|CHAPTER 4|

Appena Dylan fu sicuro di essere arrivato in casa al sicuro da sguardi altrui, si tolse la camicia dei jeans per liberare le immense ali lucenti con un fruscio. Esse erano di un bianco più puro della luce, alcune piume erano dorate e altre argentee, formando un disegno complesso ma allo stesso tempo magnifico ed affascinante. La larghezza era di circa nove metri, occupando così la maggior parte della stanza in cui si trovava.
"Wow." Mormorò a fior di labbra Kim, attratta da quelle ali pure e magnifiche di fronte alle quali era rimasta a bocca aperta.
"Così va meglio." Commentò Dylan inarcando la schiena. Gli era sempre piaciuto poter liberare le sue ali, percepire quel dolce e familiare peso sulle spalle.
"Però ora ritirale un po', che se no non riesco a muovermi liberamente!" Lo avvertì Kim ridendo; Dylan obbedì e ritirò le ali sulla schiena, per fare in modo da lasciare più spazio. "Grazie." Disse la figlia con riconoscenza, per poi dirigersi verso la cucina.
Nel frattempo Dylan si sedette sul comodo divano posto in salotto, poggiando i piedi sul tavolino da caffè posto di fronte. Il ragazzo si stava rilassando, quando un urlo proveniente dalla stanza adiacente -in cui si trovava l'altra- squarciò il silenzio creatosi. Si precipitò di corsa nella direzione della voce chiedendo preoccupato: "Che cosa succede?"
Kim era di fronte ai fornelli, dai quali spiccava un fuoco di un colore rosso acceso decorato da fiamme verdi e azzurre. Dylan si inginocchiò di fronte ad esso, lasciando Kim stupefatta e senza parole.
"Dylan." Lo chiamò ad un certo punto una voce possente e imperiale dal fuoco.
Kim, non sapendo che cosa fare, si diresse in soggiorno, dal quale origliò tutta la conversazione.
"Vedo che sei riuscito a giungere perfettamente integro sulla Terra." Osservò la voce, mentre Dylan annuiva.
"Sì, Creatore." Rispose il ragazzo con ancora il capo chino.
"Sono qui per rimembrarti le condizioni del tuo castigo." Spiegò il Creatore con tono monotono, quasi fosse annoiato nel ripetere per la milionesima volta in che cosa consistesse la punizione. "Dovrai comportarti come un semplice mortale, avrai bisogno di bere, dormire, mangiare e tutto ciò che ti servirà per soddisfare tutti i tuoi bisogni primari. Frequenterai le scuole dei mortali in base all'età che dimostri, per poi tornare in Paradiso quando vedrò che la tua anima è tornata bianca e pura, e non grigia e scolorita come lo è ora." Elencò a Dylan tutte le condizioni necessarie perché lui potesse far ritorno a quella che un tempo l'aveva considerata come 'casa'; dopodiché la fiamma tremolò, fino a quando non si spense del tutto senza neanche provocare un po' di fumo o calore.
Dylan sollevò lentamente la testa, per poi alzarsi molto lentamente.
"Cos'era?" Il capo di Kim fece capolino dalla porta, curiosa per ciò che era appena avvenuto nella sua cucina.
"Piuttosto chi era." La corresse Dylan, girandosi nella sua direzione.
"Vuoi dire che lui era..." Deglutii forte, prima di riuscire a pronunciare quella parola. "...Dio?"
Dylan annuì senza aggiungere nient'altro. Kim era rimasta senza parole, si avvicinò al ragazzo poggiandogli una mano tremante sulla spalla per cercare di fargli forza, nonostante lei non ne avesse neanche una briciola. Egli capì il gesto della figlia e lo apprezzò molto, offrendole un sorriso.
"Tranquilla, sto bene. Grazie." Quella situazione fece provare un calore al petto a Dylan, qualcosa che non aveva mai percepito in tutta la sua vita.
Qualcosa stava cambiando in lui, che la punizione potesse veramente servire a qualcosa?
"Vado a fare un giro." Dylan avvertì Kim mentre si dirigeva verso una scala che portava sul tetto.
"Aspetta, la porta è dalla parte opposta." Gli disse Kim, ma lui la guardò con la coda dell'occhio e mosse appena le ali. Lei capì subito le sue intenzioni e lo lasciò andare.
Una volta che Dylan fu in piedi sul tetto, spalancò le grandi e maestose ali composte da tante soffici e leggere piume, una leggera brezza gli sferzava il viso, il petto e l'addome nudi, creando un brivido che gli percorreva tutto il corpo attraverso i nervi. Fece un respiro profondo, poco prima di flettere le ginocchia e librarsi in cielo come un'aquila, maestosa e leggera allo stesso tempo. Le ali erano come un'estensione del suo corpo, non aveva bisogno di pensare ai muscoli di esse che si contraevano a ogni battito, ma poteva liberamente concentrarsi su qualsiasi altra cosa.
Ad esempio: cosa gli stava accadendo?
Da quando era arrivato sulla Terra provava uno strano calore al petto, quasi gli andasse in fiamme.
No, non da quando era sulla Terra.
Si accorse che quella sensazione si era insinuata dentro di lui da quando aveva rivisto Alyson quella mattina nella sua stessa scuola. I pensieri di Dylan corsero subito a Alyson, non riuscendo subito a capirne il perché. All'improvviso si volsero di fronte a lui alcune immagini: Alyson il giorno prima, quando l'aveva accidentalmente urtata, i suoi occhi l'avevano fulminato quando ci aveva provato con lei. Gli occhi sbarrati e le labbra piene appena socchiuse per la sorpresa quella mattina quando l'aveva visto. La sua lieve e cristallina risata quando la compagna di banco le aveva sussurrato qualcosa all'orecchio e il modo in cui si era messa una mano sulla bocca per attutire il suono delle risate. Il suo sguardo di fuoco pieno di gelosia quando aveva chiesto a Dylan se Kim era la sua ragazza. Il suo sorriso...
Dylan scosse la testa, non riuscendo più a capire cosa gli stesse accadendo. Da quando quella mattina aveva conosciuto Alyson, anche solo di poco, aveva sentito nuove emozioni mai provate prima e in quell'istante non sapeva più come reagire.
All'improvviso qualcosa catturò la sua attenzione sulla terraferma. Una persona -grande quanto una formica- stava uscendo da un bar con una camminata furente, per quanto i tacchi alti glielo permettessero. I capelli ramati svolazzavano come tentacoli nell'aria con movimenti bruschi e veloci. Per fortuna non si era accorta di Dylan, a occhio e croce l'angelo dedusse che fosse una ragazza, più o meno di sedici anni. Decise di andare a controllare cosa fosse successo. Si accertò che non ci fosse nessuno in giro e tornò con i piedi sul ruvido marciapiede costellato di crepe. Ritirò le ali sotto la pelle e si diresse verso una finestra del bar per sbirciarvici dentro.
Per un secondo gli mancò il respiro.
Dietro al bancone, intenta a pulire un bicchiere con un vecchio straccio, si trovava Alyson. In volto aveva un lieve sorriso di soddisfazione, come se avesse raggiunto uno scopo che desiderava da tutta la vita. Ad un certo punto la ragazza, sentendosi osservata, alzò lo sguardo nella direzione di Dylan. Lui immediatamente si ritirò e si appiattì contro il muro per non farsi vedere.
Quando furono passati un paio di minuti, si volse a guardare di nuovo attraverso la finestra. Alyson era tornata a pulire il bicchiere, scuotendo la testa. Dylan fece un sospiro di sollievo, prima di aprire le ali e volare di nuovo verso casa.

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