Parte 7
Lubov camminava a passo lento sul marciapiede, guardandosi intorno.
Il sole splendeva incontrastato nel cielo azzurro e limpido, illuminando ogni cosa.
C'era un leggero venticello che rinfrescava l'aria, spettinandogli i capelli neri.
Quella era, a suo parere, una giornata perfetta per stare all'aperto.
Non c'erano giornate così nel suo regno, dove il cielo era grigio e tutto il paesaggio coperto di neve. Bisognava spostarsi fino ad uno degli altri regni situati, come il suo, al centro della foresta, per godere di un simile spettacolo.
Malgrado questo, lui avrebbe passato la giornata al chiuso quel giorno, a casa di Einrich.
Gli aveva proposto di vedere un film insieme, sperando così di poter passeggiare un po' con lui, almeno fino al cinema, ma aveva saputo che l'umano non sopportava quel posto.
Il cinema era, secondo lui, il posto peggiore per vedere un film.
Per messaggio gli aveva spiegato che i commenti degli sconosciuti disturbavano la sua visione, e che il buio della sala gli metteva sonnolenza. Insomma, niente da fare.
Lubov non capiva a pieno le sue ragioni, dopotutto lui in un cinema non c'era mai stato e gli era parsa un'esperienza interessante da fare, però non voleva forzare Einrich.
Aveva così acconsentito a raggiungerlo a casa sua, per vedere un film da lui.
Era già stato a casa del ragazzo, non si trovava molto distante dalla sua e per questo sapeva che raggiungerla a piedi non sarebbe stato un problema.
Almeno, così facendo, si stava godendo l'aria aperta da solo.. Anche se l'aria in sé non era delle migliori.
Non era una strada trafficata quella, ma non si poteva dire che mancassero le auto di passaggio. Erano pur sempre in città.
Non appena fu arrivato suonò al campanello e nel giro di qualche secondo Einrich aprì la porta, accogliendolo con un sorriso.
"Ciao! Benvenuto, entra pure" gli disse, spostandosi dalla porta e facendogli segno di entrare.
"Ciao" lo salutò a sua volta, accennando un sorriso.
Lubov si era accorto, lui stesso, di non sorridere spesso quanto gli umani che conosceva. Ogni tanto si sforzava di simulare un'espressione contenta, dopo averla provata almeno un paio di volte davanti allo specchio della sua dimora provvisoria. Per qualche motivo, però, non riusciva a sembrare pienamente felice.
Forse era perché i suoi genitori non gli avevamo insegnato a mostrare le proprie emozioni, anzi avevano sempre voluto il contrario; o forse perché, in fondo, era sempre pensieroso. Doveva riflettere bene per capire a pieno i discorsi degli umani e le situazioni in cui si trovava, riflettere per capire come fosse il caso di agire. Insomma, in lui c'era poco spazio per la contentezza.. Anche se doveva ammettere che dei momenti di spensieratezza c'erano stati, in compagnia di Einrich.
Il ragazzo biondo sembrava molto felice, quel giorno. La sua casa era in ordine, ancor più dell'altra volta, e anche il suo aspetto aveva l'aria di essere curato nei dettagli.
Lubov non aveva pensato più di tanto a cosa indossare. La moda umana era un vero mistero per lui, quindi aveva badato solo ad indossare indumenti puliti, come sempre.
"Grazie per aver accettato di venire qui" si sentì dire, mentre seguiva il padrone di casa fino al salotto.
"Non è stato un problema, non volevo crearti una situazione di disagio" rispose, serio.
Einrich gli sorrise.
"E io non voglio crearne a te" disse. "Se c'è qualcosa che non va, dimmelo senza farti problemi"
Lubov annuì.
Si accomodò con lui sul divano e lo ascoltò mentre gli diceva quali film avrebbero potuto vedere. Einrich gli aveva detto che poteva scegliere quello che preferiva, e ciò creò la prima situazione di disagio.
Lubov non aveva mai visto nessun film.
Quando stava per confessarlo, uno dei titoli che Einrich gli stava proponendo gli riportò alla mente qualcosa. Attraverso gli specchi, diversi anni prima, aveva visto che qualcuno lo stava guardando al cinema. La memoria si fece più vivida. Pensò che forse, proprio in quel momento, aveva pensato per la prima volta di voler andare in quel posto.
Scelse quello.
"Sicuro? È un po' vecchio" commento il ragazzo.
"È un male?" chiese Lubov, temendo di aver sbagliato qualcosa.
"Certo che no, se vuoi vedere questo per me va benissimo"
Einrich prese del cibo dalla cucina e glielo offrì. Per non offenderlo Lubov accettò tutto, mentre il film iniziava.
I film erano, già lo sapeva, racconti da guardare. Racconti delle vite di qualcun altro, a volte fantastiche. Gli umani li guardavano per distrarsi dalla loro vita e sentirsi, per un po', nei panni di un'altra persona.
Questo pensava Lubov, ma la visione del suo primo film fu illuminante.
Non si sentì soltanto qualcun altro, ma si divertì. Si divertì e soffrì insieme al protagonista.
Mente guardavano il film, Einrich controllava Lubov con la coda dell'occhio. Non che si aspettasse qualche mossa da parte sua, ma l'istinto gli impediva di rilassarsi. Dopotutto quello era un appuntamento, il primo per loro due, e come se non bastasse erano in casa da soli.
I genitori di Einrich, con cui condivideva la casa, erano andati in visita a dei parenti lontani portando con loro sua sorella, mentre la gatta Ribbon probabilmente stava dormendo chissà dove. Insomma, erano soli.
Soli e vicini, seduti a pochi centimetri di distanza, sullo stesso divano.
Ogni tanto le loro mani si sfioravano nella ciotola dei popcorn ed Einrich sussultava appena.
Non era mai stato timido, non fino a quel punto. Forse era proprio Adam ad intimidirlo, per via dei suoi modi insoliti, quasi solenni. Eppure non appariva strano in senso negativo, solo strano come insolito, raro, particolare. Si vedeva che per lui era un comportamento normale, naturale. Era una cosa che, in qualche modo, gli si addiceva.
Quando si accorse che Adam sorrideva guardando il film, lasciandosi stranamente andare a qualche espressione sincera, si ritrovò a sorridere anche lui.
Spesso, così gli era parso, i sorrisi di Adam non sembravano veri. Sembravano sorrisi di circostanza.
Ma non quelli.
Non poté fare a meno di osservarlo di nascosto, dimenticandosi anche solo di provare a concentrarsi sul film. Stava guardando qualcosa di più bello: il sorriso sincero della persona che gli piaceva.
A rompere quell'atmosfera di rilassatezza fu proprio la gatta Ribbon, comparsa sulla soglia del salotto. Aveva incurvato la schiena e soffiava minacciosa puntando Adam con lo sguardo. Anche il suo ospite la notò subito.
"Ribbon, fa la brava" la ammonì Einrich. "Se non la smetti ti chiudo in cucina" la minacciò.
Come se avesse capito, la gatta rivolse lo sguardo a lui ed emise un miagolio che al suo orecchio sembrò preoccupato.
Einrich le fece segno di avvicinarsi e così fece, obbediente.
Con un balzo salì sulle gambe del padrone, dove si appollaiò.
Qui, più vicina ad Adam, puntò lo sguardo su di lui e si lasciò andare, ogni tanto, a dei miagolii lenti e quasi inquietanti.
Aveva gli artigli sfoderati e pronti all'uso, Einrich riusciva a sentirli anche se indossava i jeans.
"Mi dispiace.. per qualche motivo non le vai a genio" si scusò.
Lubov spostò lo sguardo dalla gatta al ragazzo.
Scosse la testa. "Faccio questo effetto agli animali" ammise.
Se ne era accorto camminando per strada, tutti gli animali che incontrava sul suo cammino sembravano volerlo evitare o si facevano minacciosi. I gatti soffiavano, i cani ringhiavano. Probabilmente riuscivano a fiutare la bestia che era in lui, andando oltre al suo aspetto umano.
Un po' come quello che era riuscito a fare Einrich, dicendogli che gli sembrava venisse da un altro mondo.
La gatta bianca, palla di pelo che non superava i quindici centimetri, aveva gli occhi azzurri puntati nei suoi. Malgrado tutti i suoi sforzi, non riusciva a sembrare davvero minacciosa.
Che avesse paura di lui?
Era più probabile che sentisse il bisogno di proteggere il suo padrone, così aveva ipotizzato Lubov. Troppo tardi, perché lui aveva intenzione di conquistarlo pian piano, anche se non aveva ancora capito come fare.
Gli venne in mente qualcosa che aveva visto fare una volta, attraverso lo specchio.
Spostò un braccio oltre le spalle di Einrich, sentendolo sussultare al suo tocco.
La gatta si avvicinò improvvisamente e affondò le unghie nel suo polpaccio sinistro, facendolo sobbalzare e di conseguenza spostare il braccio.
Quel corpo umano era così fragile e delicato.
"Ribbon!" esclamò Einrich, mortificato.
Scacciò la gatta dal divano.
"Tutto bene?"
"Sì, è solo che non me lo aspettavo" gli rispose Lubov.
Il ragazzo biondo si scusò e andò a chiudere la gatta in cucina.
Lubov pensò che Ribbon doveva essere come un prigioniero in quel momento. Dopo aver compiuto un crimine, era stata rinchiusa in prigione.
Aveva già visto la cucina di Einrich e sapeva che lì Ribbon sarebbe stata bene, con cibo, acqua e anche un piccolo cuscino tutto per lei.
Era una prigioniera fortunata, normalmente chi provava a ferire il re non veniva trattato con tanta gentilezza.
L'esperienza lo fece sorridere appena e, mentre Einrich tornava seduto vicino a lui, si rese conto anche lui che loro due erano soli.
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