3. Un bacio sul terrazzo


A cena da Gwen si apre un dibattito su questo fantomatico uomo ragno.
Io lo sostegno, il padre di Gwen, George Stacy lo prende per un idiota d'intralcio.
In particolare si riferisce a un episodio avvenuto qualche giorno fa.

Un uomo stava rubando un'auto, io l'ho fermato e sono arrivate le volanti della polizia che volevano arrestare me invece che lui.
-io credo che volesse rendersi utile, signore.-dico- ho...visto un video. È su YouTube.

Lui sbuffa e sorride ironicamente -un video.

- già...beh ha catturato quell'uomo, vi ha aiutato.

- no. Era in corso un'operazione di polizia da molti mesi, aspettavamo che ci portasse al punto di ritrovo di una banda criminale. Spiderman non ci ha aiutato.

Gwen mi chiede di andare in terrazzo, per interrompere la diatriba.
Mi alzo -mi scusi se l'ho offesa -dico. - signora Stacy, grazie per la cena, era tutto buonissimo.

Andiamo in terrazzo, io so che dovrei dirle la verità. - devo dirti una cosa...ma non riesco a farlo.
-dimmi - sorride.
Io la guardo e sto per aprir bocca, ma scuoto la testa.-non riesco.

Gwen si allontana -oh, okay.

- no, no - mi affretto a dire - non riguarda noi...è qualcosa che riguarda me.

Mi appoggio al parapetto, non ho idea di come trovare le parole.

Quando lei si volta, pensando che in realtà non ho nulla da dirle, riesco a darmi un po' di coraggio.
La attiro a me con una ragnatela, lei è allibita, io la bacio.
-quindi tu sei...
-zitta.-la bacio di nuovo.

Veniamo interrotti da sua madre, che le chiede di rientrare.
Io invece dalle sirene in lontananza. Mi dileguo dal tetto, sapendo che non è un addio.

Le giornate con lei sono sempre più belle, e io mi innamoro più di quanto non fossi già.

Quando un lucertolone gigante causa una serie di incidenti in giro per New York mi infilo nelle fognature per scoprire chi è e dove si nasconde.
Mi dirigo al laboratorio della Oscorp, a parlare con Connors, ex collaboratore di mio padre, con cui ho ideato un siero per incrociare varie specie.
È sospettoso, il laboratorio è deserto. E subito capisco ciò che ha fatto.

Ha provato su di sé il siero con il dna di una lucertola. Il suo braccio destro manca, come sempre, ma sarà ricresciuto sotto l'effetto del siero, nel suo effetto temporaneo.
Adesso sembra quello di sempre.
Ma prima di andare via noto che il topo su cui avevamo testato il siero è diventato grande quanto un gatto, ha la pelle squamosa e mangia un altro topo che ha tirato fuori dalla sua gabbietta.

La prima volta che gli vado incontro mentre è trasformato in lucertolone non va per nulla bene, per poco non mi straccia il petto come carta da regali, e non riesco a recuperare la macchina fotografica che avevo piazzato per fotografarlo.

Per poco non affogo a causa della forte corrente.

Così vado nell'unico posto che mi viene in mente, vado a bussare alla finestra di Gwen.
Lei è contenta di vedermi, poi si accorge in che condizioni mi trovo. Per poco non vengo scoperto da suo padre, poi mi aiuta a ripulire le ferite sul petto.
Il suo viso è a un centimetro dal mio, il suo respiro delicato mi sfiora la pelle.
Mi avvicino pericolosamente, ma lei è restia.- lasciati andare.- le dico.
- io non posso.-risponde con gli occhi pieni di lacrime - mio padre fa questo lavoro da sempre, e ogni giorno noi non sappiamo se ritornerà a casa.
-lo capisco, ma io devo occuparmene.
- no. La polizia se ne occuperà, non è il tuo compito.
- si, invece. Sono l'unico che può fermare quella lucertola gigante.
Lei sospira, io continuo - usciamo.
Andiamo da qualche parte.
-non possiamo. Se i miei mi vedono uscire sono morta.
- non ti vedranno uscire- sorrido e lei di rimando.

Così ci ritroviamo a volare insieme tra i vari edifici del cielo, appesi a una ragnatela.





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