Dad? [Brooklyn]
Non appena mi svegliai, la mattina successiva, rimasi alquanto sorpresa dal fatto di non sentirmi intontita a causa delle poche ore nelle quali avevo dormito la notte precedente.
Come avevo previsto, non ero riuscita ad addormentarmi molto presto, poiché quel messaggio mi scombussolò abbastanza.
Se in quel momento avessi fatto una lista di tutte le cose che mi erano successe durante quell'ultima settimana, nemmeno io stessa ci crederei.
E la questione che Harry Styles avesse il mio numero di telefono, non aiutava di certo la mia mente ormai sconvolta.
Il fatto che avessi dormito poco, e che mi fossi svegliata, ancora una volta, prima che la sveglia suonasse, mi inquietò, poiché non ero mai stata una persona mattiniera, men che meno da quando avevo finito gli studi.
Non appena appoggiai i piedi a terra, mi ricordai che quella stessa mattina, avrei rivisto i cinque ragazzi che fino a pochi giorni prima avevo visto solo da uno schermo, e la cosa mi fece involontariamente sorridere.
Mi sembrava ancora del tutto impossible che tutto ciò stesse accadendo a me.
Continuavo vivere nella paura che prima o poi mi sarei svegliata,e che tutto ciò che stava accadendo fosse un sogno.
Solo un magnifico sogno.
Naturalmente non potevo far altro che essere felice per ciò che mi stava succedendo, soltanto che mi sembrava così strano, e soprattuto mi dispiaceva per chi non aveva vinto il concorso, e quindi non aveva potuto realizzare il proprio sogno.
Quando, dopo essermi preparata, andai in cucina, non fui affatto sorpresa di non trovare, ancora una volta, mia madre.
Ormai era all'ordine del giorno fare colazione da sola e non ci facevo nemmeno più caso.
Dopo aver fatto colazione, mangiando solo l'indispensabile a causa del mio scarso appetito, mi avvicinai alla vetrata della cucina, osservando ciò che si trovava davanti di me, ovvero la spiaggia piena di bagnanti e di surfisti già alle 8 di mattina.
Ogni volta che mi trovavo quella vista davanti agli occhi, rimanevo incantata, nonostante vivessimo li da quando papà era partito per l'Afghanistan.
Quando feci un passo indietro, sempre mantenendo lo sguardo verso l'esterno, riuscii a specchiarmi nella vetrata, riconoscendo i tratti del mio viso e la mia struttura fisica.
Avevo perso peso da quando, quasi un anno prima, ero stata coinvolta in un incidente stradale, poiché avevo passato molto tempo in ospedale.
Non appena ripensai a ciò che avevo passato all'interno di quella struttura, mi sentii mancare la terra sotto i piedi.
Quel periodo mi aveva sconvolto, non tanto per le varie operazioni che avevo subito, ma per ciò che vedevo attorno a me, alle altre persone che soffrivano.
Per mantenere l'equilibrio, appoggiai entrambe le mani al bancone dell'isola della cucina, così cercando di far passare il senso di svenimento.
Quando sentii di essere in grado di rimanere in piedi, abbandonai la cucina, dirigendomi ancora una volta in camera per prendere la borsa e le chiavi della macchina.
Dopo essere entrata nel garage, ed essere entrata nella macchina, avviai il motore e uscii dal vialetto, fermandomi sul ciglio della strada per immettere la destinazione del mio viaggio nel navigatore.
Mi sembrò di avere un déjà vu del giorno prima, perché tutto ciò che stavo facendo era identico alla mattina precedente, a differenza dell'indirizzo alla quale ero diretta.
Quando scrissi la via sul piccolo schermo incassato nel cruscotto della macchina, mi resi conto che essa mi era familiare, ma senza capire dove l'avessi sentita.
Premendo il pedale dell'acceleratore, continuai a pensare a tutti posti di mia conoscenza a Los Angeles, i quali potessero avere quel preciso indirizzo, ma era come se avessi un vuoto.
Quando,dopo mezz'ora di macchina, il navigatore segnalò che la destinazione da me scelta sarebbe stata raggiunta girando a destra e percorrendo quella via, il sorriso ormai scomparso quella mattina, riaffiorò sulle mie labbra, rendendo quasi impossibile mantenere un'espressione seria.
Non appena iniziai a percorrere la via, rallentando man mano che entravo nel centro abitato, mi persi qualche secondo ad osservare le case ai lati, riconoscendo la maestosità delle ville americane.
Quando arrivai in fondo alla strada, il piccolo schermo elettronico situato al centro della parte interna anteriore della macchina, segnalo l'arrivo alla segnalazione, capii immediatamente perché la via mi era familiare.
Avevo guardato foto di quella casa tante di quelle volte da saperne a memoria i particolari.
Avevo sognato così tante volte di entrare in quella casa e, ora che mi trovavo esattamente davanti a quella struttura, mi sembrava impossibile che anche quel sogno si stesse per avverare.
Quando mi fermai davanti al cancello, spegnendo la macchina, provai un piccolo fremito nell'avvicinarmi a quest'ultimo e nel toccare il piccolo pulsante con inciso "Styles".
Nel momento stesso in cui sentii partire il meccanismo delle due porte di metallo davanti a me, mi affrettai a tornare in macchina, avviando subito il motore.
Dopo aver fatto il mio ingresso nella proprietà, parcheggiai la macchina affianco ad altre macchine molto costose, che immaginai appartenessero ad Harry o ai ragazzi.
Una volta scesa dalla macchina, mi avviai all'ingresso della lussuosa villa circondata dal verde, arrivando davanti alla porta principale.
Appoggiando la borsa sulla spalla destra, aspettai fino a quando la porta non si aprì, mostrandomi un harry sorridente.
Quella visione mi fece tornare ancora un volta il sorriso, tanto da avere male alle guance, e sentii all'interno del mio stomaco quelli che, anziché farfalle, pensai fossero rinoceronti.
"Ciao Brooklyn" Parlò facendo un passo avanti e avvolgendo le suo braccia attorno al mio esile corpo.
"Ciao Harry" dissi ricambiando quel gesto che in quel momento mi sembrò così intimo.
"Come stai?" Chiese una volta che ci fummo staccati, aprendo completamente la porta e spostandosi a lato, così permettendomi di entrare
"Sto bene, solo un po' di agitazione " Risi, cercando di togliermi dell'imbarazzo che probabilmente soltanto io sentivo.
"Tranquilla, non ti mangiamo" disse, facendosi scappare una piccola risatina, e invitandomi a seguirlo in quello che capii fosse il giardino sul retro.
Quando oltrepassai la soglia della porta finestra, mi ritrovai in quello che ai miei occhi era un paradiso immerso nel verde, provvisto di una piscina enorme e di un gazebo con all'interno molte poltrone in vimini e divani.
Seduti su di essi vi erano gli altri componenti della band, impegnati in una conversazione.
Non appena si resero conto della mia presenza, si alzarono e mi salutarono, facendo ancora una volta, avverare il mio sogno.
"Brooklyn, siediti vicino a me" urlò Louis, battendo la mano sul cuscino del divano sul quale era seduto.
"Certo" risposi prendendo posto a lato di quest'ultimo, rivolgendo uno sguardo agli altri quattro ragazzi ormai seduti nelle restanti poltrone.
"Allora, come hai passato il pomeriggio di ieri?" Chiese Liam, interrompendo il silenzio imbarazzante che si era creato
"A dire la verità non ho fatto niente" Parlai emettendo una piccola risata " sono stata tutto il giorno a ripensare a tutto quello che era successo ieri mattina, ero un po sconvolta" continuai, facendo ridere i cinque ragazzi.
"Immagino, penso che incontrare qualcuno a cui tieni così tanto sia sconvolgente" disse Zayn, ottenendo un mio segno di assenso fatto con il capo.
"Sì, soprattuto quando si tratta dei tuoi idoli, che non hai mai visto dal vivo, nemmeno da lontano" dissi
"Fa così strano pensare di essere l'idolo di qualcuno, perché alla fin fine siamo delle persone normali, forse siamo dei fighi da paura, ma siamo degli esseri umani anche noi" Parlò il ragazzo al mio fianco, scatenando una mia risata "Comunque" continuò "in questi giorni ci conosceremo meglio, così da lavorare bene insieme, quindi, hai qualche domanda da farci? Possiamo farti anche noi qualche domanda?"
"Non ho molte domande da farvi, a dire la verità nessuna. Penso che tutto ciò che vorrò sapere lo scoprirò nei mesi che passeremo insieme" Parlai "Potete farmi tutte le domande che volete, ma non prometto che risponderò a tutte"
"Allora" iniziò Liam "Cosa ne pensi degli orripilanti stivaletti di Harry?" Chiese, facendo ridere tutti i presenti tranne il diretto interessato, che reagì facendo una smorfia
"A dire la verità mi piacciono, non li metterei mai, ma su di lui stanno bene" risposi, immaginando che le mie guance fossero diventate di un colore più rossastro.
"Harold, hai trovato la ragazza giusta per te!" Urlò Louis, facendo aumentare il rossore anche sulle guance di quest'ultimo, il che scatenò ancora una volta una mandria di elefanti nel mio stomaco "Faccio io la prossima domanda" Continuò "Sei single?"
"Si" risposi sinceramente
Prima che qualcuno potesse replicare, fummo interrotti dal suono di un cellulare, ovvero il mio, e tutti lo capirono a causa della suoneria personalizzata con una loro canzone, quella che mi aveva fatto vincere il concorso, Right now.
Estrassi velocemente il cellulare dalla borsa depositata poco prima a terra e, scusandomi con i ragazzi, mi alzai allontanandomi di pochi metri e guardando il piccolo schermo dell'oggetto che tenevo fra le mani.
Nel momento stesso in cui vidi il numero di mio padre, sentii il mio stomaco affondare, poiché le sue chiamate erano sempre programmate, e quando ricevevo una sua telefonata in un momento diverso, significava che vi era un problema.
Trascinai il dito sull'icona verde, così accettando la chiamata, e ponendo fine alla canzone che tanto amavo.
Tutto ciò che uscì dalla mia bocca sembrò una domanda,ma faceva trasparire tutta l' angoscia che stavo provando in quel momento.
"Papà?"
***
Eccomi qua, grazie ancora una volta per i voti e per tutti i commenti che lasciate.
Questo è il capitolo più lungo che abbia mai scritto, sono più di 1550 parole.
Non ho niente da dire su questo capitolo, se non che spero che vi abbia incuriosito almeno un po'.
Scusate se ci sono errori ma non ho ricontrollato.
-Alis☺
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