Capitolo 1
Villaggio di Fujikami, frazione ovest delle Lande di Illumia.
Tutto il villaggio era in fermento. Kohei Hasegawa, figlio del fabbro Hasegawa, aveva ricevuto una lettera e si apprestava a partire. La Gran Maestra, Jun Satō, lo invitava a recarsi al Sacro Tempio di Illumia per scoprire quale fosse la sua Luna e così affinarla.
Senza ombra di dubbio, si trattava di una grande opportunità e perciò aveva deciso di coglierla e sfruttarla; innanzitutto, diventando un allievo del Tempio avrebbe potuto ripagare i molti sacrifici di suo padre, provare a donargli e a donarsi la speranza di una vita migliore, e poi dimostrare a chi lo aveva sempre deriso per le sue aspirazioni che poteva riuscire a realizzarle.
Il pomeriggio di quello stesso giorno, tra facce curiose che lo seguivano per la via e mormorii concitati, Kohei lasciò infine il villaggio in cui era cresciuto per recarsi sui Monti Nebbiosi, da secoli custodi del Sacro Tempio di Illumia.
«Comunque vada, io sono fiero di te, figlio. Ricordalo sempre.»
***
Tre settimane dopo, nel Sacro Tempio di Illumia.
Kohei si trovò a varcare le immense porte del Tempio, seguendo i passi che altri giovani uomini e donne avevano compiuto prima di lui, l'ansia lo opprimeva e si espandeva veloce nel suo petto come una potente onda. Si aspettava già di dover imparare a destreggiarsi in un ambiente molto differente da quello cui era abituato ma comunque ciò non era bastato a prepararlo ai pretenziosi interni della struttura, pregna di eleganti e preziose decorazioni. Sfarzose quanto lo erano state le persone importanti che le fecero costruire, a loro tempo.
I soffitti erano alti, i corridoi ampi e costellati da imponenti colonne in legno finemente intagliato che lasciavano penetrare la calda luce del giorno.
Tashi li condusse tutti in una grande sala dove enormi candelabri dorati diffondevano la luce delle candele sulle pareti, screziandole di un tenue color rosso. I tappeti erano numerosi, così come le lunghe tavolate apparecchiate, e il banchetto messo a completa disposizione degli allievi ricco di ogni ben di dio.
Kohei non aveva mai visto tanto cibo in vita sua, c'erano moltissime pietanze e gran parte di esse non le conosceva nemmeno, e si ritrovò quindi a sgranare gli occhi con l'acquolina in bocca e lo stomaco già gorgogliante al pensiero che, di lì a poco, avrebbe potuto assaggiare ciò che più gli aggradava.
Camminando per la sala con la testa tra le nuvole, frastornato in una piacevole contemplazione, il suo braccio urtò qualcosa. Tornò subito con i piedi per terra e, giusto quando il disagio che il pensiero di aver rotto un qualsivoglia oggetto si stava per fare strada in lui, si accorse che in realtà ciò che aveva urtato era il braccio di un ragazzo.
Il ragazzo in questione era piuttosto bassino, aveva gli occhi verdi ed i capelli di un bel rosso vivo, la carnagione delicata e le vesti eleganti tipiche di chi aveva vissuto una vita immersa nell'agio. Sembrava un giovane nobile a tutti gli effetti.
«Credo che tu abbia appena commesso un grave crimine! O forse no... Dopotutto, non me ne intendo molto di queste cose.» disse con un'espressione pensierosa, una pergamena stretta nella mano destra, e poi sorrise: «Affascinante la benda sull'occhio. E' stata quella ad impedirti di vedermi?»
Kohei era segretamente rimasto intrigato dall'aspetto di quel giovane, quindi le sue parole ebbero su di lui lo stesso effetto di una doccia gelata. Sbuffò e gli scoccò un'occhiataccia: «Potrebbe anche essere, ma non mi impedirà di darti un pugno sul naso!»
Sebbene Kohei non fosse davvero cieco da un occhio, non aveva mai sopportato quel genere di battute di spirito. Che fosse arrivata da parte di un nobile anziché di un comune popolano non aveva importanza, non riusciva comunque a tollerarla.
Il ragazzo fece istintivamente un passo indietro e si schiarì la gola, improvvisando un leggero inchino: «Ti prego di accettare le mie scuse. Non intendevo essere insolente.» Disse, probabilmente per evitare che Kohei rovinasse la sua faccia, poi fece un ampio gesto con la mano ad indicare l'ambiente circostante: «Così tanto sfarzo... Chissà se anche i Maestri si presenteranno tutti in ghingheri!» aggiunse con fare scherzoso.
«Di sicuro!» fu la sua laconica risposta. Lo superò e raggiunse la prima sedia libera della tavolata più vicina, eppure con suo sommo dispiacere avvertì immediatamente dei passi dietro di sé. Alzò lo sguardo appena in tempo per vedere il ragazzo sedergli accanto e sorridergli: «Non lo darei per scontato. Sai, ehm, secondo me ce ne potrebbe essere qualcuno che non vale niente, cioè... che non vale niente in termini di fascino. Insomma, qualcuno con così poco fascino da risultare terribilmente noioso e banale! Qualcun altro potrebbe, invece, risultare alquanto ingannevole. Voglio dire, le Maestre saranno sicuramente tutte quante bellissime, ma chissà che magari tra loro non possa esserci anche qualche uomo dall'aspetto ingannevole che... potrebbe instillare in qualcuno dei suoi allievi la malsana scintilla della sodomia. Esistono persino due tipi di Lunes capaci di rendere gravidi sia uomini che donne, riesci a crederci? Io, personalmente, non ho ancora ben digerito la questione.» disse ridacchiando.
Rendendosi conto che Kohei non rispondeva, parlò di nuovo: «Visto che abbiamo toccato l'argomento... tu quale Luna pensi di essere?»
A quel punto, Kohei inarcò elegantemente il sopracciglio dell'occhio, color della notte, non coperto dalla benda, l'irritazione faticosamente repressa per potergli rispondere utilizzando un tono di voce pressoché adeguato: «Forse io potrei anche dare alcune cose per scontate, ma tu sei terribilmente... idiota.» dare dell'idiota ad un giovane rampollo non era forse l'idea migliore del secolo, però non aveva trovato appellativo meno scurrile per descriverlo: «Non c'è nulla di sbagliato in un uomo a cui piace un altro uomo. È sbagliato invece parlare in questo modo di qualcosa che potrebbe riguardarti perché, a conti fatti, non sai nemmeno tu quale Lunes sei.»
Le sue parole dimostravano una saggezza che nessuno si sarebbe mai aspettato dal figlio di un fabbro, qualcuno che si supponeva essere rozzo e che aveva a che fare con le armi tutto il giorno.
Effettivamente, nessuno dei futuri allievi che si erano presentati lì quel giorno aveva ancora scoperto quale talento la Dea Luna gli aveva donato; erano argilla grezza in attesa di essere modellata dagli insegnamenti dei Maestri e del fato stesso.
«Tsk!» Kohei aveva ignorato totalmente la sua seconda domanda, così il rosso schioccò la lingua contro il palato e scrollò le spalle, evidentemente seccato dalla risposta ottenuta: «Se si dovesse scoprire che sei un Lunes Nero o un Lunes Cremisi, stammi alla larga! Non ci tengo ad essere ingravidato! Tutt'al più, se proprio vuoi, sarò io ad ingravidare te!» disse. In quel momento, i suoi occhi cangianti riflettevano la luce tiepida delle candele. «A pensarci meglio, però, forse è più probabile che tu sia un Lunes Blu. Comunque, io non ho alcun problema con i sodomiti. Ho avuto qualche storiella anch'io, sai? E' solo che, mh, non trovo corretto che il tipo di Luna che possiedi debba determinare con chi dovremmo stare, tutto qui. Per farti un esempio, se la mia Luna dovesse essere quella Blu ed io volessi scegliere di stare con una donna non potrei farlo dato che, solitamente, tra le Lune Blu si trova la maggioranza dei sodomiti e se volessi diventare padre non potrei diventarlo... Insomma, secondo me queste Lune sono un po' come una condanna... una prigione da cui ci facciamo condizionare fin troppo.»
Dopo aver detto ciò, fece finta di sputare a terra per scaramanzia ed esclamò: «Nooo!! Non sarò mai un Lunes Giallo, voglio essere un Lunes Nero! Anche se pure i maschi possono restare gravidi, non mi interessa!» dato che le Lune Gialle erano di solito note per la loro saggezza ed intelligenza, probabilmente riteneva di aver fatto un discorso molto intelligente.
Kohei non si trattenne dallo sbuffare una risata e alzare gli occhi al cielo, non gli importava se quel bambino troppo cresciuto si sarebbe offeso: «Ciò che hai appena detto non fa altro che confermare quanto tu sia idiota ed anche estremamente ignorante. E dire che sei stato più fortunato di me, avendo avuto la possibilità di studiare, non riesco a crederci!» commentò con saccenteria e, forse, un filino di cattiveria. Qualcuno doveva pur dirglielo. Dopodiché, iniziò a spiegare lentamente, scandendo bene le parole come se le stesse rivolgendo ad un bambino: «Il tipo di Luna che possiedi dentro di te non determina le tue preferenze sessuali. Si vocifera che i Lunes Blu siano più aperti in questo senso poiché rappresentano la creatività e la libertà di pensiero, ma ciò non implica necessariamente che, in caso dovessi scoprire di essere un Lunes Blu, tu debba costringerti ad essere come normalmente non saresti o a fare cose che di solito non faresti. Lo stesso varrebbe nel caso in cui dovessi scoprire di possedere i talenti di una qualsiasi altra Luna. E'... talmente assurdo e frustrante che ci sia bisogno di spiegare qualcosa del genere.» le sue labbra si piegarono in una smorfia quando aggiunse: «Comunque, non darti tanta pena. Non riusciresti ad attirare la mia attenzione nemmeno se ti ci mettessi d'impegno con tutto te stesso.»
Bugia. Colossale, mastodontica, bugia. Ma non c'era bisogno che lo sapesse.
Il ragazzo gli scoccò un'occhiata di fuoco, il suo corpo teso come una corda di violino. Sembrava quasi che stesse per scattare dalla sedia e colpirlo, ma si stesse trattenendo nella consapevolezza dell'ambiente in cui si trovavano: «D'accordo, me la sono cercata.» disse incrociando le braccia davanti al petto: «Però alcune cose, come il poter rimanere gravidi, non si possono comunque scegliere no? Ad esempio, non so se tu ne sia a conoscenza, ma i Lunes Blu sono naturalmente sterili.»
Kohei non sembrava volergli rendere facile trattenersi, anzi lo istigava di proposito: «E' vero che la sterilità e il fatto di poter rimanere gravidi sono cose che non si possono scegliere dal momento che si tratta di condizioni fisiche dettate dalla natura, ma prima stavi parlando di orientamento sessuale... bè, nemmeno quello si può scegliere. Sei così e basta, è nella tua natura. Puoi solo accettarlo e riconoscerlo come parte di te. Ma ci pensi...? Che ironia se dovessi scoprire di poter rimanere incinto! Compiango la tua futura prole...» con quel suo sogghignare ostentava quanto lo divertisse stuzzicarlo e fargli notare l'assurdità di quanto stava dicendo.
«Non ti va proprio giù che io possa avere un pensiero diverso dal tuo, vero? Dobbiamo pensarla tutti come te per essere considerati "intelligenti"? Allora, preferisco rimanere stupido ma conforme a quelli che sono i miei ideali e il mio modo di pensare! Che sia giusto o sbagliato, solo gli Dei lo sanno!» rispose il ragazzo, dopodiché tacque in via definitiva.
Il moro arricciò le labbra in una lieve smorfia, appoggiò un gomito sul tavolo e poi posò il mento su di una mano mentre lo guardava: «Non ho mai detto che tu non possa essere libero di pensarla diversamente, ma anch'io sono libero di esprimere ciò che penso e dirti che secondo me sbagli, no? Non ho mai preteso di cambiare il tuo pensiero; anche se tutto quel discorso ti fa sembrare uno stupido, spetta a te riflettere e scegliere se cambiare idea o meno. Suppongo che riuscirai a credermi solo sperimentandolo di persona...»
Vedendo che il ragazzo si ostinava al silenzio, aprì bocca per aggiungere altro ma ecco che le porte della Sala del Crepuscolo si spalancarono per lasciar entrare la Gran Maestra ed il suo seguito, al quale si aggiunsero come uno sciame altre sei persone ben vestite e diversamente assortite. A quel punto, Kohei lasciò perdere completamente la persona al suo fianco perché cominciava ad avvertire il peso scaturito dalla sensazione di inadeguatezza che non l'aveva mai abbandonato, fedele compagna per tutto quel tempo, e dal non voler deludere suo padre.
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