CHAPTER 22

Si erano ormai fatte le sette ed Alyson stava preparando la cena per lei, il fratello ed Andrew.
Dopo una manciata di minuti in cui erano rimasti in silenzio, lei mangiucchiandosi le pellicine e lui torturandosi le mani, la ragazza era riuscita a trovare le parole per chiedere ad Andrew sulla sua 'nuova' vita.
Entrambi furono contenti che quel fragile silenzio, colmato solo dai loro respiri, fosse stato rotto, e l'Indeciso era disposto a rispondere ad ogni sua domanda.
Gli spiegò che dopo che Dylan era andato a minacciarlo l'ultima volta di starle lontano e di non farle più del male, si era reso conto di ciò che aveva combinato. Sfiorò il punto sul braccio della ragazza dove aveva lasciato i segni violacei quel fatidico giorno, facendo arretrare d'istinto la ragazza.
"Scusa, l'abitudine." Si scusò Alyson, risistemandosi più vicino a lui.
"Tranquilla, ti capisco." Rispose, abbozzando un sorriso.
Continuarono a parlare fino a tardo pomeriggio, o almeno fin quando Alyson non si accorse di che ore fossero e che doveva preparare la cena per loro tre.
Si mise ai fornelli rifiutando cortesemente l'aiuto di Andrew, che si sedette su una sedia in cucina per poter comunicare con lei senza dover urlare da un'altra stanza.
"Come ti senti?" Chiese all'improvviso lui, interrompendo il discorso che stavano facendo sul cibo, partito da lei che gli chiedeva se gli andava di mangiare del gumbo.
Era il piatto preferito della madre di Alyson, nonché pietanza favorita anche di quest'ultima da quando erano morti i suoi. Il gumbo era la zuppa che sua madre preparava ogni domenica a pranzo, perché cibo tipico della città da cui proveniva, Louisiana. La vedeva ogni domenica mattina intenta a cucinarla con amore e il sorriso stampato in faccia.
"Cosa intendi dire?" Ribattè, non capendo la domanda del ragazzo.
"Ti ho vista correre verso casa tua in lacrime; ti ho chiesto cosa fosse successo e ho cercato di consolarti, ma non ti ho domandato come ti stessi sentendo." Si spiegò, alzandosi e poggiandosi al bancone da cucina vicino ai fornelli per poterla guardare meglio in faccia, anche se lei teneva lo sguardo basso, sulla pentola piena della zuppa.
"Come credi che possa sentirmi?" Chiese retorica lei, girando lentamente il cucchiaio.
"Ah, io non lo so, devi dirmelo tu." Rispose con un sorriso, cercando di sdramatizzare un po' la situazione.
Alyson sorrise debolmente. "Mi sono sentita tradita sinceramente, non gli credevo, o meglio, non volevo credergli. Dopotutto, provo qualcosa per lui."
"Provi?" Sottolineò lui, notando che aveva usato il presente e non il passato.
"È complicato." Si giustificò. "Sento che lo odio perché ha ucciso i miei genitori e quasi ucciso me; ma ho una vocina nella mia testa che mi ripete che non l'aveva fatto apposta, che non lo avrebbe mai voluto." Una lacrima scivolò giù dal suo volto andando a finire dentro il gumbo.
"Attenta, o salerai ancora di più la zuppa." Cercò di scherzare ancora lui, passando il pollice sulla striscia umida che le attraversa la guancia. "Ci penso io, tu prenditi un fazzoletto." La spostò di lato dolcemente, prendendo in mano il cucchiaio.
Accettò l'offerta di Andrew e andò in salotto a prendere un fazzoletto di carta sul tavolino.
Notò vicino al pacchetto il suo cellulare, il quale non aveva sentito suonare visto che era ancora spento.
Lo accese, e appena esso si fu totalmente acceso, lo sentì vibrare nella mano per qualche secondo.
Il nome sul display era sempre lo stesso, tranne un paio di volte, in cui c'era una chiamata persa di Sebastian e un messaggio sempre di quest'ultimo che diceva che sarebbe arrivato dieci minuti in ritardo a causa del traffico.
Togliendo queste due eccezioni, il suo nome era l'unico a dominare lo schermo, rendendole la gola secca mentre lo pronunciava.
Dylan.
"Ti manca, vero?" Una voce familiare e roca risuonò alla destra Di Alyson, facendola girare di scatto verso quella direzione.
C'era di nuovo quell'uomo che aveva conosciuto al bar durante il turno di lavoro; all'apparenza poteva essere un uomo di mezz'età come gli altri, ma quegli occhi ghiaccio con sfumature grigie li avrebbe riconosciuti ovunque.
"Elemiah?" Chiese Alyson, rimembrando il nome che lui gli aveva esplicitamente detto di ricordare.
"Vedo che hai un'ottima memoria." Sottolineò lui, avvicinandosi di un passo con un sorriso sghembo in viso.
"Se lo dici tu."
Nel frattempo Andrew stava ascoltando la conversazione che stava avvenendo nella stanza vicina, avendo riconosciuto la voce dell'uomo, non potendo distogliere l'attenzione dal piatto.
'In certi casi il multitasking è utile' pensò con un sorriso divertito in viso.
"Come hai fatto a entrare?" Chiese leggermente spaventata Alyson, non ricordandosi di aver sentito la porta d'ingresso aprirsi, il campanello suonare e tanto meno lei andare ad aprire la porta.
"La finestra in camera tua è aperta, non ricordi?" Rispose Elemiah facendo un altro passo avanti.
La ragazza, decisamente spaventata da quella risposta, prese la prima cosa che le venne sotto mano, cioè un attrezzo appuntito vicino al camino che serviva per muovere la legna quando il fuoco ardeva, anche se di solito lei e suo fratello non lo usavano spesso.
"Mettilo giù, so che non hai il coraggio di farmi del male." La stuzzicò, continuando ad avvicinarsi.
Lei continuava ad indietreggiare, ogni passo che lui compieva in avanti era uno indietro da parte della ragazza.
"Se non avevi paura quella volta in cui ci siamo incontrati, non dovresti averne adesso." Avanzò, facendo gesto con la mano di consegnarli ciò che stava tenendo in mano la ragazza. "Dammelo."
"No." Rispose secca, non potendo più indietreggiare visto che si trovava già con la schiena al muro.
Elemiah fece uno scatto avanti e con un movimento veloce fece in modo che lei non avesse più niente per difendersi in caso di pericolo.
"Non ti devi preoccupare, non sono venuto qui per farti del male, voglio solo parlarti." Cercò di rassicurarla, notando il suo sguardo spaventato.
"Che cosa vuoi?" Chiese schietta, rilassando un po' le spalle.
Non voleva abbassare del tutto lo sguardo, era sicura che l'avrebbe aggredita al minimo segno di disattenzione.
"So cos'è successo con Dylan." Alyson trattenne il fiato mentre pronunciava quella frase.
Lo sapeva?
Come ne era venuto a conoscenza?
"Sono qui per dirti di perdonarlo."
Lei lo guardò truce. Chi si credeva di essere? Non poteva andare da lei e dirle di perdonare l'angelo dopo tutto quello che le aveva detto.
"Dylan ha ucciso i miei genitori." Aveva un nodo in gola e sentiva le lacrime cominciare a salire.
Di nuovo.
"Lo so, sono stata la prima persona a saperlo." Le confidò l'uomo, poggiandole le mani sulle spalle. Lei non si ritrasse.
"E sono stato il primo anche a vederlo piangere, prima di quel giorno non aveva mai versato una lacrima."
Si allontanò avvicinandosi verso le scale che portavano al piano superiore per potersene andare.
"Aspetta, dove stai andando adesso? Te n vai di già?"
"Tuo fratello sta parcheggiando l'auto, ed è meglio che non mi veda." L'angelo spiegò le ampie ali bianco-celesti e si avviò sulle scale.
Prima di scomparire del tutto al piano di sopra, disse un'ultima frase: "Per precisare una cosa, non ti sto dicendo che adesso devi correre tra le sue braccia e perdonarlo, anche lui ha bisogna della sua bella dose di dolore." Sul profilo del suo viso di illuminò un sorriso divertito. "Ma almeno ripensa a ciò che ti ho detto."
Lo vide scomparire al piano di sopra mentre la porta d'ingresso si apriva, rivelando la figura alta di Sebastian.
"Hey Alyson, sono tornato!"

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