Fly. [Brooklyn]
Spero di farmi perdonare il ritardo con questo capitolo.
***
Nuvole.
Vedevo solo le nuvole dall'oblò dell'aereo.
Gli ultimi due giorni erano stati stranamente veloci e i sorrisi di Kim li avevano solo resi migliori.
Avevamo passato, la mattina dopo del concerto, molto tempo insieme. Era una bambina dolce, molto timida e soprattutto molto riservata, ma nonostante tutto avevamo fatto amicizia senza problemi. Temevo davvero tanto di non starle a genio, di risultarle diversa rispetto a come mi aveva visto attraverso alcuni piccoli video. Temevo di fare una brutta impressione.
Ma, invece, al contrario di ogni mia preoccupazione, era stato tutto perfetto. I ragazzi le avevano regalato una maglietta personalizzata e l'avevano firmata davanti a lei, facendola praticamente scoppiare a piangere dalla gioia.
La bambina era talmente emozionata, che si rifiutò di mangiare per le prime ore in cui eravamo insieme.
La cosa che mi aveva lasciato più di stucco, era la complessità dei discorsi che faceva. Ci aveva spiazzato tutti il fatto che ragionasse in quel modo, nonostante la sua età.
Quando aveva detto chiaro e tondo che io piacevo ad Harry e lui piaceva a me, avevo sentito le gambe cedere. Avevo guardato Harry, al mio fianco, con la coda dell'occhio e lo avevo visto irrigidirsi. Era bello che pensasse che saremmo stati una bella coppia, ma se avesse detto questa sua piccola teoria a qualcuno, saremmo stati nei guai. Già era un rischio che i quattro ragazzi lo sapessero, se si aggiungeva anche una fan, diventata un problema.
Il fatto che Niall avesse rimediato al silenzio imbarazzante, proponendole di andare a prendere un gelato al bar, aveva lasciato, a me e a Harry, il tempo per digerire ciò che aveva detto.
Quando avevo sentito le dita del ragazzo intrecciarsi alle mie, avevo sentito un leggero senso di sollievo, anche se non era del tutto reale.
Quando, poco prima del secondo concerto a Copenaghen, avevo lasciato il mio numero a Kim - per ogni evenienza- ero rimasta sorpresa dal caloroso abbraccio che mi aveva dato.
In qualche modo, mi ero sentita protetta nelle sue piccole braccia.
Quella notte, finché volavamo verso Londra, continuavo a osservare le nuvole.
La mia mente era in continuo movimento e, quella piccola concentrazione di vapore, in qualche modo mi calmava.
Era incredibile come la mente potesse dare una qualsiasi forma ad esse. Potevano sembrare animali, forme, persone. In quel momento, però, si sembravano solo masse informi.
Intravidi il mare in mezzo a due di esse e appoggiai un dito sull'oblò dell'aereo silenzioso.
Tutti erano crollati non appena eravamo decollati e, anche io, mi ero lasciata andare per qualche momento.
Quando avevo riaperto gli occhi, li avevo puntati sul soffitto del mezzo e mi ero persa a pensare. Avevo sentito la mia mano, stretta a quella di Harry, solo qualche minuto dopo, quando la nebbia che avevo in testa, si era dissolta.
Avevo involontariamente sorriso e avevo stretto la presa. La mia mano era così piccola nella sua, così diversa e allo stesso tempo simile.
Mi ero chiesta se, amarlo, fosse il motivo per cui guardavo quelle piccole cose. Quei piccoli movimenti che faceva con le dita quando era arrabbiato, quando si toccava il naso quando era a disagio, il fatto che cercasse sempre la mia mano, quando temeva qualcosa.
Ero irrimediabilmente innamorata di lui, delle sue piccole stranezze, del suo buffo accento inglese, dei suoi capelli perfetti, della sua voce.
Ero innamorata del suo modo di pensare, ero innamorata della sua gelosia, ero innamorata del suo respiro.
Ero innamorata di lui.
Continuai a sfiorare il vetro, assorbendo il freddo che emanava contro la mia pelle calda e continuai a far lavorare la mente, forse troppo per quella notte.
Strinsi la mano tra quella del mio ragazzo e rimasi sorpresa nel sentire ricambiare il gesto.
Non mi girai subito verso di lui, per paura che riuscisse a vedere tutti i miei pensieri e tutte le rivelazioni che i miei occhi potevano dare.
Era stupido, ma avevo paura di espormi così tanto. Ero già rimasta scottata una volta e avevo timore che succedesse una seconda.
"Tutto okay?"
Le sue parole mi giunsero roche e sussurrate, facendomi rabbrividire.
Sbattei un paio di volte gli occhi e mi girai verso di lui.
"Si."
"Vuoi camminare un po'?"
"Siamo in un aereo, Harry?" Ridacchiai, portando subito una mano alla bocca per bloccare la risata.
"Nulla vieta di andare verso il fondo dell'aereo e tornare indietro." Un sorriso si dipinse sulle sue labbra e mi ritrovai ad annuire senza rendermene conto.
Le sue labbra toccarono le mie, nel momento stesso in cui chiusi la porta scorrevole alle nostre spalle.
Racchiusi il suo viso tra le mie mani e mi misi in punta di piedi per avvicinarmi meglio.
Sentivo la sua bocca accarezzare la mia, il suo respiro colpirmi il volto. Misi una mano tra i suoi capelli e li tirai leggermente, facendo uscire un grugnito dalle sue labbra.
"Shh." Le mie labbra si staccarono solo di qualche millimetro dalle sue, ma ritornarono presto a scontrarsi con le sue.
Sapevo che stavamo rischiando tantissimo in quel momento, e che non mi sarei mai spinta oltre in quella situazione, ma non riuscivo a staccarmi da lui.
Tutti i pensieri che avevo fatto fino a poco prima, mi avevano talmente invaso la mente che faticavo a ragionare.
La sua mano scese sulla mia coscia e la strinse, provocandomi brividi ovunque. Poi la fece scivolare verso l'alto, infilandosi dentro ai pantaloncini corti che portavo. Ansimai involontariamente e mi staccai da lui quando accarezzò solo la parte esterna della coscia.
Mi domandai come avrei reagito se, anziché essere in quel punto, la mano fosse stata poco più all'interno.
Quando fui sul punto di scoprirlo, sentii alcuni rumori dalla stanza accanto e dei passi sostenuti verso di noi.
"Di che sto male." Sussurrai, togliendo mal volentieri la sua mano da me e chiudendomi velocemente dentro al bagno dell'aereo.
Aprii il rubinetto e bagnai le labbra, come se avessi dato di stomaco e mi fossi sciacquata la bocca. La richiusi giusto in tempo per sentire la porta scorrevole aprirsi.
Pregai mentalmente di sembrare convincente e che Harry non sembrasse nervoso.
"Cosa ci fai qui? E Brooklyn dov'è?" La parole mi giunsero attutite, ma sentii subito il tono rabbioso nella voce di Jake.
"Sta male, l'ho sentita correre in bagno prima, quindi l'ho seguita, ma si era già chiusa in bagno."
Tossii un paio di volte e, un po' angosciata, aprii la porta, passando falsamente la mano sulla bocca bagnata.
"Deve essere stato qualcosa che ho mangiato." Borbottai camminando verso il sedile e non incrociando minimamente il loro sguardo.
Esultai internamente quando sentii Jake, sussurrare a Harry, di chiamarlo se fossi stata male un altra volta.
Appoggiai la testa contro il sedile e chiusi gli occhi quando Jake passò al mio fianco, e lo tenni in quel modo, finché la mano di Harry non mi strinse la coscia.
"Sei un genio." Sussurrò ridacchiando.
Gli feci l'occhiolino e ripresi a fissare il soffitto.
Rispetto a un quarto d'ora prima, erano successe un sacco di cose, ma, il mio amore per lui, era rimasto lo stesso.
• • •
"Stai meglio, Brooklyn?" La voce di Jake mi raggiunse con tutta la sua preoccupazione.
Nonostante stessimo pranzando in Hotel, e io stessi mangiando, continuava a temere che potessi stare poco bene.
Mi sentii improvvisamente in colpa per il fatto di avergli mentito, ma, se fosse stato necessario, lo avrei fatto altre cento volte.
Appoggiai la forchetta sul piatto e gli rivolsi un piccolo sorriso.
"È tutto okay, Jake. Non preoccuparti. Probabilmente ho mangiato qualcosa che mi ha fatto male."
Strinsi la mano sulla gonna che indossavo, sentendomi a disagio nel mentire.
"Se stai male, basta che me lo dici. Puoi saltare tranquillamente un concerto per questo motivo."
"Tranquillo, Jake."
Continuai a mangiare, ascoltando ogni tanto i vari discorsi che stavano facendo i ragazzi.
Per qualche strano motivo, continuavo a far macchinare il cervello.
"Brooklyn, temo che fra un po' vedrò uscire fumo dalle tue orecchie. A cosa pensi, ragazza ?" La domanda di Zayn mi fece riscuotere dal mio stato e boccheggiai appena.
"Non citare Harry Potter se non lo conosci, Zayn." Intervenne Liam, togliendomi da una situazione sicuramente imbarazzante.
Passai il resto del pranzo ascoltando la maggiora parte dei discorsi dei cinque ragazzi e intervenendo ogni tanto, pregando di non far vedere ancora quanto fossi impegnata a pensare.
Mi sentivo così strana, il mio corpo, la mia mente, non erano abituati a macchinare così tanto. Forse era il fatto che mi ero resa conto di amare Harry, in una maniera che non riuscivo nemmeno a spiegare, forse il fatto che volevo fargli sapere quanto lo amavo, ma temevo di restarne scottata.
Quando fummo fuori dal ristorante, completamente vuoto per evitare qualsiasi problema, il manager ci disse di dover tornare in Hotel. Io, invece, chiesi ai ragazzi di farmi fare un giro per la città.
"Voglio vedere qualche posto poco conosciuto, così non rischiate di essere perseguitati. Una delle prossime mattine mi sveglierò presto e andrò a visitare quelli più conosciuti."
"Direi che possiamo portala al parchetto." Mormorò Louis, osservando i quattro ragazzi.
Immaginai che fosse un posto loro e quasi mi sentii in colpa per avergli chiesto di farmi fare un giro di Londra.
Una volta nel piccolo spiazzo verde, raggiungemmo una piccola panchina isolata.
Visto che era troppo piccola per portare tutti, mi sedetti a terra e osservai tre, dei cinque, ragazzi sedersi su essa in maniera scomposta.
Vidi le gambe di Harry spuntare attorno al mio corpo e poi sentii il suo petto premere contro la mia schiena. Le sue mani si ricongiunsero davanti al mio bacino, attirandomi ancora di più a sè.
Appoggiai la testa sulla sua spalla ed ascoltai i loro racconti su quel piccolo parco: nascosto dal mondo ma pieno di segreti.
Quando Louis iniziò a guardare ogni un paio di minuti il telefono, non potei fare a meno di sorridere.
"Louis, vuoi venire con me a prendere Jane in aeroporto?"
"No, grazie. Ho delle cose da fare in albergo." Borbottò dopo qualche minuto di silenzio.
"Ad esempio?" Ghignai, sicura che fosse una balla.
"Masturbarsi nell'attesa dell'arrivo della bionda, immagino." Lo prese in giro Liam, ricevendo un calcio sullo stinco.
"Oh, andiamo, dopo quello che ho letto dal telefono di Brooklyn, sono sicuro che non sarebbe una cosa nuova." Rise Harry, facendo vibrare il suo petto sulla mia schiena.
"Stai zitto, immagino quante volte tu lo abbia fatto per Brooklyn." Ringhiò il moro, prendendo la provocazione troppo sul serio.
"Beh, su questo non posso darti torto." Rispose il mio ragazzo ridacchiando.
Sentii le guance andare a fuoco e il mio corpo scaldarsi al pensiero di lui che si toccava pensando a me.
"Scusate, io sono qui." Sbottai sventolando una mano e facendo ridere gli altri ragazzi.
"Scusa, amore, ma è la verità." Sussurrò al mio orecchio, lasciando un bacio appena sotto di esso.
"Queste cose magari me le dici in camera, non qui." Sibilai, girando il viso verso di lui.
"Scusa." Appoggiai di nuovo la testa sulla sua spalla e incrociai lo sguardo di un paio dei ragazzi, che avevano un sorrisetto che diceva tutto.
"Piantatela di parlare di queste cose, ora vado in albergo a finire quello che devo finire." Sbottò Louis, alzandosi dalla panchina ed iniziando a camminare verso l'albergo.
Ci alzammo dopo di lui ridendo e lo seguimmo.
"È solo in ansia perché vedrà Jane." Disse Liam, affiancandomi.
"Ho notato. Tenetelo calmo finché vado a prendere la bionda."
"Non ti prometto niente." Un sorriso sincero si stampò sulle mie labbra e quello bastò per far sorridere anche me.
• • •
Quando, qualche ora dopo, mi ritrovai in un angolo dell'aeroporto, affiancata da Tom, la mia testa era completamente da un altra parte.
Ma, nonostante tutto, quando vidi da lontano spuntare una testa bionda, vestita con uno stile fin troppo americano, per essere in Inghilterra, praticamente saltai sul posto.
Tom praticamente mi tenne lì, in quell' angolo, di peso.
Non appena però, Jane, si trovò a pochi metri da me, riuscii a sfuggire dal suo controllo e raggiunsi la ragazza correndole incontro.
La sua valigia cadde, quando le buttai le braccia al collo e la strinsi a me. Lei eri lì.
Era davvero con me.
Sentii le lacrime scendere dalla felicità e mi ritrovai a sorridere come una scema, fregandomene dell'impressione che avrei fatto sulle persone che camminavano attorno a noi e soprattutto fregandomene del paparazzo che avevo visto venti minuti prima.
"Mi sei mancata, mi sei mancata." Sussurrai ancora stretta a lei. Era la prima volta che stavamo lontano così tanto e soprattutto senza avere la possibilità di sentirci continuamente.
"Anche tu, Brook." Spostò la bocca vicino all'orecchio. "La prossima volta che osi mentirmi su Harry, ti farò pensare le pene dell'inferno."
"Certo che Louis non ti nasconde niente." Rido, staccandomi da lei e prendendole le valigie.
"A proposito di Louis." Si mise a braccetto con il mio braccio libero. "È venuto anche lui?"
"No, ha usato la scusa del 'devo finire una cosa'." Risposi, facendo ridacchiare la bionda.
"Stupidi maschi, che non si rendono mai conto di dove devono stare." Borbottò, facendo un mezzo sorriso.
"Era nervoso prima. Però dagli una possibilità." Dissi raggiungendo Tom. "Tom, lei è Jane."
La ragazza gli strinse la mano e poi si girò verso di me.
"Perché, secondo te io non do una possibilità a Louis Tomlinson?"
• • •
"Oh Dio, questa è la nostra camera?" Urlò la ragazza, lasciando la valigia in entrata e camminando a bocca aperta per la stanza.
Effettivamente avevo avuto la stessa reazione quella mattina. Era una camera gigantesca, con due letti matrimoniali e un tavolo da pranzo che avrebbe potuto tenere otto persone. Per non parlare del bagno enorme, con una vasca idro massaggio che nemmeno gli dei si potevano permettere.
Probabilmente, il fatto che i ragazzi fossero inglesi, aveva aiutato.
"Vai a vedere il bagno, Jane." Trascinai la sua valigia fino al secondo letto, mettendola ai piedi di esso.
"Porca miseria." L'urlo di Jane mi arrivò chiaro, nonostante la porta chiusa.
Guardai il telefono e non mi sorpresi di scoprire che avevamo perso la cena.
Jane aveva insistito per fermarsi in un fast food al ritorno e, Tom, la aveva accontentata a malavoglia.
"Questo è il mio letto? Dio, quante cose si potrebbero fare qui." Jane si buttò sul letto e io risi. Mi era mancata la sua schiettezza.
"Magari quando non ci sono io."
"Come sei noiosa." Sbuffò, facendo penzolare le gambe sul fondo del letto.
"No, in realtà non voglio rimanere scioccata. Mi sono bastati i tuoi messaggi."
"Come se tu non avessi mai fatto niente." Rise la bionda, mettendosi a pancia in giù e puntando lo sguardo verso di me. "Avanti, racconta."
"Cosa?" Domandai a disagio. Era la prima persona, al di fuori dei ragazzi, che veniva a sapere queste cose.
"Tutto."
"È il mio ragazzo, che c'è da dire?"
"Come è successo, quando è successo? Avanti, rossa, non costringermi a farti l'interrogatorio che ti ho fatto per mio fratello."
Rabbrividii al solo ricordo e le raccontai tutto, lasciando le cose più importanti per me. Quelli erano i nostri piccoli momenti, i nostri piccoli segreti.
"Cavolo se sei innamorata." Sentii le guance arrossarsi e aprii la bocca per replicare, ma fui interrotta da qualcuno che bussava alla porta.
Vidi Jane tendersi come una molla e un ghigno si stampò sulle mie labbra.
Mi alzai aprii leggermente la porta, trovando Louis davanti a me, talmente teso da non riuscire a stare fermo. Gli diedi uno schiaffo sul braccio e gli mimai di stare calmo.
"Io torno fra un ora, voglio la stanza come l'ho lasciata, okay?" Dissi a voce alta, facendo sentire ad entrambi l'avvertimento.
Andai nel bar dell'hotel ed aspettai pazientemente che l'ora passasse. Quando rientrai in camera e la trovai vuota, mi ritrovai a ridere e a seguire il comportamento della mia amica.
Quando fui davanti alla sua porta, mi sorpresi di sentire le farfalle nello stomaco e le mani sudate, come se fosse la prima volta che lo vedevo.
Bussai piano alla porta e, quando mi aprì, il mio cuore iniziò a scalpitare.
"Ciao." Disse sorpreso, facendomi entrate immediatamente.
"Jane è scomparsa con Louis e sta facendo chissà che cosa, e io mi sentivo sola in quella stanza troppo grande." Mi giustificai, sedendomi sul suo letto.
"Sono felice che tu sia venuta qui." Il sorriso che si stampò sulle sue labbra, fu qualcosa di perfetto e sentii le gambe molli. "Oggi pomeriggio ti ho preso un piccolo regalo." Mormorò, frugando nella sua borsa e tirandone fuori una scatolina.
Se, un gioiello di Tiffany, per lui era un piccolo regalo, avevo paura di sapere cosa fosse un grande regalo.
Aprii con mani tremolanti la scatolina e rimasi senza fiato quando vidi la collana che, qualche settimana prima, ero rimasta a fissare ammaliata.
"Forse non l'ho presa prima, ma ho trovato il coraggio solo oggi di dartela."
Toccai i piccoli diamantini e rimasi senza fiato. Sentivo quelle due parole premere tra le mie labbra, come se volessero uscire di loro spontanea volontà. Avevo paura di dirle ancora, paura che fosse troppo presto, paura di non essere abbastanza, paura di me stessa.
"Puoi mettermela?" Domandai invece, sentendo gli occhi inumidirsi.
Quando la catenina fredda toccò la mia pelle, rabbrividii. Ma quando sentii le sue labbra appoggiarsi proprio in quel punto, sentii immediatamente caldo.
"È bellissima, Harry." Dissi, girandomi ed abbracciandolo.
"Mai quanto te."
Alzai il volto verso di lui e appoggiai le mie labbra sulle sue. Sentii le sue mani sollevare le mie cosce e prendermi in braccio. Non staccai le labbra dalle sue nemmeno per un secondo.
Sè questa volta avesse deciso di continuare, non mi sarei opposta. Anche se non mi sarei mai opposta.
Sentii la mia schiena venire a contatto con la coperta morbida del letto e istintivamente strinsi le gambe intorno al suo bacino per avvicinarlo.
Continuai a baciare le sue labbra gonfie, staccandomi solo per sfiorare il suo collo.
La sua mano sollevò la mia maglia e la sentii salire sotto la stoffa, fino a toccare la stoffa del reggiseno.
"Harry." Ansimai, inarcando la schiena, offrendomi a lui.
La sua mano, però, torno sul mio fianco, ed infine lasciò la mi pelle.
Appoggiò la testa sul mio petto e sentii il suo respiro ansante attraverso la maglietta.
"Non ancora?" Domandai con il fiatone.
Scosse la testa, ma non si spostò dalla posizione in cui era, ed io continuai a tenere le gambe incastrate tra le sue.
Non capivo il motivo per cui voleva aspettare. Era raro trovare qualcuno con così tanto autocontrollo e nemmeno io credevo di averne tanto.
Passai la mano tra i suoi capelli e cercai di regolarizzare il respiro. Se voleva aspettare, avrei aspettato con lui.
• • •
Aprii gli occhi e li sbattei più volte per renderlo meno sfocato. Osservai l'orologio sul muro e lasciai un sospiro di sollievo quando vidi che erano appena le sei del mattino.
Spostai lentamente il braccio di Harry dal mio fianco e scesi lentamente dal letto, pregando di non fare rumore.
Presi le scarpe da terra ed uscii piano dalla stanza del ragazzo. Non indossai le vans e camminai nel corridoio deserto. Quando raggiunsi la mia camera, estrassi la carta magnetica dalla tasca.
Appoggia piano la porta e misi le scarpe a terra. Non feci in tempo a fare un altro passo, che la luce si accese e vidi Jane seduta sul mio letto.
"Porca miseria!" Sbottai, portandomi la mano sul cuore.
"Ciao anche a te, Brook."
"Mi hai fatto spaventare." Soffiai, sentendo il cuore scoppiare sotto alla mia mano.
"Io ho passato la notte a parlare con Louis, tu invece che hai fatto?" Ghignò, osservando probabilmente i miei vestiti spiegazzati.
"Nulla di ciò che pensi, Jane. Abbiamo parlato e mi sono addormentata sul suo letto." Mentii in parte, sedendomi al suo fianco.
"E quella collana?"
Toccai involontariamente il gioiello al collo e un timido sorriso si formò sulle mie labbra.
"È un suo regalo."
"Ragazza, se ti avesse regalato qualcosa di piccolino ti avrei detto che prova qualcosa per te, ma dopo questo, ti dico che è innamorato perso."
• • •
Aspettare con Lou in camerino era snervante, aspettare di andare sul palco, insieme a Jane, voleva dire avere il doppio di ansia.
"Jane, mi stai facendo agitare." Sbottai, quando iniziò a battere le dita sul tavolo in vetro.
"Come faccio a farti agitare?"
"Stai ferma, ti prego." Appoggiai le mani ai lati della testa, attenta a non rovinate le onde che aveva creato Lou. Fortunatamente, quella sera, avevo solo un paio di adidas ai piedi.
"Ma se non sto facendo niente." Borbottò appoggiando la mano sul vetro.
Sbuffai e torturai le mani, rischiando di rovinare la manicure che mi aveva costretto a fare Jane.
"Brooklyn, due minuti." La testa di Jake comparve sulla soglia della porta.
Soffiai fuori tutta l'aria che avevo nei polmoni e mi alzai.
"In bocca al lupo"
Camminai nel corridoio e, quando arrivai davanti alla soglia del palco, toccai la collana al collo.
Presi il microfono e mi preparai davanti alla parete scorrevole.
Quando mi ritrovai sul palco, tutta l'ansia svanì improvvisamente.
Dopo qualche battuta da parte dei ragazzi, sentii la base partire e le nostre voci con lei.
Dentro provavo un emozione indescrivibile. Il fatto che a qualcuno piacesse la mia voce, la nostra canzone, era qualcosa di meraviglioso.
Camminai per il palco e, quando tutte le mie parti furono finite, ascoltai le voce armoniose dei ragazzi cantare quelle parole così piene di significato.
A pochi secondi dalla fine, scorsi un cartellone e sentii le gambe cedere e gli occhi appannarsi.
Brooklyn sei inutile, muori
Il fatto che la ragazza stesse guardando verso di me, che avesse quella convinzione negli occhi, mi fece mancare il respiro.
"Grazie" Sussurrai a fine canzone, dando le spalle alle migliaia di ragazzi e camminando verso l'uscita del palco.
Incrociai, in modo appannato, lo sguardo di Harry e lo vidi tendere lo sguardo alle mie spalle.
Non appena fui fuori dalla loro vista, appoggiai il microfono e corsi nei camerini, correndo fino ad essere senza fiato. Quando entrai, incontrai subito lo sguardo, dapprima felice, di Jane e la superai, chiudendomi nel bagno del camerino.
Mi lasciai scivolare contro la porta e portai le mani sugli occhi, facendo finalmente scendere le lacrime che tenevo dolorosamente dentro.
"È nel bagno." Sentii dire da Jane, con voce preoccupata.
Dopo qualche secondi sentii qualcuno provare ad aprire la porta, ormai chiusa a chiave.
"Brooklyn, fammi entrare." Intimò Harry, con voce arrabbiata.
"Vai via." Dissi, probabilmente troppo piano per essere sentita.
Mi aveva già vista fin troppo debole, non volevo mi vedesse in quello stato.
"Per favore, apri questa porta." La sua voce, da arrabbiata, era quasi disperata.
"Vai via!" Urlai, scoppiando a piangere di nuovo.
Lo sentii grugnire e sbattere il pugno contro la porta.
"Harry devi tornare sul palco."
"Jake, non me ne frega niente del concerto. Qualche ragazzina deficiente ha fatto un cartello con scritto che Brooklyn deve morire!"
Sentii qualche altra parola confusa e poi la porta sbattere.
"Brook, se vuoi uscire, ci sono solo io." Mormorò Jane, dal lato opposto della porta.
Respirai a fondo e sbloccai la porta. Sentii subito le braccia della ragazza sul mio collo. Non disse niente, mi strinse a sè e basta.
Quando sentii la voce di Harry, rimbombare nella stanza, mi staccai immediatamente.
"Voglio solo dire qualche parola, prima di finire il concerto." Sentivo la sfumatura di rabbia nel suo modo di parlare e sentii le gambe cedere. Mi appoggiai al braccio di Jane e continuai ad ascoltare.
"Queste cose, questi cartelloni che fate, sono delle enormi stronzate. Però potete farlo finché volete con me, ma non permetto che voi lo facciate con la mia ragazza."
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top