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Urla strazianti riecheggiavano nell'aria, come sempre. Anime dannate che si dimenavano per gli immensi campi infernali cercando un momento di pace. Musica per le orecchie di un normale demone, ma per lui la storia era diversa.
Come ogni giorno, doveva fare un giro di ricognizione tra i dannati. Vedere se c'erano tutti e che non combinassero guai. Gli facevano ribrezzo, come gli umani: esseri inutili che cadevano subito in ogni tentazione o peccato. Creati per diffondere il bene ma che, alla fine, si erano rivelati peggiori dei demoni. Rakir non voleva stare in un posto del genere, a controllare continuamente i dannati senza poter fare altro. Si sentiva in trappola, come un insetto catturato da una ragnatela. Nonostante ció, era consapevole del fatto che il suo sangue demoniaco era la causa di tutto quello.
Guardava molteplici volte le sue mani, se potevano essere chiamate in quel modo. Erano nere a causa del fitto piumaggio scuro e, al posto delle normali unghie, c'erano lunghi artigli. Erano un'arma a sè, ma il demone continuava a preferire la spada.
Strinse le mani in due pugni e continuó a volare sospirando e guardando le anime sotto di lui. Appena entrava nel loro campo visivo cominciavano ad urlare, indicandolo. Le anime lo odiavano perchè era una guardia ma l'odio era reciproco.
Non voleva guardarli, così chiuse gli occhi ma, in quell'attimo di distrazione, andó a sbattere contro un alto albero. Il demone crolló pesantemente alle radici della pianta ma riuscì a cavarsela con qualche graffio. Scosse le enormi ali scure per verificare l'assenza di problemi e cominció a guardare il bosco che iniziava poco più avanti. Fitto, oscuro e pieno di insidie ma allo stesso tempo magnifico. Perfetto per dividere i due grandi mondi opposti: l'Inferno e il Paradiso. Rakir rabbrividì un attimo: riusciva a sentire l'energia angelica che emanava quel singolo albero ormai secco. Quella barriera era stata inalzata proprio da quegli esseri bianchi e piumati qualche secolo prima, durante la guerra.
Il demone non si trattenne e cominció ad accarezzare il tronco. Sentiva delle scintille fredde sotto la sua mano e delle piccole scariche elettriche che riuscivano solo a dare fastidio. Rakir continuó a contemplare quella corteccia angelica finchè una voce non lo riportó alla realta: la voce di Cadon
"Cosa vuoi?" Taglió corto Rakir.
"Su Rak, almeno fai finta di mostrarmi rispetto" il suo tono era piuttosto scherzoso
"È tanto difficile chiamarmi Rakir?Sono solo due lettere in più! Inoltre ti mostreró rispetto quando tu dirai correttamente il mio nome"
"Sai essere palloso quanto gli angeli certe volte...Rak"
Cominció a ridere e Rakir non potè far a meno di scuotere la testa spazientito. Cadon era l'ennesimo essere infernale che non sopportava. Comandate dell'esercito difensivo infernale e  fratello maggiore di Rakir. Aveva sempre un sorrisetto sul volto e, se mancava, lo sostituiva una rara espressione di noia assoluta.
"Ma non dovresti essere già a palazzo? È tardi e le truppe già si stanno radunando" finalmente riuscì ad assumere un tono che si addiceva al suo rango.
Rakir non potè far a meno di assumere un'espressione perplessa, non sapeva di cosa parlava. A quanto pareva se n'era accorto, infatti si acciglió un attimo e scosse la testa.
"Oggi c'è il controllo dei confini, quest'anno tocca a noi!"
"Non toccava agli angeli?"
"Certo che no! Piccolo idiota. Su andiamo"
Cadon fece ritornare sul suo volto un sorrisetto e gli fece cenno di seguirlo, cominciando a volare. La ronda dei confini era un evento che aspettavano tutti soldati; accadeva solo una volta ogni cinque anni. Il compito era semplice: sorvolare la zona boschiva senza toccare il suolo e assicurarsi che ci fosse abbastanza energia in tutti i punti. Rakir non poteva fare a meno di essere felice, avrebbe potuto dare uno sguardo al Paradiso, il luogo più bello che ci sia, sempre stando alle parole degli altri soldati. Il demone faceva molti sogni ad occhi aperti a riguardo. Immaginava una distesa di vegetazione ricca e florida, ogni singolo edificio in pura pietra bianca, fontane dorate che lanciavano zampilli brillanti e tutto quello che c'era di buono nel mondo. Praticamente il contrario dell'Inferno.
Rakir guardó di fronte a sè, stavano per arrivare all'enorme palazzo infernale, fonte di un'immensa energia oscura. Il cortile del castello, usato come posto di raduno, era brulicante di demoni che parlavano animatamente, altri che si allenavano, altri ancora che mangiavano. Quelle erano cose abbastanza ordinarie ma, in quel caso, bisognava prepararsi al meglio. Non avendo voglia di fare nulla il demone, appena atterrato, si si sedette su una roccia e appoggió il mento su una mano, osservando gli altri. Non voleva avere alcun genere di rapporto con gli altri soldati, li considerava esseri ripugnanti. Ogni tanto passava qualche gruppetto di soldati che guardavano per pochi istanti Rakir e poi si rilettevano a parlottare. Probabilmente stavano sparlando di lui, dopotutto i demoni cercano il male anche tra i loro simili, quindi la cosa non poteva sorprenderlo più di tanto.
Improvvisamente si elevó nell'aria il suono di una tromba, quelle note dicevano che era ora di mettersi in moto. Ci fu un gran momento di trambusto: i soldati cominciarono a cercare le loro armi mentre Rakir rimaneva seduto sulla sua roccia a guardare, ridendo quando qualcuno non trovava la propria arma o quando altri cadevano rovinosamente a terra spinti da qualche altro soldato. Quelle scene erano assolutamente patetiche ma il demone non poteva far a meno di deriderli, la cattiveria faceva parte di lui.
Quando la maggior parte dei demoni si libró finalmente in volo, Rakir si alzó svogliatamente e, messe strette le cinghie della fodera della sua amata spada, si alzó alto nel cielo scuro, raggiungendo con poca voglia gli altri demoni.

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