Diciottesimo
I vestiti crollarono, parvero spezzare il pavimento come fossero macigni pesantissimi. Camicie candide impregnate di sudore per colpa del caldo, pantaloni scuri, sporchi di polvere sulle gionocchia, e poi scarpe sparse ovunque, disordinatamente.
Quella camera in penombra brillava per le parole e i disegni sulle pareti in legno, abbellita da fogli di carta sottili appesi alla meno peggio, rappresentanti corpi nudi in atti sessuali, tutte sagome maschili perfette, anatomicamente fluide, anonime.
Capelli d'oro poggiati su quel letto fattosi tomba perfetta per la loro morte che ogni giorno spezzava i loro copri ultimi all'orgasmo stremato. Quelle lenzuola disfatte modellavano drappeggi bellissimi, come onde in un fiume, correnti che si muovono in continuazione, che fanno rumore. Le gambe di Steve e Bucky tra quella stoffa creavano un suono impercettibile ma concreto.
Carezze delicatissime sui corpi nudi massacravano la pelle già da minuti lunghissimi.
Era iniziato tutto con dei baci lenti seduti uno difronte all'altro, si era evoluto con lo svestirsi altrettanto cauto, e all'accarezzarsi tenue. Le bocche non si erano mai separate però, si contorcevano nelle ruvide crepe umide delle labbra rosse, lucide.
Occhi chiusi, pronti a dormire tra quelle audaci sensazioni del sesso.
Si sdraiarono dolcemente, i respiri sul viso delinearono tutta la giovane bellezza che possedevano. Bucky affascinante e sfrontato, scuro, già grande. Steve scarnito, pallido e timido.
Insieme però creavano la bellezza. Perché amore non era, per loro, soffermarsi alle apparenze della normalità del modo, amore era, e sarebbe stato per oltre cent'anni, occhi chiari che guardandosi avrebbero saputo mantenere il segreto di loro e di tutti quei giorni di sesso che li avevano modellati.
Bucky si sdraiò su di un fianco alle spalle di Steve; nudi, non lasciarono però che i loro sessi si concedessero subito alla trasgressione di tocchi. Solo le gambe si annodarono, il peso del moro aderì con la schiena bianca di Rogers, e le mani tremarono velocemente in carezze sulle braccia e sul collo di Steve, mentre riceveva baci pacati e pieni di fiato sul collo. Quel respiro era così fresco e vorticoso, che così sarebbe presto diventato vento.
Eppure quella di Steve e Bucky era la storia di due ragazzi nati per piangere in silenzio. Non ci pensavano mai, erano ancora solamente degli adolescenti che della guerra e della separazione non ne sapevano ancora nulla, ma quella non era affatto una storia semplice. Ci sono favole che hanno un lieto fine, e poi quella che per loro era un romanzo travagliato, dove amore, sesso e dolore coloravano la copertina.
Gemiti nelle bocche semichiuse segnarono il confine sottile che ormai stava per essere superato; James succhiò leggermente la pelle sul collo di Steve, che si strinse forte alle sue braccia. Quello dietro si decise a portare il bacino molto più avanti, toccando con il glande arrossato lo spazio tra le natiche di Steve. Il minore subito tremò, costringendosi a piegarsi e sporgere il fondoschiena in fuori, per assecondare le esigenze del suo corpo.
La sua erezione sporcò con una goccia di liquido le lenzuola. Bucky abbassò una mano tra le cosce di Steve, salendo lentamente, strusciando il braccio contro il suo membro. Più si premeva dietro di lui, più la sua mano tornava in superficie, fino ad avvolgere quella virilità, e massaggiare con il pollice la punta sempre più umida.
Steve urlò disarmato da quelle scosse che ogni volta gli percorrevano bollenti ogni intimità, ma che mai erano uguali. Ognuna era diversa dall'ultima che ricordava.
Bucky intensificò sia la pressione della propria lingua sul collo di Steve, sia la vicinanza del sesso sul sedere del minore, e il toccare veloce sull'erezione avanti a tutto.
Steve gli prese il viso, delineando con le dita la mandibola spigolosa, e tatstando, più in alto, i capelli ricciolini e folti.
«Oh Bucky... Ah, B-Bucky...» Steve gemette.
Senza volerlo pensò alla sera prima, all'orgasmo nella propria camera, con la terribile ansia di poter essere scoperti dai suoi genitori. Gli vagò per la testa e non fece altro che farlo eccitare ancora di più.
«Cosa amore? Cosa c'è?» gli sussurrò James all'orecchio, premuroso.
«D-dentro, ti prego. Ah!» il minore gli afferrò una coscia premendo il muscolo contratto, così che persino Bucky gemette a denti stretti.
«Certo, tutto quello che desideri.» sorrise, voglioso.
Steve si tirò in avanti, allontanandosi da Bucky. Il più grande, spaesato, si tirò a sedere. Venne colto dal timore di poter ricadere in un altro episodio simile a quello del suo gioco, che aveva spaventato tanto Rogers.
Questo si voltò verso di lui, in piedi e con le braccia aperte, gesticolando un invito sfrontato. Sorrise con l'espressione affaticata, le guance rosse e la bocca semichiusa.
Bucky non riuscì a decidere se guardarlo in volto o sul sesso duro.
«Avvicinati.» la sua voce era bassa, ma il tono si presentò sicuro e calmo. Bucky seguì quell'invito, mettendosi propri difronte a lui. Lo guardò dall'alto verso il basso, traendo un sospiro di sollievo. Il viso di Steve tra le sue mani calde poté prolungare un dolce bacio a stampo tra le labbra.
«Cosa vuoi?» domandò Barnes, indispettito. Le mani di Steve si intrecciarono tra di loro dietro il collo del ragazzo più grande, porgendosi con le punte dei piedi più in alto.
«Che tu mi prenda completamente, se ci riesci.» Steve alzò un sopracciglio.
«Mmh.» con un sorriso Bucky annuì. Parve capire immediatamente il richiamo dei loro copri, senza prestare troppa attenzione alla ragione. Prese Steve da sotto le cosce, accompagnando la sua spinta. Lo prese tra le braccia, attaccato di peso a lui.
Il biondo teneva le braccia intorno al collo di James, e le gambe allacciate alla sua vita. Il maggiore stabilizzò quella posizione, tenendo con sicurezza le gambe di Steve, così da non farlo cadere.
Si respirarono affannosamente sui visi, tremanti per l'impazienza e la tensione dei muscoli.
Trovarono non poca difficoltà nella staticità di quella posizione. Bucky alzò più volte il corpo di Steve per far sì che potesse scaturirsi una penetrazione. Ci vollero diversi tentativi, ma entrambi non ebbero la minima pensata di molare e tornare con i piedi per terra.
Si trovarono in quell'abbraccio strettissimo all'unisono di un lamento. Bucky entrò lentissimo all'intero della fessura stretta e per nulla lubrificata del minore.
Le unghia di Steve gli graffiarono la schiena, i suoi piedi chiusero le dita e si abbandonò con il petto su quello di Bucky.
La sensazione afrodisiaca di una tale eccitazione li prese nuovamente alla sprovvista. Il maggiore spinse tutto il bacino in avanti, senza muoversi, solo per lasciarsi accogliere meglio da Steve. Con la schiena inarcata, il più piccolo, gridò in diversi lamenti, senza chiedere nessuna tregua.
Sarò la tua silenziosa cotta pomeridiana. Sarò la tua violenta corsa durante la notte. Ti farò impazzire al mio tocco.
Bucky che disse questo a Bucky, mentre facevano l'amore in piedi, stretti nei sessi come fossero uomo e donna. Bucky lo disse ma Steve non lo sentì. Non lo sentì perché faceva male, ma allo stesso tempo nulla importava, perché era eccitante, perché non capisce niente.
Steve imprecò troppe volte per contarlo, stremato e con i muscoli che tremavano. L'erezione oppressa dal suo stesso addome magro e da quello sottile e muscoloso di Bucky, che inevitabilmente donavano sollievo all'eccitazione del minore.
Gli affondi decisi di Bucky non si spinsero fino alla fine, ma furono decisi abbastanza da far percepire ad entrambi quella sensazione maledetta di delirio che accennava l'arrivo dell'orgasmo.
Bucky camminò a fatica fino alla parete, quella tinta dal grande dipinto. Steve vi si poggiò violentemente con le spalle, tenuto adesso con maggior stabilità contro un punto fermo.
Bucky gli strinse le cosce e con le proprie spinte fece muovere completamente il corpo esile di Steve. Poggiò il viso nello strazio tra la spalla ed il collo di Rogers, respirando tutto il suo profumo, che lo aiutò a venirgli dentro.
Per primo strillò profondamente Bucky, che con qualche altro affondo più lungo e alto, poco dopo, fece riversare tutto il seme di Steve tra i loro copri, in un urlo disperato.
Solitamente Steve sentiva colare tra le gambe il caldo liquido seminale di Bucky, ma quella volta, con le ginocchia deboli e il respiro affannoso, capì meglio che assieme ad esso anche qualche abbonante strascico di sangue rosso seguiva il colore biancastro dell'orgasmo di Barnes.
Entrambi se ne accorsero e sbiancarono dal terrore. Certo, non era stata la prima volta che durante un rapporto Steve avesse certe reazioni, restava tutto dolorante ma andava bene, perché lo sopportava e il suo corpo anche.
Steve e Bucky si scambiarono uno sguardo fugace e ricco di panico, terrorizzati.
«Cristo, ti senti bene?» domandò il moro con preoccupazione, affrettandosi a passargli il bordo di un lenzuolo per pulirlo.
«Credo di sì...f-fa male, ma non così tanto.» Steve non seppe cosa dire, accompagnò le mani veloci di Barnes su di lui.
«Che facciamo? Non è mai successo prima...» farfugliò Bucky. Piegato in ginocchio, l'unica cosa importante per lui in quel momento era pulire Steve e fare quanta maggiore attenzione possibile a non fargli più male.
«Non credo sia grave.» la paura ingenua dell'inesperienza li colse quando il sangue rosso tinse con grossi aloni le coperte candide.
«Scusami, è colpa mia, perdonami. Vieni, sdraiati.» James gli prese piano un braccio e lo invitò verso il letto.
«No, non preoccuparti...è okay.»
In quelle circostanze inaspettate tutta la sicurezza sfornata che Steve e Bucky avevano acquisito sul sesso fino a quel momento crollò per la paura. Capirono di non sapere ancora nulla e di dover trovare una soluzione senza l'aiuto di nessuno, da soli.
Un disastro tenero che allarmò il loro amore tornato bambino.
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