05. ⚔ L'amore è un Fardello ⚔

Il Prigioniero del Capitano

Capitolo 5 ⚔ L'amore è un Fardello ⚔

[POV in Terza Persona]

Mikasa era in piedi al timone, accanto ad Annie, contemplando il mare di notte.

"Probabilmente non lo troveremo mai." Disse Annie con indifferenza. "Dovremo cercare nell'intero oceano una nave che non può mai essere trovata, a meno che non lo voglia."

"Conosco le probabilità." Grugnì Mikasa dando uno sguardo ad Ymir che oziava, in alto, sul punto di vedetta. "Ma abbiamo degli ordini - Ymir! Vedi nulla?!"

"Nessuna nave in vista!" Rispose. Sembrava annoiata oltre ogni dire, forse perché Christa non era lì a tenerle compagnia. Le due stavano insieme da un anno ormai. Mikasa ne era venuta a conoscenza un mese prima e la cosa non le importava, avendo lei stessa interesse per entrambi i sessi*. Fino a quando i loro superiori non ne fossero venuti a conoscenza, andava bene così. Anche Marco e Jean avevano una relazione. L'equipaggio aveva mantenuto il segreto come tale. Si prendevano tutti cura l'uno dell'altro.

"Prova in quella direzione." Annie indicò la loro destra. "Ho la sensazione che quella sia la strada giusta."

Mikasa scrollò le spalle e modificò la rotta. "Sperando che le tue sensazioni servano a qualcosa."

"Armin dorme?" Chiese Annie.

"Sì. Ha sofferto un po' il mare all'inizio, ma ci sta facendo l'abitudine." Rispose Mikasa. L'equipaggio aveva accettato Armin come uno di loro con facilità. Jean, Marco e Connie gli avevano mostrato la nave. Mikasa condivideva il proprio letto con lui, negli alloggi del Capitano.

"Bene. Non possiamo avere un soldato col mal di mare."

"Non è un soldato." Ribattè l'altra.

"Lo è, con noi." Disse Annie. "Per via degli ordini -" rivolse un'occhiata a Mikasa. "O di decisioni personali."

Questa sospirò. "Non posso nasconderti nulla, vero?"

La bionda sogghignò. "No. Immagino che anche i nostri ordini di recuperare Eren siano fasulli?"

"Sì." Mikasa osservò il mare. "Devo trovarlo Annie. Mi dispiace averti mentito."

Annie scosse le spalle. "Non importa, io avrei fatto lo stesso se fosse stato mio amico."

Questo non fece sentire meglio Mikasa.

"Vedo qualcosa!" Gridò Ymir e Mikasa si irrigidì. "No, aspetta, è solo la disperazione di questa missione!"

"Ymir, sei sollevata dal tuo compito!" Imprecò Mikasa rabbiosamente. Osservò Ymir scendere dall'albero.

"Sì, Cap." Disse la bruna incamminandosi verso la sua cabina.

"Farò prendere ad Armin il suo posto." Disse Annie dando voce ai pensieri di Mikasa.

Mikasa la osservò mentre si allontanava. Doveva trovare Eren, non poteva mettere a repentaglio la sicurezza del suo equipaggio e tornare a mani vuote. Se non fosse riuscita a salvarlo ciò avrebbe voluto dire che aveva deluso lui e sua madre. Aveva promesso a Carla che si sarebbe presa cura di lui ed invece aveva permesso che fosse rapito dalla più crudele ciurma di pirati al mondo.

Probabilmente il più grande fallimento della sua vita.

Armin la raggiunse con Annie, arrampicandosi sull'albero.

"Conosci l'aspetto della nave?" Gli domandò Mikasa.

Armin annuì, già a metà strada sul palo in legno. "Non c'è una sola persona, in Inghilterra, che non riesca a riconoscere quella nave infernale."

La corvina asserì col capo, fissando quelle acque che sembrava non avessero fine.

"Ti chiedi mai come sia?" Chiese Annie tutt'un tratto. Mikasa si voltò verso di lei.

"Come sia cosa?"

"La fine," precisò. "delle acque. I confini del mondo."

Mikasa scrollò le spalle. "Immagino che l'acqua, semplicemente, cada in un precipizio."

"Sembra bellissimo." Le sfuggì. Mikasa la guardò. Come poteva pensare che fosse bellissimo? Acqua, creature marine, navi, e persino uomini si erano persi ai confini del mondo. Come poteva, anche lontanamente, essere bellissimo? "Credi che finisca nel cielo?" Proseguì Annie. "Unendosi alle stelle? O che cada nel vuoto? Forse il cielo scuro sopra di noi è composto da tutto ciò che è andato perduto..."

Mikasa alzò lo sguardo rivolgendolo al cielo. Armin, una volta, le aveva detto che credeva che le stelle fossero vive, e che vegliassero su tutti loro. Riteneva che fossero esseri viventi composti da fuoco e luce. A quanto sembrava Annie la pensava diversamente. Mikasa non aveva mai pensato troppo a cose come le stelle o i confini del mondo.

"Voglio vederlo un giorno." Disse Annie. "E' così, che voglio morire. Non voglio annegare, o essere colpita da un proiettile, o impiccata: preferirei cadere da quei confini ed unirmi alle stelle."

Mikasa stava per dire quanto orribile sarebbe stato, ma ci riflettè un po' su. Sì, suonava come il più insoddisfacente dei modi per morire, eppure non poteva negare che sembrava invitante. Immaginò Annie su una nave, navigando placidamente verso i confini del mondo. La immaginò rivolgerle l'ultimo saluto mentre precipitava oltre quei limiti per andare ovunque conducessero. Era poetico, in un modo oscuro.

Mikasa annuì ad Annie. "Tu come vorresti morire?" le chiese quest'ultima.

Mikasa scosse la testa. "Non faccio questo tipo di pensieri. Nessuno sa quando o come giungerà la fine, per cui a quale scopo desiderare una certa morte? Rende solo il tutto più deprimente, in caso la dipartita dovesse essere banale."

Annie fece spallucce. "Tu non sogni mai, Mikasa."

"Vivere nella realtà ti trattiene dal desiderare cose infantili." Replicò freddamente Mikasa. "Nulla, Armin?"

"Niente!" Rispose il ragazzo.

Mikasa si voltò verso Annie. "Dovresti riposare."

La bionda annuì. "Dovrei, ma preferisco stare qui."

"Capisco." Disse Mikasa affidandole il timone. "Tieni, ho le braccia indolenzite."

Annie prese il timone e fissò l'acqua davanti a sé, probabilmente pensando ai confini del mondo.

[Eren POV]

Il Capitano Levi entrò nella stanza chiudendo la porta alle sue spalle. "Siamo fuori pericolo."

Annuii e ci fissammo l'un l'altro. Aspettavo che mi dicesse qualcosa, magari una giustificazione per le sue azioni.

"Faremo una sosta a Bière Amère." Mi disse. Spalancai gli occhi.

"Bière Amère? Non è un porto pirata?" Domandai.

Levi mi rivolse un'occhiata che diceva ma-sei-stupido? "Sì. Eren, siamo pirati."

Oh... Già... Che idiota. "Scusa." Mormorai scendendo dal suo letto per andarmi a sedere sul pavimento. Mi osservò, avvicinandosi poi al suo scrittoio.

"Capitano -"

"No." Mi rivolse un'occhiataccia.

"Non sa nemmeno cosa volessi dire!" Esclamai. Non avevo alcuna intenzione di permettere che, semplicemente, ignorasse il bacio. Dovevamo affrontare la cosa, prima o poi.

"Stavi per chiedere riguardo a ciò che è accaduto prima." Sbottò. "E non sono dell'umore adatto per rispondere alle tue domande."

"Hanji mi ha detto che siete gay." Dissi tutto d'un fiato. La testa di Levi scattò da qualunque cosa stesse precedentemente guardando e, lentamente, si alzò.

"Cosa?"

Deglutii alzandomi a mia volta, così da sembrare meno intimorito. "Hanji mi ha detto che siete gay. Mi ma raccontato cosa pensa Erwin. Mi ha detto che potreste provare qualcosa per me."

Levi aggirò lo scrittoio, avanzando verso di me. Si fermò solo quando fummo a pochi centimetri di distanza e mi guardò dritto negli occhi.

"Io non provo qualcosa per te." Disse con rabbia. "Sono gay, sì. Erwin ed io siamo d'accordo sul fatto che io tenga la bocca chiusa al riguardo, sì. Ma io non provo e non proverò mai dei sentimenti per te, Eren Jaeger."

Sentii il mio cuore fermarsi nell'udire le sue parole. Non avevo mai considerato l'idea che potessi innamorarmi di lui ma improvvisamente mi preoccupai del fatto che forse era accaduto. E mi stava rifiutando.

"Allora perché mi ha baciato?" Gli chiesi cercando di ostentare sicurezza.

"Se tu provassi dei sentimenti nei miei confronti, sarei certo del fatto che non mi tradiresti." Disse Levi con semplicità. "Quello era l'unico modo per scoprirlo."

Arretrai di un passo e strinsi i pugni. Stava usando i miei sentimenti contro di me. Non gli interessava affatto di me, Hanji aveva torto. Per lui ero un gioco. Il bacio non aveva avuto alcun significato.

"Tu non sei niente per me, Eren." Sputò il Capitano Levi afferrandomi la maglia, attirandomi più vicino a lui. "Nulla."

Mi scaraventò brutalmente a terra, scavalcandomi per uscire dai suoi alloggi. Sentii una singola lacrima scorrere sulla mia guancia e mi portai le ginocchia al petto, abbracciandole.

Avevo ragione. Mi odiava ed ero stato un idiota anche solo a considerare l'ipotesi che non fosse così.

Quella nave non era la mia nuova casa: era la mia prigione. Il Capitano Levi era crudele, freddo ed orribile, e non sarebbe stato null'altro che quello.

Avevo mentito a me stesso e mi ero dato false speranze perché avevo paura della solitudine, di essere odiato, ed essere intrappolato su quella nave con lo spietato Capitano Levi era troppo per me da sopportare.

Ci tenevo a lui. Tenevo all'uomo che non avrebbe esitato un solo istante ad uccidermi, se avessi oltrepassato i limiti. Un uomo che poteva usarmi ed abusare di me senza rimorso. Un uomo che non era un uomo, ma nient'altro che un mostro.

Ero solo. Persino più solo di quanto non fossi durante la mia vecchia vita. Almeno prima avevo Armin e Mikasa che mi proteggevano dalla crudeltà di mio padre.

Piansi sul pavimento della stanza del Capitano, fino a che non ebbi più lacrime da versare. Mi alzai in piedi e notai che aveva lasciato una daga sul suo scrittoio. Mi avvicinai e la presi, nascondendola sotto il suo letto, nell'eventualità volessi porre fine alla sua esistenza... o alla mia.

Mi sedetti nuovamente a terra e mi resi conto che fuori era calata l'oscurità. Mi distesi e cercai di dormire. Era difficile perché udii qualcosa schiantarsi sul ponte. Guardai fuori la finestra e vidi una bottiglia di rum in mille pezzi, sotto il punto di vedetta.

Mi ridistesi cercando nuovamente di dormire ma udii un'altra bottiglia infrangersi un paio di minuti dopo. Mi chiesi chi si trovasse lassù e perché stesse gettando bottiglie di rum vuote giù sul ponte. Il Capitano Levi probabilmente si sarebbe infuriato per quel disastro. Sospirai e chiusi gli occhi, tentando di assopirmi nonostante di tanto in tanto si udisse il suono di vetri che si rompevano.

[Levi POV]

Lasciai Eren a terra nei miei alloggi e mi diressi immediatamente ai magazzini. Sapevo di cosa avevo bisogno - alcohol. Gli avevo detto cose orribili e non ne pensavo nemmeno una. Avevo ridotto i suoi sentimenti a brandelli, lasciandolo a pezzi a piangere sul mio pavimento.

Provavo odio. Odiavo ciò che avevo detto, odiavo il modo in cui il suo viso si era contratto in una smorfia di dolore ad ogni parola. Odiavo quanto naturale e facile fosse far del male a qualcuno, ed odiavo la sensazione bruciante nel mio petto che mi aveva urlato di fermarmi.

Non avrebbe dovuto importarmi di lui. Non potevo. Tutto ciò che avevo detto, andava detto. Non gli sarebbe più importato di me, dopo quello. Mi avrebbe odiato ed era quella la cosa giusta. Se lo avesse fatto avrei potuto mantenere le distanze. Se mi avesse guardato con disprezzo non avrei sentito l'urgenza di baciarlo. Se mi avesse temuto non avrei sentito il bisogno di confortarlo.

Doveva essere fatto.

Allora perché mi sentivo di merda?

Afferrai quante più bottiglie di rum riuscissi a trasportare e tornai sul ponte. Stava calando la notte, perciò il numero dei membri dell'equipaggio lì era diminuito. Hanji ed Erwin erano ancora al timone, Petra era di vedetta. Mi diressi all'albero iniziando a salire in cima.

"Sei congedata." Dissi a Petra mentre lei scendeva giù.

Mi sedetti, e vidi Petra parlare ad Erwin. Stappai coi denti il turacciolo da una delle bottiglie ed iniziai a tracannare il rum. Dovevo sfuggire al dolore. Percepii l'albero muoversi un po' e vidi Hanji arrampicarsi accanto a me. Li guardai trucemente.

"Che cazzo vuoi?" Chiesi dando un altro generoso sorso. Guardò le numerose bottiglie che mi circondavano.

"Hai intenzione di ubriacarti?"

"Sì."

Hanji guardò la nave, sotto di noi. "Probabilmente non è il miglior posto per farlo. Potresti cadere."

Scrollai le spalle. "E allora?"

"Cosa è successo?"

"Nulla." Terminai la bottiglia e la gettai di sotto. Si infranse sul ponte, ed Erwin e Petra mi fissarono preoccupati. Ne afferrai un'altra ed iniziai a bere.

Hanji mise le sue mani sulle mie spalle. "E' ovviamente accaduto qualcosa e ti stai mettendo in pericolo, quassù. Ti stai comportando allo stesso modo di quando -"

"No." Spostai quelle mani da dosso. "Non osare nominarli. Non hai alcun diritto di parlare di loro."

"Cosa hai fatto ad Eren?" Chiese Hanji.

Terminai la seconda bottiglia e la lanciai di sotto. Si ridusse in mille pezzi e Petra sussultò a quel suono. Entrambi, sul ponte, sapevano che era meglio non chiedermi del mio comportamento. Non nel mio stato di ovvio turbamento.

Hanji, comunque, non era dello stesso parere.

"Nulla." Sbottai. "Non tutto gira intorno al moccioso."

"Ma questo sì."

"Ho detto no."

"Levi -"

"Gli ho spezzato il cuore, ok?!" Gridai. "L'ho baciato e poi gli ho detto che non significava nulla e che per lui non avrei mai provato niente."

"Levi..." Sembrava più amorevole in quel momento.

"L'ho lasciato a piangere per terra, nei miei alloggi." Dissi e gettai nel vuoto la terza bottiglia. Hanji provò ad abbracciarmi ma li respinsi via. "Non ho bisogno del tuo sentimentalismo, quattrocchi."

"Perché lo hai fatto?" Domandò semplicemente. Lanciai la quarta bottiglia. La mia mente a quel punto iniziava ad annebbiarsi.

"L'ho fatto perché dovevo." Dissi. "Non posso amarlo. Non potrò mai amarlo. Devo restare solo. Se permetto a me stesso di amarlo, si farà del male. Devo ferirlo ora, cosicchè non finisca morto poi." Dissi loro.

Sospirò. "Levi, l'amore non è un fardello -"

"Lo è." Scattai. "Non importa quanto le persone indorino la pillola fingendo che sia la cosa migliore del mondo. Tutto ciò che l'amore mi ha portato è dolore, e non permetterò che accada ancora."

"Ti sta già portando dolore." Disse Hanji, accennando al mio essere ubriaco fradicio.

"Ma non ne ha portato a lui ancora. Non nel modo in cui potrebbe distruggerlo." Replicai e gettai anche la quinta bottiglia.

"Vado a preparare un po' del mio dopo-sbornia." Sussurrò Hanji scendendo giù dall'albero. Li lasciai andare e fissai l'acqua che si estendeva di fronte a me.

Pensai all'espressione di Eren quando gli avevo detto che non lo avrei mai amato.

"Tu non sei niente per me, Eren."

Pensai a come mi fissava con più dolore e pena, negli occhi, di quanto avessi mai visto. Ero io la causa di quel dolore. Io ero causa di quella pena. E non potevo tornare indietro, che lo volessi o meno.

Era necessario, mi ripetevo. Non potevo lasciare che Eren significasse qualcosa per me. Dovevo fermarmi prima che le cose peggiorassero. Dovevo dirglielo, che non significava nulla per me.

"Nulla."

Gettai anche la sesta bottiglia e sentì qualcosa di umido sulla guancia. Avevo iniziato a piangere.

"Nulla."


*Nella versione originale, l'autore definisce Mikasa 'asexual/biromantic', che letteralmente significano 'asessuale/biromantica'.

L'asessualità è la mancanza di attrazione sessuale e di interesse o desiderio per il sesso.

Biromantic è una frase usata per descrivere una persona che ha sentimenti romantici ed è romantica per entrambi i sessi allo stesso modo. Non avendo nulla a che fare con il loro orientamento sessuale, possono essere omosessuali, eterosessuali, pansessuali, asessuali, bisessuali o qualsiasi altro termine sessuale che ti viene in mente. La chiave del biromanticismo è che non ha nulla a che fare con i sentimenti sessuali.

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