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Rakir odiava volare con altra gente. Non poteva prendere lo spazio che voleva ne tantomeno perdersi nei suoi pensieri. Doveva stare molto attento, altrimenti sarebbe andato a sbattere contro qualcuno e, se fosse successo, lo avrebbero ammazzato, irrascibili e pericolosi com'erano i demoni. L'aria era ancora più opprimente e rovente, insopportabile per un tipo come lui. Il demone cominció a perdere la pazienza così prese la sua spada a due mani in pura pietra nera e cominció a scrutare il bosco sottostante, nella speranza di trovare qualcosa o qualcuno da inseguire, come scusa per allontanarsi dagli altri. L'unica cosa che si riusciva a vedere dalla sua prospettiva era la lunga distesa di alberi verdi e rigogliosi, nient'altro. Decise allora di volare piú in basso, credendo di avere una maggior possibilità di trovare qualcosa. A quella distanza si potevano scorgere roccie, cespugli e altre piante di poco conto. Nulla di interessante, era così dannatamente vuoto quel posto.
Il bosco scorreva e nulla accadeva, così Rakir fece per posare la spada ma qualcosa di brillante attiró l'attenzione dei suoi occhi. Era qualcosa di piccolo e debole, di qualunque cosa si fosse trattato era coperto molto bene. Poco importava, bastava allontanarsi dagli altri. Cominció a rallentare, come un aquila che aveva avvistato la sua preda, e aspettó che tutti gli altri continuassero i loro controlli. A quel punto fece un profondo respiro e scese in picchiata verso il bagliore. Durante la discesa prese troppa velocità e un'ala si impiglió ad un ramo, facendolo rimanere sospeso nel vuoto a pochi metri da terra. Continuó a divincolarsi mentre un dolore cresceva nel punto dell'ala che era rimasto incastrato. Improvvisamente ricordó il bagliore, con tutto il fracasso che aveva fatto o si era allontanato o lo avevo attirato; sempre se si parlava di un essere vivente. Impugnó come meglio potè la spada ma, muovendosi troppo bruscamente per la sua posizione, il ramo gli bucó la membrana dell'ala. Il demone gemette. Il dolore crebbe, diventando lancinante, e l'ala continuó a squarciarsi a causa del suo peso.
In quel momento si sentirono i passi di qualcuno che calpestava le foglie secche che dominavano il suolo. Rakir seppe di essere nei guai: era solo e ferito. Cercare di combattere sarebbe stato inutile. Improvvisamente i cespugli cominciarono a scricchiolare e un varco si aprì tra essi. Ne uscì una figura che Rakir riconobbe subito: un angelo. Aveva enormi ali bianche e piumate che sembravano soffici come nuvole, una lunga camicia bianca tenuta chiusa da spille decorate con estrema minuzia. La sua corporatura era abbastanza minuta e la postura gli conferiva un'aria autoritaria.
Rakir lo guardó con stupore, era la prima volta che vedeva un vero angelo da vicino. Sapeva che quell'incontro avrebbe portato solo guai, peró non ne era intimorito, era solo curioso.
L'angelo si avvicinó al demone esponendosi alla luce della radura e scoprendo il suo capo coperto da un elmo blu e oro. Stretta in una mano vi era una lunga spada blu come la volta celeste dei cieli angelici. O meglio come Rakir li immaginava nei suoi sogni.
"Cosa ci fa un demone qui?"
La sua voce era piuttosto giovane e cristallina, con un tono molto severo. Era molto diversa da quelle a cui il demone era abituato.
"Quest'anno tocca a noi sorvegliare il confine" biascicó Rakir cercando di reprimere il dolore.
"Peró non potete toccare nè alberi nè suolo. È consacrato quindi appartiene a noi. Questo non lo insegnano?"
"Se riuscissi a liberarmi potrei andarmene"
L'angelo scosse la testa sospirando, buttó la spada a terra e, con un solo battito d'ali, si sollevó dal terreno sollevando molta polvere. La potenza di quelle ali sorprese il demone e riuscì solo a differenziare le loro diversitá. L'angelo si pose dietro Rakir e, con uno strattone verso l'alto, riuscì a liberarlo buttandolo di conseguenza a terra. Fu istintivo guardare l'ala: la parte alta era completamente squarciata e da essa uscivano gocce di caldo e nero sangue. Alla vista del suo stesso sangue Rakir raggeló; gli faceva ribrezzo ma doleva troppo per rimanere a pensarci.
Si mise a sedere sull'erba umida e fredda e guardó l'elmo dell'angelo per riuscire ad intravedere almeno i suoi occhi. La curiosità era troppa, voleva sapere com'era realmente un angelo. Aveva sentito tante storie nelle quali gli angeli erano descritti come creature bellissime, bionde e con occhi azzurri, che riuscivano ad ammaliare involontariamente chiunque.
"Non si dovrebbe guardare negli occhi il proprio interlocutore?" Domandó ridacchiando.
"Non hai il diritto di dirmi queste cose" la sua risposta fu netta e seccò parecchio Rakir. Doveva farsi venire un'idea e fu allora che ricordó una cosa.
"Aspetta un attimo... Neanche tu dovresti essere qui. Non dovrebbe essere sgombro il confine?"
L'angelo si acciglió un attimo e strinse le mani attorno all'elsa della spada avvicinandosi al demone.
"Chi sei? E che cosa fai nella tua... Società?" cercava di eludere la domanda, non voleva dare una vera risposta all'altro. Sapeva di dover stare in guardia, i demoni non dovevano essere presi così alla leggera.
"E beh sono un maledetto demone di nome Rakir. Teoricamente sono un soldato, ma come tale faccio solo una specie di ronda mattutina... Odio stare qui"
"Strano per un demone" non riuscì a inventarsi altro.
"Io sono Aur, generale delle truppe angeliche"
La risposta sorprese Rakir e non potè fare a meno di guardarlo meravigliato. Non riusciva a capacitarsi di vedere un generale angelico e voleva capire cosa ci faceva uno del suo rango in un posto come quello.
Rakir, non sapendo cosa fare, si alzó e porse una mano all'angelo, ricevendo solo un cenno della testa schifato. Aur non amava sporcarsi senza un motivo preciso e il demone se ne accorse cambiando subito la mano.
"Perché? Qual'è il tuo scopo?" Dicendolo fece un mezzo passo indietro. Era riluttante, non voleva fidarsi ancora e, anche se non si vedevano a causa dell'elmo, i suoi occhi avevano una nota di paura. Una paura che, anche se leggera, non si addiceva a quello che era.
"Non ho scopi in particolare, sono soltanto un demone che vorrebbe prendere a calci tutte le altre creature infernali"
Lo disse con una nota di ironia ma, in fondo, era quella la verità. A quel punto Aur gli prese la mano e la strinse con forza e decisione. Anche la loro pelle era opposta: una era più scura, macchiata di carbone e molto calda, l'altra era fresca, candida e liscia, come se non avesse mai fatto alcun lavoro manuale.
Il demone rimase sorpreso, non si aspettava che la sua stretta di mano sarebbe stata ricambiata, si aspettava un secco gesto della mano che allontanasse la sua.
"Se non vuoi passare guai ti conviene andartene" disse frettoloso ritirando la mano. Non voleva essere guardato con stupore, non lo sopportava anche se ci era abituato. Di solito tutti i suoi soldati lo guardavano in quel modo quando faceva un esempio di un qualunque esercizio.
"Quanta fretta, e dire che io sono venuto per perdere tempo"
"Interessante... Peró io non ho troppo tempo libero quindi mi congedo" Detto ció fece un piccolo inchino di saluto e si avvió verso l'oscurità del bosco. Improvvisamente si fermó e cominció ad armeggiare con la sua cintura in cuoio. Voleva essergli d'aiuto, era la sua natura dopotutto. Dopo pochi minuti prese tra le mani un morbido sacchetto in seta viola. Aur lo fece saltellare tra le mani e lo lanció al demone che lo prese al volo. Rakir, come risposta, lo guardó perplesso senza capire cosa aveva precisamente tra le mani.
"La strada via terra per andare all'Inferno è piena di pericoli, fa attenzione e curati"
Aur non potè fare a meno di far fuoriuscire ancora una volta un'altra sua parte angelica. Non voleva essere apprensivo con nessuno, specialmente con un demone.
"È stato bello conoscere un angelo"
La frase fu accompagnata da un piccolo sorriso da parte di Rakir. Era davvero la prima volta che incontrava un angelo e non poteva esser più felice di averlo incontrati in un modo così pacato. Aur si allontanó senza degnarlo di uno sguardo e aprì le ali facendo cadere alcune piume bianche.
"Fa attenzione a non farti scoprire con il sacchetto in mano!"
Fu allora che prese il volo verso il suo mondo.
Rakir rimase solo assieme allo strano dono datogli dall'angelo. Lo tastó e capì che, al suo interno, vi era della polvere. Incuriosito lo aprii e fu investito da un forte profumo molto particolare, si riuscivano a distinguere aromi differenti, specialmente menta e cannella.
Improvvisamente un leggero bruciore prese possesso della mano che aveva stretto quella di Aur. Il demone lasció perdere e continuó a camminare verso il proprio mondo ma il bruciore aumentó. Rakir cercó di dare sollievo alla sua mano soffiandoci sopra, come si faceva con i bambini, ma era tutto invano ovviamente. L'unica cosa che riusciva a sentire era l'odore della polvere sulla sua mano.
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