CHAPTER 17
Dodici anni prima
Dylan stava volando nel cielo durante una notte tranquilla sopra una normale strada di San Francisco. Si stava annoiando a morte, segno inequivocabile che era giunta l'ora di un altro suo scherzo.
Lo avevano già rimproverato almeno una ventina di volte per i suoi scherzi, ma lui se n'era sempre uscito giustificandosi che erano scherzi innocenti e non avrebbero fatto male a nessuno.
Almeno fino a quel momento.
Esaminò al meglio la situazione che si trovava sotto di lui, provando ad escogitare nella mente un dispetto che avrebbe superato quelli precedenti.
Chi sarebbe stato la vittima?
Sulla semplice strada sotto di lui, il traffico scorreva tranquillo e placido, anche se lo sarebbe stato ancora per poco tempo.
Dylan individuò un camion che procedeva verso il centro città, l'autista aveva il finestrino giù e il gomito si trovava al posto del vetro. Una mano reggeva la testa, mentre l'altra era sul volante. Il camionista aveva gli occhi stretti in due fessure, il sonno stava cominciando a farsi sentire dopo il lungo viaggio durato un giorno intero.
Dylan sorrise soddisfatto, avendo individuato la vittima e il modo in cui attuare il suo scherzo.
Uno dei vantaggi di essere angeli era quello di avere una voce melodiosa, dato che erano famosi soprattutto per il loro canto dolce e gentile, come una carezza.
Dylan scese in picchiata verso il camion, cercando di arrivare il più vicino possibile all'uomo seduto al posto di guida.
L'angelo non aveva paura che qualcuno lo vedesse, era invisibile a chiunque; l'unico lato negativo era che i bambini, con la loro innocenza e ignoranza, erano gli unici che potevano vederlo, ma nessuno avrebbe mai creduto a delle creaturine così piccole e ingenue.
Molto spesso i bambini sapevano più verità sul mondo che non fa gli adulti, eppure erano sempre ignorati e sottovalutati.
Avvicinò le labbra all'orecchio del camionista e cominciò a cantare con voce gentile una dolce ninna nanna.
All'inizio gli occhi dell'uomo rimasero socchiusi, ma piano piano cominciarono a chiudersi, mentre l'uomo veniva avvolto dal tocco delicato del sonno.
Dylan si sollevò tornando in cielo, aspettando di vedere il risultato del suo scherzo.
Dal centro città, nello stesso momento, un'auto contenente una piccola famigliola si stava avvicinando al luogo in cui sarebbe accaduto il misfatto.
Il camion fuori controllo finì sulla carreggiata vicina, andando contromano.
La vettura proseguì così per circa un paio di metri, fino a quando il corpo addormentato del conducente non cadde sul volante, facendo deviare bruscamente a destra il veicolo, per infine ribaltarsi nel bel mezzo della corsia.
I passeggeri dell'automobile che arrivava dal centro città non ebbero neanche il tempo di analizzare ciò che stava accadendo, perché il rimorchio cadde sul muso dell'auto, schiacciando i due adulti che si trovavano sui sedili anteriori, i quali morirono sul colpo.
Il camionista sarebbe morto circa una settimana dopo in ospedale, a causa delle gravi ferite soprattutto alla testa.
Dylan notò con una nota di terrore ciò che aveva causato; mai gli era capitato di creare la morte a persone innocenti con uno dei suoi scherzi.
L'angelo si avvicinò, sperando di trovare anche solo un piccolo segno di vita.
Una volta vicino alla macchina, oramai distrutta per una metà e ammaccata per l'altra, sentì dei gemiti appena percepibili dalla parte posteriore dell'auto.
Dylan, preso dalla curiosità, andò a controllare che cosa fosse. Si affacciò al finestrino scoppiato a causa dell'impatto, e a quel punto un nodo gli strinse forte lo stomaco.
Seduta su un seggiolino si trovava una bambina all'incirca di quattro anni; i capelli scuri erano raccolti in due codine con dei nastri giallo canarino; gli occhioni blu scuro pieni di innocenza erano ridotti a due fessure che minacciavano di chiudersi del tutto e per sempre.
Il suo piccolo corpicino era ferito, soprattutto nel fianco destro, dove una scheggia di vetro del finestrino aveva penetrato la carne, il sangue denso e scarlatto le macchiava il leggero vestitino color cipria.
Appena la piccola si accorse dell'angelo, allungò le manine piccole e paffute, nella speranza che lui la portasse con sé, lontana da tutto il dolore e la sofferenza che stava provando in quel momento.
Il ragazzo non riusciva a guardare quello spettacolo, soprattutto sapendo che ne era stato lui la causa.
Prima di andarsene, per ricordarsi di tutto ciò, fu quello di sciogliere uno dei nastri gialli tra i capelli della bambina; per infine voltarsi, mentre le lacrime cominciavano a rigargli il viso per ciò che aveva appena visto con i suoi occhi.
Quella fu l'ultima volta che delle lacrime scorsero il viso di Dylan, perché dopo il suo cuore si trasformò in un iceberg indistruttibile, perché si sa, la punta che vediamo scorgere sopra le acque gelide altro non è che un decimo dell'imponente struttura che si trova sotto i livelli del mare.
In lontananza, sentì il suono delle sirene della polizia e dell'ambulanza farsi più forti e chiare ogni secondo che passava.
Dylan si asciugò in fretta e furia gli occhi, per poi prendere un respiro profondo.
Era ora di andarsene.
Flettè le ginocchia, per poi librarsi in volo verso il Paradiso, con un peso che gli gravava sulle spalle ad ogni colpo di ali.
"L'unico a sapere di tutto questo è Elemiah." Rivivere il flashback e raccontare il tutto alla figlia era stato doloroso per Dylan, essendo l'unica volta in cui uno dei suoi scherzi aveva lasciato morti sulla sua strada.
"E quindi, quella bambina era Alyson?" Domandò Kim sbalordita, sperando che la risposta fosse negativa; ma l'angelo annuì sconsolato, guardando il pavimento, visto che non sarebbe mai riuscito a sostenere lo sguardo della ragazza.
"Come fai a esserne sicuro? Chiunque al mondo può avere capelli mori e occhi blu." Disse Kim, credendo davvero in quello che stava dicendo.
"Non so perché, ma i suoi occhi mi dicono che è lei." Dylan aveva cominciato a piangere a metà racconto, il dolore gli stava opprimendo il petto come un peso che gli toglieva il respiro.
Aveva appena trovato l'unica persona che avrebbe potuto insegnargli cosa voleva veramente dire amare, e la stava perdendo per colpa sua.
"Mi sono innamorato della bambina a cui ho ucciso i genitori dodici anni prima." Commentò l'angelo, ancora incredulo di come la sua mente fosse stata talmente tanto malvagia da aspettare solo quel momento per far riemergere un ricordo tanto crudele.
"C'è solo un modo per esserne sicuri." Disse a un certo punto Kim, guadagnandosi l'attenzione di lui.
"Devi andare da Alyson."
"E cosa dovrei dirgli? Se si ricorda di me? Avrà avuto al massimo quattro anni." Dylan si passò una mano sul viso, volendo tornare indietro nel passato per poterlo cancellare.
Voleva tornare a quando aveva cantato quella ninna nanna a quel camionista per cercare di evitarlo, per evitare tanta sofferenza per Alyson, che nonostante si mostrasse forte e sicura di sé, dentro era fragile persino di più del vetro.
"No, dovresti chiedergli più informazioni sui suoi genitori, ad esempio sapere se sono vivi o..."
"Sono morti." Confermò Dylan. "Me l'ha rivelato ieri sera, quando sono andato a riportargli lo zaino."
La ragazza annuì, prima di continuare: "Allora devi chiedergli informazioni sulla loro morte. Una volta sicuro che sia lei la bambina di dodici anni prima, digli tutta la verità."
L'angelo alzò la testa di scatto, scuotendo la testa totalmente contrariato. "Non posso dirgli che è colpa mia, mi odierà per s..."
"E invece lo farai." Anche gli occhi di Kim si erano pieni di lacrime, provando ciò che avrebbe sentito Alyson appena avrebbe ascoltato tutta la verità.
"Non m'importa se lei ti odierà, potrà farlo anche per l'eternità; ma ha il diritto di saperlo." La mora si alzò in piedi, gli occhi pieni, per la prima volta, della delusione per un'azione che la persona che le aveva dato la vita aveva compiuto anni prima.
"Farai così: domai inviterai dopo la scuola qui Alyson, e le dirai tutta la verità. Il discorso è chiuso."
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