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La strada verso l'Inferno era più lunga di ogni aspettativa del demone. Dall'alto il confine sembrava molto sottile ma la visuale dal basso era tutt'altra cosa. La lunga distesa di alberi sembrava non finire più e il tutto era accompagnato da un'inquietante tranquillità.
L'ala di Rakir non dava segni di miglioramento, eppure le ferite alle ali dei demoni dovevano passare subito. Il demone stava arrancando sempre di più, non aveva le forze neanche per tenere gli occhi aperti. I dubbi gli attanagliarono la mente: aveva paura di essere stato in qualche modo drogato, forse quella polvere era uno stupefacente o chissà quale altra diavoleria angelica. Era stato troppo incauto, la sua curiosità gli aveva fatto abbassare la guardia. Allora si appoggió ad un albero, maledicendosi svariate volte e stringendo il sacchetto viola. Sapeva di doversene sbarazzare ma non voleva farlo. Non sapeva neanche il perchè.
Improvvisamente si elevarono delle urla da lontano. Per un attimo Rakir sperava che fossero quelle delle anime, ma non potevano essere loro: erano troppo rauche. L'unica possibilitá che rimaneva era che le truppe avevano notato la sua assenza e che, in quel momento, lo stavano cercando. Il demone provó a rimettersi in piedi ma fu inutile; il dolore all'ala era peggiorato e si stava lentamente espandendo verso la schiena. Tutto quel dolore era stato provocato da un avvelenamento. Gli altri demoni non dovevano sapere del sacchetto datogli dall'angelo, sarebbe sicuramente successo qualcosa di spiacevole. Velocemente, stringendo i denti, Rakir mise il sacchetto nell'estremità della fodera e vi posó anche la spada. Non poteva sapere se quel metodo avrebbe funzionato ma non gli venne altro in mente. Proprio in quel momento la sua testa cominció a girare e a fargli male. Ogni figura davanti a sè si duplicava o triplicava, mandandolo completamente in confusione. Decise di chiudere gli occhi per non vedere la confusione che gli era attorno, ma le forze mancarono definitivamente e gli occhi non si aprirono più.
Rakir aprì gli occhi di scatto. Era immerso in un buio profondo e non riusciva a vedere nulla, neanche le sue mani. Improvvisamente una luce brilló sulla sua testa e tutto attorno a lui cominció a prendere forma. Si ritrovó in una stanza molto semplice, con un letto, una scrivania, un armadio e qualche quadro. Guardandosi attorno, notó che le sue ali non c'erano, o meglio lui non le vedeva, ma sentiva il loro peso. Non gli diede troppa importanza, poichè la sua attenzione fu catturata dalla figura che stava lentamente prendendo forma sul letto. Questo si riveló essere un angelo. Si voltó nella direzione del demone ma non sembrava vederlo. Il suo volto, come per la maggior parte del corpo, era coperto da una foschia ma c'era una cosa che risaltava in quel bianco: gli occhi. Erano blu come i fondali marini toccati da pochi raggi di luce solare. Sembravano tristi e scossi da un leggero velo di paura. Davanti a quei occhi, Rakir provó una stretta al cuore, non sapeva il perché, non gli era mai importato della tristezza altrui. D'un tratto le pareti cominciarono a bruciare e assieme ad esse tutto il resto. Il demone si ritrovó nuovamente solo ma era immerso in un bianco così accecante che fu costretto a chiudere gli occhi.
Il caldo tepore dell'aria riuscì a far uscire Rakir dall'oscurità del sonno. Si trovó in una stanza circolare con le pareti in pietra lavica, appese ad esse vi erano svariate armi dall'aspetto pericoloso e, il resto dell'arredamento, era costituito da una ventina di letti e due vetrine. L'infermeria dei soldati. Quel sogno lo aveva scosso profondamente anche se ricordava soltanto gli occhi dell'angelo.
Il demone cercó di distinguere le varie figure che lo circondavano, focalizzando lo sguardo su una più minuta delle altre. Strizzó varie volte gli occhi e finalmente riuscì a distinguere quella strana figura. Questa era coperta da grandi ali bianche e, al posto della testa, il demone riuscì ad intravedere solo dell'oro. Ad un certo punto l'angelo si voltó per controllare il demone e, quando lo vide con gli occhi aperti, corse verso la finestra ancora aperta e si catapultó fuori. Rakir scattó in piedi e lo richiamó, ma fu troppo lento e l'angelo scappó.
Dopo aver tirato un sospiro di sollievo, Aur guardó il suo bottino. Quel sacchetto viola era la sua unica chiave per accedere al bosco senza essere visto da nessuno. Non avrebbe dovuto darlo al demone, sapeva che, appena tornato al Paradiso, avrebbe avuto una punizione.
Rakir raggiunse la finestra e guardó fuori. Sul davanzale era poggiata una piuma bianca e molto grande. La prese osservandola con amarezza e pensando a chi potesse essere quell'angelo. I suoi pensieri ovviamente si focalizzarono su Aur, il generale angelico, ma non poteva esserne sicuro; poteva essere anche un altro angelo-spia.
Il demone si guardó l'ala: lo squarcio era diventato una lunga cicatrice e non gli provocava dolore. In quel momento ricordó il sacchetto, la cosa che gli aveva portato problemi. Andó a prendere la fodera della spada e subito fu investito da quell'isolito e fresco profumo. Controlló meglio ma non vi trovó nulla. La paura si impossessó di lui. Temeva che i demoni avessero trovato quell'oggetto e, se così fosse stato, avrebbe passato molti guai, specialmente con suo fratello. Improvvisamente la porta si spalancó e da essa sbucó la testa di Cadon. Appena vide il fratello fuori dal letto, gli andó incontro e lo trascinó fino al letto, buttandocelo sopra.
"Cosa fai idiota? Prima ti fai trovare mezzo morto nel confine e poi non ti riposi? Non sembrerà ma io mi preoccupo per te" Cadon non poteva fare a meno di gesticolare e camminare per la stanza.
"Sto bene adesso no? Mi avete trovato vivo, penso che basti"
Il generale demoniaco, sentendo quelle parole, prese una brocca e la gettó a terra.
"Rakir, appena ho notato la tua assenza ho pensato che fossi morto per l'insolita energia angelica che c'era in quel luogo. Adesso mi dici perché hai toccato il suolo? Che avevi in-"
"Hai finito? Sto bene, basta"
"Rispondimi!"
Rakir sapeva che dire una qualunque bugia sarebbe stato inutile; il fratello lo conosceva abbastanza bene. Nonostante ció, capì che l'unica via per salvarsi era camuffare la verità omettendo alcuni dettagli.
"Avevo visto una piccola lucina nel bosco e visto che mi annoiavo l'ho seguita" cercó di assumere un tono menefreghista, ma non riusciva a guardare il fratello negli occhi.
"Tipico di te Rak, quanto vorrei capirti. Hai una testa tutta stramba" andó a sedersi sul davanzale della finestra e assunse un'aria perplessa. In seguito guardó fuori dalla finestra e balzó in piedi.
"Mi sa che si è fatto tardi, devo andare a controllare i soldati. É l'ora di cena e sai cosa succede se nessuno li controlla" roteó gli occhi in sú e sorrise, per poi uscire dalla stanza chiudendo a chiave la porta. Cadon conosceva abbastanza bene il fratello da sapere che sarebbe sicuramente scappato senza la dovuta sicurezza.
Rakir rimase solo nella stanza, l'unica compagnia che aveva erano le mille voci e i mille dubbi che gli attanagliavano la mente. Non poteva fare a meno di pensare a quel sacchettino che lo aveva quasi ucciso. Il patto tra demoni e angeli era ancora in vigore e i generali erano i primi a non voler ritornare in guerra; d'altronde erano stati loro a istaurare il patto di pace.
Il demone ricominció ad osservare il confine. Le voci nella sua mente erano contrastanti: alcune dicevano di dover cercare risposte direttamente dagli angeli, altre dicevano che era meglio restare tranquillamente nel suo mondo e far finta che non fosse mai accaduto nulla.
Rakir sapeva che, in un modo o nell'altro, tutto sarebbe terminato nella seconda possibilità. Se fosse andato dall'angelo avrebbe avuto le spiegazioni che tanto cercava. Poi che sarebbe successo? La risposta era fin troppo semplice: avrebbe ricominciato la sua semplice vita da soldato nullafacente.
Andó a prendere la spada e si arrampicó sulla finestra, guardando la terra che si estendeva sotto di lui: c'erano solo due guardie che appena si reggevano in piedi talmente che erano ubriachi. Rakir decise di approfittarne e si buttó di sotto, fregandosene dell'ala che riprese a dolere. Dopo pochi secondi la sua caduta si arrestó e cominció a volare il più velocemente possibile verso il confine sospinto dal vento caldo infernale. Sotto di lui c'erano solo kilometri di terra, non c'era nessuno, né anime né demoni; sembrava quasi che ci fosse una situazioni d'allerta.
Dopo poco il demone arrivó agli inizi del bosco, davanti ad un albero spoglio e grigiastro a causa delle ceneri prodotte dalle fiamme dell'Inferno. A quanto pareva quella pianta non era riuscita a sopportare quell'ambiente e Rakir temeva di fare una fine simile.
Dopo poco si rese conto che stare troppo tempo in quel luogo senza coperture poteva essere pericoloso, così si addentró velocemente nel bosco. La temperatura caló di colpo e il demone fu colto da insoliti brividi a cui non era abituato. Nell'aria c'era molta umidità e il demone riusciva a percepire dei passi che calpestavano foglie secche. Rakir cominció a correre nella speranza di trovare una radura illuminata. Quello era l'unico posto in cui era sicuro di non trovare creature pericolose; dopo tutto quelle radure erano protette dalla luce angelica.
Durante la sua corsa, il demone intravide una piccola e veloce lucina blu in lontananza. Quella era un'anima pura, un'anima che era riuscita a trovare la pace della morte. Poteva essere una guida. Allora Rakir cominció a seguirla con difficoltà, le ali erano troppo grandi e lo ostacolavano, incastrandosi nei rami degli alberi. Dopo poco, il rumore dei passi cominció a farsi più forte, ma Rakir riuscì ad arrivare in uno spazio illuminato carico di energia. Allora si fermó e prese la spada, mettendosi ad ascoltare tutti i rumori che lo circondavano.
Continuava a vedere una figura che correva per tutto il perimetro buio della radura; era particolarmente veloce e il demone riusciva a vederlo a fatica. Nonostante ció non voleva allontanarsi, se fosse stata una creatura pericolosa probabilmente non avrebbe avuto molte possibilità: i suoi riflessi erano ancora lenti a causa del troppo riposo.
La lucina continuava a muoversi velocemente, come se fosse nervosa. Il demone si avvicinó lentamente ma una figura lo precedette. L'angelo racchiuse l'anima tra le mani e rivolse l'attenzione verso il demone. Entrambi si riconobbero subito. Aur prese le distanze per guardarlo meglio, la sua altezza non lo aiutava. Erano sorpresi di vedersi: Aur pensava che fosse ancora a riposo mentre Rakir non si aspettava di incontrarlo subito.
L'angelo distolse lo sguardo dal demone e portó le mani che contenevano l'anima ad un orecchio ancora coperto dall'elmo. Non sapeva che fare in quel momento e gli serviva un consiglio urgente.
Dopo poco annuì e la liberó, facendola volare in direzione del Paradiso.
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