Dodicesimo
Finiremo dipinti sulla strada. Rosso cromo, tutti i vetri rotti che brillano, credo che stiamo festeggiando.
E quando Bucky si svegliò ad un'ora piuttosto tarda della mattina, scendendo prima le scale scricchiolanti della sua soffitta, e poi quelle fresche che lo condussero alla cucina, il ragazzo assonnato e tramortito dal caldo eccessivo poté rendersi conto di essere solo assieme a Sarah.
La donna, di fretta come ogni giorno, indossava un grembiule da cucina, e si apprestava a lavare con sistemato ordine le stoviglie della colazione già mangiata dal resto della famiglia.
Bucky si passò una mano tra i capelli, sbadigliando;
«Steve dorme ancora?» domandò a Sarah, che con un bacio in fronte gli augurò il buongiorno quasi fosse un bambino.
«In verità è uscito stamattina presto, ha portato con se i suoi colori, dicendomi che avrebbe avuto un bel po' di lavoro da fare.» la signora Rogers mise al proprio posto i bicchieri di vetro nella credenza, mentre Bucky prese a mangiare con lenta confusione la colazione che lei gli aveva servito.
«Per caso ti ha detto cosa aveva in mente?» metà della testa di Bucky era ancora inghiottita dal sonno, che non gli fece passare per testa molte domande più ovvie che magari soltanto lui e Steve avrebbero potuto sapere.
«Un dipinto di qualche paesaggio, sai com'è fatto Steve, quando ha voglia di dipingere, ogni cosa per lui passa in secondo piano.» Sarah si sfilò il grembiule, e piegandolo ordinatamente. Accarezzò la testa spettinata del ragazzo stordito, sorridendogli.
«Devo andare al lavoro, mi raccomando, quando finisci di mangiare metti in ordine la tavola, e state attenti tu e Steve mentre siete fuori.» il ticchettio delle sue scarpe contro il pavimento si allontanò frettolosamente, e poi tornò indietro con la stessa velocità.
«Quasi dimenticavo, Steve mi ha chiesto di dirti di raggiungerlo non appena ti saresti svegliato, dice sempre al solito posto. Avete trovato un posticino tranquillo voi due?» Sarah rise scherzosamente, facendo drizzare dall'ansia Bucky.
«Comunque vedete di non tornare a casa troppo tardi, oggi il tempo è uggioso, non vorrei che vi beccasse la pioggia mentre siete fuori.»
James le annuì, mandando giù un boccone morbido della ciambella al cioccolato fatta dalla donna. Sarah, stanca ma allo stesso tempo raggiante in maniera straordinariamente somigliante al figlio, salutò un'ultima volta Bucky, che ricambiò quando ormai lei aveva chiuso la porta d'ingresso ed era andata via.
Odiava chiacchierare quando era appena sveglio, e soprattutto odiava ascoltare dei discorsi piuttosto considerevoli non appena risorto dal sonno. Seguì le istruzioni di Sarah, mettendo in ordine la sua parte di colazione, dandosi poi una pulita veloce, che non riuscì a levargli del tutto il sonno di dosso. Avrebbe potuto dormire per un giorno intero, se non fosse stato per quel dannato caldo soffocante.
Soltanto quando allacciò le scarpe e si diresse finalmente fuori da casa, iniziò a pensare con più lucidità a Steve, e alla pazzia che gli era venuta in mente di fare.
L'unica cosa di cui era certo era che Steve si trovasse nel loro posto nascosto, ma del dettaglio di Sarah di quell'idea di dipingere non riusciva a trovarne una motivazione. Possibile che il biondo avesse avuto un lampo di genio nella sua creatività? Allora perché svegliarsi tanto presto e rintanarsi nella loro segretezza fatta a stanza?
L'aria era più fresca, anche se addosso si sentiva l'umidità grigiastra del cielo. Arrivato a metà strada Bucky, di fretta e abbastanza di mal umore quasi triste, si trovò davanti il cane bastardo che aveva preso il nome di Stuart. Il quadrupede scodinzolò gioiosamente, latrando e saltellando sulle ginocchia di James per cercare carezze e invitarlo a giocare. Il padrone dell'animale sbuffò leggermente infastidito, cercando di tenerlo giù ed impedirgli di sporcare ancora con le zampe i suoi pantaloni.
«Piantala, vado di fretta!» disse a Stuart, che si immobilizzò al forte rumore di un tuono non molto distante. Bucky non ebbe nemmeno il tempo di alzare lo sguardo verso il cielo molto più scuro, che piccole gocce d'acqua gli bagnarono la testa, e poi, improvvisamente, un temporale estivo incombette sulle strade di Brooklyn.
Il cane abbaiò, e Bucky per calmarlo e portarlo al riparo con se, se lo caricò in braccio, e iniziò a correre sotto la pioggia. Quando sparì nella strada segreta di quel vecchio vicolo, con il peso tozzo e scialbo di Stuart a carico, James aveva il fiato corto e gli abiti zuppi.
Bussò di fretta alla porta di legno con un piede, sorreggendo il sacco di pulci tutto bagnato e puzzolente che scodinzolò allegramente alitandogli in faccia.
Immediatamente Steve lo fece entrare, guardandolo con sorpresa divertita. Bucky corse subito dentro, mettendo giù il cane che si scrollò, bagnandogli ancora di più tutte le scarpe. Il rumore della pioggia battente sul tetto del ripostiglio di legno coprì il respiro pesante del moro, che si passò le mani tra i capelli per scrollarli.
«Sei tutto zuppo, togliti questi stracci di dosso, ti prenderai un colpo d'aria.» Steve, preoccupato quanto addolcito dalla presentazione di Bucky, assieme al loro animale. James sorrise leccandosi le labbra bagnate dalla pioggia. Le ciglia fecero scendere lungo il suo viso quelle gocce d'acqua che parvero lacrime, mentre lui sorrise, guardando nella loro penombra ormai abituale il suo ragazzo. Steve gli mise le mani sul petto, e fece per sbottonagli la camicia chiara ormai incollata al suo corpo. Entrambi guardarono lo stato ridicolo e insolito in cui si trovavano.
Bucky era stato quasi annegato da tutta quella poggia e puzzava di cane, mentre Steve era completamente cosparso di colori.
Le mani, fino all'altezza dei gomiti, erano incrostate di tempere di colore bianco, marrone e celeste. Sul viso aveva qualche macchia ancora umida di colore, sotto uno zigomo, e sul mento, come se Steve si fosse grattato senza accorgersi di avere le mani sporche. I capelli biondi con il ciuffo poggiato sulla fronte, più corti ai lati dove il colore andava a diventare più scuro, e da un lato, sull'orecchio, un pennello sottile e lungo era poggiato con la punta umida di colore in avanti.
Le maniche della camicia a creare delle svolte alte, fin sopra i gomiti, e il colletto largo per evitare che qualche schizzo finisse sul tessuto. Scalzo, con i piedi poggiati su dei giornali aperti sul pavimento, Steve appariva con quell'aspetto semplice e ingenuo a cui Bucky non poteva resistere.
Stuart gironzolò un po' per la piccola stanza, ed infine si accovacciò sotto alla mensola poco alta, da dove proveniva la maggiore fonte di luce e calore delle candele accese.
Bucky sorrise e prese il viso magro di Steve tra le mani bagnate, che lo fecero sussultare. Dolcemente il maggiore aggrottò la fronte, ignorando la premura di Rogers, e ammutolendo la sua voce cauta e bassa con un bacio.
Erano avvolti dall'oscurità delle loro palpebre chiuse, sordi di ogni rumore, cancellando la pioggia, i respiri, e i battiti. Le bocche spinte assieme, e semiaperte, da dove la lingua di Bucky si spinse tra i denti di Steve, e lui accarezzò lentamente con la sua quella vicina carezza che gli modificava il sapore.
Durò infinitamente, e durò un battito di ciclica.
Fu solamente quando smisero di fondersi, e James riaprì gli occhi, che poté guardare ciò che ricopriva la parete alle spalle di Steve. Con un enorme sorriso sorpreso e meravigliato, camminò velocemente in quella direzione, sgranando gli occhi.
Emise un sospiro stupefatto, allargando le braccia e rincorrendo ogni colore con lo sguardo che slittava veloce.
Alto quanto tutta la parete in legno, un dipinto ancora non del tutto completo decorava quel posto scuro. A delineare lo sfondo non rifinito e del tutto vuoto, dei colori di prova ai bordi che adunavano in basso del verde scuro e del marrone, e poi da metà della composizione, fino in alto, dell'azzurro e del bianco.
Le figure erano quasi a grandezza naturale, e a migliorare le curve più alte dei soggetti Steve era arrivato aiutandosi con una cassetta di legno, anch'essa sporca di colore.
Il disegno era semplice, quanto minuzioso e complicato. Due uomini giovani erano sdraiati a pancia in giù; uno stava sopra l'altro, ed entrambi erano nudi.
Non si vedevano i volti, si distinguevano delle acconciature corte sul capo, e dei colori più o meno chiari che predefinivano quelle persone.
Era un disegno fatto con le tempere che raccontava di sesso. Steve aveva disegnato due uomini che facevano sesso, grandi quanti un manifesto, e nascosti in quel posto.
Per averci lavorato solamente da non molte ore, i dettagli principali di quei corpi, con tutte le sfumature e l'anatomia, erano praticamente terminati.
Bucky si avvicinò ancora di più, i dettagli gli apparirono molto più coincisi. Tracciò una carezza a vuoto distante pochi centimetri dalla forma tesa di un piede leggermente flesso. Notò la profondità di come questo si illuminava tramite i tendini, e le dita perfettamente in proporzione con il resto.
Seguì la curva di una delle gambe sopra il corpo dell'altro, del polpaccio rotondo, cerchiato il muscolo che aveva un colorito di pelle diverso dal secondo ragazzo.
La curva del sedere, quella della schiena, l'ampiezza delle scapole e il profilo lievemente nascosto di entrambi.
Tutto era perfetto in quel disegno.
Bucky sentì la presenza di Steve accarezzagli la schiena, e poggiare la testa su una delle sue spalle umide e gelide.
«Volevo farti una sorpresa.» disse a bassa voce il biondo, con dolcezza.
«Credo che tu non abbia mai fatto qualcosa si simile...è semplicemente mozzafiato.» Bucky scrollò il capo ancora con fare incredulo, sorridendo per metà.
«Volevo rassicurarti, metterti a tuo agio per ciò che è successo ieri.»
«Oh Steve, a proposito di quello...» James sbuffò con rammarico, voltandosi a guardare il più piccolo.
«Non devi spiegarmi nulla, non ho bisogno del tuo imbarazzo, o di qualsiasi altra cosa ti passi per la testa. A me non importa come facciamo l'amore, capisci?» Steve sorrise, increspando le sopracciglia.
«È abbastanza complicato.» ammise James, imbarazzato.
«Ti sbagli, non lo è affatto, guarda lì -Steve lo fece nuovamente voltare verso il dipinto enorme sulla parete, e indicò con l'indice i due ragazzi- non si capisce chi dei due sia veramente te, o me. Li ho voluti fare indistinti proprio perché non mi importa chi prende il posto di chi. Guardali, sono bellissimi in ogni caso, fanno l'amore in ogni caso, e quasi ci muoiono in quel gesto.»
Bucky socchiuse gli occhi e, chinandosi lievemente, gli baciò una guancia, stringendolo a se con un braccio intorno al suo collo. Fece scivolare la punta del naso e le labbra semichiuse sulla pelle calda del minore, e poi poggiò la fronte contro la sua.
«Mi fai innamorare in continuazione, sei un folle.»
L'odore del colore, pungente, li fece andare fuori di testa, quel loro decimo giorno di sesso.
Steve prese per mano Bucky e lo invitò a sedersi sul letto, dalle coperte disfatte. Lo spogliò dei suoi abiti fradici, e con quelle stesse lenzuola su cui era posato, calde e rassicuranti, gli asciugò dal petto e dal viso tutta la pioggia che gli faceva drizzare i peli sulle braccia. Sorridendo, il minore gli scompigliò i capelli che crearono una piccola pioggia tutta su di loro. Si guardarono in viso trasformando quel risolino dolce in un silenzioso tremore, dei loro occhi che si avvicinavano ma facevano fermare il cuore.
Con lenta e minuziosa tenerezza, Steve fece sdraiare Bucky, così la sfilargli anche i pantaloni. Prese il pennello che aveva dietro l'orecchio, e si sporse verso la tavolozza di colori cremosi che stava sul pavimento, accanto ai piedi del letto.
La punta era gonfia di un grumo pastoso e rosso, tenuto immobile con la mano magra e sicura. James si tirò nuovamente a sedere, Steve sulle sue gambe, entrambi vicinissimi.
«Posso usarti come tela?» ironizzò il minore, teneramente.
James sorrise quasi imbarazzato, e annuì chinando il mento in basso. Steve gli prese il bicipite sinistro con la mano libera e secca per colpa del colore ormai simile a croste, asciugatosi. Tracciò dei leggerissimi tratti simili a carezze fresche sul braccio di Bucky. Al lato, infine, come se facesse parte di lui da sempre, l'artista disegnò una stella rossa, all'intero riempita da tutto quel colore che lentamente si sfumava con caratteristiche più scure su tutte e cinque le punte. Usò lo stesso pennello, assottigliandone la punta, per prendere il nero. Seguì i bordi esterni di quel disegno acceso sulla pelle di Bucky, e ondeggiò con delle forme astratte e armoniose che si espansero fino alle mani del moro.
Bagnò il pennello in un bicchiere d'acqua marrone di tempera, per pulire la punta e usare un altro colore. Con l'azzurro Steve si sbizzarrì sul petto giovane di Bucky, che diventò cielo, si sciolse in acqua, e trasformò in corpo il colore degli occhi di Steve.
Il colore sul pennello ormai si stava attenuando, lasciando un sottile strato quasi asciutto, che Rogers indirizzò al basso ventre muscoloso a e contratto di Bucky, spintosi con il petto in fuori.
Il sottile strumento da disegno ricadde sul letto, perché le mani di Steve smisero di dipingere, e abbassarono l'intimo di James, allargando il bordo delle mutande.
L'erezione già prominente si fece subito notare da Steve, che si leccò le labbra, fremendo sopra il compagno. Questi allungò le mani e accarezzò il viso pallido sospeso sopra di lui.
«Non permetterti più di pensare di potermi deludere, o di poter essere inappropriato.» sussurrò il biondo, con ostilità seria, accarezzando con le dita i fianchi e l'inguine di Bucky. Lui ammise un verso di piacere rauco, socchiudendo gli occhi annuì.
«Okay, okay hai ragione tu.» farfugliò in preda agli spasmi dovuti all'avvolgersi di una mano di Steve intorno al suo membro.
«Sei il mio colore preferito.» Steve gli si avvicinò di più con il corpo, sfiorandogli il viso con il respiro.
«Sei il mio profumo preferito.» continuò a farfugliare vicino alla guancia di Bucky, che lentamente gli stava sfilando gli abiti.
«Sei il posto più bello in cui voglio andare, tu sei...» le parole gli morirono in gola per la troppa esaltazione, come se tutto ciò che gli investiva i pensieri non potesse essere espresso a parole. Bucky si tese verso di lui e gli prese a baciare il collo nudo, salendo con una carezza delle fino all'attaccatura dei capelli.
«Cosa? Cosa sono?» domandò in un sospiro affannoso. Steve si fermò sopra di lui, guardandolo negli occhi.
Il minore osò un istante di silenzio, e poi accumulò abbastanza parole da potergli rispondere.
«Amore. Sei amore e basta.»
Bucky sorrise, allargando le gambe spinse Steve su di se, con una trazione del busto. Lo liberò completamente dalla biancheria intima, cosicché le loro erezioni dure e tese potessero premersi nude una contro l'altra. Gemettero, con quell'odore di colore che gli solleticò la gola.
Socchiusero gli occhi, e fecero la guerra.
Bucky ribaltò le loro posizioni con una spinta veloce dei gomiti sul letto. Steve si sdraiò tra le coperte, stringendosi alle spalle umide di qualche disegno a tempera non ancora asciutto. Erano stati troppo impulsivi e frettolosi, così sbavarono tutte le composizioni di Steve, a furia di abbracciarsi e toccarsi.
Fecero letteralmente l'amore tra i colori, tutti ovunque. Viso, collo, petto, addome, gambe, schiena, mani, lenzuola, ogni cosa su di loro era azzurra o rossa.
Bucky non penetrò Steve, non ne sentì il bisogno, perché quel giorno, l'amore si fece più forte del solito desiderio sessuale.
Infatti vennero semplicemente toccandosi, spingendosi l'uno contro l'altro, il più grande, dominante, con una mano tra i peni umidi sulla punta.
Il seme bianco aggiunse una nuova tonalità a quel dipinto che si era creato sui loro corpi incrostati di tempere.
Quando si svuotarono dal piacere rimasero abbracciati assieme, ridendo dolcemente, con il fiato pesante. Si accarezzarono con così tanta dolcezza che persino la pioggia fuori, che continuava a picchiare contro il tetto di quella baracca, ritenne opportuno fare più attenzione per non sovrastare il suono di quelle carezze.
«Sarà un lavoraccio pulirci, specialmente prima che tutti tornino a casa.» disse Bucky, giocando con le mani di Steve.
«Altri cinque minuti e ci alziamo, promesso. Torniamo a casa e ci diamo una ripulita. Prima però, fammi ancora un po' di compagnia su questo letto.» il minore si accucciò ancora di più sul petto nudo e imbrattato del moro, che gli baciò la testa e chiuse gli occhi, affogando tra tutta quell'arte.
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