Epilogo

Vieni, dolcissima notte, amorosa notte dalle ciglia nere, dammi il mio Romeo, e alla sua morte scioglilo in piccole stelle:
il volto del cielo sarà così splendente che tutti avranno amore per la notte dimenticando di adorare il sole.
Romeo e Giulietta; William Shakespeare 

La cosa che più aveva segnato Steve erano i suoi capelli. Era passato tanto tempo da quando aveva riavuto quella polvere di normalità tanto sognata, e tantissimo altro da quando lui e Bucky erano stati adolescenti.
Ecco, propio Bucky. I suoi lunghi capelli scuri non potevano che ricordargli il male subito.
Perché anche se Barnes era sopravvissuto, viveva ormai con i residui argentei di quel braccio perduto, e faceva qualche incubo di tanto in tanto, Steve non era riuscito ad accettare ciò che l'HYDRA gli aveva fatto, e che Bucky non gli aveva raccontato fino in fondo.
C'erano stati tanti dolori nella vita di Rogers, ma catalogandoli meglio, avrebbe messo tra i primi tre la caduta di Bucky dal treno, la sua perdita di memoria, e la scelta di lasciarsi ibernare.
Adesso però tutto era passato, scappati dopo gli accordi di Sokovia nella loro città natale -Brooklyn- sia lui che James, ormai induriti dal tempo, avevano messo in piedi quella vita più o meno ideale che avevano sempre agognato.
Vivevano in un classico appartamento non molto distante dal centro, il ventunesimo secolo non disertava quasi assolutamente la loro omosessualità, per tanto c'erano giorni in cui la tranquillità riusciva a farli sentire quasi come una vera e propria coppia sposata.
Gli eventi riconducibili al duro periodo della terapia di James, in base al suo ritrovamento, Steve li aveva lasciati per strada, tenendo in testa soltanto la cicatrice di quel proiettile che gli aveva quasi portato via le gambe, sparato dal Soldato D'inverno.

Tutto era bello, ma il mondo necessitava ancora di Captain America, e Bucky Barnes aveva fatto di tutto per rimetterlo in campo. Steve non voleva, rifiutando senza nemmeno dare troppo conto le richieste d'aiuto di Tony Stark, che, insistente, cercava invano di rintracciarlo.
Poi la guerra infinita aveva spazzato via stelle e pianeti, così Bucky si era mobilitato da solo per intervenire.

«Voglio rimediare a tutto il male che ho fatto. Non servirà a riportare in vita le vittime del Soldato D'inverno, ma io non posso stare con le mani in mano adesso. Non dovresti nemmeno tu.» severamente, davanti all'uscio della porta, le parole di Bucky ammutolirono Steve. Gli occhi lucidi e l'insicurezza in gola. Però non poteva perderlo, anche se quella battaglia era una condanna a morte certa, gli sarebbe stato accanto sempre.
E pensò ancora a quei capelli che nella corsa ondeggiavano, lunghi, alcuni attaccati alla fronte dal sudore. Lo vedeva così bene, mentre scappava via e lo teneva faticosamente tra le braccia.
Steve aveva un abbondante emorragia all'addome, provocata da quel nemico cui arma era un guanto d'oro sfavillante di gemme.
Gli faceva così male, da tanto non provava un dolore simile.
Il terrore disperato negli occhi di James fu capace di risparmiagli una goccia di quella sofferenza, mentre intorno a loro gli amici soccombevano, e la polvere si alzava.
E pensare che pochi giorni prima avevano fatto l'amore, lui e Bucky. Lo avevano fatto come in quel posto nascosto a Brooklyn, perché ormai a casa loro si sentivano al sicuro, ormai si sentivano come in quella baracca che per loro era stata casa a lungo tempo.
Come adolescenti inesperti, l'amore li riempì nella sera della loro camera da letto profumata.
Erano cambiati tanto, troppo per poter riuscire a sopportarlo.
Cicatrici ovunque, specialmente sul corpo percosso di Bucky. A lui mancava persino un braccio, mentre la spalla, rosea dalle ferite vecchie, si chiudeva in un estremità metallica.

Chissà quali altri compagni erano morti tra quelle macerie. Thor? Natasha? Scott? Tony? Persino quel nuovo ragazzo delle stelle, Peter.
Presto la morte sarebbe giunta persino per Steve, ne era certo. Tutti sarebbero morti.
James non affrontò la guerra, per una volta, scappò via. Lo fece per portare in salvo Steve.
Quando il suo corpo debole venne posato in terra, al riparo in una squallida parete crollata da un negozio, pensò ancora, in preda al delirio sofferto, della loro lunga notte di sesso in quella così bella casa. Folte barbe scure rodevano i visi adulti, mascolini, affascianti. Capelli più lunghi si scompigliavano e mani forti diventavano fragili nello stringersi con ammirazione amorosa.
Era stato Bucky, quello a gemere più forte, mentre Steve si era spinto dentro di lui, con una possente fermezza irriconoscibile. Di quel piccolo ragazzino biondo sofferente d'asma erano rimasti a mal appena gli occhi. Il corpo statuario e segnato da qualche cicatrice era stato toccato tutto dall'unica mano rimasta a Bucky, quella destra.

Però adesso tutto stava finendo. Steve aprì gli occhi dopo un breve istante di incoscienza che dal terrore gli fece vedere come Bucky era scoppiato in lacrime. Il braccio sinistro era stato rimpiazzato da una protesi bionica non così perfezionata come l'originale. Lui la teneva bassa, lontana dal viso, perché non era la sua. Quando si accorse, fissandolo gelosamente, che Steve si era ripreso da quello svenimento, si fiondò gattonando verso di lui, tenendogli la testa con la mano sudata.
Aveva persino abbandonato le proprie armi, nascondendosi. Impressionante come al caos e alla distruzione intorno a se', Bucky non facesse nemmeno caso. Steve era la sua unica priorità, e piagnere dallo spavento rischiò di fare di lui il codardo e l'assassino autocommiserato che si era creduto per anni.
Steve non capì poi molto il futile motivo di tanta disperazione, l'adrenalina si stava esaurendo, il dolore alla grossa ferita fatta a brandelli diventava molto più intenso, e i sensi si annebbiarono con maggiore forza.
Bucky gli posò il viso sul suo petto, dove i battiti del cuore squarciavano le ossa e la carne, frenetici, impazziti. Gli baciò il capo, e poi le labbra, fortissimo. In quel bacio umido e disperato fece di tutto per salvargli la vita.
Quando Steve ansimò senza respiro, e Bucky lo guardò negli occhi con timore, piccoli lamenti mischiati a parole portarono al viso del biondo qualche reazione.
«Non piangere Buck, non fare così.» sorrise, e quello pianse ancora di più.
Il rumore non molto lontano da loro aumentò, urla e poi altra polvere di cemento sgretolato in terra.
«Avevi ragione tu, è stata una pessima idea unirci alla battaglia. Ma adesso torniamo a casa, d'accordo? C'è Stuart che ci aspetta, e tu devi essere medicato.» sbottò James. Gli toccò nervosamente il volto, per assicurarsi che lo stesse ascoltando davvero.
«S-sto bene, non piangere, non fare così.» Steve aggrottò la fronte amareggiato. Invano tentò di racimolare le poche forze rimaste per toccargli un braccio. «Non piangere. Lo avevamo promesso, ricordi?»
Bucky sgranò gli occhi, emettendo un verso strozzato all'apprendere di quelle parole.

Affusolati in un orgasmo perfetto e lungo, attivo, veloce, lui e Steve si erano sdraiati comodamente sul letto. Erano davvero stanchi, la sensazione dello sperma caldo che gli colava via lasciava a Bucky la goduria di quel bellissimo amore fatto con Steve. La loro storia non aveva avuto poi così tante svolte semplici, e nel timore di poter rivivere separazioni di qualsiasi tipo Steve gli aveva fatto promette che nessuno dei due avrebbe pianto. Lo avevano fatto così tante volte che per lui rischiare di ricaderci avrebbe fatto appassire entrambi.
In quel caso, piangere avrebbe ucciso più dolorosamente Bucky che quella ferita stava facendo con Steve.

Velocemente scosse la testa, ormai sorretto sulle ginocchia sopra il corpo di Rogers. Gli asciugò dalla fronte qualche goccia di sudore e scie di sangue misto a polvere, respirando a fatica.
«Non piangerò, non piangerò se tu starai bene. Dobbiamo andare via di qui, ora.» Bucky dovette mordersi il labbro inferiore per non strozzarsi in un singhiozzo che gli bruciò la gola secca.
Steve stava socchiudendo gli occhi, ormai quasi sicuramente non riusciva più ad ascoltarlo. Il moro sussurro a bassa voce una lunga serie di no, scuotendo il capo e stringendo forte a se il compagno. Gli baciò ogni angolo raggiungibile della bocca, senza ritegno.
Nessuno avrebbe capito il suo stato d'animo, quella paura tremenda della morte. Non sua, ma su quella persona speciale. Perché il rapporto con Steve era una cosa intima ed esclusiva; Bucky aveva perso la memoria, ed anche se in parte era riuscito a ritrovarla, trascorrere altro tempo con Steve gli aveva permesso di innamorarsi nuovamente di lui, di quei dettagli che non aveva conosciuto o che non ricordava ancora.

Chiamò il suo nome disperatamente, e Steve poté metabolizzarlo nell'immagine del sesso fatto nella penombra, mentre si appassiva senza sangue.
«Steve!» aveva strillato nel gemito Bucky, sotto di lui e pieni di baci. «Steve!» lo stava urlando in quel momento, impastato di lacrime, mentre il suo amore stava morendo.
Era arrivata, la fine. Ogni cosa ha un termine, loro due erano durati più del normale.
Steve chiuse gli occhi per il dolore, stordito, quando si rese conto che Bucky non lo teneva più contro il proprio corpo vestito di nero. Riaprì gli occhi a fatica e lo vide, in piedi che gli rivolgeva le spalle. Davanti a lui una figura minacciosa, altissima, non affatto umana.
Cap provò a chiamarlo, per strillargli di andare via, di muoversi. In mano Bucky teneva una pistola, l'unica arma carica rimasta.
Il cuore di Steve ricominciò a palpitare forte, quasi lo sentì cedere. Avrebbe voluto alzarsi in piedi e prendere James per mano, così da farlo scappare, ma le gambe non risposero ai comandi, così come le braccia.
Tutto fu' così veloce che Steve quasi lo metabolizzò a rilento, nella propria mente stanca. Bucky in terra, inerme, che aveva preso il suo posto. Lo sentiva nelle vene che era morto.
Quell'assassino spietato che se lo era portato via si era fatto distrarre da qualcos'altro, non facendo caso a lui, così com'era ferito e indifeso.
«Torna qui!» tutto il fiato che aveva nei polmoni fu rivolto con disperazione al mostro che aveva lasciato Bucky per terra. A quel punto desiderava soltanto di fare la stessa fine di Barnes.
Non c'erano colpe o pentimenti, solo desiderio. Quello ardente, malato e vorace di morire.
Natasha, i capelli chiari, corti, lo raggiunse nel più totale sconcerto. Cercò di tranquillizzare tutta quella disperazione tenendo Cap per le spalle, invano, non riuscì nell'intento.
E lo so che starai lontano per un po', dissero gli occhi di Steve al corpo di Bucky; «Ma io non posso sopportarlo.» sussurrò. La vedova nera pensò che quello shock fosse rivolto a lei, ma non avrebbe mai scoperto che Steve parlava solo e soltanto con Bucky.
Lo vedeva da lontano, e la cosa che ancora lo stordiva erano i suoi capelli castani. Ne conosceva il profumo a memoria, quello stesso su cui era soffocato nel fare l'amore.
E pianse. Non mantenne quella stupida promessa.
Alla fine, il soldato pianse per la ferita di quella morte certa.

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