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Dopo vari giorni d'attesa, Aur e Rakir riuscirono ad incontrarsi. Entrambi erano felici e cominciarono a considerare quegli incontri come un modo per essere se stessi e ritrovare la pace. Il demone si stava seriamente impegnando nello studio della storia angelica e questo colpì molto l'angelo, poichè poche volte aveva visto una determinazione come la sua. Mentre il demone leggeva, Aur lo osservava costantemente e, fino a quel momento, l'altro non aveva mai obbiettato. L'angelo portó una mano sulla parte della tunica dove era nascosta la Collana della Memoria; uno dei beni più preziosi per ogni singolo angelo. Sentiva una strana energia provenire da essa, simile all'energia che sentì quando gli fu affidato il primo soldato da addestrare o come quando fu nominato generale angelico.
«Aur cos'è questa roba dei... Degli scopi nella vita...» Rakir mostró le pagine all'altro e, vedendolo pensieroso, gli scosse una spalla. Aur battè velocemente le palpebre prima di ridare attenzione al demone. Allora prese il libro e lesse alcuni pezzi per formulare una giusta risposta.
«Ogni angelo vive per un motivo. Tutti, nessuno escluso. Ognuno di noi ha dei ricordi e quelli più importanti li rinchiudiamo in collane speciali dette appunto Collane della Memoria» Appena finì di dirlo prese riluttante la propria e gliela mostró velocemente, per poi rimetterla al posto proprio, sotto la tunica, nascosta dagli occhi dell'altro.
«Queste collane ci aiutano a ricordare e il nostro scopo nella vita dipende dall'ultima perla che aggiungiamo. Nella nostra vita possiamo aggiungerne anche centinaia... Anche se penso che sia impossibile avere così tanti ricordi importanti»
«Tu hai solo tre ricordi importanti, e quanti anni hai?»
«Trecentocinquanta» Rakir spalancó gli occhi scoprendo di essere più piccolo.
«Io ne ho solo trecento»
«Non è molta la differenza. In questi trecento anni quanti bei ricordi hai avuto? Se non vuoi dirmi quali dimmi solo il numero»
Rakir guardó in basso, come se quello servisse a fargli ricordare il suo passato. In effetti l'angelo aveva ragione, era difficile avere ricordi importanti. In quel momento gli passó in mente solo una cosa, cioè quando suo fratello gli insegnó ad usare la spada. Fu il periodo più bello della sua infanzia poiché il fratello era sempre accanto a lui, sempre pronto ad aiutarlo. In effetti, solo successivamente si era reso conto che lo aveva fatto solo perché gli era stato ordinato ma ci passó sopra, aveva davvero provato molta felicità. Alzó lo sguardo verso Aur e lo osservó per un pó, rendendosi conto che forse c'era anche un secondo.
«Adesso ricordo solo uno»
«Ed eri davvero felice?»
«Sì, illuso ma felice»
«Non entro nei dettagli perchè so stare al mio posto»
Aur in realtà voleva saperne molto di più, ma non poteva intromettersi troppo, ne valeva dell'incolumità del ricordo. Avrebbe potuto renderlo triste in qualche modo e sapeva che, senza neanche un ricordo "buono", non poteva trasformarlo; almeno così credeva.
«Se un angelo non ha ricordi... Muore?»
«Sfortunatamente sì»
«E se uno di questi ricordi viene... Come posso dire, rotto?»
Aur spalancó gli occhi a quella domanda, stringendo istintivamente la sua collana come per paura che il demone potesse strappargliela dal collo. Fece un'espressione spaventata e Rakir se ne accorse subito, scosse la testa e gli mise una mano sulla spalla, avvicinandosi leggermente al corpo dell'altro.
«Non ho mai fatto del male a nessuno, o quasi...E non proverei mai a farti nulla. Mai!»
L'angelo lo guardó per un attimo, riprendendo le distanze ma rimanendo seduto sull'erba.
«È un argomento delicato per noi angeli... È il nostro punto debole. Non dovrei dirtelo ma ormai è fatta, no?»
«E credi che possa approfittarne?»
«Certo che sì»
Rakir si incupì in volto e andó a gattoni davanti al viso di Aur.
«Non mi conosci Aur, se dovessi approfittarmi di qualcuno... Tu non saresti nella lista. Proprio tu no, te l'ho detto. Insomma mi stai aiutando, stai facendo di tutto e hai un briciolo di fiducia in me. Questo non è poco»
L'angelo guardó Rakir negli occhi, come per scorgere la falsità di quelle parole. Come si aspettava non vi trovó nulla, c'era solo determinazione e, pensó l'angelo, felicità. Aur gli rivolse un sorriso accennato e, quando si rese conto della grande vicinanza con il demone, abbassó lo sguardo rialzandolo dopo poco con un sorrisetto furbo.
«Quanti anni dura l'addestramento di un soldato angelico?» Il sorriso di Rakir scomparve appena l'angelo finì la domanda. Si sedette di fianco alle sue gambe massaggiandosi le tempie con gli artigli e pensando alla nella atmosfera che c'era stata in precedenza.
«Queste domande non si possono fare»
«Perchè no?»
«Sembra di essere tornato a scuola!»
«In effetti adesso sei un alunno... Un mio alunno, sottolineamo. Comunque su queste domande troverai risposta quando diventarai un angelo, se proprio non vuoi studiare» Aur sospiró fingendosi esasperato per poi scoppiare a ridere. Sentiva di essersi ormai affezionato a quel demone, definitivamente.
In quel momento sapeva che non avrebbe dovuto lasciare il Paradiso ma non se ne importó. Sfortunatamente quella quiete non duró, poichè delle voci si sentirono in lontananza.
I due scattarono in piedi, avvicinandosi d'istinto l'uno all'altro. La paura prese possesso di entrambi, finchè Aur non prese per mano Rakir, conducendolo al di fuori della radura correndo. Il demone riprese equilibrio dopo poco e seguì l'angelo tenendogli stretta la mano, non voleva perdersi in quel luogo poichè volare era impossibile. I rami sopra di loro erano fitti quasi come un nido d'uccelli, sarebbe stato fin troppo rischioso. Aur d'un tratto si fermó, guardando il demone con la coda dell'occhio.
«Rakir scappa...»
«Cosa succede?»
«Scappa e basta, torna indietro e cerca di non cambiare troppo la strada» La sua voce si stava abbassando sempre di più, arrivando ad un flebile sussurro. Rakir si abbassó verso di lui, sussurrando a sua volta.
«Chi c'è, Aur?»
»Angeli... Ma non prevedo nulla di buono» L'angelo si toccó la schiena lì dov'era l'attaccatura delle ali. Sentì un improvviso bruciore e fu allora che capì il motivo per il quale sentiva quelle presenze.
«Non ti accadrà nulla vero?»
«Devi solo andare, meglio che nessuno ti veda accanto a me. Potrebbero succedere brutte cose» Aur allora lo guardó deciso prima di lasciargli la mano per inoltrarsi da solo nel buio.
Rakir rimase solo, nel bosco, a guardarsi la mano come un'idiota. Non gli importava più di quello che gli aveva detto l'angelo, era concentrato sulla propria mano. L'angelo gli aveva lasciato una fresca sensazione e, istintivamente, se la portó al petto, nella parte del cuore. Abbassó la testa e sorrise infantilmente ma questo suo stato duró poco, poichè fu riportato alla realtà da altri passi davanti a sè.
Sentiva urla e svariati rumori metallici dovuti probabilmente a delle armi. Allarmato, il demone corse verso quei rumori ma altri passi si aggiunsero, questa volta dietro di lui. Erano diversi dagli altri: appartenevano ad una bestia.
Rakir prese la spada appena in tempo per parare un morso mortale di una delle tre teste di Cerbero. Appena lo riconobbe il demone balzó su un ramo vicino aspettando che se ne andasse. Nulla accadde, la creatura infernale era ancora lì, che ringhiava rabbiosa alle radici dell'albero su cui era Rakir. Il demone pensó a cosa potesse farci in quel luogo la bestia di Lucifero, non lo lasciava mai vagare oltre al suo castello per motivi di sicurezza. Quel cane attaccava chiunque, demoni e angeli senza distinzioni, eccetto il suo padrone.
Rakir capì che per sfuggirgli, era necessario colpirlo, anche non mortalmente. Alzó la spada, pronto per balzare giù, ma qualcosa lo precedette colpendolo alla nuca e facendogli perdere i sensi.
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