Undicesimo

Un bacio si spinse contro le labbra di Steve, lievemente umide per il calore in quella stanza, nella parte superiore, sottile e a forma di cuore. Bucky gli prese il capo con una mano e lo indusse quasi di prepotenza contro il suo sorriso capace di contagiare la stessa curva alta semplicemente con quel contatto empatico che infondo entrambi cercavano in continuazione. Chiusero gli occhi sereni e alzarono le sopracciglia, mentre le punte dei loro nasi si poggiavano sugli zigomi.
Quando James decise che finalmente tutti e due avrebbero fatto meglio a dividersi per poco, così da sottrarsi alla loro apnea lunga, Steve dissentì provocatorio, mordendogli il labbro inferiore fino a tirarlo.
«Tu sei fatto per essere baciato, spesso e bene.» gli disse il biondo, guardandolo negli occhi vermigli e sorridendo.
Bucky quasi arrossì come un bambino timido, chinando il capo verso il basso, e affusolando la bocca dai contorni rosa.
Seduti l'uno difronte all'altro, con le gambe nude incrociate, i petti visibili agli occhi e come unico indumento a nascondere l'inizio del loro debole desiderio c'era l'intimo. I piedi scalzi si sfiorarono lievemente, Bucky aveva il tallone annerito dalla polvere del pavimento della stanza, su cui si era esibito buffamente davanti alle risate dolci di Steve.
Le mani si strinsero nello spazio tra i loro ginocchi flessi; si tastarono di carezze capaci di farli guarire e ammalare. Erano l'uno la cura dell'altro, per tutte le paure e le insicurezze della loro mente, e mentre mettevano in bocca l'un l'altro come fosse una medicina, inevitabilmente si ammalavano ancora, come una patologia terminale. I polmoni erano ingolfati di aria nera che sapeva del loro sesso, mentre le mani erano storpie per tutte quelle carezze che continuavano a darsi. Il sangue non riusciva a coagulare, e quello che pompava il cuore ormai altro non era che disperazione, per la loro catena. Un nodo alla gola strozzato da rabbia e amarezza, per quella terribile malattia che gli avevano trasmesso gli altri.
Steve e Bucky se ne fottevano del mondo, e di come dettasse le regole riguardante una storia come la loro, eppure erano comunque intossicati dal rancore di quel divieto scritto nell'aria, che gli impediva categoricamente di amarsi come tutti gli altri.
Loro si amavano di più, non potevano paragonarsi a nessun altro. Per la forza che ci mettevano nello stare assieme e fingere tutto, e nella pazienza delle loro possibilità di poter o meno fare qualcosa in una determinata ora d'aria che li lasciava da soli.
Come reclusi in una prigione, condannati all'ergastolo, scontavano la loro pena scandendo i giorni in base alle volte che facevano l'amore.
Perché erano giovani, adolescenti, ma non semplicemente confusi o curiosi. Nessuno dei due sarebbe improvvisamente diventato eterosessuale da un giorno all'altro; per loro il destino già bello che segnato, Steve si sarebbe concesso poche labbra femminili nell'assenza dolorosa del suo Bucky, ma solamente per il terrore di non poter essere più capace di amare ancora.
Il sesso, ed il propio corpo, erano di esclusiva proprietà di James, come i suoi appartenevano a Steve. Per sempre, si erano ripromessi come una coppia all'altare, di essere fedeli finché morte non li avrebbe separati.
E loro si che erano ribelli; la gente ripeteva sempre di essere rivoluzionaria, di andare contro corrente, di ribellarsi alle etichette sociali che giornali e radio prediligevano. Alla fine erano solamente un gregge di pecore che parlavano, si vantavano ma non agivano.
Ribelle non è colui che aggiunge una polemica spavalda riguardante un articolo in prima pagina, e ribelle non è nemmeno colui che porta un taglio di capelli diverso da tutti gli altri.
I veri ribelli erano Steve e Bucky che si concedevano nel dolce morso del sesso, senza disturbare nessuno, e riuscendo comunque a far crescere la loro realtà e quella di qualsiasi altro come loro. L'avrebbero raccontata un giorno, così da partorire quella statica ribellione che avrebbe reso libero il loro orgoglio.
E nel frattempo fecero l'amore, per l'ennesima volta.

Ma i miei fianchi hanno perso i tuoi fianchi. Quindi, consentimi di arrivare a conoscere i calci.
Vuoi ondeggiare con me? Vuoi andare fuori strada con me?
Avevano ripreso a baciarsi, e in quell'Iliade Steve mise nella bocca di Bucky quei pensieri. Era proprio il ragazzo più piccolo, quel tardo pomeriggio d'estate, a voler avere il controllo.
Persistendo con quel bacio sempre più invadente, Steve cambiò la posizione delle sue mani; una prese il viso di Bucky per tenerlo sul suo, e l'altra gli abbassò l'orlo delle mutande. Liberò l'erezione dalla stoffa e iniziò a sfiorarla delicatamente, così da provocare in Bucky dei gemiti stridenti, e sentire tra le sue stesse gambe il desiderio avvampare sempre di più.
Trasformo la loro pomiciata in una vera e propria scopata tra le lingue, che volgarmente si assecondarono in una colonna sonora fatta di versi. Steve rallentò il frenetico movimento delle loro labbra, fino ad attenuarsi del tutto, leccando poi l'angolo destro delle labbra di Bucky spalancate, e affaticate.
Con espressione insofferente il moro socchiuse gli occhi, accogliendo la delicata entrata nella sua bocca, dell'indice e del medio di Steve, ormai allontanatesi dal suo membro eretto.
Steve lo guardò minuziosamente, con una vicinanza ipnotica. Gli occhi azzurri si spostarono sulla bocca di James, da dove quelle dita si impregnavano, mentre il volto di Rogers ricreava autorità e perduta devozione, mordendosi l'interno della guancia quando Bucky mormorava.
Il maggiore rimase con le mani basse, senza intervenire sul trattamento di Steve. Spinse la lingua tra le due dita, e ne leccò la pelle saporita dell'altro, che sapeva del suo stesso sesso.
Con le dita bagnate, stanco di continuare quella lentissima cantilena giocata più che bene, Steve ormai impaziente accompagnò Bucky a stendersi sul letto. Questo restò sorpreso quando il minore gli indicò di voltarsi a pancia in giù.
«Vuoi?» gli domandò Steve con tono rauco, da dietro. Il maggiore si posizionò a quattro zampe con le mani e le ginocchia affondate tra la morbidezza disfatta delle coperte, sospirando nervosamente. Annuì e cercò di nascondere il dubbio sul suo viso.
«Ovviamente.» disse, spingendosi ormai nudo contro il corpo magro inginocchiato dietro di lui.
Aveva già provato una volta la sensazione di essere penetrato da quelle sottili dita umide. Gli era piaciuto per un po', però non era riuscito ad accontentare Steve come lui faceva sempre quando era al posto suo. Non che James non si sentisse pronto a fare a cambio ogni tanto, in fondo Steve dal suo punto di vista mascolino era ancora vergine, soltanto che Bucky non riusciva a bilanciare dolore e piacere.
Si sentiva invaso e poco appagato, eppure tenne quei dubbi per se, lo fece per far star bene Steve.
Prima che le dita iniziassero ad asciugarsi quasi subito, il biondo compì dei giri con i polpastrelli introno all'apertura di Bucky, e poi vi entrò con un dito alla volta.
Il bruno strillò, irrigidendosi tutto, e stringendo tra le mani le lenzuola.
Resistette finché Steve non lo fece abituare semplicemente a quella debole spinta con il braccio, che terminò presto per la concezione del tempo di Bucky, che respirò affannosamente quando fu libero da quella forza.
Steve si poggiò contro quella stretta fessura poco inumidita; James si spinse in avanti d'istinto, e inarcò la schiena verso l'esterno.
«N-no posso riuscirci...» mormorò nervosamente Bucky.
«Segui me, sta tranquillo.» lo rassicurò dolcemente Steve, impaziente. Spinse ancora, così che l'inizio della cappella entrasse, con un urlo da parte di Bucky che immediatamente si allontanò, mettendosi seduto difronte a Steve.
Lo guardò con lo sguardo pieno di paura e mortificazione, talmente fragile da far venir voglia di piangere a Steve. Velocemente il biondo gli si avvicinò ancora, accarezzandogli il viso con preoccupazione.
«Cosa c'è? Non sei obbligato a farlo, devi dirmi quando vuoi che mi fermi.» gli disse, chinando la testa da un lato.
Bucky si portò una mano tra i capelli, agitato.
«Sono un idiota, un fottuto cretino...» borbottò quasi sul punto di piagnucolare, imprecando ancora.
«Che dici? Credi davvero che per me questo sia un problema? Non devi sentieri in dovere di far nulla.» Steve gli sorrise per tranquillizzarlo, fissandolo negli occhi.
«Voglio solo che tu non ti sacrifichi sempre, e invece sono una specie di verginella piagnucolona.»
Rogers si lasciò scappare una risata, corrugando la fronte, e sporgendo il viso verso Bucky;
«Sacrificarmi? Hai almeno idea di quanto io ami farmi fottere da te?» gli disse con tono scherzoso.
Bucky si fece rubare un lieve sorriso, ma abbassò gli occhi. Steve gli baciò la fronte, e poi, con entrambe le mani a stringergli il viso spigoloso, aumentò la dolcezza al suo tono di voce, e la accentuò con più sicurezza.
«Ricordi il nostro primo bacio, si? Tu mi dicesti che mi avresti aspettato, sapevi quanto io fossi nervoso e spaventato. Adesso sono io che percepisco perfettamente le tue insicurezze, e non potrei mai rimanerci in qualche modo deluso, o arrabbiato. Io ti aspetterò, come hai fatto tu.» gli occhi del biondo luccicarono, e James non poté che sentirsi ancora più in colpa per i suoi stupidi timori pensierosi. Lo vedeva talmente bello, così giovane e delicato, il viso pulito e chiaro, e quei capelli brizzolati in maniera disordinata, che Steve non sopportava per nulla.
James si bagnò le labbra e rilassò le spalle. Chiuse gli occhi e si poggiò su una delle mani di Steve, per esser accarezzato ancora.
«Sarà meglio tornare a casa adesso...» disse con un filo di voce, infilandosi l'intimo.
Steve rimase deluso, ma non lo diede a vedere. Avrebbe voluto dire ancora tanto altro a James, e togliergli dalla testa tutti i mostri che si era fatto.
Per una cosa di così poco conto si lascia scappare l'opportunità di fare l'amore? Bucky non capiva quanto la sua mortificazione fosse stupida, e soprattutto, come fosse grande la dolcezza serena di Steve, che non vedeva nessun tipo di problema.
Durante la strada verso casa regnò il silenzio tra di loro.
Bucky si sentiva troppo mortificato per parlare, e Steve rimuginava disperatamente su come rassicurarlo, studiando le diverse idee persino quella notte, da solo nel suo letto.
Fece una lista mentale di tutti i colori e i pennelli che avrebbe portato dietro, e puntò la sveglia più presto che poté per la mattina successiva.

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