Tredicesimo
Cosa ne pensavano di fare un veloce salto al dunque?
Oh, avevano fretta, e volevano fare sesso. L'undicesimo giorno non avevano tempo, ma si sentivano avvampare.
In fondo era solo un giochetto, veloce e nuovo, prima di dover andare.
Quel giorno Sarah aveva delle commissioni da sbrigare dopo il lavoro, e il signor Rogers attendeva i ragazzi già a casa una volta rientrato.
Tutto era stato un frenetico ritardo quel giorno, a partire dal risveglio fino al tardo pomeriggio afoso. La pioggia era già andata via, ed invece di abbassare un po' le temperature non aveva fatto altro che aumentare l'umidità.
Steve e Bucky erano fuggiti di corsa nella loro reggia segreta che odorava ancora di tempere, del disegno enorme ormai finito. Si chiusero lì dentro pur sapendo benissimo di avere al massimo un quarto d'ora a disposizione per tornare a casa.
Non ci sarebbero mai arrivati a baciarsi, spogliarsi, leccarsi e per di più a iniziare la vera e propria festa.
Però non si potevano trattenere, dovevano fare l'amore.
Steve richiuse con uno spintone violento la porta di legno, su cui Bucky lo spinse contro. Avevano trattenuto i loro baci così frenetici per tutta la strada da casa loro a quel posto, e una volta intrappolati nella loro dimensione, implosero in quel rumoroso attrito di lingue.
Presero a toccarsi tutto il corpo attraverso i vestiti, che si stropicciarono tutti. Non poterono levarseli, non c'era tempo.
Eppure avevano quella fottuta voglia di spingersi insieme, che a pensare di dover trascorrere tutta la sera in quello stato di oppressione li mandava fuori di testa. Bucky lavorò con la cinghia di Steve, così maldestramente da non riuscire nemmeno a sfilargliela.
Il biondo gli bloccò i polsi, e prese a palpargli l'erezione attraverso gli abiti, lasciandosi accarezzare il collo dalle mani dell'altro.
«Ti faccio venire dentro le mutande.» Steve incollò il viso alla guancia di James, morsicandogli lievemente l'orecchio. Barnes gemette graffiandogli la nuca, tirando il capo all'indietro.
«Cazzo, da quanto sei diventato così arrapato?» mormorò il maggiore, stupefatto e attratto intensamente dalla sfacciataggine del minore, visibilmente più sicuro di se stesso e delle azioni reciproche tra di loro.
«Mi trovo così bene con te che il mio corpo fa tutto da solo.» rispose, gettandosi tra le sue braccia, premendo il membro duro contro quello di Bucky.
Non avevano orologi, ma calcolavano il tempo con lo scandire dei loro gemiti.
Erano così tremendamente in ritardo, il padre di Steve avrebbe fatto così tante domande, e loro si sarebbero seccati così tanto.
Si inginocchiarono in terra, proprio davanti la porta, senza nemmeno spostarsi. James aveva le anche divaricate, e le braccia che si sorreggevano sopra la schiena di Steve. Anche l'altro, dal canto suo, si fletteva con fatica difronte al moro, su cui aveva la fronte spintonata per tenersi in equilibrio.
Steve toccò Bucky dai pantaloni, strinse con le dita tutta la durezza quasi marmorea tenuta da un lato, dolorosamente. Le urla stridule del maggiore incrementarono ancora di più la voglia di Steve, che sfregò il palmo più forte su quel rigonfiamento. Si toccò da solo, senza peggiorare le cose con l'ostacolo degli abiti.
Ma non accontentò Bucky, continuò a torturarlo per minuti interi con quel toccarlo e stringerlo forte, senza assaporarlo davvero.
Il moro vacillava in un pericoloso stato di estrema eccitazione ed una voglia stremata di spingersi con il bacino un avanti, istintivamente.
«S-Steve ti supplico! Ah! Merda, Steve!» si incurvò in avanti, l'espressione sfigurata dall'insopportabile piacere. Strillò come se gli stessero tremando le viscere, respirò velocemente, con la bocca aperta inutilmente, povera di baci.
Avevano fretta, non c'era tempo.
Bucky gli strinse il viso, gemendo sonoramente. Costrinse Steve a stendersi in terra, rovinosamente, con la forza del minore a tenergli i vestiti ancora addosso, Bucky si fece largo tra le sue gambe e si spinse violente te contro di lui, alla ricerca di sollievo.
Steve gli strinse i glutei, e dandosi slancio con un gomito, capovolse i ruoli, facendo sdraiate James, così da montargli a cavallo.
Si tenne con una mano sul suo petto bollente, iniziando a commettere dei movimenti sempre più circolari e veloci sull'erezione.
«Non posso farcela Steve, ti prego fai in fretta!» sbottò con il tono di voce alto, la gola graffiata dal continuo ansimare.
Steve si mores e il labbro insistentemente, spingendosi ancora, più forte, senza ricevere il risultato sperato.
Cercò poi di spingere la propria erezione nuda contro quel così doloroso gonfiore tra le gambe di Bucky, aiutandosi a toccare sia se stesso che lui con una mano, invadente e veloce.
Bucky urlava, ma non riusciva proprio a venire. E Steve era così stanco e dannatamente eccitato, che un solo movimento ben assestato da lui stesso gli avrebbe rubato l'orgasmo.
Si percepivano esageratamente erotici, sotto pressione e accaldati. Eppure non ce la fecero per nulla a lasciarsi le mani, ad annegare quel loro dolce amore in tutta quella sfrenata passione.
Non c'era tempo per fare sesso, ma per amarsi e tenersi stretti il mondo si sarebbe persino fermato.
«Steve!» lo chiamò ancora Bucky, in un verso a metà tra gemito e urlo.
Il biondo gli respirò sulle labbra, continuando a spingersi come se lo stesse penetrando sul serio.
«Concentrati, lasciati andare, senti me e basta.» gli mormorò lui con sofferenza. Si alzò dal suo corpo e lo voltò a pancia i giù.
Bucky si mise in ginocchio, con il bacino tutto spinto in fuori, e il peso leggero e magro di Steve sulla schiena.
Le sue mani erano divise tra la premurosa stretta delle dite di tutti a due sul petto di Bucky, e il movimento frenetico dell'altra in basso, sul membro. Per appagare anche la sua personale eccitazione, Steve trovò un morbido spazio su cui strusciarsi proprio tra le cosce di James.
Il maggiore gli stritolò fortissimo la mano, reggendosi con fatica tremolante sul pavimento.
«Continua così! Ah! Più forte, lì!» strillò, incredulo quanto disperato.
Bucky non credeva che l'intento di Steve potesse davvero realizzarsi. Il biondo si spinse frettolosamente contro James, che urlò fortissimo nel venire dentro all'intimo. Gli pulsò tutto in maniere spropositata, che peggiorò con dolore nella continuazione dello sfregamento di Steve su tutto il suo corpo, pochissimi secondi che precedettero anche l'orgasmo del più piccolo.
Sudati con un evidente palpitazione nervosa al cuore, respirarono forte uno contro l'altro, immobili.
Steve gli accarezzò da dietro una guancia, giocherellando in maniera debolissima con le dita dell'altro abbandonate al pavimento.
«Ti avevo detto che ci sarei riuscito.» gli sussurrò pesantemente.
James sorrise con fare beffardo e più che soddisfatto, assecondando la carezza tra il palmo caldo del compagno.
«Ne sono felice, ma adesso come torno a casa con i pantaloni sporchi? Ci hai pensato, maestro del sesso?»
Steve arrossì di colpo, irrigidendosi con enorme senso di colpa e preoccupazione. Il maggiore rise ancora, sedendosi in terra così da potersi voltare verso di lui, ancora in ginocchio.
Con dolcezza, Bucky gli riabbottonò i pantaloni, sistemandogli la camicia e i capelli. Gli asciugò da sotto gli occhi il sudore lucido e arrossato che gli faceva brillare la pelle, nel più totale silenzio difficoltoso di lui.
«Scusa, vado a casa e ti porto dei vestiti puliti. Ci metto cinque minuti esatti.» disse, sfiorandogli i gomiti.
James scosse il capo con un sorriso bianco e gioioso, increspando la fronte.
«Non abbiamo tempo, ricordi? Passami un po' d'acqua, a risolvere questo pasticcio intervengo io.» disse.
Tornarono a casa camminando velocemente. Sull'espressione colpevole e rammaricata di Steve si leggeva tutto ciò che il piacere spropositato lo aveva portato a fare senza pensare, mentre Bucky continuava a ridere pieno di divertimento, trattenendo l'istinto di prendergli la mano. Per quanto riguardava i suoi pantaloni, il ragazzo più grande si era versato in quello stesso punto dell'acqua, così da rispondere alle domande di qualcuno che avrebbe notato quelle buffe macchie bagnate, che bevendo da una fontana si era involontariamente infradiciato le braghe.
«Scusami tanto.» era almeno da ventesima volta che Steve glielo ripeteva, paonazzo in volto. Svoltarono l'angolo per arrivare a casa, e di scatto Bucky gli prese il mento, avvicinando la bocca ad un lato del viso del biondo.
«Perché ti scusi? Probabilmente è stato l'orgasmo più bello che abbia mai avuto.» gli sussurrò Bucky, allontanandosi velocemente da quella vicinanza come se nulla fosse, e tornando a camminare con fare allegro.
Steve rimase in silenzio, con le gambe che tremavano.
Era stato in grado di sfogarsi in qualcosa che non si sarebbe mai immaginato di riuscire a fare. E a Bucky era piaciuto, da pazzi.
Quei fianchi, quelle cosce, le tue labbra, il tuo corpo va. Andava nell'esatta direzione in cui desiderava Steve, e ciò non gli dava potere o sicurezza, ma semplice e felice consapevolezza. Perché era in grado di non privarsi di nulla assieme a Bucky, che era sua sostanza che lo componeva. Erano capaci di fare qualsiasi cosa anche se non c'era tempo.
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