Capitolo 16
Si svegliò in un bagno di sudore poco prima di un rumore, come se dovesse sentirlo pienamente da sveglio.
Era come se stesse succedendo di nuovo, esattamente come prima - il tremendo rumore di scricchiolii, i passi, e infine la realizzazione agghiacciante che c'era qualcuno lì, dentro casa.
Questa volta anche Paul si svegliò, e rivolse lo sguardo a John con occhi sgranati. John gli mise un dito sulle labbra e raggiunse il telefono che avevano in stanza. Lo sollevò e iniziò a comporre il numero per far arrivare subito la polizia, ma dal telefono non si arrivò alcun suono.
Bloccato dall'improvvisa realizzazione, provò a premere l'interruttore della luce, ma anche qui non successe nulla.
"È saltata la luce!" sussurrò John. "Che senso ha che la luce salti proprio qui, proprio adesso, mentre -"
Paul gli chiuse la bocca con una mano. "Stai zitto!" sibilò. Analizzò la stanza alla ricerca di qualcosa che potesse aiutarli a difendersi contro l'intruso e trovò solo un pesante volume su uno scaffale.
Lo afferrò e avvicinò un orecchio alla piccola apertura della porta.
"Sta arrivando", fiatò Paul. Un leggero rivolo di sudore gli scese sulla tempia. Il battito del suo cuore lo stava soffocando, chiudendogli la gola man mano che i passi si facevano più vicini.
La porta si aprì e Paul colpì quella che sembrava essere la testa della persona con tanta forza quanta era la paura aveva accumulato. L'intruso poggiò una mano su una fronte ammaccata e oscillò alla cieca nella confusione della stanza buia, riuscendo a trovare Paul.
Il braccio infortunato di Paul venne tirato all'indietro mentre lasciava andare un gemito di dolore, tenendosi la spalla. Un secondo dopo, ci fu un orribile suono cigolante. "Attento!" urlò John, ma Paul fu troppo lento nel reagire.
Il letto cadde addosso entrambi.
"Paul! Paul?" si tuffò John.
"Sto bene", rispose l'altro a denti stretti. "Preoccupati di lui!"
L'aggressore era ancora intrappolato sotto la pesante struttura del letto. John lo guardò. Non era nessuno. Non l'aveva mai visto in vita sua.
Pallido, rotondi occhi verdi, un cespuglio di capelli castani, una faccia piccola e delicata. Con una leggera espressione di pentimento John lo colpì con il libro sulla testa, forzatamente, finchè i suoi occhi non rotearono all'indietro.
John riuscì a sollevare a fatica il letto, liberando quei due. Paul cercò di rialzarsi facendo forza sulla spalla buona, ma cadde all'indietro tremante. L'altro braccio stava appeso in un angolo strano.
"Chi è lui?" riuscì a dire Paul, tenendosi la spalla.
"Nessuno", rispose John brevemente.
Trascinò il corpo privo di sensi (sperando che fosse solo privo di sensi) fuori dalla stanza e lungo il corridoio. Una gelida folata di vento lo spinse verso casa appena John aprì la porta. Tirò l'uomo un po' di metri più lontano finchè non fu completamente fuori casa. Stava nevicando e già la faccia gli si riempiva di piccoli cristalli simili a diamanti, ricoprendolo con uno strato di bianco.
John chiuse la porta.
Senza dire una parola, prese una scatola di fiammiferi e ne gettò uno acceso nel camino. Un ultimo ceppo era ancora là, con esitazione si accese un fuocherello di un arancio scuro che lambiva cenere e corteccia.
Crollò sul divano e fissò il fuoco, apparentemente ipnotizzato. La luce si rifletteva sui suoi occhiali e li faceva sembrare dei solidi cerchi di quello stesso peculiare color arancio. Paul si sedette accanto a lui, senza sfiorarlo minimamente.
Ricordò che meno di una settimana prima John avrebbe voluto ricominciare da dove si erano fermati anni prima. All'inizio aveva detto no, ma vivendo con John, tutto stava tornando indietro. Era stato obbligato a ri-imparare il suo volto, l'esatto modo in cui si illuminavano i suoi occhi, la cadenza della sua voce, tutti i piccoli dettagli che erano andati persi col passare del tempo.
John guardò dritto davanti a sè, perso. Paul si chiese se aveva perso o meno la sua chance e se adesso i loro destini erano diretti di nuovo in direzioni opposte. Il destino, pensò, perso anche lui nelle sue riflessioni.
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