoltà molto serie trovandoci in territorio nemico e così lontani da quelli alleati.
Certo, io potevo sempre volare trasformandomi in una folata d'aria proprio come avevo fatto quando ho lasciato la villa però stavolta non sono solo e i miei compagni hanno non il volo tra le proprie abilità.
Den sogghignò divertito «Mi piace come idea!» affermò tirando fuori dalla fondina una delle pistole che portava legate alla cintura e se la fece roteare con maestria attorno all'indice. Dalla parte opposta a lui, anche sul viso di Irawa aveva preso forma un sorriso esaltato in accordo con la mia decisione. Nelle settimane in cui l'ho conosciuta un po' meglio non l'ho mai vista disdegnare un combattimento che fosse stato per allenamento o meno.
Noah invece continuava a fissarmi con circospezione. «Vuoi dire che quindi hai un piano?» domandò interessato.
Gli sorrisi affabile «Io ho sempre un piano» precisai tenendo gli occhi fissi su di lui, anche se nascosti. Li socchiusi poi in un'espressione spiacente «Peccato però che questo fa parte di quelli che non posso spiegarvi» aggiunsi quindi.
La mia risposta non parve soddisfarlo granché molto, storcendo le labbra scontento cercò di ribattere «Ma quindi come cred-»
«Non capisci?» lo interruppi bruscamente riportando il mio sguardo su di lui, la bocca piegata in un sorriso spigliato «Significa che quindi io dovrò fidarmi totalmente di voi» e lasciarvi muovervi come meglio credete sapendo che fare la cosa più giusta e logica. Sfortunatamente, per far sì che il mio piano funzionasse, davvero non potevo rivelare a loro cosa avessi in mente ma al tempo stesso, per l'identico motivo, era necessario che anch'io dessi la mia parte e fidarmi di loro.
Era il minimo che potessi fare, dopotutto li avevo appositamente scelti tutti io stesso per questa missione.
Sperai solo che capissero...
Ad ogni modo sembrava che le mie parole avessero comunque colpito, nel gruppo era calato un improvviso silenzio e percepivo nuovamente i loro sguardi su di me. Con la coda dell'occhio intravidi la bocca di Den aprirsi gradualmente in un sorriso dalla sfumatura indecifrabile, pareva un misto tra il felice e l'esaltato.
Tuttavia continuai a tenere il viso sollevato volgendo la mia attenzione su Noah, tra tutti i membri di questo gruppo attuale lui era quello più diffidente nei miei confronti. La cosa normalmente non mi avrebbe interessato più di tanto, d'altronde lo conoscevo da soli appena due mesi, ma in questa situazione i dubbi e le incertezze avrebbe potuto nuocere non solo alla missione ma anche a noi stessi. Sapevo perfettamente che io non gli andavo molto a genio e fin qui nessun problema da parte mia, davvero, ma per questa volta preferivo che mettesse da parte i suoi sospetti e si fidasse di me.
Soltanto per adesso.
Dopo quelli che parevano secondi interminabili, notai il suo corpo rilassarsi spostando tutto il peso su una sola gamba, la mano destra sul fianco mentre l'altra appoggiata pigramente sull'elsa della spada. «Hai uno strano concetto di fiducia tu» fu il suo commento e non aggiunse nient'altro.
Lo presi come un responso positivo.
Scrollai le spalle mostrandomi placidamente indifferente al suo commento. «Prima che arrivano, ho due consigli e una richiesta da farvi» parlai poi con tono più serio, senza più un sorriso in volto «Primo: per ragioni che vi spiegherò più tardi io non posso dirvi nulla di come dovete muovervi e organizzarvi, agite seguendo la logica d'accordo? Mantenente la mente lucida senza farvi prendere troppo dall'emozioni e pensate, sempre. Secondo: indipendentemente di come sarà il combattimento evitate il più possibile di danneggiare qualsiasi hangar e aereo presente in pista, non devono capire qual è il nostro. È molto molto importante questo punto, più dell'altro, capito?» mi rivolsi quindi a Simon «Voix mi riferisco soprattutto a te, attento a quando usi la tua abilità intesi?» avendo come abilità l'urlo ultrasonico, tra tutti era quello che rischiava di fare più danni.
«Intesi» annuì lui serio mostrando di aver capito.
Scoccai un'occhiata eloquente a Den, il quale si irrigidì appena notandolo.
«Nessuna mossa stupida, promesso.» garantì sollevando le mani, compresa quella che teneva la pistola, in segno di resa.
Ancora non mi era passato il suo "scommetto" alla nostra penultima partita e scommetto che lo stesso valeva per Ezra. Si occuperà perciò lui di strigliarlo a dovere una volta che saremo sull'aereo.
Le labbra di Noah si sollevarono in un sorriso beffardo «Gabriele serio, due parole che non avrei mai pensato di poter mettere assieme.»
Voltai il viso guardandolo con espressione abile «Non ti conviene sottovalutarmi, sono pieno di sorprese io» scherzai.
«Tranquillo, non ci penso minimamente a farlo.» rispose Noah freddamente, sospirò poi come a ricordarsi della nostra tregua temporanea. «Comunque, quale sarebbe la richiesta?» chiese stavolta con tono più morbido «Hai detto che avevi due consigli e una richiesta da farci, in cosa consiste questa?»
«Oh quella?» sorrisi con fare disinvolto «Vi prego, non uccideteli per questa volta.»
Fu davvero difficile mantenere un tono di voce tranquillo per non tradire il nervosismo che invece provavo. Diversamente per le dita non potei fare molto, infatti queste avevano preso a muoversi inquiete senza io riuscissi a controllarle, quasi come se avessero una vita propria. Tenere entrambe le mani nascoste dentro le tasche era il meglio che potessi fare.
Lasciai andare un breve respiro. Questa era decisamente la parte del piano più delicata, dovevo darmi assolutamente una calmata e non farmi travolgere dall'emozioni o avrei rischiato di mandare tutto a rotoli.
«Richiesta approvata!»
Volsi lo sguardo su Den e lo vidi sorridermi vivace facendo il segno del pollice in su con la mano libera. Non riuscii a trattenermi dal sorridergli riconoscente.
Anche Irawa e Simon acconsentirono senza problemi, l'unico rimasto un po' titubante era Noah. Alla fine però anche lui scrollò le spalle indifferente «Tra tutti noi io sono quello a cui verrebbe più facile riuscirci quindi non vedo perché no.»
Feci per aprire bocca e rispondergli quando avvertii la presenza di cinque persone che si facevano progressivamente sempre più vicino a noi.
Cinque Ultra.
«Sono qui» comunicammo io e Irawa parlando in contemporanea. Lei mi rivolse una rapida e fugace occhiata prima riportare lo sguardo davanti a sé, con una mano intanto aveva già tirato fuori un pugnale. Anche gli altri misero mani alle loro armi mentre invece io mi prendevo ancora qualche secondo per prepararmi a livello emotivo e psicologico per chi mi sarei trovato davanti.
Ebbi quindi giusto il tempo di girarmi, con tutta calma, per vedere fermarsi a diversi metri da noi, illuminati malamente da un cono di luce proiettata da un lampione posto accanto all'hangar, cinque persone che avevo avuto modo di conoscere fin troppo bene nei tre anni della mia permanenza alla villa degli Eroi. Persone con le quali avevo condiviso quasi ogni momento, bello o brutto che sia, del tempo che avevo passato in quelle mura.
Il mio vecchio Blocco al completo. I miei vecchi amici.
Tutti con le proprie armi sguainati e gli sguardi colmi di dolore e rancore rivolti verso un unico punto.
Me.
Tenni a bada l'emozioni contrastanti che stavano cercando di esplodere dentro di me e, evitando di guardare la persona che stava al centro, sorrisi spigliato. «Ragazzi! Da quanto tempo!» avanzai di qualche passo distanziandomi appena dal mio gruppo, tranquillo. «Due mesi se non erro.»
«E cinque giorni.» precisò il ragazzo più alto del gruppo, quasi quanto Voix. Sugli occhi portava quei buffi e grossi occhialini con le lenti nere, chissà quanto gli servivano davvero adesso che era notte, che completavano la sua personale divisa da Ultra.
Lo guardai canzonatorio «Sempre il solito fissato con la precisione, eh Khafiin?» osservai le sue dita stringere l'elsa della sua corta spada, un gladio se non ricordo male, con maggiore forza. Tornai a rivolgermi quindi al resto del mio vecchio Blocco «Come ve la passate? Vi vedo piuttosto in forma, Baku soprattutto» la ragazzina con addosso una maschera bianca, posta vicino a Khafiin, si irrigidì vistosamente nel sentirmi pronunciare il suo nome da Eroe «allenamenti congiun-»
«Taci dannato traditore!»
Chiusi la bocca e mi limitai a spostare lo sguardo sul ragazzo dalla corporatura tonica e robusta posto all'estrema destra del loro gruppo. Aveva il respiro pesante e si riuscivano a intravedere le dita fremere dalla rabbia, pareva una pentola a pressione prossima allo scoppiare. Notai che si era alzato di diversi centimetri in questi ultimi due mesi, al contrario invece del compagno alla sua destra che lo fissava inquieto. Lui e la ragazza al centro erano gli unici del mio vecchio Blocco che non guardavano con risentimento.
«Tu come puoi... come puoi parlarci così...» continuò il ragazzo di prima, Paulo, con la voce carica di dolore «come puoi essere così... frivolo?» man mano che parlava il volume della sua voce si faceva sempre più alto così come per la rabbia che si poteva benissimo percepire fino a qui. Normalmente lui non era il tipo da fare una scenata del genere, di solito sapeva mostrarsi piuttosto solido e resistente anche nelle situazioni più stressanti, tuttavia anche la migliore delle corazze aveva i suoi punti deboli. «Come puoi rivolgerti a noi come se nulla fosse dopo quello che ci hai fatto? Dopo averci abbandonati, dopo averci traditi... NON SIAMO MAI STATI NULLA PER TE? TU...»
«Ora basta Torres, calmati.» lo bloccò la ragazza al centro parlandogli con voce ferma e chiamandolo per l'ultimo cognome.
Ignorai l'improvvisa morsa che prese a stringermi a tradimento il petto nell'udire la sua voce e mi concentrai unicamente sulle sue parole. Corrugai la fronte perplesso; Torres? Lei non era per niente solita a chiamare le persone per cognome, che fosse...
Un sottile verso di scherno mi fuoriuscii dalle labbra prima ancora che io potessi provare a trattenerlo. «Torres? Davvero hai scelto di farti chiamare Torres?» quando me ne ero andato Paulo era l'unico del Blocco che non aveva ancora scelto il proprio nome da futuro Eroe «Sapevo che eri privo di fantasia ma non fino a questo punto.»
La presa sul suo gigantesco martello si fece ancora più ferrea dandomi conferma della mia intuizione. Mosse poi un passo in avanti facendolo ricadere a terra con un impeto tale da far tremare leggermente il terreno, intravidi alcune crepe diramarsi nell'asfalto nel punto dove poggiava con il piede.
«Calmati Torres!» lo riprese la stessa ragazza di prima voltandosi verso di lui.
Intravidi con la coda dell'occhio i corpi di Den e Voix, quelli più vicini a me, tendersi pronti a partire all'attacco. Sollevai tempestivamente il braccio ordinando silenziosamente a loro di restare farmi, per il momento, dopodiché spostai lo sguardo sulla ragazza al centro decidendomi finalmente d'incrociare le sue iridi argentate che parevano scavare dentro l'anima, sostenendone la vista.
Una maschera di tessuto bianca le copriva la parte inferiore del viso e si univa con la maglia aderente indossata da questa.
Lottando contro i miei ricordi e i miei sentimenti che mi stavano lacerando dall'interno, mantenni l'espressione impassibile e abbassai il braccio mentre prendevo un grosso respiro. «È evidente che hai qualcosa da dirmi» ripresi «Dilla.»
Sebbene fossero qui già da un paio di minuti nessuno di loro, eccetto Paulo, aveva minimamente accennato di attaccarci subito e avevo modo di sospettare che la mia presenza non ne era la causa principale di tale titubanza.
Magari ne prendeva una percentuale piuttosto alta, ma di certo non totale.
Lei mi scrutò per qualche secondo in perfetto silenzio. «Ho un messaggio per te, Elementa» parlò infine «è da parte di Supreme Dragon.»
Inclinai leggermente la testa da un lato. Un messaggio di Supreme Dragon per me? Questo era decisamente inaspettato.
Non potevo vederli bene in faccia ma immaginavo che una confusione simile alla mia fosse impressa anche sui volti dei miei compari; non era certo dal capo degli Eroi fare una cosa del genere.
Che cosa voleva Supreme Dragon da me?
La mia mente partì immediatamente in quarta nell'elaborazione di possibili teorie sul contenuto del messaggio e dei significati che potevano celarsi dietro. «Vai avanti» dissi soltanto.
Senza distogliere lo sguardo dal mio, la ragazza proseguì «Dice che è disposto a darti una seconda possibilità» espose «Se ti redimi ti sarà concessa la grazia totale e potrai fare ritorno alla Villa senza problemi. Ha anche detto che in attesa che si calmino le acque ti verrà garantita protezione da lui stesso mettendoti sotto la sua tutela e che inoltre ti verrà concesso il permesso di libero accesso al laboratorio della Villa ogni volta che lo desidererai.» quando ebbe finito di parlare continuò a osservarmi in attesa di qualche mia reazione.
Quindi era così che stavano le cose.
L'offerta in sé che mi era stata proposta era nel suo essere incredibilmente allettante anche terribilmente crudele, riportandomi allo stesso stato d'animo che mi aveva tormentato fino a tre mesi fa prima che io prendessi la mia decisione finale.
La promessa di grazia totale e protezione nel caso scegliessi di tornare sui miei passi non era difficile, dopotutto me ne ero andato da soli due mesi e questa rapina era la prima azione che compivo sotto il nome dei Liberatori, perciò sarebbe bastato un semplice batto di ciglia o un singolo gesto da parte del capo degli Eroi per cancellare completamente questo spiacevole ma breve periodo. Una sorta di assicurazione per invogliarmi maggiormente all'accettare l'offerta così come lo era quella del permesso di accedere liberamente al loro laboratorio scientifico, che negli anni precedenti mi era stato costantemente vietato e impedito in tutti i modi.
L'esca principale era però ovviamente la sola e semplice idea di poter tonare indietro. Non tanto per quanto riguardava la villa e agli Eroi, non provavo alcun interesse per quella parte della proposta, ma piuttosto invece per i miei vecchi compagni. i miei vecchi amici.
Le persone che adesso avevo di fronte a me, armate.
Il messaggio su questo punto era piuttosto chiaro: potevo tornare indietro, da loro. Riunirmi di nuovo a loro.
La separazione la sentivo ancora fin troppo fresca dentro di me e sapevo che lo stesso valeva anche per loro, lo si poteva capire dalla reazione esagerata di Paulo e dai loro sguardi che mi rivolgevano. Se fossi tornato adesso la ferita sarebbe stata ancora in tempo per poter richiudersi senza troppi problemi. Senza troppe sofferenze.
Potevo ancora tornare da loro.
Da lei.
La ragazza al centro che continuava a fissarmi con quella silenziosa ma supplicante preghiera nei suoi occhi grigi che però non aveva il coraggio di pronunciare ad alta voce.
Torna da noi.
Adriana...
Sentii le mie mani fremere da dentro le tasche. Il mio sguardo fisso sul suo, incapace di distoglierlo.
Non appena l'avevo vista ho desiderato così tanto fiondarmi da lei per abbracciarla e non mollarla mai più.
La mia migliore amica, sia dai tempi dell'infanzia nell'orfanotrofio da cui entrambi provenivamo che durante la nostra permanenza alla villa. Colei in cui nutrivo più fiducia di chiunque altro al mondo e con la quale stretto un legame estremamente profondo, quasi più dell'amicizia stessa.
Il desiderio di stringerla artigliava ancora con prepotenza il mio petto rischiando di farmi perdere più volte il controllo. La mia mente era assalita a più riprese dal tornado di emozioni che turbinavano feroci nel mio corpo.
Potevo ancora tornare.
Potevo ancora tornare da lei.
Potevo ancora stare con lei, se lo volevo.
Tuttavia, ogni cosa in questo mondo necessita del suo prezzo da pagare e l'offerta propostami da Supreme Dragon, seppur esposta in maniera sottile, non faceva certo eccezioni.
Potevo ancora tornare, ma a quale prezzo?
Piegai le labbra in un sorrisetto abile e assottigliai leggermente gli occhi.
Senza dare a loro il tempo di decifrare la mia espressione, mi tramutai istantaneamente in aria riprendendo la mia forma originale l'istante successivo a pochi centimetri da Paulo brandendo in mano la mia naginata con il filo della mia lama rivolto verso il collo dell'argentino. Prima ancora che potessi anche solo riuscire a sfiorarlo con essa, un'altra bloccò la mia a metà strada. Dall'altra parte due occhi dai colori alterati a causa degli occhialini arancioni che indossava mi fissavano con determinazione.
Sorrisi «Sapevo di poter contare sui tuoi riflessi.»
Nick ricambiò il mio sorriso «Oh su questi potrai sempre contare caro mio.» Ci fu per qualche momento un alternarsi tra le nostre due forze spostando di poco le lame a seconda di quanto spingeva l'uno o l'altro che terminò con me sbalzato all'indietro di qualche metro. Mi raddrizzai tranquillo, all'interno del mio Blocco non ero mai stato famoso per la mia forza, semmai il contrario.
«Come si può sempre contare sul fatto che tu hai sempre qualcosa in mente.» continuò Nick sorridendo ironico, dietro di lui Paulo passava lo sguardo tra me e il suo compagno ancora sotto shock per il mio attacco di prima.
Feci rotare con disinvoltura la mia naginata passandomela alla mano destra «Questo dovrebbe ovvio ormai.» Intorno a noi i nostri rispettivi compagni, una volta riavuto dalla sorpresa (suoi) o finito di armarsi (miei), si preparavano allo scontro ormai imminente.
«Arrow, a lui ci penso io.» si inserì Adriana frapponendosi tra me e Nick, le sue due katane dall'inusuale lama bianca rilucevano sotto la luce artificiale dei lampioni.
Nick mosse qualche passo indietro lasciandole spazio e sollevando la mano sinistra in segno di remissione, nell'altra invece stringeva la sua spatha. «Come desideri tu» mormorò indifferente.
Lei non sembrò neppure sentirlo davvero tenendo invece i suoi occhi fissi su di me, osservandomi. Sollevò poi una delle sue spade puntandola nella mia direzione «Hai in mente di tenderci un inganno, lo sento.» affermò con tono sicuro «Non so come e né in che modo, ma so che hai intenzione d'ingannarci e ti assicuro che farò in modo d'impedirtelo.»
Continuai a sorridere placido. «Provaci»
A quella mia parola, ebbe inizio lo scontro tra le nostre due parti. Adri per prima che si fiondò contro di me a lame spianate, pronta a tagliare. Riuscii a bloccarla muovendo agilmente la naginata in modo da parare prima un colpo e poi il successivo.
Tutt'attorno si udirono il suono delle lame sibilare nell'aria e scontrarsi con altre armi accompagnate da alcuni spari ma non ebbi il lusso di riuscire a dare anche una piccolissima occhiata ai miei compagni poiché Adriana faceva in modo di tenere tutta la mia attenzione su di sé attaccandomi senza sosta.
Eccellente spadaccina e abile nel corpo a corpo non era certo l'avversario con la quale mi potevo permettere di abbassare la guardia, lo stesso discorso valeva però anche per lui. Tra un affondo e l'altro, prontamente schivato o parato da me, non faceva che spingermi sempre più lontano dal resto del mio gruppo isolandomi.
Probabilmente credeva che facendo così mi avrebbe tagliato fuori da possibili aiuti e impedirmi così di creare la mia trappola.
Tch! Fatica inutile.
Tuttavia per me stava divenendo man mano sempre più difficile riuscire a tenerle testa, nei combattimenti corpo a corpo Adri mi era sempre stata superiore. A rendermela ancora più ostica come avversaria in questo tipo di scontri era il suo buon bilanciamento tra agilità e forza fisica mentre io potevo contare solo sulla prima, leggermente superiore a quella di Adriana, con l'aggiunta di una buona dose di equilibrio. Per questo solitamente tendevo a servirmi di quelli che alcuni chiamavano "subdoli trucchetti" per riuscire a vincere. Ciascuno utilizza le armi che possiede.
Il problema è che ancora non era arrivato il momento giusto per metterne in atto uno di quelli, o meglio non eravamo in un posto più ottimale per farlo. Ancora un pelino troppo visibili a entrambi i gruppi. Comunque ci trovavamo abbastanza distanti per poter preparare almeno la base.
Al suo ultimo affondo scartai di lato e feci roteare la mia naginata con il taglio rivolto verso il suo viso. Come avevo calcolato, lei ebbe giusto il tempo d'inclinare la testa dalla parte opposta in modo da evitare per un soffio la mia lama tagliandosi così soltanto la punta dell'orecchio sinistro.
In un minuscolo frangente, durante quel mio movimento, mutai la punta del medio in elettricità e indirizzai una piccola scarica attraverso il bastone e il filo della lama (costruiti entrambi in maniera che seguissero le alterazioni del mio corpo nel momento in cui usavo la mia abilità) fino a raggiungere l'obbiettivo designato. Il tutto senza farlo minimamente notare alla mia avversaria.
Sconvolta da quel mio attacco, Dri indietreggiò di qualche passo portandosi una mano all'orecchio ferito. Quando la riabbassò e vide il palmo macchiato di sangue mi rivolse uno sguardo sgomento «Tu...» sussurrò incredula, dopodiché ripartì nuovamente all'attacco.
Questa volta però percepii qualcosa di diverso, una "vibrazione" proveniente dalle due katane che Adri stava maneggiando.
Le lame delle due spade presero a illuminarsi di una tenue luce bianca che rischiarava leggermente lo spazio vicino a loro.
Okay, questa era decisamente una cosa insolita. Purtroppo non avevo il tempo materiale per pormi le domande sul perché o per cosa fossero diventate improvvisamente luminose poiché la più vicina delle due spade era pronta a calarsi su di me in un movimento obliquo.
D'istinto sollevai la naginata per parare il colpo, esattamente come avevo già fatto per gli altri attacchi precedenti, solo che stavolta la lama luminescente tagliò di netto il bastone di metallo della mia arma come se fosse burro.
Una fitta lancinante percorse il mio busto dal petto fino all'inizio dell'addome, seguendo lo stresso tratto della katana compiuto sul mio corpo, facendomi stringere i denti dal dolore e nel frattempo dovetti anche balzare all'indietro per evitare la seconda lama. Nelle mie mani stringevo i due pezzi della mia naginata tagliata a metà.
Ma scherziamo? Che razza di storia è mai questa?
Ignorando il dolore bruciante al petto, continuai a muovermi per scansare i vari attacchi di Adriana cercando di non farmi neppure sfiorare dal filo di quelle due lame stranissime e piuttosto taglienti.
Maledizione, ma che diamine di spade sono quelle?
Già non ero quel che si diceva un fenomeno nei combattimenti corpo a corpo, se poi dovevo affrontare un avversario che mi era nettamente superiore in quel campo con spade simili e la mia arma tagliata a metà era naturale che mi trovassi poi non poco in difficoltà.
Però sapevo come sfruttare quel taglio eccessivamente affilato a mio favore. La strategia rimaneva la stessa, dovevo solo cambiare il mio approccio.
Continuai a indietreggiare finché non fummo completamente coperti dalla parete di metallo di un hangar, accanto a quello dove si stavano concentrando il resto dei combattimenti, e nel mentre trasformai una delle mie mani in un composto violaceo di mia invenzione dalle grandi proprietà collanti che feci aderire nel punto in cui era stato fatto il taglio nel pezzo di naginata dove si trovava la lama e la lanciai oltre Dri formando una sorta di "corda" che partiva dalla mia mano, quella su cui tenevo attiva la mia abilità, e si legava quindi alla parte di arma che avevo scagliato.
Tirando un poco quel filo colloso, diressi la lama verso la mia avversaria intanto che finivo di collegare anche l'altro pezzo tramite lo stesso composto. Con l'altra mano, trasformata in ghiaccio, congelai l'aria circostante creando un pugnale di ghiaccio nella parte privo di lama.
Adri schivò il mio attacco semplicemente chinandosi ma poco male, ero riuscito comunque a procurarmi gli attimi sufficienti per finire di crearmi una nuova arma.
La chiamerò la "naginata ultra-flessibile". Per gli amici "Ibis".
Grazie a quella fui in grado di combattere per un po' ma, in parte per via di quelle katane e in parte per la ferita che continuava a bruciarmi sul torace, l'esito dello scontro era ugualmente segnato.
«Pieno d'inventiva come sempre vedo...» udii commentare Adriana con un flebile sussurro, come se stesse parlando più a sé stessa che con me, facendo sibilare una spada verso il mio petto. Di nuovo.
Mi piegai all'indietro evitandola prontamente e poggiai entrambi i palmi contro l'asfalto freddo e ruvido dandomi lo slancio per un salto all'indietro aiutandomi anche con gambe e braccia, a quel movimento il mio corpo venne percorso da uno spasimo a causa della ferita che tirava insistente. Stringendo i denti per trattenere un gemito, tirai da mezzaria la parte di naginata provvista di lama manovrandola, in maniera simile a prima, tramite il filo colloso con cui era legata dirigendola però stavolta contro la gola dell'avversaria.
Esattamente come mi aspettavo, lei si trovò costretta a sbilanciarsi col busto all'indietro per schivarla lasciando invece esposte le due spade, cadendo così nel mio tranello. Non poteva fare altrimenti se voleva evitare di finire sgozzata, anche se in quel caso avrei fatto modo di ritrarre la lama in tempo.
Ad ogni modo, la mia lama si limitò solamente a sfiorarle la giugula avvolgendosi invece con il filo alle sue katane legandole assieme con un unico giro.
Senza aspettare un attimo di più, mi slanciai in avanti afferrando la corda collosa nei punti più vicini alle lame della mia avversaria e tirai con forza da entrambe le parti in modo da bloccare tutte e due le spade.
Vedendo le proprie armi immobilizzate, Adri tentò di liberarle senza però riuscirvi.
E ci credo! Per prima cosa non avevo scelto a caso di stringere la corda proprio nei punti più vicini alle due spade. Debole come sono dal punto di vista muscolare non sono per niente in grado di competere con Adriana, più tutto il resto del Blocco esclusa Yen, perciò avevo fatto in modo di trovarmi il più rasente possibile alla zona dell'epicentro tra le due forze in azione. Al contrario Dri, trovandosi invece nei punti più estremi le risultava piuttosto difficile, per una volta, riuscire a contrastare la mia forza e liberarsi. Se non sarebbe stata la forza fisica a venirmi in aiuto allora sarà la fisica come branca scientifica (una delle mie preferite tra l'altro) a farlo, in questo caso con un semplice gioco di equilibrio e forze.
Secondo; nonostante quelle armi avessero un taglio un po' troppo affilato per i miei gusti, tuttavia le katane in genere avevano il filo solo da un lato mentre dall'altro erano praticamente innocue, più o meno, e ciò significava che cercare di fare la forbiciata per liberarle era abbastanza inutile se la lama di queste fossero puntate nella stessa direzione. Senza aggiungere poi che un'altra proprietà del mio composto, oltre a essere un forte collante, era anche incredibilmente elastico e inoltre ce ne voleva prima che si ghiacciasse o che solamente si indurisse, tagliarlo era tutto fuorché semplice.
Non sarebbe stato affatto facile per Dri riuscire a svincolare dalla mia presa, anche con quelle due spade straordinarie dalla sua. Nonostante questo lei non accennava minimamente a demordere insistendo nel cercare di liberare le sue katane.
Più di una volta fui costretto a muovermi e a retrocedere per impedire di mollare la presa della corda sulle spade fino a trovarmi con le spalle a una distanza che personalmente ritenevo un po' troppo corta con la parete scura dell'hangar. In più la ferita sul petto e addome non mi stava aiutando di certo.
Mi domandai quando Adri si sarebbe decisa a lasciar andare le sue due katane e prendere altri armi (avevo visto i foderi di almeno due pugnali legati alla sua cintura) per mettere fine a quella situazione di stallo, d'altronde l'avevo portata a crearsi apposta per liberarmi di quelle fastidiose spade, quando queste di colpo presero a brillare con ancor più intensità di prima.
Non era per niente una buona notizia questa.
Con una semplice sforbiciata, Adriana fu in grado di tagliare la mia corda usando la stessa facilità con la quale si rompeva un elastico.
Oh meraviglioso, ne ha aumentato ancora il taglio. Come se quelle maledette lame non fossero già eccessivamente taglienti.
Tuttavia non era stata ancora detta l'ultima parola.
Feci un balzo all'indietro scontrandomi con la schiena contro la parete metallica dell'hangar, nello stesso momento le spade di Dri mi sibilarono accanto perforando con estrema facilità nel ferro che costituiva i muri sia esterni che interni dell'enorme struttura e incastrandomi nella forma a "X" che le aveva fatto incrociando le due lame con il mio collo tra di esse. Dall'altra parte Adriana mi fissava con intensità ansimando come me per lo sforzo dovuto al nostro combattimento, entrambe le sue mani stringevano con forza le due else.
Notai che il filo delle due katane, tornate finalmente al loro aspetto originario e senza più luci strane, era rivolto nel lato opposto al mio collo.
Con il petto sanguinante che si muoveva a ritmo del mio respiro affannato, riuscii a sollevare debolmente un angolo della bocca in un minuscolo accenno di un sorriso ironico. Proprio come avevo intuito; neppure Adri aveva davvero combattuto con l'intenzione di ferirmi gravemente, a provarlo c'era anche il fatto che non aveva usato neppure una volta nello scontro le sue abilità contro di me, cosa che in un certo senso avevo fatto pure io. Dopotutto non era questione di potere o non potere, o si vuole o non si vuole fare ed entrambi non avevamo nessunissima voglia di usare le nostre abilità sull'altro. Questa era la verità.
Per quanto riguardava il taglio al torace sospettavo che non rientrasse nei suoi calcoli, probabilmente la faccenda delle due spade luminose e terribilmente taglienti doveva essere nuova anche per lei. Forse.
Passarono alcuni secondi avvolti nel silenzio, rotto soltanto dai nostri respiri affannati che tornavano però man mano a regolarizzarsi. Lo sguardo di entrambi fissi su quello dell'altro, io per il mio dovetti sollevarlo leggermente visto che Adri mi superava di una spanna.
«Game over Gab» pronunciò lei infine abbassandosi la maschera in modo da poter parlare meglio, la sua prese sulle spade si fece più ferrea aumentando di poco la pressione delle due lame sul mio collo. «O almeno è quello che mi piacerebbe dire, purtroppo però ti conosco da abbastanza tempo da sapere non è ancora finita.» spinse le due katane ancor più nella superficie di ferro inchiodandomi maggiormente nella parete. «Dove sta l'inganno?»
Sospirando, socchiusi gli occhi per dei brevi istanti. Lentamente una risata sottile e ironica prese forma nel mio petto risalendo quindi lungo la mia gola fino a fuoriuscire dalla mia bocca, risuonando sommessa nell'aria. «Mi conosci troppo bene» mormorai risollevando le palpebre, le labbra piegate in un sorrisetto scaltro «È proprio per questo che hai perso.»
Per pochi e fugaci attimi la sua presa sulle due spade vacillò mentre il suo corpo veniva percorso da un breve brivido. «Che intendi dire?» domandò con una certa agitazione nella voce.
Nonostante la scomodità della posizione in cui mi trovavo riuscii lo stesso a reclinare il capo da un lato guardandola beffardo. «I piccoli negozi e gioiellerie rapinate nelle ultime settimane portavano troppo la mia firma, non è vero?» la moneta statunitense non era la stessa di quella tedesca e a causa della chiusura totale tra i due stati avvenuta circa sedici anni prima, che la guerra attuale avevo poi solo peggiorato, diciamo che era piuttosto difficile trovare qualcuno disposto a farci lo scambio e noi necessitavamo di dollari americani (oltre che di gioielli per il mio travestimento). Il fatto che poi io avessi pensato di sfruttare la situazione a mio vantaggio era tutto un altro discorso.
Adri soffiò su una ciocca castana che le era caduta sula viso, sfuggita dalla sua treccia. «Dopo tutti quei furti nella cucina, sia dell'orfanotrofio che della Villa, a cui ho assistito saprei riconoscere il tuo zampino persino a occhi chiusi» confermò riducendo gli occhi a due fessure osservandomi con estrema attenzione.
Da parte mia rimasi perfettamente tranquillo. «Attirare ripetutamente l'attenzione con prede più piccole per distoglierla da un obiettivo più grande» parlai infatti placidamente. Cercando di non farmi notare, attivai la mia abilità nelle zone del collo che lei non poteva vedere. «Non ti ricorda per caso qualcosa?»
Dri passò ancora gli occhi su tutto il mio viso e corpo alla ricerca di qualche indizio rivelatorio, la fronte era corrugata in un'espressione diffidente. «La missione a Rabat...» rispose alla fine con un sussurro.
Le sorrisi vivace «Esatto!» sollevai poi di poco il viso cambiando espressione in una più abile «Che ne dici se faccio un comodo riepilogo degli ultimi eventi?»
Lei rimase a scrutarmi senza pronunciare alcuna risposta, lo presi come un invito a proseguire. «Nelle ultime tre settimane sono stati registrate ben dieci rapine a New York ai danni di diverse gioiellerie, alcune tra le quali più prestigiose, di cui la maggiorparte accadute nell'arco dei primi dodici giorni. Ad accumunare tutti questi furti è la firma lasciata dal rapinatore, o meglio del suo gruppo: un post-it con sopra disegnato un esagramma all'interno di un cerchio.» interruppi momentaneamente la mia narrazione per volgere uno sguardo beffardo «Andrea ha ancora l'abitudine di leggere il giornale a colazione?» chiesi retorico. Se Dri e il mio vecchio Blocco erano qui ora era infatti proprio perché Andrea aveva preservato tale abitudine e, anzi, avevo contato proprio su questo. Adri doveva aver letto un titolo inerente alle rapine citate una mattina prima di un allenamento con il suo Tutore, che una volta era stato anche il mio. «Una persona comune avrebbe immediatamente pensato che i ladri avrebbero puntato come obiettivo finale la sede della gioielleria Tiffany, situata proprio "casualmente" proprio a New York» feci «al contrario tu invece hai riconosciuto subito il mio simbolo e ti sei ricordata di certe mie frasi che avevo detto durante la nostra ultima missione insieme, quella a Montréal.»
Gli occhi di lei si assottigliarono e strinse la bocca in una smorfia tesa «Hai disegnato quel simbolo su tutti i tuoi quaderni delle nostre lezioni e pure su tuoi alcuni vecchi utensili, inoltre sarebbe stato troppo assurdo o idiota per uno come te entrare di nascosto negli Stati Uniti solo per rubare dei gioielli. Dovevi per forza avere in mente qualcosa.»
Alzai brevemente le spalle «Come avevo immaginato» commentai con tono superficiale. «E una volta intuito quale fosse il mio vero obiettivo hai pensato bene di fiondarti da Supreme Dragon per spiegarli la situazione affermando che se volevate evitare di perdere parecchi dei vostri risparmi la cosa migliore era mandare sia te che il resto del nostro Blocco a fermarmi. Dopotutto eravamo compagni di squadra, chi meglio di voi avrebbe potuto vantarsi di conoscermi abbastanza bene da riuscire a tenermi testa? Abbiamo combattuto insieme sia durante le missioni che durante gli allenamenti, ormai conoscete alla perfezione i miei punti deboli no? Altre persone non sarebbero minimamente in grado di gestirmi, non è così?» la osservai con un sorrisetto acuto «Scommetto che hai usato esattamente queste parole con Supreme Dragon, o mi sbaglio?»
Adri non mi rispose, lo presi come una conferma.
«Tuttavia» ricominciai «c'è un singolo dettaglio che hai completamente trascurato e che ti ha portato alla sconfitta.» sorrisi accorto abbassando le palpebre a metà «Come voi conoscete me, anch'io conosco voi.» e mi tramutai in aria passandole attraverso e ripresi forma comodamente seduto sopra una delle casse giganti di legno che si trovavano vicino. Libero.
Lei tentò di muoversi per tornare a fronteggiarmi ma aveva gli stivali bloccati nella stessa sostanza violacea ed estremamente collosa che avevo usato precedentemente per legare i duepezzi della mia naginata. Prima del mio breve salto all'indietro, quando Adri mi aveva inchiodato alla parete di ferro con le sue spade, avevo momentaneamente attivato la mia abilità sulle piante dei piedi in modo da lasciarne lì apposta un grumo abbastanza grande perché qualcuno potesse entrarci inavvertitamente dentro, il tempo aveva poi giocato a mio favore saldando maggiormente la suola degli stivaletti neri di Dri all'asfalto.
Un discorso simile valeva anche per le fastidiose spade: mentre parlavo avevo congelato la zona della parete che si trovava in contatto, o quanto meno vicino, alla parte dietro del mio collo espandendo quindi il ghiaccio verso i punti dove le due lame avevano perforato la superficie metallica dell'hangar bloccandole in quella posizione. D'altronde il metallo è un ottimo conduttore di calore, che si tratti di alte temperature che di quelle molto più basse.
Questa volta non sarebbe stato così semplice per lei liberarsi, anche se fosse riuscita a tagliare il metallo e il ghiaccio con quelle sue mirabolanti spade si sarebbe poi dovuta occupare anche del collante che la teneva inchiodata all'asfalto. Cosa possibile ma non facile visto che il solo tagliare non sarebbe bastato per levarsi la sostanza dalle suole e parlo per esperienza personale.
Sarebbe riuscita a liberarsi, ma per allora io me ne sarei già andato via da un pezzo.
Rendendosi conto anche lei di ciò, si voltò a guardarmi tra il scioccato e l'incredula. Io mi limitai a osservarla sorridendogli sagace dall'alto dell'enorme scatola di legno su cui mi trovavo seduto.
Dall'alto della mia postazione la vidi portarsi rapida una mano all'orecchio sinistro, le sue sopracciglia presero ad aggrottarsi in un'espressione preoccupata. «Ragazzi? Ragazzi?» provava a chiamare i suoi compagni «Arrow? Baku? Ci siete? Mi sentite? Torres?»
«È inutile, non possono sentirti.» preferii avvisarla «Hai presente quando ti ho tagliato l'orecchio? Immagino di sì, beh in quel frangente ho mandato una piccola scarica elettrica verso il tuo auricolare mandandolo in cortocircuito, praticamente ora è da buttare. In breve ti ho tagliata fuori da qualsiasi forma di comunicazione.»
«Quindi... in poche parole, hai previsto sul serio tutto...» mormorò Adri abbassando lo sguardo nel punto dove l'asfalto incontrava il muro di ferro, il suo petto si muoveva lentamente e poteva vedere da qui sopra i suoi occhi sgranati.
Una parte di me si sentiva uno schifo nel vederla così sconvolta sapendo bene che la causa di tale turbamento ero io. L'altra, quella più oscura e recondita del mio essere, trovava invece la cosa piuttosto elettrizzante.
Che razza di mostro ero io realmente?
Cercai di riprendermi in fretta.
«Fin dall'idealizzazione del piano.» confermai con tono spigliato, lanciai un'occhiataccia alle due katane bloccate nella parete dal ghiaccio «Fatta eccezione per quelle due strane spade.» quelle erano state decisamente un risvolto piuttosto inaspettato e seccante. Tornai a rivolgere la mia attenzione su Dri «Comunque non c'è bisogno che tu ti preoccupi per Arrow e gli altri, una delle poche direttive che ho potuto dare ai miei compagni è stato proprio quella di chiedere a loro di non ucciderli.»
«E quindi tu ti fidi di loro?» non potei non notare la sottile punta acida e accusatoria celata maldestramente nella voce di Dri mentre mi poneva quell'ultima domanda.
Scrollai le spalle «Abbastanza da lasciar a loro libertà di movimento per lo scontro» in più in quel gruppo c'era un certo idiota ingenuo che riponeva in me un po' troppa fiducia, sarebbe stato inequo da parte mia non ricambiare un minimo. «anche perché non potevo dire molto di più, altrimenti poi c'era il rischio che saresti riuscita a percepirlo.» proseguii con il discorso. Dandomi una spinta con le braccia e sbilanciandomi col busto in avanti scesi dalla cassa e presi a camminare con disinvoltura compiendo un mezzo cerchio attorno a lei. «Grazie alla tua abilità sei in grado di percepire a grandi linee le intenzioni di chi ti circonda, come ad esempio se qualcuno è davvero una brava persona o se in realtà vuole farti del male oppure se ha intenzione d'ingannarti» sollevai un angolo delle mie labbra in un sorrisetto beffardo ricordandomi della sua frase detta prima dell'inizio dello scontro, sul fatto che avrebbe sventato il mio piano «lo stesso discorso, tuttavia, non riguarda i pensieri che sono invece legati più alla mente e perciò puoi sì percepire cosa una persona ha intenzione di fare ma non come lo metterà in atto, in più se a quello principale vi si aggiungono anche uno o più intenti questi ultimi tu non sei più in grado di avvertirli.» finii di compiere l'altra metà del cerchio fermandomi a pochi metri da lei alla sua sinistra «L'ho imparato grazie alla tua verifica, ricordi?»
«Sì, me lo ricordo» ammise Adri sospirando «Ero stata io stessa a chiederti di aiutarmi a testare le mie percezioni, sapevo che eri la persona più giusta a cui rivolgermi e mi hai dimostrato ancora una volta che avevo avuto ragione.» la tensione sul suo corpo parve sciogliersi in un unico respiro. Sollevò la testa fino a quasi piegarla all'indietro, lo sguardo rivolto verso la volta scura e densa di nuvole che ricoprivano per intero il cielo notturno di Las Vegas. «Mi hai decisamente battuta su tutta la linea» fece con le labbra piegate in un leggero sorriso malinconico e sereno. Nella sua voce avvertii una sottile sfumatura di tristezza che fece rinascere in me il forte desiderio di abbracciarla e affondare la testa sulla sua spalla.
La morsa sul petto tornò a farsi ancora più forte di prima, resa ancor più dolorosa dalla ferita che ancora bruciava insistente, i miei veri sentimenti che premevano testardi per fuoriuscire dalla mia bocca.
Con uno sforzo immane li ricacciai giù da dove erano venuti e mi appoggiai con la schiena contro la parete di ferro dell'hangar. «Eeh già...» affermai fingendo un sorriso spontaneo. Poi, cambiando rapidamente espressione, mossi lateralmente sull'asfalto un piede che avevo temporaneamente mutato in quello stesso materiale. Seguendo il mio movimento, il terreno ubbidì spostando la zona in cui era incollata Dri esattamente di fronte a me. Più o meno eravamo di nuovo nella stessa posizione di prima, solo senza spade.
Adri, colta alla sprovvista, agitò le braccia forsennatamente nel tentativo di non perdere l'equilibrio. Per evitare di tirare una capocciata contro la parete dell'hangar dovette appoggiare con impeto le mani sul muro per sostenersi mancando per poco la mia faccia e facendomi sobbalzare leggermente per lo spavento.
«Scusa» scappò a entrambi, visibilmente imbarazzati e con solo una decina di centimetri a separare i nostri visi. Adri in particolare pareva piuttosto a disagio, aveva il volto completamente in fiamme.
Non che le mie guance fossero messe meglio ma ero alquanto sicuro di non essere a quei livelli di rossore.
Almeno credo.
Evitando accuratamente, per il momento, di guardarci in faccia l'aiutai a rimettersi dritta e in equilibrio dato che aveva ancora i piedi incollati all'asfalto. Dopodiché presi un grosso respiro, calmandomi, e risollevai il capo guardandola dritta negli occhi con espressione seria, provai a incrociare le braccia al petto ma soltanto a sfiorarla la ferita mi bruciò terribilmente costringendomi a ripiegare le mani dentro le tasche. «Ho due messaggi per te» comunicai soffocando un sibilo di dolore e riappoggiai la schiena contro il muro della struttura «il primo è per Supreme Dragon; visto che è stato così gentile da mandarmene uno tramite te, anch'io ne ho uno per lui» alzai di poco il viso sorridendo beffardo «"Mi dispiace per l'offerta ma preferisco giocare la partita a modo mio."»
«Non sono un postino io» ribatté Dri un po' infastidita poggiando una mano sul fianco.
Io proseguii imperterrito «Il secondo invece è per te» annunciai.
Un bagliore di sincera sorpresa passò veloce sul suo volto nell'udire la mia ultima frase. «Per... me?» fece aggrottando le sopracciglia confusa «Che cosa dovresti dirmi?»
La osservai silenziosamente per qualche secondo attento a ogni sua singola reazione e portai quindi una mano all'auricolare per assicurarmi che il mio microfono fosse completamente spento. Quello che stavo per dirle si trattava di una cosa piuttosto particolare ed era meglio che i miei compagni di squadra non sentissero quanto stavo per rivelarle. «Bulhuui ha emesso un mandato in cui ordina a tutti i Liberatori la tua uccisione a vista.» riuscii infine a sputare fuori comunicandole l'informazione, piegai perciò il capo da un lato abbozzando un sorriso ironico «E prova a indovinare per quale motivo.»
Lei abbassò gli occhi serrando le labbra come faceva ogni volta che ragionava su qualcosa, infine risollevò il capo guardandomi con maggior chiarezza nelle iridi argentate «La Profezia...» sussurrò aggrottando un poco le sopracciglia turbata.
Annuii «Non si sa chi tra noi due sarà quello destinato a portare la pace» pronunciai le ultime tre parole sfalsando un pochino la voce esternando il mio fastidio verso tutta la questione riguardante quella maledetta profezia che grava sulla testa mia e di Dri «ma è certo che, a causa dell'indubbio coinvolgimento di entrambi nella Profezia» su questo punto era piuttosto chiara, persino io non potevo negarlo per quanto poco lo sopportassi «giocheremo tutti e due un ruolo piuttosto importante in questa guerra. Non tanto perché lo vorremo noi due ma piuttosto perché lo esigeranno chi sta sopra di noi» esposi «I soldati e la gente comune, alias la vera forza motrice dei popoli, hanno bisogno di speranza e sicurezze per poter continuare combattere, specie quando i tempi si fanno particolarmente difficili come questi e perciò è molto probabile che i nostri capi ci possano sfruttare a tal scopo. Anzi, da quel che ho potuto imparare su di lui, è praticamente certo che Supreme lo farà» per quanto riguardava me, io e Bulhuui avevamo stretto un patto a proposito di questo che avevo ideato apposta per cercare di tutelarmi da un rischio simile. «proprio per questo Bulhuui crede che sia meglio ucciderti. Secondo lui in tale modo una grandissima parte di speranza verrebbe immediatamente soffocata demoralizzando la popolazione degli stati alleati a voi rendendoli così più facili da sconfiggere con il minor numero di morti tra le nostre fila in particolare e, se posso dire la mia, devo ammettere che non è così insensato come ragionamento sotto molti punti di vista» meno uno, il più importante per me.
Nonostante la mia spiegazione, tuttavia Adriana non si mostrava ancora molto convinta. «Okay, questa parte l'ho capita però... tutto questo non ha senso!» replicando aprendo i palmi perplessa «Che senso ha il tuo messaggio e quell'ordine del tuo capo di uccidermi? Tanto fra non molto dovrò entrare in guerra anch'io, se davvero volete farmi fuori sarebbe più logico e semplice approfittarne lì no?»
«E che mi dici delle spie?»
Lei sgranò gli occhi stupefatta «Le... spie?» mormorò accigliandosi pensierosa.
«Diversamente dagli Eroi, chiunque collabori strettamente con i Liberatori e porta il loro marchio è considerato a tutti gli effetti un Liberatore da loro stessi. Che sia un Ultra, un Sigmaf o un Normale non fa differenza e le nostre spie non fanno certo eccezione» le spiegai «Bulhuui ha chiesto a loro assoluta discrezione e di mantenere lo stessa la massima priorità al loro incarico ufficiale» d'altronde i loro veri compiti sono ben altri «ma non credere che non tenteranno di ucciderti se si presenterà a loro l'occasione giusta. Il nostro sistema di spionaggio è molto più efficiente del vostro perciò ti consiglio di non sottovalutarlo e non abbassare mai la guardia, usa il "radar" e affina più che puoi le tue percezioni se ci tieni a restare viva.»
Adri rimase per qualche secondo in silenzio, come per digerire quanto le avevo appena detto. Prese infine un grosso respiro e mi guardò esitante. «Perché mi stai dicendo tutto questo?» mi domandò «Tu stesso ora sei un Oscur- un Liberatore, è così che vi chiamate giusto?»
Scossi il capo accennando un lieve sorriso ironico. «Non ancora» risposi «Per diventare Liberatore si deve superare prima una specie di test e beh, questa missione è il mio test perciò non lo sono ancora. Tecnicamente non sto cotrar...contar-» mi zittii per qualche istante alla ricerca di un sinonimo adatto, perché certe parole dovevano essere così difficili da pronunciare? «non sto andando contro a nessun ordine o regola.» riuscii poi a terminare.
Dri parve lo stesso dubbiosa «Ma si tratta pur sempre di un'informazione strettamente confidenziale, perché me la stai comunque rivelando?» sbottò confusa «Test o non test in ogni caso tu sarai presto un Liberatore mentre io un Eroe, saremo nemici. Perché invece mi hai comunque detto tutto questo?»
Sollevai una mano togliendola dalla tasca e cominciai a giocherellare distrattamente con la targhetta appesa alla mia collana spostando di poco il mio sguardo altrove. «Diciamo che non mi fa proprio impazzire il pensiero di te... morta» pronunciare l'ultima parola associandola a lei fu più orribile di quanto avessi creduto.
In seguito alle mie parole passarono diversi secondi privi di qualsiasi suono o parola provenienti l'uno o dall'altra. Io continuai a gingillare con la mia targhetta tenendo il viso rivolto dall'altra parte.
«Se le cose stanno così beh... posso dire che lo stesso vale anche per me.»
Udendo quest'ultima frase, risollevai gli occhi lasciando andare la mia collana e li riportai nuovamente su Dri. Lei al momento mi stava guardando con un'espressione che racchiudeva in sé quella dolce tristezza derivata dai propri sentimenti ed emozioni resi dolorosi dalla realtà, la bocca piegata in nell'inizio di un sorriso malinconico.
Giunto a quel punto non resistetti più e scattai in avanti stringendola forte, quasi come se stessi cercando di farle sentire quell'incredibile affetto che io provavo per lei.
Quanto desideravo dirle quanto in verità le volessi bene.
Tuttavia l'istante successivo avevo già sciolto l'abbraccio e cominciato ad allontanarmi senza darle minimamente il tempo di reagire. Raccolsi da terra i due pezzi che una volta avevano fatto parte della mia naginata. «Alla prossima!» la salutai fingendo un tono di voce vivace, non ebbi il coraggio di voltarmi verso di lei. «Ah e un ultimo consiglio, da amico» aggiunsi poi arcuando debolmente la bocca in un sorrisetto abile «Io non sono te e tu non sei me, se vuoi riuscire a gestire al meglio qualsiasi situazione è bene che tu lo tenga bene in mente questo. Vedi di arrivare viva alla fine di questa guerra, ci conto!» detto questo affrettai il passo dirigendomi sempre più lontano da lei. Correre preferivo non farlo a causa della ferita che ancora non accennava a lasciarmi in pace.
«Cos- Gab aspetta!» la sentii gridarmi dietro ma io continuai proseguire come se non l'avessi udita affatto. Sapevo che se mi fossi fermato per qualche altro secondo, andarmene mi sarebbe risultato ancora più difficile.
La mia speranza era che non ci saremo più rivisti finché almeno non sarebbe finita la guerra, ma purtroppo non ero così ingenuo per crederci davvero.
L'auricolare prese improvvisamente a ronzare nel mio orecchio sinistro. «Ehi Briel, come sei messo?» riconobbi il timbro leggermente acuto di Den «Noi siamo sull'aereo con Ezra e siamo appena decollati, ci vediamo su.»
Riattivai il microfono «Okay, adesso vi raggiungo.» comunicai con fare spigliato. Udii il suono di passi leggeri dietro di me (a quanto pare doveva essersi slacciata gli stivaletti) ma prima ancora che potesse raggiungermi mi ero già dissolto in aria e sollevandomi sotto forma di corrente mi diressi verso l'unico aereo attualmente in volo.
Non appena lo ebbi raggiunto mi infiltrai nei piccoli condotti per l'aria del velivolo che mi condussero fino alla zona passeggeri, dentro trovai i miei compagni comodamente seduti sui loro sedili con già le loro cinture sganciate, fatta eccezione di Den. Solo Simon mancava ma osservando l'atmosfera spensierata che vi era all'interno dedussi che si trovasse nella cabina di pilotaggio assieme a Bobby.
Ripresi il mio aspetto al centro del corridoio tra i sedili dove stavano seduti il resto del gruppo. Il primo a notare la mia presenza fu un ragazzo sui diciannove anni dalla carnagione chiara e gli occhi color corteccia, i capelli biondi parevano aver preso la scossa da come stavano su dritti da soli lasciando completamente scoperte le orecchie piene di pearcing.
Nell'istante quando mi vide, Ezra sollevò le sopracciglia talmente sottili e chiare da sembrare quasi inesistenti in un'espressione allegra. «Ehi eccoti qui! Stavamo giusto scommettendo entro quant-» il sorriso gli sparì dal viso non appena notò le condizioni in cui mi trovavo «Amico ma che ti è successo?» fece quindi aggrottando la fronte preoccupato. Anche gli altri ora portarono la loro attenzione su di me.
«Per mille banchi di pesce, Briel sei ferito!» gridò Den facendo per alzarsi, sfortunatamente lui si era scordato di essere ancora legato al sedile tramite la cintura (non amava volare).
«No guarda, credevo di essere solo sporco di rosso.» commentai brusco.
Irawa si accigliò stupefatta «E per diamine! Ma che è successo al tuo bastone?»
«Una spiacevole e fastidiosa incognita, cose che capitano» risposi sbrigativo lasciando cadere sul pavimento dell'aereo i due pezzi di naginata e mi concessi finalmente di dare un'occhiata allo stato della mia ferita. Ua grossa linea rosso scuro che percorreva il mio busto in diagonale partendo da appena sopra la mia ascella sinistra terminando poi subito sotto la gabbia toracica lasciando intravedere la carne viva sotto di essa. Non era troppo grave ma abbastanza profonda da lasciarmi una cicatrice a vita.
Maledette spade luminescenti.
Ovviamente la mia tenuta da Ultra era tutta imbrattata di sangue sul davanti e anche un po' sui pantaloni, in alcuni punti si era già seccato mentre in molti altri il tessuto era ancora molto umido. Piccole chiazze rosse macchiavano persino la mia cintura. Sarà un casino togliermi i vestiti.
«Una spiacevole e fastidiosa incognita?» mi fece eco Noah qualche sedile più avanti. Si era abbassato la visiera da sci rivelando le sue iridi di un azzurro limpido all'interno degli occhi dal taglio leggermente allungato. Al momento teneva sollevate le sue sopracciglia lunghe e sottili guardandomi con disapprovazione, in quella di destra aveva una piccola cicatrice ne tagliava la punta finale. «Cristo ma ti sei visto? Sei completamente coperto di sangue!»
«Esagerato» bofonchiai «non è poi così tanto.» osservai i miei compagni che mi fissavano con espressione allarmate «Vero?» cercai conferma con tono più incerto. Certo, non era bella da vedersi ma non mi sembrava così grave.
Den piegò la testa da un lato arcuando le sopracciglia esitante «Diciamo che... non hai proprio un bell'aspetto, ecco...»
«Hai un aspetto da far schifo.» decretò con molta meno delicatezza Irawa.
Inarcai un sopracciglio «Che non avessi l'aspetto da concorso di bellezza già lo sospettavo, grazie.»
Lei alzò brevemente le spalle «Di nulla.»
Ezra scrutò ancora abbastanza impressionato la mia ferita «Hai decisamente bisogno di cure...»
Sì lo credo anch'io «Se ci sarà bisogno di mettere dei punti lo chiederò a te.»
«CHE COSA?»
«Prima però preferirei trovarmi già fuori dalle rotte americane» proseguii ignorandolo «Den potresti spostarti in quel sedile più avanti?» chiesi indicandogli il posto vicino al corridoio di due file davanti alla sua, quello che si trovava proprio di fronte alla parete dell'aria che divideva la zona passeggeri dalla cabina di pilotaggio. Su di esso vi erano stati montati degli schermi neri dalle dimensioni di un normale televisore. «E magari se puoi far sedere una tua copia in quello della fila accanto, grazie.»
«Subito!» esclamò Denis vivace sganciandosi la cintura, il sottile cerchio luminoso ricomparì nelle sue iridi color nocciola e un'esatta riproduzione di sé stesso si staccò da lui.
Nel mentre notai un taglio ancora sanguinante che Den sulla sua coscia destra.
«No aspetta» intervenne Noah alzando di poco la mano per richiamare l'attenzione di tutti, la mia in particolare. «Visto che Denis è fin troppo ingenuo per chiedertelo lo farò io al posto suo» storse la bocca in una smorfia diffidente «Perché deve spostarsi?»
Sorrisi perspicace «Sapevo che me l'avresti chiesto» lo canzonai divertito. Poggiai una mano su uno dei sedili che avevo precedentemente indicato, nel frattempo i due Den vi si erano già seduti e stavano armeggiando entrambi con la cintura, si sentiva più sicuro con quella addosso. «In questi punti è possibile accedere al sistema di armamento dell'aereo» spiegai con semplicità.
Entrambi i Den nell'udire la mia affermazione si voltarono simultaneamente nella mia direzione. «Sul serio? Che forza!» esclamarono all'unisono fin troppo esaltati. Anche Ezra e Irawa parevano piacevolmente sorpresi e interessati.
Al contrario Noah era l'unico a mostrarsi ancora piuttosto scettico. «Da quando in qua i nostri jet hanno un sistema di armamento?» domandò infatti tra il sospettoso e l'incredulo.
«Da quando io e Aivaras abbiamo deciso di aggiungere qualche piccola modifica in questo il mese scorso.» risposi brevemente per poi tornare a rivolgermi a Den «Il suo funzionamento non è nulla di troppo complesso, potrebbe riuscirci anche un bambino di dieci anni a patto che però conosca un minimo i videogiochi.» premetti appena un bottoncino rosso posto accanto allo schermo scuro più vicino accendendolo, sul quadrante comparì l'immagine un po' pixellata di un'astronave bianca e rossa dalla forma però molto simile a quella del nostro aereo.
«Ma è Galata!» fece Den riconoscendo il videogioco da cui io e Aivaras avevamo preso spunto e afferrò entusiasta uno dei due jostick che gli porgevo, precedentemente appesi su dei piccoli appigli di metalli poco distanti. Lo stesso fece la sua copia.
Noah continuava a fissarci tenendo le braccia conserte e una smorfia sul volto. «Gabriele...»
«Visto?» continuai io spigliato «Funziona esattamente come il gioco originale. L'unica è che l'accensione dello schermo permette solo il collegamento con i dispositivi di armamento mentre per attivarli è necessario premere per cinque secondi questa manopolina e poi è proprio come giocare a Galata, solo in una versione leggermente reale.»
«Gabriele...»
«Allora che ne dici? Credi di poterlo gestire?»
«Altroché! Tu e Aivaras siete due geni!» rispose eccitato il Den originale, l'altro annuì energicamente di conferma.
«Gabriele!»
Finiti di collegare i due jostick ai loro rispettivi schermi, mi scostai un poco dall'ultimo sul quale avevo appena lavorato sorridendo compiaciuto. «Hai annullato le tue illusioni, no?» parlai quindi voltandomi verso Noah. Il motivo principale per cui indossava la visiera da sci come parte della sua tenuta da Ultra era per impedire ai nemici di se stesse tenendo attiva la sua abilità o meno, quando accadeva le sue iridi azzurre tendevano a incresparsi, come accadeva ad una superficie d'acqua una volta che veniva disturbata qualcosa, lasciando vagamente intravedere le immagini delle illusioni che creava mentre adesso erano perfettamente normali. Una peculiarità abbastanza scomoda se volevi ingannare qualcuno senza che questo se ne potesse accorgere. «Adesso le persone in città, poliziotti e pompieri compresi, possono vedere coi loro occhi che tutta la cosa degli incendi si è trattato soltanto di un inganno, qualcosa di fasullo.» proseguii con tono rilassato «Certo, ne usciranno particolarmente confusi ma la farsa si è comunque svelata e le forze dell'ordine cercheranno di venirne a capo nel tentativo di capire cosa sia realmente successo e indovina un po' chi potrebbe dare a loro tutte le informazioni che necessitano?»
Irawa sbuffò seccata girandosi verso il finestrino «Quei piccoli Eroi di stanotte.»
Tecnicamente erano ancora apprendisti, Dri me l'aveva confermato involontariamente tramite le sue parole, ma precisarlo non era di molta utilità alla situazione. «Esatto» confermai quindi «Inoltre potrete stare ben certi che avranno avvisato, prima d'incontrarci, la forza militare aerea americana in modo da metterceli alle calcagna nel caso non fossero riusciti a fermarci all'aeroporto.» ero sicuro che Adriana si fosse preparata per un'eventualità simile e se non ci avesabilmentese pensato lei l'avrebbe fatto sicuramente qualcun altro, Supreme Dragon tanto per citare un nome a caso.
Noah corrugò la fronte pensieroso «Ma quindi... tu credi davvero che degli aerei nemici possano attaccarci prima che noi riusciamo a uscire dal confine americano? È questo quello che sospetti?»
«Io non lo sospetto, lo so.» replicai sorridendogli abilmente «Perciò è meglio se ci diamo una mossa e cominciamo a prepararci per lo scontro aereo.» Avanzai di qualche passo nella sua direzione «Noah puoi prestarci la tua abilità ancora una volta, per favore?»
Lui strinse gli occhi guardandomi con sospetto, infine lasciò andare un sonoro sospiro. «D'accordo» fece adagiandosi contro lo schienale «Che dovrei fare?»
Gli rivolsi un sorriso vivace «Nulla di troppo complesso in realtà, solo di renderci invisibili e di fare da appoggio a Den.»
«Ah beh, se si tratta solo di questo...» commentò mettendosi dritto sul sedile e assumendo uno sguardo più concentrato. La pigmentazione delle sue iridi parve incresparsi assumendo una sfumatura più scura in alcuni punti simile a quella del cielo notturno privo di stelle che si trovava all'esterno.
Era già entrato in azione, ottimo.
Ora rimanevano da organizzare gli altri due. Mi voltai perciò verso l'unica ragazza del gruppo, seduta nella fila dietro a quella di Noah. «Avrò bisogno anche del tuo formidabile udito Irawa» le dissi «per sapere quando i caccia nemici ci saranno ormai alle costole e, se riesci, anche d'indicare la loro posizione a Den nel caso si dovessero trovare nei suoi punti ciechi.» mentre parlavo presi ad aprire e chiudere i diversi astucci che portavo legati alla cintura alla ricerca di un oggetto particolare, ma dove cavolo l'avevo messo?
Finalmente lo trovai in una delle tasche che tenevo dietro assieme ad altri utensili che usavo raramente, credo che forse dovrei fare un pelino più do ordine nei miei astucci. Stringendolo nella mano lo tirai fuori richiudendo la tasca, si trattava di un auricolare un po' particolare che avevo costruito quando ero ancora nella villa.
«Non c'è problema» rispose Irawa sollevando appena il capo e piegando la bocca in un ghigno sfacciato lasciando intravedere di poco la punta di uno dei suoi canini prominenti.
«Tieni ti servirà» le porsi l'oggetto che tenevo in mano, lei lo prese con una nota confusa nello sguardo mentre l'osservava.
«Un... auricolare?» fece aggrottando leggermente la fronte.
«All'incirca» risposi «Gli auricolari normali permettono di diffondere e ricevere suoni, questo invece riceve soltanto con la sola differenza che i suoni giungono molto più amplificati rispetto a quelli normali. Al momento l'ho già settato apposta per rendere il tuo orecchio maggiormente sensibile e percepire i suoni ad una maggiore distanza.»
«Ah» mormorò Irawa rigirandoselo tra le dita piegando la bocca in un sorriso esaltato «Figo! Se funziona davvero credo che potrei usarlo molto spesso!»
«Preferirei che me lo restituissi una volta che siamo fuori pericolo» provai a replicare abbozzando un sorriso incerto. Contraddire o far arrabbiare Irawa non era mai una buona idea se non si sapeva tenerle testa e al momento non avevo molta voglia di trovar da dire con lei. «Comunque funziona perfettamente te lo assicuro, l'ho già usato molte volte» nel pronunciare l'ultima frase mi ricordai dell'ultima occasione in cui l'avevo usato. Non era un ricordo molto piacevole.
«E io invece?» si aggiunse Ezra sporgendosi dal suo sedile «Che cosa devo fare?»
Lo guardai voltando un poco il capo. «Tu avrai un compito molto importante»
«Non ricucirti la ferita, ti prego.»
«Nah, quello dopo.»
«Eeh? Quindi non stavi scherzando!»
«Dovrai fare da intermediario» gli dissi brevemente «Io adesso vado nella cabina di pilotaggio e credo che rimarrò lì fino a quando non saremo fuori dal confine» poi dipende anche da come si evolverà la situazione «ho bisogno di qualcuno che mi tenga informato sulla situazione qui dentro e che possa comunicare ai nostri compagni nuove indicazioni nel caso si dovesse cambiare strategia.»
Ezra si allungò in avanti poggiando gli avambracci sullo schienale del sedile davanti «Ma non sarebbe sensato che glielo dici tu direttamente dall'auricolare?» chiese corrugando la fronte pensoso.
«Si lo so» ammisi passandomi una mano tra i miei capelli spettinandoli ancor di più e piegai leggermente il capo da un lato «È che credo sia meglio evitare di distrarli il più possibile durante lo scontro» gli spiegai «e inoltre tu qui sei la seconda persona più idonea per questo incarico.»
«La seconda? E chi sarebbe la prima?»
«Noah»
Beccai con la coda dell'occhio il diretto interessato rivolgermi un'occhiata sorpresa.
«Beh, se non c'è nient'altro da fare me lo farò andare bene come compito» commentò Ezra tornando ad adagiarsi sullo schienale del suo sedile portandosi le mani dietro la testa e una gamba sopra l'altra. «Quindi in breve sono l'unico che deve tenere accesso il proprio auricolare, giusto?»
«Esatto» confermai riabbassando il braccio e infilai la mano nella tasca dei pantaloni, mi guardai brevemente intorno «Credo di aver detto tutto» dissi infine «bene, io vad-»
«Ehm... aspetta Briel...»
Fermandomi spostai lo sguardo su Den che, sporgendosi un poco dal suo posto, non osava invece alzare il viso su di me mentre si mordeva il labbro inferiore visibilmente teso, come se si sentisse terribilmente in colpa per qualcosa. «Mmh? Sì che c'è?» feci senza riuscire a trattenermi del tutto dal sorridere previdente. Avevo già una mezza idea su quello che voleva dirmi. A confermarmelo erano le reazioni dei nostri compagni, non appena Denis aveva preso parola si erano tutti girati verso il proprio finestrino guardando il paesaggio esterno con aria fintamente disinteressata e innocente. Noah compreso.
«Io ecco... c'è una cosa che dovrei dirti...» cominciò Den battendo nervosamente il tallone sul pavimento dell'aereo e tenendo lo sguardo ostinatamente rivolto verso il basso. «So che ti infurierai un casino, e hai tutte le ragioni per farlo, ma...»
«Ti hanno rubato la tessera della banca» completai io indovinando la fine della frase.
Nel mio vecchio Blocco eravamo in tre ad avere una certa attitudine per i piccoli furti, seppur usata solitamente per copiare i compiti o mettere in atto piccoli scherzi; io, Nick e Yen. Capire poi chi tra gli ultimi due fosse stato a fregargli la tessera non era poi così difficile. Noah non è affatto stupido e sapeva bene che lui e la sua abilità illusoria erano gli unici del gruppo a essere in grado di contrastare la supervelocità di Nick, perciò a rubarla era stata certamente Nguyen. Molto probabilmente era sempre lei la causa del taglio sulla coscia di Denis, aveva il vizietto di cercare di colpire le gambe degli avversari.
Den chinò maggiormente il capo lasciando andare un grosso sospiro «Sì...» ammise mogio «Mi spiace... ti prego non arrabbiarti tro-»
«Va tutto bene, non c'è bisogno che tu ti preoccupi per questo.» lo interruppi parlando con tono rilassato «Ricordi dello scherzetto che avevo preparato dei miei vecchi amici? Ecco.» arcuai un angolo della bocca in un sorrisetto sottile e quindi mi avviai verso la testa dell'aereo ignorando le espressioni completamente confuse e sconcertate che mi rivolgevano i miei compagni.
«CHEEE?» quasi strillarono all'unisono i due Den, entrambi allibiti. «No aspetta cosa?»
«Scherzo? Quale scherzo?» domandò invece Ezra.
«Vi spiegherò tutto più tardi» promisi a loro liquidando il tutto con un sorriso spigliato e scivolai oltre l'entrata della plancia chiudendomi la porta alle spalle, senza dare a loro il tempo di rispondermi. Non appena mi trovai dentro la cabina di pilotaggio le mie orecchie furono invase dalle note di una canzone tecno che vibrava a un volume piuttosto alto dalle casse di una piccola radio fissata sul panello di controllo del velivolo, un'altra modifica mia e di Aivaras.
«...Lavoralo; Più duro; Costruiscilo; Migliore; Fallo; Più veloce; Creaci; Più forti...»
«Potresti abbassare un po'?» chiesi con una smorfia infastidita, per il volume eccessivo, a Simon seduto sul sedile a destra intento a pilotare l'aereo. Alla sua sinistra un robottino di bronzo alto più o meno quanto una spanna era posizionato al centro della strumentazione di volo e dava accorgimenti di rotta al ragazzo.
Simon si sporse fuori dalla sua postazione voltandosi sorridente nella mia direzione, con una mano si premurò di abbassare la musica. «Ehi, ben arrivato Gabr-WOWOWO! CHE BRUTTA FERITA!» gridò non appena vide il taglio che avevo sul busto «MA CHE TI È SUCCESSO?»
«Un piccolo inconveniente» mi limitai a rispondere sbrigativo muovendomi per andare a loro incontro.
«È una lacerazione mediamente profonda dell'epidermide nella zona del torace, nessun organo è stato gravemente danneggiato.» osservò Bobby dopo aver dato una veloce ma attenta analisi della mia ferita «Tuttavia necessita di cure immediate per evitare la possibilità di infezione.»
«Sì lo so lo so» replicai con fare superficiale, intanto mi andavo a sedere sul sedile libero «ma preferisco farmi sistemare solo una volta che saremo fuori dal continente americano.»
«Gabri, devi essere curato.» insistette il mio aiutante tenendo il suo sguardo robotico su di me.
Mi trattenni dal lasciarmi sfuggire uno sbuffo seccato per la sua ostinazione. D'altronde la colpa era mia, ero stato io a costruirlo con il compito di prendersi cura di me. Un compito che prendeva molto sul serio, per mia fortuna o sfortuna. «Bobby ti prometto che mi lascerò sottoporre a tutte le cure mediche che desideri ma prima portaci fuori da qui» parlai deciso «fra non molto avremo dei caccia nemici alle calcagna e anche se mi facessi tutte le medicazioni possibili, alla fine saranno inutili se il nostro aereo venisse raggiunto e distrutto perciò, ti prego, porta i propulsori al massimo, ora.»
Bobby continuò per ancora qualche istante a fissarmi inespressivo (non che potesse fare chissà quali espressioni avendo come occhi solo due piccoli fanalini azzurri ovoidali). «Proposta accordata.» dichiarò infine tornando a voltarsi in avanti dove il parabrezza del velivolo ci permetteva di vedere il paesaggio esterno, coperto per lo più da nuvole scure.
Emisi un breve soffio sollevato. «Grazie»
«Non c'è di che Gabri.»
Abbozzai un debole sorriso e presi a dare un'occhiata alla strumentazione di bordo controllando che tutto stesse procedendo bene. «Non accenderlo.»
La mano di Simon sostò a mezz'aria sopra il panello di controllo, a pochi centimetri dal dispositivo radar. Le sue sopracciglia fulve si incurvarono verso il basso. «Perché?» chiese confuso «Hai detto che dei caccia nemici ci stanno venendo incontro per abbatterci, se non usiamo il radar come faremo a localizzarli e sapere quando ci avranno ormai raggiunti?»
«In questo momento Noah si sta occupando di renderci invisibili, se accendessimo il radar renderemo totalmente inutile il suo lavoro» spiegai mentre mi allungavo oltre il mio sedile per prendere le cuffie nere situate nella parte più in fondo al pannello «e poi ci sta pensando Irawa a individuarli non appena si troveranno in zona.»
«Ah, okay.»
«Comunque non ci sarebbe un modo per poter avvicinare di più il mio sedile alla strumentazione? Non ho voglia di allungarmi continuamente.» mi lamentai a causa di alcuni punti che si trovavano un po' fuori dalla mia portata.
«No mi spiace, ti tocca crescere» fu la risposta schietta di Simon mentre continuava a pilotare, la sua musicasetta di musica tecno faceva ancora da sottofondo all'interno della cabina.
Storsi la bocca in una smorfia «Vorrà dire che lo metterò in lista tra le prossime modifiche che gli apporterò di nuovo.»
«Come vuoi» fece lui con tono indifferente, passarono poi diversi secondi in cui non pronunciò più nulla prima che elaborasse del tutto la mia frase. «No aspetta, che intendi con "di nuovo"? che modifiche hai fatto a questo jet?»
Ridacchiai sommessamente, ilare. «Vedrai, ti piaceran-» una voce proveniente dal mio auricolare mi interruppe.
«Gabri, Irawa ha avvertito il rumore dei di un gruppo di caccia nemici che stanno venendo nella nostra direzione. Dice che arriveranno a davanti.»
Di già? Ci hanno messo meno del previsto. Vabbè poco male, tanto eravamo ormai già tutti pronti.
Beh, tutti a eccezione di me.
Nel piano originale, nel momento in cui sarebbe partito lo scontro, avevo in mente di dare man forte a Den nella difesa del nostro aereo usando ampiamente la mia abilità dall'esterno e garantendo un volo più stabile al nostro velivolo. Sfortunatamente con una ferita come questa non credo sarebbe molto intelligente o saggio uscire fuori a combattere (anche se potevo mutare la materia del mio corpo, il dolore e la fatica restavano comunque invariati) perciò mi sarei dovuto inventare qualcos'altro per rendermi utile.
«Allacciatevi tutti le cinture e tenetevi pronti, ci sarà da ballare parecchio.» ordinai a Ezra, dopodiché presi ad armeggiare anch'io con la mia cintura agganciandola ma a causa della ferita che avevo al torace fui costretto a spostare dietro la fibbia che mi passava sopra al petto poiché altrimenti si sfregava esattamente sopra lo squarcio dandomi una fastidiosissima sensazione di bruciore. Lo ripeto ancora; maledette spade. «Simon, hai il permesso di volare come meglio credi» gli comunicai stringendo i denti quando una fitta mi percorse il corpo per via di un movimento sbagliato.
«Evvai!» festeggiò lui con evidente entusiasmo. Gli scoccai una fugace occhiata mentre mi sistemavo le cuffie sulla testa lasciando scoperto solo l'orecchio destro, quello con l'auricolare, e attaccai il filo che le collegava alla radio.
Simon era un bravo pilota ma un po' troppo spericolato e certe sue manovre non erano di molto gradimento ad alcuni componenti del nostro gruppo, nella nostra attuale situazione (e nello stato in cui mi trovavo) però questo suo essere spericolato in volo potrebbe risultarci fondamentale per evitare gli attacchi nemici. Dopotutto questo era uno dei motivi per cui avevo chiesto a Bulhuui la sua partecipazione alla missione, oltre al fatto che era necessario che ci fosse almeno un Secondo Livello all'interno della squadra a fare da supervisore.
Quando si idealizza un piano bisogna sempre tener conto degli imprevisti che possono accadere e prepararsi di conseguenza con strategie di riserva.
Controllai che Bobby fosse anche lui ben ancorato a qualcosa, ci tenevo che il mio robottino arrivasse perfettamente incolume alla fine del viaggio, e quindi mi misi in ascolto. Attento ad ogni tipo di rumore che assomigliasse anche per poco a quello del rombo dei motori di tanti aerei.
I minuti passarono silenziosi e pesanti (la musicassetta era giunta al termina della sua scaletta musicale registrata), carichi di tensione da pre-battaglia, prima di poter udire, seppur ancora distanti, il rombare dei caccia in avvicinamento. Presto si profilò di fronte a noi, visibili solo grazie alle luci bianche e rosse che avevano sotto le loro ali, un'unità di caccia americani piuttosto numerosa. Ne contai circa una decina.
Erano tanti, pure troppi contro il nostro singolo aereo.
Dovevamo essere davvero molto importanti se ce ne hanno spediti così tanti.
I rumori dei motori divennero sempre più assordanti tanto da coprire quello dei nostri respiri.
Sia io che Simon quasi trattenemmo il fiato mentre gli aerei gli passavano attorno e superandoci senza vederci minimamente. Talmente vicini da riuscire a vedere il disegno della stella bianca all'interno di un cerchio blu con strisce bianche e rosse ai lati dipinto vicino alla coda del velivolo. Il simbolo dell'aviazione statunitense.
Grazie all'invisibilità che ci donava l'illusione di Noah riuscimmo ad accorciare maggiormente il nostro distacco con il confine americano ma presto i caccia tornarono e presero a spararci contro.
L'avevo immaginato; illusione o meno, i loro radar permettevano ugualmente a loro di individuare localizzarci, tuttavia preferii comunque di non ordinare a Noah di ritararla. Anche se sapevano qual era all'incirca la nostra posizione, non vedendoci erano costretti a sparare alla cieca finendo così il più delle volte di mancarci.
Ma era questione di pochi attimi prima che riuscissero ad aggiustare la mira e avevo modo di credere che qualche loro proiettile potesse aver già colpito o quanto meno scalfitto il nostro aereo, anche se soltanto in maniera superficiale.
Simon non perse minimamente tempo. Rifiutandosi di rendere facile ai nostri nemici il compito di annientarci, pilotò l'aereo facendogli compiere assurde acrobazie diventando un bersaglio molto più complesso da centrare. Purtroppo però poteva essere bravo quanto voleva ma i caccia erano semplicemente troppi ed era impossibile riuscire a evitare tutti i loro proiettili che ci sparavano da ogni direzione. Dovevo sbrigarmi anch'io e dare il mio contributo se volevamo uscire indenni da qui.
Ovvio, combattere usando la mia abilità era fuori questione viste le mie condizioni ma fortunatamente avevo nel mio arsenale altri modi per poter essere utile alla mia squadra in questo momento.
Se solo questa maledetta radio si decidesse di collaborare...
«Su dai... forza...» sibilai tra i denti mentre proseguivo ad armeggiare con le frequenze della radio alla ricerca di quella giusta.
Fuori era una cacofonia continua del ra-ta-ta-ta delle armi da fuoco e del rombo dei motori sovrastando qualsiasi altro suono. Di tanto in tanto si aggiungeva anche il rumore di una breve esplosione e di quello che riconobbi di un aereo che precipitava, segno che Den era entrato in azione già da un po'.
Ne contai tre abbattuti, perciò ne rimanevano ancora almeno sette, ma non mi azzardai a verificarlo perché tenevo gli occhi fissi sulla radio trattenendo un sottile gemito di frustrazione intanto che continuavo a lavorarci assiduamente sopra. Nelle cuffie mi arrivava solo lo stesso interrotto ronzio che stavo iniziando a detestare.
Eddai... c'ero riuscito una miriade di volte alla villa, perché questa dovrebbe essere diversa?
Fermo nella stessa postazione di prima, anche Bobby si stava rendendo utile tenendo Simon costantemente informato delle posizioni dei caccia più vicini in modo da aiutarlo a schivare più proiettili possibili. Probabilmente se eravamo ancora tutti interi era principalmente per merito suo.
«...fzz-ylor, sembra che stiano virando a destra. Piegati in quella direzione e cerca di colpirli nel punto dove si trova il motore.»
«Ricevuto tenente.»
«Sì!» mi lasciai andare in un'esclamazione soddisfatta. Ce l'avevo fatta, ero entrato nella loro comunicazione. Ora potevamo anticipare le loro mosse. «Simon, mantieni la virata. Ezra, di a Den di tenere d'occhio la zona del motore.» comunicai a loro entrando finalmente in azione anch'io.
«Okay» mi risposero entrambi all'unisono, uno dall'auricolare e l'altro di fianco a me.
Simon fece quanto gli avevo detto e tempo un paio di minuti si udii il suono tipico dei nostri proiettili d'energia sparati a ripetizione seguiti poi da un breve scoppio sotto di noi e dal rapido precipitare di un caccia verso il suolo.
«Taylor!» gridò il suo tenente mentre l'aereo precipitava assieme al suo pilota avvolto in una nube di fumo nero.
Sorrisi tra me. Adesso sì che eravamo davvero tutti pronti a combattere per questo scontro aereo.
Grazie alle informazioni che estrapolavo dalle comunicazioni nemiche sui loro movimenti, riuscimmo a fronteggiarli con più facilità rispetto a prima anticipandoli e preparando contromosse ai loro attacchi. Fu in questo modo che riuscimmo ad abbattere altri quattro caccia e al tempo stesso avanzare sempre più.
Sotto do noi ora c'era solo il mare, il confine ormai era vicinissimo.
«WOOOOUUUH!» ululò Simon esaltato «Ce l'abbiamo fatta ormai!»
Ebbe il tempo di pronunciare quell'ultima frase che di fronte a noi comparì la figura di un aereo che ci veniva incontro ad alta velocità.
Le cosiddette ultime parole famose.
«Oh no...» fece Simon perdendo tutto l'entusiasmo di pochi istanti prima.
Già, oh no...
«Terence, che stai facendo?» tuonò nel mio orecchio la voce del tenente.
«Li anniento tutti, tenente.» replicò in risposta il pilota del caccia che ci veniva addosso con tono esaltato. Il timbro di voce era quello di un ragazzo, probabilmente poco più grande di Simon.
Guardai inorridito il veicolo nemico accorciare fin troppo rapidamente la distanza che ci separava da lui.
Anche se lo avessimo deviato all'ultimo era possibile che poi questo avrebbe seguito la nostra manovra e spararci ugualmente. Inoltre avevamo un caccia sia a destra che a sinistra e se non volevamo finire dritti nel loro fuoco ci rimanevano due opzioni di manovra.
Senza contare che poi la parte del muso del nostro velivolo rappresentava il punto cieco del nostro sistema d'armamento (io e Aivaras dovevamo ancora finire di perfezionarlo).
«Al mio segnale, abbassati.» ordinai secco a Simon.
«D'accordo» rispose lui con una lieve sfumatura inquieta nella voce, i muscoli rigidi dalla tensione.
Seppur non potevo combattere direttamente dall'esterno, ciò non significava che non potevo fare nulla con la mia abilità anche da qui.
Sollevai una mano, trasformata in fuoco, puntandola aperta verso l'aereo nemico e mi concentrai sul calore generato dal motore presente al suo interno e... vacillai.
Dentro a quel velivolo c'era un essere umano proprio come noi. Volevo davvero essere la causa della sua morte?
Volevo davvero ucciderlo?
Certo, io avevo dato il mio contributo, anche se indirettamente, all'abbattimento di un buon numero di caccia nemici però, sempre per merito alla mia intrusione nella loro frequenza di comunicazione, sapevo che almeno tre di quei piloti era riusciti a salvarsi prima di schiantarsi a suolo grazie ai loro paracadute.
Questo invece era diverso, le probabilità che potesse salvarsi erano terribilmente basse. Praticamente nulle.
Oltre il parabrezza dell'aereo avversario riuscivo a vedere la sagoma della persona che lo guidava, il viso coperto dal casco e da tutte le sue bardature.
Ripensai alla sua voce che avevo sentito dalle cuffie. Decisamente molto più giovane dei suoi compagni di unità e del suo tenente.
Volevo davvero farlo?
«Gabri...» udii Simon chiamarmi con voce tesa.
I due aerei ora si trovavano a una distanza decisamente pericolosa, se ci sparerà adesso moriremo di sicuro.
Potevo pure mostrare pietà per il nostro nemico, ma di certo lui non l'avrebbe avuta per noi.
O noi o loro e se vuoi continuare a vivere non hai molta scelta.
Sospirai «Lo so» e chiusi di colpo la mano.
Il caccia nemico prese immediatamente fuoco davanti a noi diventando l'unico baglio luminoso in mezzo all'oscurità di questa notte priva di stelle.
«AAAAHH! VADO A FUOCO VADO A FUOCO! STO BRUCIANDOO!»
«TERENCE!»
«Ora!» gridai.
Simon piegò verso il basso la cloche facendo così abbassare il nostro aereo un attimo prima che il velivolo in fiamme ci venisse addosso andando invece a scontrarsi in pieno contro un altro caccio.
L'impatto fu un tribunio di fiamme e luce.
A causa della nostra vicinanza all'esplosione, l'onda d'urto generata da questa ci sospinse maggiormente verso il mare. Simon dovette lottare un po' con il manubrio di cambio per mantenere il controllo del nostro mezzo.
«TENENTE!» sentii urlare nel mio orecchio dove tenevo la cuffia la voce dell'unico pilota ancora superstite.
L'unico...
Sentii la cena di questa sera minacciare di risalirmi dallo stomaco.
Alla fine non ne avevo ucciso solo una persona ma bensì due.
Ero stato io a provocare quell'esplosione.
Ero stato io a ucciderli.
Sentivo ancora le ultime grida di quel Terence mentre andava a fuoco nella mia testa e non credo che se sarebbero andate via tanto facilmente.
Staccai brusco il jack delle cuffie dalla radio, non avevo voglia di sentire altre grida per quello che avevo fatto. E comunque non c'era più nient'altro da ascoltare per me.
«Portaci via da qui» mormorai abbassandomi le cuffie sul collo e adagiandomi stancamente contro lo schienale del mio sedile. Passata l'adrenalina la ferita aveva a pulsare fastidiosamente. «Subito»
«Non me lo faccio certo ripetere» replicò Simon senza preoccuparsi di nascondere l'evidente sfumatura di sollievo nel constatare di essere ancora vivi. Aumentò la velocità dell'aereo e presto fummo finalmente fuori dal confine americano.
La missione era giunta al suo termine. Si torna al castello ora.
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