Ottavo
Dal finestrino appannato dalla secchezza della polvere gialla ai bordi, entrava un soffio di fresco leggero. Steve si voltò alle sue spalle, reggendosi sul corrimano in alto, umidiccio e sporco. I capelli erano scompigliati da quella folata d'aria più o meno calda, e Bucky lo guardò gioire con il viso offuscato dalle ciocche chiare. Steve si voltò alle sue spalle per guardare il moro, sorridergli e basta, perché non potevano tenersi per mano difronte a tutte quelle persone, non potevano parlare con entusiasmo complice, o tantomeno baciarsi dolcemente. Però potevano guardarsi su quell'autobus in corsa, accecati dai raggi del sole estivo, e accaldati dall'afa della confusione.
A Sarah era toccato un giorno libero al lavoro, e per trascorrere una giornata diversa da tutte le altre, specialmente per i suoi ragazzi che a detta loro passavano i pomeriggi in giro per il quartiere, la donna aveva deciso di prendere tre biglietti alla stazione e trascorrere la mattinata a Brighton Beach. L'unica cosa che avevano portato dietro i tre era un cestino con dentro dei sandwich al prosciutto, una bottiglia d'acqua e una tovaglia a righe bianche e rosse. I ragazzi erano entusiasti della gita in spiaggia, molti coetanei parecchio più benestanti di loro raccontavano delle numerose gite per la città, e dei tuffi in mare quando i giorni d'estate si facevano troppo caldi. Steve e Bucky andavano al mare di rado, nessuno poteva accompagnarli, e i Rogers non avevano dato ancora loro il permesso di prendere da soli il mezzo di trasporto pubblico. Non che non si fidassero di loro, solo che non sempre avevano i soldi per permettersi i biglietti per l'andata ed il ritorno, e la strada era parecchio lunga da casa loro alla spiaggia.
Ma quel giorno Sarah non badò a spese per il divertimento dei suoi ragazzi, usando un po' della sua paga settimanale per coprire le poche spesate di quell'escursione.
Quando l'autobus si fermò, e velocemente i passeggeri accaldati ne uscirono fuori di fretta, Steve fu l'unico a rimanere fermo davanti al panorama, dopo che il veicolo era andato via. L'aria fresca della costa gli entrava sotto i vestiti, come le mani di Bucky, e l'odore della salsedine gli aveva già profumato la pelle.
Bucky al suo fianco gli poggiò una mano sulla spalla per accompagnarlo a camminare e dirigersi verso la spiaggia, ma non si perdonò quell'interruzione alla linea bellissima di sole che aveva creato Steve con il suo sguardo. Sarah li chiamò con un gesto del braccio, sorridendo, già dall'altra parte della strada. Il vestito color avorio, lungo fino al polpaccio, con le balze morbide della stoffa a dondolare nel vento. I capelli biondi li aveva raccolti in un'acconciatura precaria, tenuta insieme dal capello di paglia che le riparava il viso roseo dal sole. Steve e Bucky ricambiarono il sorriso, e la raggiunsero, aiutandola a portare il cesto abbastanza pesante per lei. Le scarpe gli si riempirono di sabbia bollente, che li costrinse a correre goffamente fino alla postazione più vicina all'acqua, dove si concentravano quasi tutti i bagnanti.
Sarah stese la tovaglia ampia in terra, poggiò il cesto su un angolo di essa per non farla volar via, e si sedette tranquillamente, a scaldarsi sotto il sole, quasi fosse estranea al mondo intero.
Bucky non perse tempo a spogliarsi, e a correre in acqua con il suo costume lungo fino alle ginocchia. Cadde tra gli schizzi e toccò il fondale basso della riva con la schiena, riemergendo scrollando il capo e ridendo quasi fosse un bambino. Fu così precipitoso da non accorgersi che Steve stava appena camminando all'interno dell'acqua, che gli arrivava sopra le ginocchia. Il biondo aveva ancora la canotta addosso, e le braccia strette alle spalle come per ripararsi, a fingere freddo, ma a nascondere la vergogna del proprio aspetto malaticcio e magro. Bucky respirò affaticato con il viso ricoperto da gocce d'acqua, le ciglia zuppe e gli occhi lucidi, incollati sul ragazzo. Si rimise in piedi e trascinò nella direzione di Steve una specie di vortice di correnti schiumose create dal suo passo deciso.
«Ti ricordo che siamo in spiaggia, leva quella magliettina, coraggio.» gli disse, passandosi una mano tra i capelli scuri, fradici, che si drizzarono all'indietro.
Steve scosse il capo, sorridendo con imbarazzo. James sospirò con spiritosaggine, sbattendo le mani sulle gambe, schizzando qualche goccia d'acqua fresca sulle braccia del minore.
«Non vorrai farti il bagno con quella?!» sbottò il più grande, avvicinandosi sempre di più a Steve, che d'istinto indietreggiò.
«Era un'idea.» rispose, assecondando il tono di Bucky.
«Guarda che te la levo di dosso con le mie mani, sai che sono bravo.» lo provocò ancora, ormai vicinissimo.
«Non ci provare nemmeno!» Steve si lasciò sfuggire una risata, che tradì la sua serietà. Si voltò di fianco e si fece piccolo piccolo. Le mani bagnate di James gli presero le braccia, senza essere violento e troppo prepotente, il moro lo portò difronte a se, cercando di raggiungere i bordi della canotta, così da sfilargliela. Inizialmente Steve rise assieme a lui, ma immediatamente, quando si rese conto che Bucky non gli si staccava di dosso, iniziò ad infastidirsi. Per prima cosa si sentiva ancora troppo imbarazzato dal proprio aspetto fisico, e, cosa più importante, dare spettacolo difronte a tutta quella gente in una maniera ben poco che amichevole lo terrorizzava. Si irrigidì, cercando di spingere via Bucky, troppo preso dal proprio divertimento per percepire la contraddizione del compagno.
«Bucky, smettila...» gli disse inutilmente, spingendolo piano per le spalle. James continuò a ridere, spingendosi sempre più vicino al corpo di Steve, e circondandogli la vita con le mani.
«Sul serio, dacci un taglio.» dissentì Rogers, chinando il capo verso le mani dell'altro ai lati del bacino.
«Bucky!» Steve chiuse gli occhi, e con forza abbastanza violenta lo respinse lontano. Bucky perse l'equilibrio e con i talloni inciampò sui suoi stessi piedi, ricadendo in acqua. Riemerse solo con la testa, guardando Steve dal basso verso l'alto.
«Che ti prende?» domandò con un mezzo sorriso confuso, respirando pesantemente.
Steve gli schizzò l'acqua con una conca creata dalle sue mani, superandolo per proseguire la sua strada verso l'acqua più alta, sbuffando con sarcasmo.
«Se non lo hai capito, te lo spiegherò dopo.» gli rispose con voce rauca, tuffandosi sott'acqua, ed iniziando a nuotare, percorrendo quanta più distanza possibile in apnea.
In quel momento Bucky aveva ben presente il mare. Quell'immensa lacrima d'acqua salata che varia i propri colori; può essere blu, può essere azzurro cristallino, verde scintillante, al tramonto anche lilla, e di notte persino nero. Canta in continuazione, corre sempre, non si ferma mai. Con le sue onde, le maree, gli schiaffi di schiuma che colpiscono gli scogli, le profondità che nascondono vita.
Ecco, il mare si muoveva anche dentro le ossa di Steve.
Il solo canto delle onde già gli lasciava in bocca un retrogusto secco, che gli riempiva ogni senso. I suoi piedi non percepivano dolore alcuno quando la sabbia bollente li ricopriva, e nemmeno quando quella umida della riva si mischiava con le onde sottili che non si fermano mai. Il mare non si è mai fermato, l'oceano respira con le onde che si gonfiano quasi fossero polmoni, e Steve si scioglieva nell'acqua. Si disperdeva in mezzo ad esso come un minuscolo granello.
Le gambe non gli appartenevano più, il dolore non lo toccava per niente; si lascia trasportare dalla lenta marea fino ad arrivare lontano. Immerso riusciva ad udire l'ululato coatto dell'acqua, dove nuotava, volava, e correva allo stesso tempo.
Avrebbe voluto rimanere in quella culla di pensiero flebile per l'eternità. Tutto ciò che era bello per Steve poteva paragonarsi ad una giornata al mare, assieme a Bucky. Lì era solamente lui, senza dolori fisici, con il suo amore. Lì finalmente poteva essere sfitto dall'afflizione.
Presto la marea alta lo raggiunse, propio come desiderava. Affondò dritto, spingendosi con le braccia, ad occhi chiusi con il rumore del mare nella testa, senza respiro, un po' come quando Bucky lo stringeva ed iniziava a spingere dentro di lui. Battè i piedi e riemerse, boccheggiando con gli occhi poco arrossati dall'acqua salata. Galleggiò sul posto e poi si voltò alla sue spalle, accorgendosi di soppiatto della presenza di Bucky che lo aveva raggiunto. Il moro non gli si avvicinò, una distanza di qualche onda sottile li divise, quella parte del subconscio di James che aveva capito per metà il biondo.
«Ho fatto qualcosa di sbagliato?» domandò rammaricato.
«Tu no, lo sai, sono gli altri che sbagliano.» rispose Steve, muovendo le braccia per tornare indietro.
«Perché hai reagito così? Non stavamo facendo nulla di male, era solo un gioco.» si giustificò James, voltandosi verso di lui, ma rimandano a galleggiare quasi buffamente sul posto.
«Un gioco che due ragazzi non fanno, non davanti a tutte quelle persone. Dio, Bucky...» Steve gli nuotò incontro, fissandolo negli occhi. «Tu non sai cosa ti farei in questo momento, ti stringerei il viso tra le mani e ti bacerei fortissimo, in mezzo all'acqua. Ti abbraccerei stretto e poi correrei sulla sabbia con te, tendendoti per mano, come fanno i ragazzi con le ragazze. Ma noi non possiamo farlo, non qui, non in questa vita.»
«Vuoi che io sia il ragazzo stronzo e irresistibile che abbiamo costruito per coprire il nostro rapporto, non è così? Io non ti contraddico, hai ragione, mi sono lasciato prendere dall'enfasi.» borbottò Bucky, dispiaciuto.
Steve corrugò la fronte e sospirò, sputando un po' d'acqua che gli era finita in bocca. Gli nuotò incontro, e gli strinse una mano, immersa nelle correnti calme. Erano lontani, forse nemmeno Sarah li vedeva da quella distanza, sotto di loro il fondale era tanto lontano, e introno non gli girava nemmeno un qualche peschereccio abusivo. Non rischiarono troppo contatto, ma nascosero le proprie mani sott'acqua.
«Non sentirti in colpa, noi non facciamo nulla di male.» disse Steve, con dolcezza. Bucky gli sorrise, voltandosi e tirandolo dalla mano, spingendolo abbastanza velocemente in avanti. Steve scoppiò a ridere, vedendosi poi superato da James, che prese a nuotare con profonde bracciate.
«Gara di nuoto!» urlò tra gli spruzzi, incitando Steve a imitarlo.
Nuotarono per pochi metri, forse ne percorsero a malapena tre. Steve mollò per primo, il fiato già gli si era mozzato di netto, e per respirare nuovamente fece persino fatica a tenersi a galla da fermo. Bucky invece proseguì qualche bracciata più avanti, fino ad arrampicarsi su uno scoglio. Zuppo, con gli occhi semichiusi ed infastiditi dal sole e la salsedine, James si mise dritto su una pietra sporca di alghe viscide, sorprendendosi sospeso con un braccio. Tese la mano a Steve, che pian piano era riuscito a raggiungerlo con estrema fatica.
«Ci riesci.» gli disse Bucky; non era una domanda, ma una di quelle frasi che Steve si aspettava di sentire, sulla sua salute e sulla sua ostinazione imperterrita.
«Ti risulta che mi sia mai arreso?» sorrise, per poi essere tirato all'asciutto dalla presa forte di Bucky.
I due ragazzi si sedettero sulla punta meno bagnata dello scoglio scuro, riscaldata dai raggi ininterrotti del sole che quasi la rendevano incandescente, se non fosse stato per le onde. Entrambi ressero il peso affaticato della propria schiena con le braccia poggiate all'indietro, respirando a fatica ancora per poco, accecati dalla luce fastidiosa di mezzogiorno.
Bucky voltò il capo in direzione di Steve. Si morse il labbro gonfio che sapeva di sale, mente l'immagine della figura snella e chiara di Rogers gli bruciava gli occhi più dell'acqua. James tirò su con il naso, pulendosi con il polso, mentre alcune gocce gli cadevano dalla punta.
«Adesso che siamo soli, posso toglierti quella dannata maglietta?» gli domandò, facendo subito ridere Steve. Questo socchiuse gli occhi e rilassò il viso, in una dolce espressione allegra e consenziente. Alzò le braccia in alto, e attese che Bucky si avvicinasse a lui per spogliarlo per bene.
Beffardo, il moro fremette di impazienza, e gattonò fino a lui. Si mise a cavallo del bacino di Steve e gli tolse quell'indumento di dosso, ormai zuppo e aderente sulla sua pelle.
Steve alzò il mento e lasciò che le bocche si sfiorassero tra i loro due sorrisi rosei, mentre Bucky si chinava lievemente su di lui. Quando la canotta cadde sulla pietra con un tonfo acquoso, James gli prese il viso tra le mani, e poggiò la fronte contro quella di Steve.
«Voglio restare disperso qui in mare per sempre, con te senza maglia.» gli disse, muovendo il viso sempre più vicino all'altro. Uno sbuffo intenerito provenne dal minore, che gli cinse i fianchi con le mani, e lo tirò verso di se. Steve alzò un ginocchio, e lo premette contro l'inguine di Bucky. Il moro sospirò, colto di sorpresa, irrigidendosi da capo a piedi, con la pelle d'oca che gradualmente gli ricopriva tutto il corpo.
«Io invece no, mi piacerebbe stare qui a cullarti sotto il sole, ma preferisco di gran lunga farlo nella nostra camera.» gli sussurrò Steve, accarezzandogli una guancia con il viso, per poi sgattaiolare in piedi, via da lui, e rituffarsi in mare.
Subito dopo quella nuotata solitaria, i due ragazzi raggiunsero Sarah, che aveva già sistemato ordinatamente le porzioni per il pranzo sulla tovaglia. Steve e Bucky crearono una macchia umida sotto di loro, bagnando la tovaglia per stirata. Trangugiarono il loro pranzo come se non mangiassero qualcosa da giorni, sotto il divertimento contenuto della madre di Steve. Alla fine del pasto, quando anche il sole aveva iniziato ad asciugarli, i giovani si stesero tranquillamente sulla tovaglia. Al centro ci stava Sarah, con il suo vestito chiaro ed elegante, e ai suoi lati i ragazzi riscaldati dal sole.
Quando poche ore più tardi passò l'autobus che li avrebbe riportati a casa, Bucky corse velocemente su di esso, rischiando persino di perderlo. Richiuse distrattamente il cestino quasi vuoto che gli era rimasto, e si mise accanto a Steve, tenendosi in equilibrio da qualche brutta frenata sul corrimano in alto.
«Avevi dimenticato qualcosa?» gli domandò curioso il minore, indicando con lo sguardo la cesta che teneva in mano.
«Si, una cosa abbastanza importante.» gli rispose serenamente. Steve si alzò sulle punte, fino a sopra la spalla di Bucky, che con sguardo stranito non chinò il capo per guardarlo da così vicino.
«Non voglio andare a casa, non ancora.» sussurrò il minore.
«Cosa?» bisbigliò Bucky, confuso.
«Quando arriveremo, tu ed io ci chiuderemo nella nostra stanza, e tu sai benissimo cosa voglio farti.» concluse Steve con un sorriso malizioso.
Bucky per poco non barcollò, deglutì rumorosamente e continuò a fissare dritto le tante persone in piedi difronte a se, che gli davano le spalle.
«Sei entusiasta all'idea?» ribattè il minore, divertito.
«Come non potrei non esserlo?»
Per tutto il viaggio del ritorno, troppo lungo rispetto all'andata, Bucky non poté fare a meno di martoriarsi il labbro, per l'impazienza, la tensione, e l'insopportabile espressione neutra di Steve che non poteva fare a meno di fissare. Quando finalmente giunsero al loro quartiere, verso le cinque e mezza del pomeriggio, Sarah era stanca e assonnata, e James incontenibile.
«Dobbiamo ancora dare da mangiare a Stuart! Tu vai a casa mamma, ti raggiungiamo tra poco.» Steve sbottò quella dimenticanza usata come scusa a cui Sarah credette senza ombra di dubbio.
«Non sarete troppo stanchi? Non ci mettete tanto, quel sacco di pulci sa cavare a se stesso.» la donna sospirò dolcemente, prese sotto le braccia entrambi i ragazzi e gli baciò le teste che odoravano di salsedine. I due sorrisero, salutandola da lontano, mentre lei tornava a casa ignara della vera strada che i due avevano preso. In effetti lasciarono davvero un pezzetto di prosciutto difronte alla cuccia sfatta e questa del cane, però frettolosamente, correndo alla loro stanza nascosta nel vicolo che nessuno conosceva.
Era come se fossero ancora in mare, accesero le candele che spavento di vaniglia, ma addosso erano oceano, nella sua forza, in tutto il suo colore. Fu una passeggiata in confronto alle altre volte spogliarsi, quasi gli parve triste sbarazzarsi così in fretta dei costumi da bagno. Il loro sesto giorno di sesso fu accompagnato da un bacio disperato, uno di quelli che volevano darsi da ore, ma che potevano sviluppare solo nella loro mente. Era così eccitate assaggiarsi la bocca e sentire la secchezza provocata dal sapore del sale. Quando poi Bucky iniziò a leccare il petto di Steve, a succhiare i suoi capezzoli turgidi, quasi impazzì nel sentire il mare ancora abbracciato a lui.
Steve si inginocchiò difronte al moro, lo trattenne a se con una mano sul ventre muscoloso, facendolo contorcere per il punto delicato dell'inguine che aveva toccato. Passò la lingua sotto tutta la lunghezza di Bucky, e prima di inghiottirla del tutto gli disse, con gli occhi azzurri puntati verso l'alto;
«Questa volta non bagnarmi, entra in me così e basta.»
Bucky corrugò la fronte, con il respiro teso. Strinse la mano di Steve che gli teneva il ventre, e con l'altra gli accarezzò i capelli crespi dall'acqua marina.
«Ti farà troppo male, non farti venire certe idee.» lo rimproverò, trattenendo il fiato quando la bocca di Steve prese a concentrarsi sulla sua cappella. Il biondo gli strinse con due dita la base del pene, e si staccò da lui pochi centimetri soltanto per rispondergli.
«Quale dolore? Questo non fa male, io lo so cosa mi fa soffrire, e proprio tu Bucky sei la cosa migliore che il mio fisico riesce a sopportare, e che vuole, ogni parte.» disse, e poi, tenendolo fermo con le sue mani, lo riprese in bocca. Lo succhiò in profondità, Bucky riuscì a sentire persino i suoi denti poggiarsi e morsicare piano il suo membro.
«Facciamo in fretta, Sarah ci aspetta.» mugugnò Bucky, che pur essendo eccitato quanto Steve, aveva il pensiero fisso sulla realtà che quel giorno picchiava fuori dalla porta, e che non poteva evitare.
Steve si fermò, gli strinse il sesso con una mano e lo spinse più vicino a se, facendolo gemere.
«Adesso tu stai zitto e fai l'amore con me. Lasciati andare, qui ci siamo solo noi, me lo hai detto mille volte.» la voce di Steve venne attutita dall'eccitazione di James, che immediatamente riprese in bocca. Il maggiore respirò profondamente, disperdendo le preoccupazioni inutili che si era creato, per ascoltare Steve. Il piacere si espanse, lo inondò completamente, come la saliva di Steve su di lui, densa.
Bucky spinse la testa indietro e prese con entrambe le mani il viso di Steve. Con un sospiro sofferente lo allontanò da se, senza dargli il tempo di protestare. Lo mise in piedi, lo prese per le costole, e lo poggiò sul letto. Bucky si diresse verso la porta, si chinò al cesto che aveva portato con se e poggiato in terra, e tirò fuori la bottiglia di vetro ormai priva d'acqua, sostituita da un cumulo di sabbia chiara.
Steve lo guardò storto, quasi divertito, rimanendo sul letto.
«Cosa vuoi fare?» gli domandò scuotendo il capo.
«Ho preso un po' di sabbia per tenerla qui, per sentirne sempre il profumo.» rispose, avvicinandosi a lui.
«E con ciò?» lo provocò Steve, divertito.
«Ne metto un po' sulle lenzuola e tu ti ci sdrai, così posso fare l'amore con te come se fossimo in spiaggia.» Bucky stappò la bottiglia, facendo ricadere una scia di granelli sul suo palmo, e poi sul letto, accanto al corpo di Steve.
Il biondo gli circondò il collo con le braccia, e prese a baciarlo sulle labbra, mentre la sabbia continuava a cadere introno alle loro sagome, quasi supine sul letto.
«Dovremo pulire per bene le lenzuola dopo.» bisbigliò divertito il biondo.
«Domani la lavanderia è aperta, vado io a fare il bucato.» rispose scherzosamente, facendo ridere Steve, che gli morse il labbro.
Con il mare tutt'intorno, il profumo di sudore dei loro corpi, e l'enfasi dei loro bisogni, ripresero a toccarsi.
Steve si sdraiò completamente a pancia in giù sul letto, premendo l'erezione tra le coperte sotto il suo peso stesso, e poi quello di Bucky sopra. Il biondo accumulò le lenzuola al viso, le strinse tra le braccia, e nelle mani centinaia di granelli gli si incollarono tra le dita. Bucky gli massaggiò i testicoli da dietro, si posizionò davanti alla sua apertura, e attese qualche istante prima di entrare in Steve come lui gli aveva detto.
Fece più piano delle volte prece denti, fu quasi una lenta discesa, un contatto di pelle unto e asciutto allo stesso tempo, un conato di lamenti affaticati, e mani che si aggrappavano troppo forte alla sabbia che era troppo poca.
Quando Bucky fu tutto dentro, si spinse in profondità, tra quelle parti troppo strette e poco lubrificate, l'unico piacere meno doloroso che poteva percepire Steve era proprio lì in profondità. Il minore premuto sul materasso con tutto il peso, il viso poggiato da un lato e disfatto dal piacevolissimo dolore che gli ribolliva completamente dalla vita in giù.
James si sdraiò sopra di lui, trovò presto le sue mani tra le coperte, le afferrò con insistenza, e non le lasciò più. Spinse piano, ma con decisione. I fianchi di Steve venivano portarti in avanti con uno scatto forte ad ogni affondo, tra i loro gemiti irrisi.
Bucky spinse velocemente quando l'orgasmo lo persuase, e continuò a farlo anche pochi secondi dopo essere venuto, tremando tutto sopra Steve. Gli morse il collo, poi lo baciò.
Steve però non aveva ancora ricevuto la sua parte di piacere finito, e questo Bucky lo sapeva benissimo. Con delicatezza quasi divina Bucky maneggio il suo corpo stanco e dolorante che tra la sua forza scaricatasi dal piacere cieco, fece sdraiare Steve di schiena, come fosse un fantoccio di porcellana, estremamente fragile e candido.
Bucky gli baciò l'interno coscia, che indirizzò la sua bocca al membro eretto di Steve. Il biondo gemette forte, si piegò in avanti per ricadere subito sul letto, con un tonfo delle spalle. James prese in bocca la sua lunghezza, spinse la testa su e giù, l'avvolse tutta, gli diede piacere più appagante della penetrazione stessa.
Steve allungò una mano verso il basso, frettolosamente tastò la testa capelluta di Bucky, alla ricerca di una delle sue mani. Il maggiore lo capì, ed allungò il braccio sinistro in altro, così da far cucire ancora una volta i loro palmi e le loro dita.
Steve non ci mise molto a venire, ma quando Bucky capì dai suoi gemiti acuti che stava per soffocarsi nell'orgasmo, si mise velocemente su di lui, facendo comprimere i loro petti, gli addomi, e cosa più importante, i volti assieme agli sguardi.
Bucky lo toccò solo con una mano, affondando forte, e facendo così venire Steve sul suo sesso già quasi stanco e arrivato. Respirarono a fatica, come se avessero fatto un'altra gara di nuoto, quel giorno.
Oltre i sogni infranti, di chi ha perso tanto, troverai il tuo posto, diverrai diamante. Come il cristallo dell'acqua del mare sotto la distesa di cielo illuminato dal sole. In cui erano immersi Steve e Bucky, che vedevano l'oceano anche in quella stanza, sdraiati vicini. Bucky lo aveva pensato, il diamante che Steve aveva negli occhi, un giorno lo avrebbe visto anche il suo ragazzo.
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