CHAPTER 27

Quella fu una notte insonne per Dylan, la prima che passava da quando era giunto sulla terra. Nonostante i suoi tentativi di addormentarsi, girandosi e rigirandosi nel letto, quella fu una notte composta da fasi di alternanza tra dormiveglia e quando era veramente sveglio. Non faceva che guardare l'orologio digitale posto sul comodino vicino al letto, ripetendosi che ci sarebbe voluto un altro minuto e poi si sarebbe addormentato; ma quei numeri fosforescenti erano solo delle lancette che scandivano minuto per minuto la nottata d'inferno che stava passando.
Aveva provato mille metodi per addormentarsi: dopo aver capito che continuare a rigirarsi nel letto non gli sarebbe servito a niente, aveva provato a svuotare la mente da ogni pensiero, peccato che l'immagine di Alyson alleggiasse, nonostante i suoi sforzi, all'interno della sua mente, non volendosene andare; provò anche a contare le pecore -cosa che riteneva veramente stupida- ma neanche questo lo aveva aiutato.
Cercò di stancare il corpo, facendo un giretto in volo sulla città, dato che da quando era sulla Terra, i voli lo stancavano abbastanza, ma anche da sfinito, il suo corpo si rifiutava di cedere al sonno.
Proprio nel momento esatto in cui era planato in camera sua dalla finestra spalancata da lui, entrò in stanza Kim, porgendogli un bicchiere di latte caldo, con la scusa che sua madre utilizzava sempre quel rimedio per quando lei non riusciva a dormire. Dylan trangugiò tutto d'un fiato, borbottando un: "Grazie" alla figlia e tornando a dormire.
O almeno, a provarci.
All'inizio parve funzionare, ma era semplicemente una pia illusione, infatti si svegliò completamente dopo circa una mezz'oretta.
L'angelo aveva deciso di andare a dormire abbastanza presto dopo la chiacchierata con Kim, perché aveva intenzione di svegliarsi ben riposato il giorno dopo per parlare al meglio con Alyson a scuola.
Peccato che non ne ebbe l'occasione l'indomani.
Non perché Alyson lo evitò, neanche per colpa del tempo; non era direttamente andata a scuola.
"Dannazione!" Ululò Dylan la prima ora di lezione, quando vide che la ragazza non si era presentata.
Non aveva affatto voglia di rimanere ad ascoltare la lezione di storia, per questo uscì dall'aula con la scusa di andare in bagno, visto che il professore era molto permissivo, per poi naturalmente sgattaliolare fuori dalla scuola.
"Non ti hanno insegnato che non bisogna marinare la scuola? E soprattutto, di non prendere in giro le persone anziane?" Domandò in modo ironico una voce familiare.
Dylan individuò con la coda dell'occhio il proprietario, vedendo un uomo all'incirca di mezza età appoggiato contro un albero alla sua sinistra.
"Lasciami stare, Elemiah." Disse in tono supplichevole l'angelo più giovane a quello più anziano.
"Non posso permetterti questo lusso, per oggi." Gli rispose, staccandosi dall'albero e avvicinandosi a Dylan, alzando la visiera della fedora beige e mostrando meglio i suoi occhi talmente chiari da confondersi quasi con il bianco intorno all'iride.
Gli fece segno di seguirlo.
"Forse preferivo stare a scuola." Si lamentò il giovane, seguendo alla fine l'altro angelo.
"Forse." Gli confermò senza guardarlo in faccia.
Camminarono in silenzio per una manciata di minuti, mentre facevano il giro della scuola e arrivavano sul retro, dove una scala era appoggiata al muro.
Elemiah la raggiunse, sistemandola in modo da poterci salire sopra.
"Che vuoi fare?" Chiese Dylan perplesso, mentre l'altro cominciava a salire.
"Se spicchiamo il volo sulla terra ferma di sicuro qualcuno ci vedrà" Spiegò, per poi rivolgere lo sguardo verso il cielo. "Ma ci sono meno possibilità se spicchiamo il volo dal tetto."
"Possiamo benissimo camminare." Sbuffò Dylan, mentre lo seguiva, anche se controvoglia.
"Dove dobbiamo andare è difficile e troppo lontano da raggiungere a piedi." Si giustificò l'altro, continuando la sua scalata.
"Come hai fatto a trovare una scala così alta?" Chiese Dylan quando furono quasi arrivati in cima.
"Piccolo favore dall'alto." Rispose, fermandosi un secondo per indicare il cielo con un dito.
Dylan annuì e, dopo un paio di minuti, la mano di Elemiah sporse dal bordo del tetto aiutandolo a tirarsi su.
"Grazie, ma dove vuoi portarmi?"
"Te lo dirò solamente quando saremo in volo, sicuro che nessun altro ci senta." Elemiah si scrutò in torno pronunciando quella frase, mentre si dirigeva verso il centro dell'ampio tetto piatto, seguito subito da Dylan.
L'angelo più anziano si tolse il cappello, rivelando dei capelli argentati e corti, e il trench, sotto il quale indossava solo un paio di pantaloni lunghi bianchi ed eleganti -tipico di tutti gli angeli- e mandò all'indietro le spalle, facendo uscire dalle scapole le magnifiche ali, con quei disegni dei vizi e le virtù umane come se fossero state ricamati.
Elemiah invitò a fare lo stesso anche a Dylan, il quale si tolse la felpa e dispiego le candide ali.
Piegarono le ginocchia e, quasi contemporaneamente -Dylan lo fece qualche secondo più tardi-, sbatterono le ali, volando come uccelli sulla città.
"Allora Dylan..." Cominciò Elemiah dopo cinque minuti di silenzio. Stava dirigendo il giovane verso un luogo ben preciso, che non si sarebbe mai aspettato. "...ti ricordi qual è stato il luogo in cui hai incontrato Alyson per la prima volta?"
La domanda colse di sorpresa il ragazzo che, subito, non seppe cosa rispondere. "Al parco, dopo la mia cad..."
"No." Lo interruppe l'uomo. "La vera prima volta che vi siete incontrati. Non è successo tre mesi fa, ma molti anni prima." Gli suggerì.
Dylan rimase in silenzio per qualche secondo, sapendo benissimo a cosa si riferisse l'altro.
"Alla strada tra il paesino in cui vive Alyson e il centro di San Francisco." Mormorò alla fine con una nota di tristezza.
"È da lì che tutto è iniziato, e lì tutto finirà." Sospirò Elemiah, abbozzando un sorriso compassionevole.
Volarono per quella che a Dylan sembrò un'ora, arrivarono sopra una strada quasi completamente deserta, dove risaltava un piccolo puntino colorato sulla ringhiera in acciaio.
Dylan lo riconobbe subito e gli si formò un groppo in gola a causa dei ricordi che stavano affiorando nella mente.
Il suo sguardo divenne vacuo, perso mentre riviveva ogni singolo passaggio di quel tardo pomeriggio.
"Perché?" Chiese con un filo di voce il ragazzo, dopo qualche minuto. "Perché mi hai portato qui?"
"Beh, ti ho visto che sei venuto qui ogni anno, dopo che è successo l'incidente." Spiegò Elemiah, non guardando Dylan però, bensì guardando anche lui i fiori attaccati alla ringhiera che costeggiava la carreggiata dove era accaduto tutto quanto. "Per dieci anni sei tornato qui, rivivendo tutto e chiedendo perdono alle tue vittime; ma non sei più venuto, da quanto ti sei spaventato vedendo un ragazzo alto e biondo, chiamato Sebastian Jordan Bailey. La paura di essere visto, o che quello fosse uno dei parenti delle vittime, ti ha fatto desistere dal continuare la tua visita qui annuale."
"No, ti sbagli, non sono più venuto per lui." Lo corresse Dylan, notando un sorriso compiaciuto sul volto dell'altro angelo, capendo che stava dicendo ciò che voleva sentire da lui. "Non sono più venuto perché avevo visto lei. Sapevo benissimo che Alyson, nonostante avesse quattordic'anni quando è venuta per la prima volta con il fratello, si ricordava di me, perché l'avevo vista girare il viso rigato di lacrime verso il cielo, come per cercarmi. E io l'avevo riconosciuta nonostante non avesse più quattro anni."
"Perfetto, vedo che te lo ricordi." Disse compiaciuto Elemiah.
"Sì, ma mi chiedo ancora perché tu mi abbia fatto venire qui." Ripetè Dylan.
"Vedi Dylan, mentre tu non venivi più qua, Alyson e Sebastian hanno preso l'abitudine di venire qua ogni anno per aggiungere nuovi fiori al piccolo 'altare' e togliere quelli vecchi rinsicchiti.
"Il piano è semplice: tra un mese sarà il dodicesimo anniversario della morte dei loro genitori, e tu dovrai farti trovare qua con un mazzo di fiori per la piccola tomba, nel momento esatto in cui arriveranno anche loro."
Dylan ci rifletté su, continuando a fissare il luogo in cui non tornava da due anni.
"Come farò a sapere quando arriveranno loro?" Domandò incerto alla fine.
"Tu verrai qui per le due, loro, se tengono gli orari di sempre, arriveranno mezz'ora dopo di te. In caso di inconvenienti, ti avverto io." Lo rassicurò Elemiah.
Rimasero lì per almeno altri dieci minuti, prima di girarsi per tornare indietro.

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