Parte 4

Lubov passò qualche giorno da solo a casa sua, a riflettere.

Vedere Hanna baciare un ragazzo era stato un duro colpo per lui.

Non sapendo come recuperare la situazione si era rivolto più volte al demone accompagnatore perché gli desse dei consigli.

"Gli umani a volte lo fanno" aveva sottolineato lui. "Hanno delle brevi relazioni di poco conto. Forse è una cosa del genere"

Lubov aveva annuito rimanendo in silenzio.

In risposta, il demone accompagnatore gli aveva suggerito di parlarne direttamente con lei.

Lubov non si sentiva nella posizione di fare domande e a dirla tutta non avrebbe neanche saputo come fare, di conseguenza non si era presentato in biblioteca nei giorni a venire.

Ogni tanto riceveva dei messaggi da Einrich sul cellulare.

Si erano scambiati il numero qualche sera prima, quando lui aveva insistito per accompagnarlo a casa. Lubov non ne sapeva molto di quell'aggeggio tecnologico, ma finché il ragazzo gli scriveva lui era in grado di rispondergli.

Aveva considerato l'idea di raccogliere informazioni tramite lui, ma gli sembrava inappropriato metterlo al corrente del suo interesse verso Hanna, così aveva lasciato perdere.

Lo schermo si illuminò mostrando il nuovo messaggio, appena ricevuto.

Einrich gli chiedeva di raggiungerlo a casa sua per aiutarlo a ridipingere una stanza.

Ci rifletté su un attimo domandandosi cosa significasse. In ogni caso si sentiva in debito con lui e visto che gli stava chiedendo aiuto, di qualunque cosa si trattasse, non si sarebbe tirato indietro.

"Ci saranno anche Hanna e altri nostri amici" aggiunse Einrich.

Leggendo il nome della ragazza, Lubov si sentì ancora più convinto ad andare.

Si fece mandare l'indirizzo e uscì di casa.

Una volta arrivato, suonò al campanello e dopo un paio di secondi Einrich gli aprì.

Indossava una maglietta bianca sporca di azzurro qua e là e sembrava sorpreso di vederlo così presto.

"Vieni, entra pure" gli disse, facendosi da parte.

Lo portò a vedere la stanza che doveva essere riverniciata. Era grande e vuota, con carta di giornale che ne ricopriva il pavimento dove, qua e là, erano appoggiati secchi e pennelli. Le pareti erano tutte bianche tranne una, in parte azzurra. Davanti a quella vista Lubov capì che stavano per colorarne le pareti, cosa che non aveva mai fatto in vita sua.

"Ti presto una maglietta bianca, così non sporchi la tua"

Non obbiettò anche se non ne capiva la necessità. Seguì Einrich fino a quella che sembrava essere la sua stanza da letto e accettò la maglietta bianca che gli stava porgendo.

"Se non vuoi sporcarti i jeans posso vedere se ho un paio di pantaloni bianchi in più"

"Non serve" rispose Lubov.

Einrich si zittì improvvisamente accorgendosi che l'altro si era tolto la maglietta senza aspettare che lui uscisse dalla stanza. Gli osservò attentamente ogni centimetro di pelle scoperta senza neanche rendersene conto, appena prima che coprisse il suo fisico asciutto con la maglietta.

Lubov si accorse del suo improvviso silenzio e, alzando lo sguardo, si rese conto che Einrich lo aveva tenuto d'occhio per tutto il tempo.

Non ci aveva pensato e si era affrettato a cambiarsi, ma gli umani avevano un senso del pudore più forte del loro. Lubov però non riusciva a dare la colpa solo a quello, visto lo sguardo del ragazzo biondo, ancora fisso su di lui. Ricordò che aveva visto, attraverso gli specchi, che esistevano degli umani a cui piacevano gli individui del loro stesso sesso. Forse Einrich era uno di loro, e forse il suo corpo magro e poco attraente aveva attirato la sua attenzione.

Non disse nulla a riguardo, mentre Einrich abbassava lo sguardo in preda all'imbarazzo.

Non solo si era cambiato davanti a lui, ma lo aveva fatto nella sua camera.

Tornò a guardare Adam negli occhi, leggendo nella sua espressione seria ma gentile che aveva capito.

Aveva capito, ma non stava dicendo niente.

"Adam, tu.. sei diverso da tutti i ragazzi che conosco"

Si fece coraggio e avanzò di due passi nella sua direzione.

"Ti sembrerò stupido, ma.. la tua postura, la tua calma e il modo in cui ti muovi.. persino i tuoi interessi.. è come se venissi da un altro mondo"

Lubov sgranò di poco gli occhi, sorpreso dalle sue parole. Si vedeva che lo aveva osservato a lungo in quei pochi giorni, ed era riuscito a capire.

Eppure credeva che il fatto di essere intrappolato in un fragile corpo umano bastasse a fugare ogni dubbio.

Ricordava, quando si erano visti in biblioteca, che Einrich leggeva molti romanzi fantasy. Forse era per quello che lui lo incuriosiva?

Adesso erano più vicini, Einrich lo guardava rimanendo in silenzio e lui non capiva che cosa volesse.

Einrich trasalì sentendo il suono del campanello che veniva premuto più volte.

Arretrò d'istinto, ringraziando chiunque fosse alla porta per avergli impedito di fare qualcosa di cui si sarebbe pentito.

"Scusa, dimentica quello che ho detto" gli chiese, in imbarazzo.

Prima che l'altro potesse rispondergli, si precipitò ad aprire.

Lubov lo seguì in silenzio pensando che no, non poteva dimenticare quelle parole. La capacità di osservazione del ragazzo lo aveva colpito.

Alla porta c'erano Hanna e gli altri, Einrich li fece entrare e senza perdere altro tempo si misero a dipingere.

Lubov, che non lo aveva mai fatto, osservò quello che facevano e li prese come esempio per mettersi all'opera.

Dopo un po' che lavoravano, la gatta bianca di Einrich fece il suo ingresso nella stanza. Si sfregò sulle gambe di tutti, uno alla volta, come per salutare, muovendosi con passi soavi e regali sul pavimento coperto da carta di giornale, producendo un leggero rumore che non la turbava affatto. Tutto cambiò quando il suo sguardo incrociò quello di Lubov, che la osservava con curiosità. La gatta arrestò bruscamente la camminata, incurvò la schiena e prese a soffiargli.

"Ribbon! Non si fa così con gli ospiti" la rimproverò il ragazzo biondo, prendendola in braccio. "Mi dispiace, di solito è amorevole con tutti" specificò.

Anche se si trovava tra le braccia del padrone, la gatta non sembrava affatto tranquilla. Einrich dovette portarla in un'altra stanza perché non desse loro fastidio, e così poterono tornare a lavorare.

Mentre passava il pennello sulla parete, Lubov spostò lo sguardo su Hanna, che stava chiacchierando con una sua amica. Il ragazzo di qualche sera prima non era lì.

Continuò a verniciare finché un ragazzo non lo raggiunse per presentarsi a lui.

"Sei il ragazzo di Einrich?" gli chiese.

"No! Ma che dici?" esclamò il diretto interessato.

Adesso aveva le guance di un adorabile color rosso porpora.

Il ragazzo appena conosciuto disse qualcosa come per scherzare, ma Lubov non capì cosa intendesse. Erano settimane ormai che viveva come loro, ma gli umani restavano un mistero per lui.

In un momento di pausa si avvicinò ad Hanna per parlarle.

La ragazza era concentrata sul discorso con la sua amica e non si accorse subito di lui.

Stava parlando di tinte, cose che, Lubov scoprì, servivano per cambiare il colore dei propri capelli. Dal discorso intuì che i capelli di Hanna non erano di un colore naturale e d'istinto abbassò lo sguardo, scosso dalla delusione.

Un particolare che gli piaceva così tanto di lei.. era finto, creato artificialmente. Non credeva che gli umani avessero a disposizione una cosa del genere, per modificare il loro aspetto.

"Ehi Adam, tutto bene?" gli chiese Hanna, che ora lo aveva notato.

Annuì, ma tutta la sua sicurezza era sparita. Non poteva chiederle del ragazzo dell'altra sera, non poteva farlo.

"Noi siamo stanche, quasi quasi ce ne andiamo" disse l'altra ragazza.

Hanna annuì, d'accordo.

"Abbiamo fatto abbastanza per aiutarti, no?" aggiunse.

Lubov buttò lo sguardo sulla loro porzione di parete e pensò che non era affatto così. Anche lui, che era un principiante in quella cosa del dipingere, era stato in grado di fare molto di più.

Quindi Hanna non portava a termine ciò che iniziava?

Einrich riuscì a convincerle a rimanere un po' di più, promettendo loro del cibo come ricompensa.

A fine giornata la stanza era stata completamente verniciata e tutti loro si riunirono a mangiare insieme, al tavolo in un'altra stanza. Erano i festeggiamenti per aver terminato il lavoro.

Durante la cena, Lubov provò a prestare attenzione al discorso di uno dei ragazzi, ma le parole di Hanna lo distrassero.

Stava parlando con la sua amica di un ragazzo, forse proprio quello dell'altra sera. Si lamentava di quanto fosse peloso. Lubov sapeva che i canoni di bellezza umani erano diversi dai loro, ma si sentì comunque tirato in causa e reputò le sue parole offensive.

"Ci sono stata a letto una volta e mi è bastata, non lo vedrò più" continuò lei, alzando forse un po' troppo la voce.

"Hanna, porta un po' di rispetto per noi poveri uomini" si lamentò uno dei ragazzi.

"Mi dispiace ma credo che sarebbe meglio se vi depilaste, noi per voi lo facciamo" aggiunse l'amica, mentre lei si limitava ad annuire convinta.

"Eh no!" intervenne Einrich, contrariato. "Non ditemi che a voi non piace l'uomo forte, coperto di peli, perché non ci credo"

"Ma stai zitto che qui sei il primo che si depila!" esclamò Hanna lanciandogli in faccia un tovagliolo di stoffa.

Einrich era visibilmente in imbarazzo per la sua affermazione.

"È un altro discorso!" ribatté.

Lubov sorrise, divertito da come si era evoluto il discorso dopo il suo intervento.

La cena si era fatta movimentata e piacevole.




Spazio autrice
Non so se avete notato, ma l'immagine che Lubov si era fatto di Hanna è crollata nel corso di questo capitolo. Mi rendo conto che si tratta comunque di dettagli o cose stupide (es. la tinta), ma il nostro ingenuo Lubov aveva dato tutto per scontato, e scoprire la verità lo ha deluso.
D'altra parte si è anche accorto che Einrich prova un certo interesse nei suoi confronti..
Per il seguito ci si vede venerdì ^-^

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