That's The Moon

Breve guida ai Character x Reader:
Y/N: your name (il tuo nome);

Y/L/N: your last name (il tuo cognome);

Y/H/C: your hair color (il tuo colore di capelli);

Y/E/C: your eyes color (il tuo colore degli occhi).

Premessa doverosa: la storia è divisa in due: una parte ambientata poco prima che Remus venisse morso, nel paesino dove viveva prima di trasferirsi; l'altra ambientata ad Hogwarts, anni dopo.

Midsummer, '64

La tavola calda era quasi piena, quella sera. Strano a dirsi: da che se ne dicesse in paese, non si trattava affatto di un locale frequentato.

Affollato o meno che fosse, Remus ricordava bene di esserci già stato, qualche volta.

Quando la mamma, che era sempre affaccendatissima, dimenticava qualcosa sui fornelli, e allora il papà le lasciava un bacio sulla tempia, e diceva che, quella sera, avrebbero mangiato fuori.

Remus ricordava bene quei momenti, perché mangiare fuori era un evento, per lui.

Era bello incontrare facce nuove, ogni tanto.

Non necessariamente per farci amicizia, quanto piuttosto per scoprire che c'erano, effettivamente, altri volti oltre ai soliti che era abituato a vedere, nel piccolo mondo del suo vicinato.

Chissà, magari avrebbe scoperto una nuova avventura, e poi avrebbe potuto raccontarlo a Onnie, il suo fedele compagno di peripezie, nonché amatissimo orsacchiotto di peluche.

Quella sera, dunque, i posti alla tavola calda erano quasi tutti occupati e il piccolo Remus si guardava attorno con una curiosità genuina negli occhi, le palme delle mani sulla sedia e le gambe, troppo corte, a penzoloni.

Osservava tutti con fare quasi divertito e, quando ebbe deciso che gli adulti nel locale fossero decisamente troppi (e noiosi), posò lo sguardo su qualcosa che rappresentava un'attrativa decisamente maggiore.

Si stava celebrando il compleanno di un bambino, qualche tavolo più avanti.

Le urla e le risate rumorosissime dei suoi coetanei ebbero quasi un effetto destabilizzante, per lui, che era sempre stato un bambino tranquillo, e non aveva urlato nemmeno quando la mamma gli aveva detto che aveva dimenticato di comprare la cioccolata (notizia assolutamente difficile da metabolizzare). 

«Perché non ti unisci a loro, Remus?» chiese Hope dolcemente, avendo, evidentemente, notato l'attenzione del figlio nei riguardi di quel gruppetto di bambini.

Ma Remus si limitò a scuotere il capo, quasi intimorito.

La prospettiva di avvicinarsi a un gruppetto di bambini che non conosceva affatto non era esattamente accattivante, sebbene gli sarebbe piaciuto giocare un po' con loro. La timidezza avrebbe avuto la meglio su ogni suo desiderio, in ogni caso.

Così si gustò il suo pasto per un po', disegnò sui fogli che i camerieri erano stati tanto gentili da offrirgli, fin quando non sentì un lieve, talvolta sicuro: «Ciao, bimbo.»

Il piccolo Remus alzò lo sguardo, alquanto stupito da quell'approccio inaspettato, e individuò una bambina, la quale, sorridendogli amichevolmente, dimostrava su per giù la sua età.

«Mi chiamo Y/N» aggiunse poi.

A quel punto, Remus le sorrise a sua volta, mostrando i suoi piccoli denti da latte, «Mi chiamo Remus.»

«Ciao, Remus» fece la nuova amica, «Vuoi giocare con noi?» e così dicendo indicò il gruppetto di bambini che Remus aveva notato poco prima.

Il bambino, rallegrato dall'invito, balzò giù dalla sedia e, sollevato e rassicurato di conoscere almeno una di quei bambini, si aggiunse al gruppetto, sotto lo sguardo amorevole dei suoi genitori.

Purtroppo, ben presto fu chiaro che non tutti i bambini erano ben disposti a far amicizia come Y/N.

Probabilmente la sua timidezza e incertezza non lo rendevano un compagno di giochi ambito tra i  bambini, che volevano continuare a urlare e ridere.

O forse era per via del suo aspetto, un po' trascurato, che lasciava sicuramente trasparire che, a differenza degli altri, non aveva la possibilità di possedere tutto ciò che desiderava?

Ad ogni modo, poco importava, fintantoché ci fosse almeno una persona che sarebbe stata disposta a giocare con lui. E Y/N calzava a pennello, in questo.

I due parvero diventare grandi amici in meno di mezz'ora, come spesso accade quando non ci sono pregiudizi né limiti a separare due persone.

E sembrarono così affiatati che, perfino, Lyall e Hope si misero a conversare amabilmente con i genitori di Y/N, i quali, proprio come i Lupin, erano divertiti da quella nuova amicizia.

Così, fu mentre gli adulti sbrigavano le faccende da adulti (pagavano il conto), che Y/N e Remus si sedettero sui gradini del marciapiede del locale, le mani sulle gance paffute e gli occhi rivolti al cielo.

«Sono bellissime, vero?» osservò Y/N che guardava con fare sognante le miriadi di stelle che contornavano il cielo, quella sera.

Remus, che non ci aveva mai fatto caso prima d'ora, alzò lo sguardo e le osservò anche lui.

«Sono tantissime.»

Y/N annuì, «Sicuro! Ogni stella racconta la storia di qualcuno! E ci sono tantissime persone nel mondo. Mio padre dice che si tratta di un numero con tantissimi zeri. Se ogni stella è la storia di qualcuno, le stelle hanno tantissimi zeri.»

Il piccolo Remus, che non aveva mai sentito nulla del genere, la guardò, scettico.

«Che c'è, non ci credi?» fece l'amica, «È vero! Guarda» e così dicendo indicò una stella, «Quella racconta la storia di mia zia. Quella, invece, di mia mamma. E quella, ancora, di mio nonno.»

Il bambino ci rifletté, e giunse alla conclusione che doveva esser vero. Altrimenti, come avrebbe fatto la sua nuova amica a sapere esattamente quale stella fosse di chi?

Osservò ancora, affascinato, poi notò una luce, più luminosa delle altre, più grande.

«Che storia racconta, quella?» chiese.

Y/N ridacchiò, «Ma no! Quella non è una stella. Non la vedi bene, perché è coperta dalla nuvole nere.»

Il bambino la guardò attentamente, e poi trovò il coraggio di chiedere ancora: «E, allora, cos'è?»

E, senza staccare gli occhi dal cielo trapunto di stelle, Y/N rispose semplicemente: «Quella è la luna.»

Furono queste, le ultime parole che sentì pronunciare dalla sua nuova amica, prima che i due facessero ritorno alle loro vite separate.

Remus non ebbe modo di rivisitare quella tavola calda, e ben presto si convinse che non avrebbe più potuto rivedere la sua amica.

Era una semplice sensazione che, poi, pochi mesi dopo, si trasformò in certezza, quando qualcosa sconvolse la sua vita in modo tale da costringerlo a trasferirsi altrove.

Tuttavia, prima di allontanarsi per sempre, comprò un libro per bambini, che narrava delle stelle. E della luna.

Autumn, '77

«Remus! Ma ci ascolti?!» Sirius scosse il braccio del ragazzo con insistenza.

Il lupo mannaro si costrinse ad alzare lo sguardo dal suo libro di Astronomia, infastidito, «Che volete?»

«Vogliamo andare a fare un scherzo a Gazza» spiegò James, «Ci sei?»

Remus sospirò, riportando la sua attenzione sul libro, «Non stasera.»

Mancavano pochi giorni alla luna piena, e Remus si sentiva particolarmente giù di morale. Voleva semplicemente esser lasciato in pace. Era così tanto da chiedere?

Evidentemente sì, dal momento che i suoi tre amici cominciarono a farsi sempre più insistenti e fastidiosi, tanto che, alla fine, Remus si alzò dal divano della Sala Comune, e lasciò la stanza, il libro stretto tra le mani.

Conosceva il posto perfetto dove andare, in quel caso. Ci era stato tante volte, quando desiderava stare in completa pace.

La Torre di Astronomia.

Peccato però, che quando arrivò, fosse già occupata.

La figura di Y/N era immobile davanti al telescopio, illuminata dalla flebile luce lunare.

Il cuore di Remus ebbe un balzo.

Succedeva sempre, quando la vedeva in giro per il castello.

Dal primo momento che l'aveva vista allo Smistamento, avrebbe voluto saltare di gioia.

Gli era sembrato quasi un miracolo che quella bambina che tanto l'aveva colpito, e che talvolta pensava di non rivedere mai più, fosse stata ammessa ad Hogwarts come lui.

E avrebbe voluto abbracciarla, magari perfino ringraziarla, perché gli aveva fatto scoprire una dolce passione, quella per il cielo.

Ma i due frequentavano luoghi diversi, persone diverse e, sebbene si salutassero sempre quando si incontravano e conversassero occasionalmente, era chiaro che fossero cresciuti, e che quella spontaneità infantile fosse svanita.

Remus si fece avanti, col cuore a mille, e l'affiancò.

Stava giusto per sorriderle e salutarla, come sempre, quando notò delle lacrime nei suoi occhi.

Lei scosse immediatamente, quando lo vide, e disse, seppur debolmente: «Ciao, Remus.»

«Ciao» rispose di rimando lui, la gola terribilmente secca.

Cosa l'aveva fatta soffrire? Sentì il bisogno di abbracciarla, e dirle che andava tutto bene.

Ma sapeva che non avrebbe potuto farlo. Lei l'avebbre trovato strano.

Non erano altro che conoscenti, niente di più. Come avrebbe potuto anche solo pensare di abbracciarla, così, dal nulla? Forse, lei avrebbe persino pensato che lui provasse pietà per lei, quando, in realtà, il ragazzo non desiderava altro che vederla di nuovo felice.

D'un tratto, dimenticò il malumore per la luna piena incombente e cominciò a pensare a dei modi per farla sorridere.

Lo sguardo si posò sul suo libro di Astronomia e, di slancio, disse: «Quello è Pegaso» e indicò una costellazione.

Y/N fu lieta che avesse trovato qualcosa di cui parlare, perché non era in vena di parlare con nessuno di ciò che la rattristava, voleva solo distrarsi. E Remus sembrava averla capita, a differenza di tutti gli altri. E pensare che non erano nemmeno amici.

«Sì?» chiese lei, interessata.

«Sì» rispose lui, «Vedi? È una delle costellazioni più comuni del cielo autunnale. Conosci la sua storia?»

Y/N scosse il capo.

«Sai, Pegaso nacque dal sangue di Medusa, che era una gorgone, e fu decapitata da Perseo. Fu lo stesso cavallo che aiutò Perseo a liberare Adromenda.»

Remus parlava con una tale passione, che Y/N non poteva fare a meno di osservarlo sorridendo.

Il ragazzo notò il suo sguardo, perché arrossì e abbassò il capo.

Così Y/N disse: «Le senti, le stelle? Forse sono stati umane anche loro. A volte è come se dicessero "essere state umane è stata l'impresa più difficile che abbia mai fatto". Se si fosse destinati a diventare delle stelle, sarebbe tutto meraviglioso, no? Essere destinati a trapuntare il cielo.»

Remus le sorrise, «Sai, una volta mi dissero che le stelle raccontano le storie di ognuno di noi.»

La ragazza allargò il sorriso, «Te ne ricordi?»

«Certo che sì. Quella è la storia di mio padre, e quella di mia madre. Quelle due sono James e Lily, e sono vicine, perché loro due si amano. Capisci cosa intendo? Decido io quale stella è di chi, e questo le rende speciali.»

Y/N ci pensò, e non poté fare a meno di esser d'accordo.

«In questo momento mi sento quella stella» disse, ed indicò una stella più distante dalle altre, terribilmente sola.

Remus scosse il capo, «Vuoi sapere una cosa?»

Y/N annuì.

«Per me, tu non sei nessuna di queste stelle. Sei anche tu nel cielo, ovviamente. Ma non posso dire che il corpo celeste in cui ci sei tu sia una stella.»

Y/N corrugò la fronte, «Perché?»

«Perché...»

Remus sorrise e, guardando il cielo, e, guardandola con occhi nuovi, per la prima volta dopo la sua trasformazione, si sentì in grado di completare la sua frase:

«... Quella è la luna.»
























































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Angolo Moony:
Ciao! Grazie per essere qui.

Fatto il misfatto

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