Capitolo 2

"Dite addio con stile al 1980!" urlò la tv, mettendo qualche tipo di ritornello pubblicitario.

"Non è fottutamente finito, c'è ancora tutto dicembre", brontolò John.

"Non dire parolacce davanti a Sean", lo ammonì Yoko, distratta.

Il bambino di cinque anni non l'aveva nemmeno notato e stava girando le pagine di un libro illustrato con entusiasmo. John lo guardò attentamente. Quando aveva la sua età era stato portato a vivere con Mimi. E quando Julian aveva la sua età John aveva divorziato da Cyn.

Merda, sembrava che avere cinque anni portasse sfortuna alle relazioni fra padre e figlio.

Preso da un improvviso senso di colpa, John spense la tv e andò da lui. "Vuoi fare colazione, Sean?" chiese.

"No, grazie papà", disse, girando un'altra pagina con le sue dita grassocce.

"Non hai fame?"

"No".

"Va bene", disse John, uscendo dalla porta. "Vado a cercare quel libro, sono sicuro che è da qualche parte", annunciò.

"Possiamo anche comprarne un altro", suggerì Yoko.

"Forse", disse John, girando il pomello.

Salì i vecchi scalini logorati della costruzione. La soffitta aveva sezioni private per ogni conserva dell'edificio e alcuni dei residenti avevano spazi nel seminterrato. Mise la chiave nella serratura della soffitta che usavano raramente.

Si morse il labbro, sentendosi come una sorta di criminale. Erano le sue cose e aveva tutto il diritto di guardarle, ma erano anche cose di Paul. Cose di Paul che erano anche relative a John e alla loro relazione.

E che Yoko non avrebbe potuto scoprire mai.

Bene, eccolo che salvava giù nella fottuta strada dei ricordi. Sentì le dita tremare leggermente mentre muoveva da parte le scatole per trovare quella. Sollevò il coperchio.

Di nuovo trovò la sua lettera a Julia e sotto il quaderno di Paul che mise da parte. C'era uno strato di bigliettini adesso, cose che aveva tenuto. Nessuno si aspettava che fosse così sentimentale, ma conservò ogni stupida piccola cosa che Paul aveva scritto, perchè lui era il migliore amico di John e perchè l'aveva amato prima.

Prese un pezzo di foglio a righe.

Questa sera da te alle sei.

Probabilmente era una lettera che aveva spinto sotto la porta, come si era abituato a fare quando erano diventati buoni amici, per fissare quando scrivere canzoni.

John prese foglio dopo foglio, alcuni pezzetti strappati da altre cose, alcuni fogli bianchi e altri vecchi lavori di scuola.

Nuovi accordi - stanotte?

Vieni più tardi stanotte, mio padre esce.

Scusa per ieri John, spero che tu capisca.

Ho scritto una nuova canzone, vieni a sentirla.

Non posso venire alla serata sabato - devo stare a casa con Mike.

Mimi mi ha detto di dirti che devi studiare senza prendere scuse.

Incontriamoci al corso di golf?

Tolse lo strato di biglietti per guardare sotto. C'erano un po' di album impolverati e poi lettere. Lettere, alcune in buste risigillate attentamente, alcune lasciate esposte, alcune tenute attentamente in condizioni perfette, altre visibilmente logorate e macchiate, con la carta rovinata da tutti i piegare e ripiegare.

John ne aprì una.

Caro Stu,

Stiamo venendo a farti visita quindi suppongo che questa lettera potrebbe arrivare dopo di me.

Grazie per la scorsa lettera, mi assicurerò di non rovinare la sorpresa. Sono sicuro che Astrid sarà contentissima! Non preoccuparti, non lo scoprirà fino all'ultimo minuto.

Devo dirti qualcosa ma aspetto di vederti, si tratta di -

Ripiegò di nuovo la lettera. John non riuscì più a leggere la lettera.

Non arrivò mai a dire a Stu quella cosa e non arrivò mai a fare la sorpresa ad Astrid.

John frugò fra le lettere e ne trovò una di Paul, riconoscendo subito la sua calligrafia.

John,

Rispondi alla tua dannata lettera.

Che succede a Barcellona? È qualcosa che non puoi dirmi, perchè sto cominciando a preoccuparmi. Presto chiamerò Brian se non mi arriva risposta.

Merda, John, dimmi solo che va tutto bene. Lo so, ero arrabbiato nella scorsa lettera, ma ora voglio solo sapere che non ti è successo niente.

Paul.

Appena sotto vi era un foglio ripiegato, con due righe scarabocchiate.

Paul,

Va tutto bene.

John sospirò. Si era dimenticato che un tempo era proprio uno stronzo.

Adesso sperava di poter tornare indietro e correggere cosa aveva fatto, mandare una seconda lettera piena d'amore e pentimento, qualcosa che avrebbe evitato lo spezzarsi del cuore di Paul a causa dello stupido scontroso John.

***

Paul ricontrollò il calendario, per essere sicuro, nonostante la data sarebbe rimasta logicamente la stessa di quando aveva controllato un'ora prima. 3 dicembre.

Mancavano sei giorni alla visita a John. Merda, non era sicuro su cosa fare lì, oltre a festeggiare i quarant'anni-più-due-mesi di John?

Era carico di uno strano tipo di nervosismo al pensiero di rivedere John, qualcosa che gli ricordava l'agitazione che sentiva la notte a Mendips o quando John era entrato a Forthlin per una veloce sessione di prova o quando ha saputo che sarebbe andato ad Amburgo; cavolo, ogni volta che Paul era in possimità di John si agitava inevitabilmente.

Questa volta non faceva eccezione, benchè avesse dovuto spiegare a Linda perchè stava andando a trovare John a New York così vicino al Natale. Era stato difficile da dire, in effetti, dal momento che Paul si era autoinvitato, ma aveva promesso di tornare in tempo per le vacanze con regali molto speciali dagli Stati Uniti.

Merda, era a pezzi e nervoso, e c'erano ancora giorni prima che mettesse piede all'aereoporto.

L'attesa non feceva bene a Paul.

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