Prologo
Era sangue e neve dappertutto: un susseguirsi inanimato di bianco e rosso, una terribile sovrapposizione di colori che non sarebbe mai dovuta esistere. Non trovava senso nella mia mente priva di pace, né nel mio cuore oscurato dalla paura.
Bianco. Quel colore che tanto amavo, che per me significava mia madre e i suoi capelli dai riflessi argentei, ancora più candidi e soffici dei miei. Ora aveva tutt'altra rappresentazione. Bianca era la neve, che ci impediva di correre e ci faceva avanzare a rilento. Io e mia madre non avevamo troppi problemi e procedevano spediti, ma mio padre e Bartolomeo rimanevano spesso indietro, rischiando di non farcela. Più di una volta Ailia si era fermata con loro, provando a incitarli per farli muovere. Non potevamo fermarci, o sarebbe stata la nostra fine.
Rosso. Uno sparo e il bianco si dipinse di rosso. Una macchia cremisi cadde sul manto innevato come una goccia di pittura frastagliata su una tela dal chiarore immacolato. Alzai gli occhi con orrore mentre mi rendevo conto che quella nuova sfumatura proveniva da una ferita aperta sulla spalla di mia madre. Vidi mio padre urlare disperato il suo nome, ma fu come non sentirlo. Le mie orecchie erano assordate dal rumore dello sparo appena avvenuto, che si ripeteva nella mia mente all'infinito, facendomi sprofondare in un incubo senza fine. Non era possibile, non potevo avere davanti agli occhi il sangue di mia madre. Eppure, la vista non mentiva, quello che vedevo era reale, stava accadendo davvero.
Ailia era sempre stata una donna combattiva, perciò non si diede per vinta. Si alzò nuovamente in posizione eretta stringendo i denti e ricominciò a camminare, zoppicando leggermente. Mio padre la incitò dicendole che presto saremmo stati in salvo, ma sapevo che non era vero, non dopo aver visto quel rosso cremisi macchiare la candida pelle della donna che mi aveva cresciuto.
Riuscimmo a percorrere un centinaio di metri, poi ci fu un altro sparo. Mi accovacciai a terra d'istinto, portando le braccia sopra la testa nel tentativo di proteggermi, ma il proiettile non era destinato a me. Mio padre cadde a terra di peso, imbrattando immediatamente la neve attorno a sé di un cupo e profondo color rubino.
Il grido che uscì dalle mie labbra fu identico a quello ansante di mia madre, che invocò il suo nome come fosse un miraggio, toccandolo e piangendo mentre tremava, non per il freddo. Le mie orecchie fischiavano, i miei occhi erano appannati dalle lacrime, non sentivo nemmeno la mia stessa voce che negava l'atrocità di quella scena. Non ci credevo, era tutto un sogno, non poteva essere vero.
Bartolomeo provò a tirare gentilmente la donna per un braccio. Scosse la testa e pronunciò parole che non capivo. Ailia non voleva dargli ascolto, continuava ad aggrapparsi al marito come fosse la sua unica ancora di salvezza.
Poi si sentì un nuovo sparo. Potei vedere il proiettile indirizzato a me nell'esatto istante in cui mia madre mi si parò davanti con una velocità disumana.
«Mamma!» urlai a squarciagola, vedendola cadere a terra. Il mio urlo superò persino il fischio che mi assordava le orecchie, perdendosi tra l'ululato del vento.
«Mamma!» mi inginocchiai accanto a lei, incredulo del fatto che mi avesse salvato la vita donando la sua. Era ingiusto, era così dannatamente ingiusto! Non potevo perderla, non a causa della mia stessa vita! Avrei preferito prendere io quel proiettile e vedere lei in salvo. Cosa mi rimaneva, ora?
Continuai a chiamarla chiedendole perché, ma per quanto mi sforzassi, lei non faceva altro che rivolgermi uno sguardo amorevole. Mai avrebbe potuto darmi quella risposta che tanto agognavo.
«Tesoro» sussurrò affaticata. «Mettiti in salvo. Tieni alto il valore della famiglia e sii sempre te stesso. Diventa l'uomo che avremmo sempre desiderato vedere. Fallo per me e per tuo padre.» Una lacrima solcò lenta e straziante il suo volto, fermandosi sulla sua guancia innevata. Era bellissima e perfetta, era la mia mamma, com'era possibile che mi stesse dicendo una cosa del genere? Che mi stesse abbandonando?
«No! Voi vivrete!» dissi scuotendo la testa, anche se in cuor mio sapevo già che mio padre era morto sul colpo. Iniziai a stringerle la mano ghiacciata con foga, continuando a ripeterle quella frase delirante. Non fui pienamente consapevole delle parole che lei scambiò con Bartolomeo, ma mi accorsi che il proiettile dopo mi mancò per un soffio. Che mi prendessero pure, io non avrei mai abbandonato la mia famiglia!
Feci scorrere lo sguardo avido sui miei cari, accanto ai quali sarei rimasto a ogni costo, o almeno così pensavo. All'improvviso avvertii un dolore sordo alla base del collo che si andava diffondendo per tutta la mia testa, espandendosi come nero petrolio dentro le acque di un mare azzurro e cristallino. Qualcosa non quadrava. Non era il bruciore acuto e perforante di uno sparo, ma qualcosa di contundente: un colpo secco a tradimento dietro la nuca. In un attimo vidi tutto oscurarsi e mi lasciai andare, sprofondando nell'oblio.
Quando persi la cognizione di qualsiasi altra cosa, il nome di mia madre ancora mi sfiorava le labbra come una carezza indelebile che avrei portato per sempre con me, incisa a fuoco come un marchio sulla mia pelle fredda.
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