CHAPTER 44

Dylan atterrò su una nuvola. Nonostante fosse solo una massa d'aria fredda, nelle sue spoglie d'angelo poteva benissimo camminarci sopra senza pericolo di cadere di sotto. Gli angeli erano gli unici in grado di farlo, oltre ai fantasmi; se un essere umano qualunque avesse provato anche solo ad appoggiarvici delicatamente, avrebbe fatto un capitombolo di non si sa quanti chilometri.
Dylan guardò prima se stesso, notando che aveva di nuovo indosso solo i pantaloni bianchi e candidi come la neve, torso e piedi nudi; non si vestiva in quel modo dalla sua caduta sulla Terra. Si osservò intorno, facendo un giro su se stesso riconoscendo il luogo.
Il Paradiso pensò, mentre pian piano si rendeva conto di cos'era successo: il castigo era terminato, un'anima dolce e sincera l'aveva liberato dalla prigonia dell'umanità, della mortalità. E quell'anima era stata Alyson.
Alla fine, l'aveva trovata.
Doveva sentirsi felice, sollevato di aver termimato la sua punizione di improginamento sulla Terra, ma allora perchè si sentiva in quel modo? Era arrabbiato, frustato, abbattuto e... triste? Non riusciva a spiegarselo. Poi però, il nome che aveva ricordato nella mente gli bussò dalla memoria, inviandoli semplicemente un'immagine: una ragazza mora con gli occhi blu e profondi che lo guardava sorridendo.
Alyson, Alyson, Alyson, la sua mente gli continuava a ripetere quel nome nella sua testa, rimbombando da una membra all'altra.
Come risvegliatosi da un sogno, scosse il capo cercando disperatamente intorno a sè la ragazza; ma quando si rese conto che non c'era e che non ci sarebbe mai stata lì, a meno che non fosse morta e si fosse presentata sotto forma di fantasma, una morsa gli serrò il cuore.
"Alyson..." Sussurrò con un filo di voce, ricordandosi ciò che era appena successo, come un lampo a ciel sereno.
La passeggiata mano nella mano con la ragazza, ridendo e non pensando a niente, tanto meno sull'apparizione di molti mesi prima, all'inizio del suo castigo. Poi la voce. Quella maledetta voce che aveva annunciato la fine della punizione, e quindi della relazione tra l'angelo ed Alyson, che rimasero impietriti di fronte alla verità: si sarebbero dovuti separare. Erano rimasti immobili, non riuscendo a metabolizzare subito tutto quanto.
Poi era arrivata la luce.
Un fascio luminoso ed accecante che, dapprima era un semplice barlume, ma piano piano si era fatto spazio tra le immense nuvole bianche. Alyson si era dovuta mettere le mani davanti agli occhi per coprirsi dalla luce, per non esserne accecata; ma Dylan no, aveva tenuto lo sguardo fisso con quasi aria di sfida.
Ed infine, era arrivato lui. Elemiah. L'angelo a cui aveva voluto più bene, era sceso sulla Terra per poterlo accompagnare di nuovo in Paradiso. Il ragazzo avrebbe voluto controbattere, dire che non voleva seguirlo, che avrebbe preferito rimanere in castigo per l'eternità; ma la realtà era che era rimasto fermo, i sensi intorpiditi da tutto quanto. Elemiah l'aveva preso per un braccio, un sorriso triste e dispiaciuto gli aveva increspato le labbra; se l'era trascinato in volo attraverso lo spiraglio di nuvole -che si era chiuso dopo il loro passaggio- mentre i due ragazzi innamorati si guardavano, sentendo già la mancanza l'uno dell'altra.
Ed eccolo lì, in quel momento, le mani fra i capelli, caduto in ginocchio a causa delle gambe molli come gelatina, mentre piangeva tutte le sue lacrime e sussurrava le parole che avrebbe voluto gridare quando l'avevano portato via da Alyson.
"Dylan." Una voce maschile lo chiamò, attirando l'attenzione di Dylan e facendogli alzare lo sguardo. Elemiah era di fronte a lui, lo sguardo dispiaciuto, come il tono della sua voce; teneva uno specchio sotto il braccio sinistro, cosa che attirò molto l'attenzione dell'angelo più giovane. "Perchè hai uno specchio?" Chiese, la voce ancora un po' tremante per il pianto.
"Per farti vedere una cosa." Rispose semplicemente, mettendogli di fronte lo specchio.
"Che cosa?" Domandò concuso, ma si rispose quando vide qualcosa di strano nel sul aspetto, specialmente nella parte superiore; infatti, i suoi capelli non erano più biondo platino con ciuffi neri, e i suoi occhi erano solamente viola, e non di tre colori.
"Perchè ho i capelli biondi?" Ormai si sentiva smarrito in quel mondo che era stato suo fino a qualche mese prima.
"Quei ciuffi neri erano dovuti ai tuoi scherzi più gravi, per ricordarti di stare attento; ma ora che hai espiato il tuo castigo, non ne hai più bisogno." Gli spiegò l'angelo più vecchio, mettendo da parte lo specchio e ingonocchiandosi davanti a Dylan, mettendogli una mano sulla spalla in modo paterno. "Ascolta," cominciò, cercando di infondergli in quelle parole e in quel gesto tutto il calore di conforto. "so che è difficile averla dovuto lasciare, ma la punizione ormai è finita, non avevi più alcun motivo di rimanere sulla Terra."
"Ma io la amo, non posso lasciarla dopo... dopo tutto quello che abbiamo passato!" Esclamò Dylan, sentendo le lacrime pizzicargli gli occhi. "Abbiamo sofferto, superato qualsiasi ostacolo che la vita ci presentasse davanti, arrivando al risultato finale; e adesso tu mi vieni a dire che dovrei rinunciare a tutto quello che ho ottenuto? Solo perchè non ho più motivi per rimanere sulla Terra?" La sua tristezza e disperazione si stava trasformando in rabbia, parola dopo parola. "Beh, strano ma vero, io un motivo ce l'ho per tornare sulla Terra, e si chiama Alyson. Non era questo che voleva Lui? Che capissi cos'è l'amore?"
"Il suo scopo era più profondo di provare semplice amore." Gli disse Elemiah, aiutandolo a rimettersi in piedi. "Ma non spetta a me dirtelo, deve farlo Lui in persona."
"Lui vuole ricevermi?" Chiese sorpreso il giovane, visto che non chiamava mai nessuno per parlargli, a meno che non volesse discutere di qualcosa di importante, come quando lo aveva informato del castigo. "E perchè mai? La punizione è finita e mi avete già portato via tutto ciò a cui tenevo, cosa volete da me adesso?"
"Tranquillo, devi solo fare una chiaccherata sullo scopo del tuo castigo e se è riuscito, ma prima..." l'angelo più anziano esitò, sapendo che Dylan non avrebbe accettato quel fatto.
"Ma prima cosa?" Lo canzonò lui, incitandolo a continuare.
"Ma prima dovari parlare con tuo padre; lui l'ha chiesto al Signore e gliel'ha concesso." Disse alla fine Elemiah, mentre Dylan si sentiva sprofondare, volendo solamente sparire.

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