4. La nuova ''famiglia''

Una donna dal vestito a tubino bianco stava baciando sulle guance mio padre quando scesi le scale. 

Una stretta allo stomaco mi colpì all'improvviso obbligandomi a portare la mano sinistra alla pancia. Feci un sospiro profondo e mi avvicinai. Mio padre mi sorrise e mi posò una mano sulla spalla per stringerla, intimandomi di comportarmi bene. 

«Lei è mia figlia, Lilith. Lilith, lei è Clarissa.» Sorrisi forzatamente alla donna che ricambiò con un sorriso disgustato mentre mi squadrava. 

Parti male, Clarissa, pensai. 

Un ragazzo dai capelli biondi e gli occhi verdi affiancò la donna. Indossava dei jeans dal lavaggio blu e compatto con una camicia bianca. 

«Lui è Jaxon.» Il ragazzo mi sorrise, ma io non ricambiai.


Mentre io e mio padre facevamo strada ai due sentii sussurrare da lei un che maleducata e la tentazione di risponderle era forte, ma avevo fatto una promessa.

«Vai alla Upper West Side, non è vero?» Mi chiese Jaxon una volta seduti a tavola. 

Annuii distrattamente troppo presa dallo scorrere la home di Instagram. 

«Devi essere molto brava. Ha consegnato i test di matematica e fisica in quaranta minuti questa mattina.» Mio padre parve sorpreso. Sapeva che andavo molto bene a scuola, ma non gli avevo mai rivelato il tempo di durata dei miei test. 

«Anche tu sei molto bravo, Jaxon, perché ti stupisci?» Il tono mieloso della madre era un suono troppo stridulo per le mie orecchie. 

«Non consegno così rapidamente, però.» 

«Lilith, tesoro, perché non posi il cellullare? Siamo a tavola.» Si riferiva a me come una madre? Nemmeno la conoscevo.

«Perché non abbiamo ancora iniziato a mangiare? Oppure perché la conversazione è noiosa?» 

Strabuzzò gli occhi e io sorrisi vittoriosa.

«Come ti permetti di parlarmi così? Sei una maleducata.»

«Lo ha già dato, vero Jaxon?» Guardai il diretto interessato che assumeva un colorito più rosato sulle guance.

«Certo che l'ho detto! Mio figlio ti ha sorriso e non hai ricambiato e...»

La interruppi. «E lei mi ha guardato disgustata, quindi la maleducata è anche lei. Sarò sincera, io non volevo questa cena, ma per mio padre farei di tutto. Però eviti di farmi da mamma, perché non lo è e mai lo sarà.» Conclusi e non volò una mosca. Solo mio padre mi guardava in modo truce e, con quello sguardo, mi disse tutto ciò che non disse a voce.


La cena venne servita e consumata rapidamente tra un argomento e l'altro, ma non prestai molta attenzione. I ragazzi che avevo incontrato nel Bronx mi avevano iniziato a seguire su Instagram e Kevin mi aveva anche scritto.

Kevin: Ehi, ragazza suicida. Quando torni a farci visita? 😉

Lilith: Non ve lo dico;) 

Kevin: Sai giocare a basket?

Lilith: Sì, perché?

Kevin: Con i ragazzi pensavamo di farti giocare con noi, vieni? 😵 

Lilith: D'accordo. Domani pomeriggio.

Spensi il telefono e tornai ad ascoltare i discorsi della signora Sanchez riguardo la favolosa prestazione di Jaxon a rugby.


Non so come mai avessi accettato di giocare, ma tutto pur di non rimanere a casa con questa donna. Sapevo che mi sarei presa una ramanzina, ma nulla che non potessi sopportare. 

«Lilith, perché non vai ad aiutare Jaxon con la sua stanza? Così vi conoscete.» Continuò Cassandra. 

«Certamente. Vieni.» Mi alzai e iniziai a salire le scale.


La camera del mio fratellastro era proprio di fronte alla mia. Anche lui aveva una vetrata a sostituire un'intera parete. Il letto era posto sulla sinistra, di fronte alla scrivania, mentre ai lati di quest'ultima vi erano due porte bianche. 

Una camera priva di essenza

«Ti serve qualcosa?» Volevo tornare in camera. 

«No, grazie. Se vuoi, però, potresti...»

«Ok, perfetto! Notte.» Uscii dalla stanza. Forse avevo mostrato troppo entusiasmo.


Lucifer era sdraiato sul mio letto a dormire, ma quando entrai si alzò e, dopo essersi allungato, iniziò a strusciarsi tra le mie gambe. 

Sorrisi.

Lanciai le scarpe nella cabina armadio e buttai il vestito sulla poltrona di fronte al tavolino che avevo sistemato vicino alla vetrata. Manhattan di notte era strepitosa. Ero ancora in intimo quando bussarono alla porta. 

«Un attimo!» Urlai. Mi infilai rapidamente una maglia larga e grigia degli AC/DC e andai ad aprire. «Jaxon?»

«Sto uscendo con dei miei amici per andare in qualche locale, vuoi venire?»

«No.»

Chiusi la porta e presi il telefono in mano. Incredibile! Mi aveva iniziato a seguire sia su Instagram che su altri social. Non deve comportarsi come un bravo fratellastro pensai innervosita. 

Bussarono, di nuovo.

Sbuffai. «Avanti.»

«Liten, perché non vuoi andare? Ti farà bene.»

«Lo sai anche tu che non mi piace stare in mezzo alle persone, pave.» Tornai a scorrere il mio profilo.

«I miei amici vorrebbero conoscerti.» Proseguì Jaxon dalle sue spalle.

«Ho detto che non voglio.»


La musica era fortissima e la adoravo per questo. 

Corpi sudati e ubriachi si strusciavano tra di loro. Uomini arrapati si trusciavano su ragazzine troppo alticce per capire cosa stesse succedendo intorno a loro. L'odore di alcool ed erba era forte e inebriava i miei sensi.

«Visto! Sarà divertente!» Mi urlò Jaxon nell'orecchio per sovrastare la musica.

Roteai gli occhi. «Se lo dici tu.»

Mi prese la mano trascinandomi in una parte appartata e meno caotica. 

Due ragazzi sedevano su divanetti rossi coperti di ragazze più nude che vestite. Bottiglie vuote di birra e vodka erano sparse sul pavimento e sui tavolini. Adoravo bere ed avevo accettato solo per quello.

«Dove posso trovare da fumare?» Chiesi a nessuno in particolare.

«Sei pazza? Tuo padre mi ucciderà se ti riporto a casa fatta.» Mi incenerì con lo sguardo.

«Ne dubito. Quindi?»

«Bellezza! Ci rivediamo.»

«Saresti?» Risposi, ma continuavo a guardavo intorno.

«Il tipo a cui hai fottuto il posto.»

Mi girai per guardarlo attentamente e mamma mia! Occhi scuri come i capelli dal taglio lungo e scompigliato. Pelle molto chiara, per quel che si riusciva a vedere con le luci. Indossava una maglia nera dei Nirvana con sopra una giacca in pelle, jeans neri sdruciti e Dr. Martens nere. Le dita erano impreziosite da anelli metallici e un solo orecchio da un orecchino argentato a forma di croce. 

Era il classico puttaniere della scuola. Quello che si vede in tutti i film americani e che finisce per innamorarsi perdutamente della brava, piccola e innocente ragazza. Colei che gli rimetterà la testa apposto, stronzate

Non esiste l'amore.

«Hudson Clark, bellezza.» Aveva l'angolo delle labbra tirato in su, in un sorrisino irritante. Lo stesso sorrisino che mi piaceva tanto avere e che, contro ogni sua previsione, ricambiai.

«Lilith Morningstar, bellezza.» Gli feci l'occhiolino e, per un millesimo di secondo, ne parve sorpreso.

Presi una birra e mi rintanai in un angolo dove non c'era nessuno. Avere accanto tutte quelle persone non mi piaceva per nulla. Passarono minuti, forse ore, quando un ragazzo moro dagli occhi verdi mi si avvicinò.

«Cosa ci fa una così bella ragazza tutta sola?» Sorrise ammiccante.

«Non sono più sola ora.» Ricambiai il suo sorriso con uno dello stesso taglio.

Mi si avvicinò all'orecchio e mi passò un braccio attorno alla vita. «Peccato. Devo proprio tornare dalla mia ragazza, sarà per la prossima volta.»

«Ma certo.» 

Si allontanò sorridendo, ma i miei occhi non si staccarono dalla sua figura. I ragazzi così mi hanno sempre fatto rivoltare lo stomaco. 

Tastai la tasca posteriore dei miei jeans neri per prendere il mio cellullare, ma la trovai vuota.

Piccolo verme!

Mi staccai dalla parete con uno scatto del bacino e, a grandi falcate, lo raggiunsi.

«Credo proprio che la fidanzata la incontri solo nei tuoi sogni.» Gli sussurrai all'orecchio con voce sensuale.

Si girò rapidamente e mi agguantò i fianchi con una presa ferrea. «Cosa te lo fa pensare, bambolina?» Ammiccò.

«Le mani sul culo le metti, ma le cose nelle tasche le lasci, chiaro. Dammi il mio telefono.» Gli feci l'occhiolino.

Con un'espressione sconcertata si portò la mano all'interno della sua giacca per poi estrarne un coltellino. 

«Ciò che prendo diventa mio.» Mi sussurrò all'orecchio e, con un gesto fulmineo, mi strappò la maglia sulle costole.

Un rivolo di sangue ne fuoriuscì, ma nulla che non avessi già passato. 

Tutti quelli che erano in pista si fermarono. 

La musica cessò. 

E un sussurrio di voci si levò dai gruppi più lontani. 

Avevo una mano premuta sulla ferita, ma lo sguardo fisso su quello del moro. Sentii delle presenze accanto a me, ma non mi sarei mai girata con il rischio di perderlo di vista.

«Ragazza suicida, cosa succede?» La voce roca del ragazzo alle mie spalle mi fece sorridere beffardamente, senza che me ne accorgessi. 

«Ci ha provato con me solo per fottermi il telefono.» 

«Alexander! Come hai potuto! Ti lascio, sei solo un viscido.» Una ragazza bionda tinta dal vestitino rosso e striminzito con dei tacchi vertiginosi e un trucco volgare si fece largo tra la folla andando via sculettando.

«Oh. Ma allora la ragazza l'avevi davvero, che peccato...» Vedevo la sicurezza spingere le persone pur di giungere a noi. «Il telefono.»

Avevo la mano tesa in avanti e l'altra sporca di sangue. Era titubante, ma quando Kevin, Liam e Alec mi affiancarono, mollò subito il telefono sulla mia mano per poi darsela a gambe, per quel che riuscì. Due uomini della sicurezza erano giunti dal lato opposto agli altri e lo avevano intercettato.

«Lilith! Stai bene? Chi sono questi? Ah, lascia perdere andiamo a casa.» Jaxon arrivò come una furia.

Mi prese il polso e, senza permettermi di ringraziare, mi portò via.


A casa era scoppiato il putiferio. 

Clarissa mi aveva dato della poco di buono, solamente perché ero stata alla provocazione del ragazzo e mio padre non aveva detto nulla in mia difesa. 

Ero riuscita a svignarmela, senza essere scorta da nessuno, e mi rintanai in stanza. 

Fortunatamente, mio padre aveva sempre avuto la cura di riporre in bagno un piccolo kit di primo soccorso contente acqua ossigenata, cerotti, garze e pomate cicatrizzanti. 

A quanto pare da bambina mi ero lanciata dal divano e mi ero ferita la tempia destra in profondità. 

Il perossido d'idrogeno bruciò parecchio. La ferita si stava cicatrizzando, ma andava pulita e per questo mi ritrovai a incidermi nella pelle. 

Ancora una volta... 

Passai rapidamente la pomata e mi rinfilai la maglia grigia degli AC/DC che fungeva da pigiama.


Odiavo New York.


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Hudson ha rifatto la sua comparsa!!

cosa ne pensate? è vero ciò che pensa Lilith dei tipi così?

io sinceramente li adoro, magari se tengono l'uccello apposto ancora di più, ma vabbe

prossimo capitolo presto

baci! :)

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