CHAPTER 18

Era tutta la mattina che Dylan si comportava in modo strano, ed Alyson se n'era accorta.
Non riusciva a capirne il motivo, ed ogni volta che gli chiedeva se andasse tutto bene o se ci fosse qualcosa che lo turbava, lui scuoteva la testa e liquidava la domanda con un gesto della mano.
Ci provò tutta la mattinata quando lo vedeva a farlo parlare: a ricreazione, nelle ore in comune...
Niente. Era l'unica cosa che rispondeva lui.
"Alyson?" La chiamò il ragazzo all'uscita da scuola.
"Sì?" Replicò la ragazza, mentre entrambi si fermavano in fondo alle scale.
"Verresti a casa mia ora? Per..." L'angelo ci pensò su un po', facendo ammontare in lei quella sensazione di disagio che gli stava sul petto da tutta la mattina.
"Dylan, devi dirmi qualcosa?" Non aveva intenzione di arrendersi, voleva scoprire a tutti i costi che cosa stava tormentando così tanto il ragazzo.
"No, non ho niente." Rispose Dylan, forse un po' troppo bruscamente. "Volevo chiederti se volevi venire a casa mia per passare un po' di tempo insieme." Mentì lui, sperando che lei credesse a ciò che aveva appena detto, ma la mora sapeva benissimo che non era vero.
"Va bene." La mano del ragazzo scivolò in quella della ragazza, per poi incamminarsi verso casa sua.
Il tragitto fu silenzioso e tranquillo, ed Alyson ebbe tutto il tempo per pensare.
Che cos'era successo a Dylan?
Gli lanciò uno sguardo di sottecchi, notando che aveva la mascella contratta e la pelle tirata attorno agli zigomi.
La stretta intorno alla sua mano era salda e forte, come se avesse paura che potesse scivolargli via da un momento all'altro.
Ma perché?
Non era mai stata capace a leggere le altre persone guardandole solo in faccia; ma l'angelo era turbato in una maniera tale da farlo capire anche ad un analfabeta del linguaggio non verbale.
Quando furono arrivati, Dylan fece posare lo zaino alla ragazza vicino all'ingresso, per poi accomodarsi sul divano disposto di fronte a un camino in salotto.
"Allora, cosa vuoi fare?" Domandò Alyson un po' in imbarazzo.
Non aveva avuto molte relazioni in passato, ma solo qualche bacio rubato, o carezze appena accennte, o ancora cotte non ricambiate.
"Volevo parlare." Rispose Dylan, la voce ridotta a un sussurro. "Di te."
La ragazza provò una fitta al cuore, potendosi già immaginare che cosa volesse dirle. "Non vado bene, giusto?"
"Cosa? Che intendi dire?" Il ragazzo sembrava confuso e stordito, non comprendeva ciò che intendeva.
"Che non sono la ragazza giusta per te. È questo che volevi dirmi?" Gli occhi della ragazza erano lucidi, stava per scoppiare a piangere.
"Aspetta un secondo!" La fermò lui ansioso. "Credi che io voglia lasciarti?" Cercò conferma.
"E se no che cosa dovresti dirmi." Un singhiozzo scosse appena il corpo fragile di lei, mentre una lacrima le scendeva lungo la guancia.
"No, no, no, no. Non piangere, ti prego Alyson." Dylan si sedette ancora di più vicino alla ragazza, per asciugarle con il pollice l'unica lacrima che le era scesa a rigarle la guancia. "Non voglio lasciarti." La rassicurò, cingendole le spalle con un braccio e facendole posare la testa sulla spalla di lui.
"Ho aspettato tantissimo di stare con te, non mi permetterei mai di mollarti proprio adesso."
Lei sembrò tranquillizzarsi, avvolta dal braccio dell'angelo come fosse una morbida e candida ala.
"Volevo chiederti qualcosa sui tuoi genitori." Mormorò Dylan, facendo scattare dritta la ragazza.
"Perché mai vorresti farlo?" Chiese la mora, spaventata dai ricordi dolorosi che avrebbe dovuto rievocare.
"Te lo dirò alla fine. Te lo giuro." La sua voce era dolce e accogliente, ma lei era intenzionata a non parlarne.
"Ti prego Dylan, non farmelo fare." Lo supplicò, gli occhi tornati tristi e cupi di nuovo in pochi minuti.
"Ti prego, prometto che ti spiegherò tutto, ma dopo."
Alyson, anche se titubante e molto incerta, decise di provare a parlarne. "Che cosa vuoi sapere?"
"Come sono morti?"
"In un incidente stradale." La voce di lei era piena di sofferenza e malinconia, lo sguardo che si posava in giro per la stanza senza un soggetto preciso. In testa aveva un ammasso di ricordi che si stavano formando: quelli felici e spensierati mischiati a quelli dolorosi e sofferenti.
"Quando è successo?"
"Dodici anni fa circa." I dubbi del ragazzo si stavano affermando, ma non era una cosa positiva, non in quel caso.
"Potresti dirmi com'è andata, precisamente?" Dylan le strofinò la schiena con una mano, cercando di farle forza.
"Stavamo tornando dal centro città di San Francisco." La voce di Alyson tremolava, le lacrime erano pronte a uscire, ma cercò di trattenerle.
"Io e i miei genitori eravamo andati in un negozio di sport per comprare gli sci."
"E Sebastian?" Chiese il ragazzo, dato che lei non aveva nominato il suo nome.
"Era dai nonni per gli allenamenti." Disse scuotendo la testa.
Per lei era l'unica cosa positiva che fosse successo quel giorno, il fatto che il fratello ne fosse rimasto fuori indenne.
"Comunque, eravamo andati a comprare gli sci perché i miei volevano insegnarmi a sciare, proprio come a mio fratello. Erano così gentili e premurosi..." L'ultima frase la disse sopra pensiero, stava rivivendo un momento molto importante della sua vita; quel momento in cui tutto era cambiato, soprattutto lei.
"Va tutto bene." La rassicurò Dylan; anche se lei avrebbe preferito sentire un: 'stai tranquilla, ci sono io adesso, non ti succederà niente'. Non sarebbe mai riuscito a dirlo senza sentirsi uno sporco bugiardo.
Alyson ricominciò a raccontare ciò che era successo, la voce sempre tremante. "Come stavo dicendo, stavamo tornando dal centro città, i miei stavano cantando mentre io guardavo affascinata fuori dal finestrino. Avevo solo quattro anni, ero curiosa su tutto ciò che mi circondava." Abbassò la testa guardandosi i piedi, non riusciva a sostenere lo sguardo di lui.
"Tutto era tranquillo, stavamo tornando per andare a cenare dai miei nonni, dove c'era anche Sebastian. All'improvviso un camion cambiò carreggiata andando contro mano..." Si portò una mano al cuore, sentendo il peso del ricordo che le aggravava sul petto sempre di più, ogni parola che pronunciava.
"Il camion si rovesciò dopo circa un paio di metri, prendendo in pieno la nostra auto e schiacciando i miei genitori." Strinse forte gli occhi cercando di reprimere le lacrime che continuavano a minacciare di uscire.
"Loro morirono sul colpo, mentre io fui ferita gravemente, finendo in coma e risvegliandomi un mese dopo circa."
"Non hai visto niente dopo l'incidente? Intendo, prima di finire in coma." L'angelo cercava di raccogliere più informazioni possibili; ma quella storia dei fatti corrispondeva troppo a ciò che aveva causato il suo scherzo.
Alyson ci pensò un po' su, strizzando appena gli occhi e tornando in quel momento preciso: dall'incidente al coma.
"Ho visto una luce." Confessò alla fine la ragazza in un sussurro.
"Da piccola ero molto curiosa, e quando chiedevo ai miei cosa succedeva quando morivamo, loro rispondevano che una luce scendeva dal Paradiso alla Terra, e ci veniva a prendere." Un piccolo sorriso le spuntò sulle labbra a quel ricordo, perché era uno di quelli in cui i suoi genitori erano ancora vivi. E felici.
"Quando ho visto quella luce, l'unica cosa che mi ricordo è che ho allungato le braccia sperando che mi portasse con se, credendo di essere morta. Non volevo più soffrire."
Mille emozioni volavano intorno al cuore di Alyson: malinconia per non avere più al suo fianco i genitori, dolore per la loro perdita.
"Un fatto curioso è che Sebastian mi disse che mi avevano trovato senza uno dei due nastri gialli che mi tenevano i capelli in due codine, che strano."
Il silenzio calò tra di loro come un velo, fin quando Dylan non pronunciò le uniche parole che la ragazza non si sarebbe mai aspettata di sentire, almeno non dall'angelo.
"Alyson, sono stato io; sono io la causa della morte dei tuoi genitori."

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top