battuta di caccia parte 3
Sulla semioscurità del crepuscolo si levò un'alba rossa e distante. Durante il viaggio di ritorno, i due approfittarono del capiente e voluminoso lago per intingere le proprie facce in quell'acqua fredda quanto inebriante. Ten rimase per un po' accovacciato su quella sponda scrutando la distante e offuscata riva opposta, ove gli alberi sovrastavano la densa foschia mentre sulle loro nobili chiome risplendeva il pallido chiarore del mattino. Quando ripartirono, lo scalare e il destreggiarsi su quel terreno scosceso e pieno di rocce era anche un buon modo per attivare e riscaldare le gambe.
"Non ho dormito bene questa notte... non tanto perché ero senza un tetto e un letto..."
"Io non ho dormito affatto invece."
"Questa è stata la prima volta in vita mia che incrocio un'altra persona." turbato si guardava i piedi.
"Se non erro, non ne vedevo una da quasi dieci anni."
"In fin dei conti, aveva detto di non avere cattive intenzioni, e difatti non ci ha torto un capello. Ma la sua presenza incuteva incertezza e timore."
"Perché non ci conosceva. E noi anche siamo stati scostanti e chiusi nei suoi confronti; si è sempre incerti dinanzi agli sconosciuti, che potrebbero nascondere le loro vere intenzioni dietro una maschera."
"In effetti, d'un tratto, mi rivolse per pochi secondi uno sguardo diverso, e nei suoi occhi percepii qualcosa... qualcosa che mi lascia ancora perplesso."
"Dimentica."
Talvolta le fronde su di loro si scuotevano e molto in alto sugli alberi si muovevano piccole ombre.
"Tutte le persone sono così?"
"Tutte le persone hanno un brutto e lungo passato passato alle spalle...." Renox raramente parlava del passato, e in quelle occasioni era sempre freddo e scostante.
"Lo immagino. Comunque, forse trovare altre persone, se sono quelle giuste, potrebbe rivelarsi un bene: potremmo proteggersi a vicenda più efficacemente essendo di più, lavorare meglio i campi... "
Renox non rispose. Guardava da tutt'altra parte con viso grave e preoccupato.
"L'ultima cosa che aveva detto, ti ha preoccupato molto... perché?"
"Uh? No, lascia stare."
***
Prima del mezzogiorno scelsero di andare a controllare le loro coltivazioni. Esse erano un po' distanti dalla loro casa e per raggiungerle ogni giorno attraversavano un certo e impegnativo tratto: seguendo le forti correnti di un ruscello si percorrevano discendenti passaggi di pietra nascosti tra due scoscesi muri di roccia, larghi abbastanza perché si potesse scrutare appieno il sole e il cielo levando lo sguardo, e col mormorio dell'acqua che sferza le rocce che segue passo passo, si aggiravano tortuosi sentieri e colli sbucando poi all'inizio di una piccola pianura dell'ovest, più precisamente nel limitare del fitto bosco che occultava la vista. Infine si raggiungeva un piccolo pezzo di terra spianato, morbido e verde, affiancato da un lato da docili collinette e dall'altro dalla vastità della pianura percorsa dal ruscello, il quale scompariva al di là di un'altura, e racchiusa nei monti. Nella vasta distesa di nessuno, quel pezzo di terra era di Renox e Ten. E in ogni stagione erano sempre presenti e fresche le loro impronte sui morbidi sentieri tracciati tra le bizzarre coltivazioni. Pochi giorni prima estirparono tutte le erbacce che copiose infestavano il campo e le piante morte della vecchia stagione estiva, e altrettanto lungo e arduo fu il lavoro successivo di arare il terreno per far sì che potesse ospitare le nuove coltivazioni di stagione. E in quel mattino invece toccò mandare via i vermi che assediavano i cavoli rossi ed estirpare ancora erbacce, le quali sbucavano sempre qua e là da un giorno all'altro.
Ma nel primo pomeriggio avevano già frettolosamente portato a termine il lavoro, e giunto il momento di riposo, i raggi del sole si posavano sulle coltivazioni come un brillante velo luminoso e si immergevano nelle cristalline acque del ruscello, che erano increspate da un sottile venticello, lo stesso che faceva vibrare lievemente anche le foglie delle piante colme di ortaggi.
Ten si stendeva sul margine e assaporava l'aria inebriante che veniva dalle montagne, non troppo lontane a nord. Disegnava il paesaggio delle coltivazioni ai piedi della collina a est, molto vicina e verde. Non trovava troppe difficoltà nel disegnare e si concentrava sempre per fare del suo meglio. Il vento non lo infastidiva, la pelliccia di ancoe che indossava era abbastanza pesante. Ma fu distratto dal tuffo bomba di suo padre.
Gli schizzi che gettò per fortuna non arrivarono sul suo foglio e poté tirare un piccolo sospiro di sollievo.
Renox riemerse con calma e dopo aver nuotato un po' per scaldarsi, si appoggiò sulla riva.
"L'acqua è di una freschezza inebriante", disse stuzzicando il figlio, così concentrato nel suo lavoro che ancora gli voltava le spalle. Ma quando fu schizzato diverse volte sulla schiena, questi rispose continuando a fissare il foglio:
"Pungente sarà questo vento una volta che uscirai di lì". E di certo non si aspettava che il padre lo avrebbe trascinato via con se.
"Avanti, l'acqua è ancora calda, anche se è molto insolito che lo sia persino dopo la stagione estiva...", disse l'uomo. "Sono certo però che questo clima influirà negativamente sul nostro raccolto, oltretutto perché prevedo un acquazzone alle porte". aggiunse quasi sottovoce
Il Votan sorrise. I suoi capelli lunghi e sciolti erano appiccicati l'un l'altro.
"Dovevi pur sempre lavarti, stavi incominciando a puzzare", giustificò così il suo gesto Renox.
Dopo un po' Ten chiuse gli occhioni, si rilassò e respirò profondamente quell'aria così pura e intensa Iniziando a pensare un po'...
"Cosa vi può essere lì oltre a quell'invalicabile barriera di roccia? C'è un punto in cui essa si interrompe, un valico?".
"Papà...", Renox riprese a nuotare di dorso, ma non appena si sentì chiamare annuì. "Comunque, come sei arrivato fin qui?".
"Camminando...", sul suo viso vi era un fine sorriso. "Camminando e camminando in abbondanza. Perché? ".
"Non intendevo in quel senso..."
"Cosa mi vorresti chiedere allora?"
"Intendevo... ehm... quali ostacoli incontrasti lungo il viaggio?"
"Eh, assai..."
"Va bene."
"Comunque, perché me l'hai domandato?"
"Mi chiedevo cosa vi fosse altrove nel mondo, tutto qui."
"Nulla che ti piacerebbe vedere." rispose e riprese dopo un bel po', "Ti ho portato in braccio e curato durante tutto quel cammino. Forse quella è stata la parte più difficile." Ten rialzò la testa, "Non ricordi nulla di quello che abbiamo passato, né del mondo, eri troppo piccolo."
"Immagino quanto siano stati duri quei giorni... tuttavia, chissà se non sia cambiato qualcosa nel resto del mondo, da qualche parte, dopo tutto questo tempo..."
"Così rapidamente? Dieci anni sono troppo pochi. E sinceramente non vorrei mettere nuovamente piedi in quel posto per verificarlo nemmeno fra un milione di anni, se gli avessi da vivere." richiuse gli occhi e riprese a pensare ad altre cose.
"Usciamo fuori.", disse poi, "Molto presto non ci sarà più abbastanza sole per asciugarci. Anche se sembra ancora estate, le giornate iniziano a farsi pian piano sempre più corte, per fortuna". Uscì fuori e si stiracchiò mentre veniva avvolto dal venticello, ma si coprì subito con una delle sue pellicce che aveva ricavato da qualche animale. Iniziò successivamente a fischiettare avvicinandosi agli alberi un po' lontani, e alcuni uccellini, tra gli innumerevoli cespugli e chiome nascosti, gli risposero.
"Ah sì, è vero". Interruppe il suo canto e si rivolse al figlio. "Ricordami di lavare al ruscello le coperte, domani".
"Andiamo anche a cercare qualche altro foglio, se ti va?", Domandò il Votan.
"Gli hai già finiti tutti? Però non credo che ce n'è siano altri dentro i resti di quel magazzino, probabilmente dovremo cercare da qualche altra parte".
***
Una volta tornati a casa, l'uomo, per prima cosa, andò a raccogliere qualche Mela Viola appena maturata al punto giusto. Quando le vide così fresche come il mattino, splendenti come il sole e con quel colore viola così intenso, venne colto da una certa sensazione di pace e i suoi nervi tesi si sciolsero. L'albero da cui nascevano quelle delizie era robusto e colmo di frutti. L'ombra attorno era in armonia con la luce, che si posava in piccoli sprazzi e ricopriva in parte i bizzarri fiori qua e là.
Non seppe resistere dal dare il primo e grosso morso, era succosa e rinfrescante. Si promise anche che successivamente avrebbe dedicato un intero pomeriggio per raccogliere altri frutti. Tuttavia la sera scendeva molto più rapidamente dei giorni precedenti, portando con sé anche umidità. La casa era a pochi passi di distanza da dove lui si trovava, perciò poteva anche incamminarsi con calma. C'era ancora un po' di luce. E l'ora di cena giunse in fretta e il buon pasto caldo fu ingozzato avidamente.
Ten voleva andare a letto presto visto e considerato anche che la mattina successiva si sarebbe dovuto svegliare all'alba per andare a pesca, come promesso dal padre. Non vedeva l'ora.
Entrato nella cameretta poggiò la candela sul comodino. L'ombra gravava dall'alto sulla soffusa luce, la fiamma vacillava tra gli spifferi. E il Votan, dopo essersi avvolto tra le pesanti coperte, la spense con un soffio.
Prese sonno osservando il buio della notte che colmava la stanza e chiudendo gli occhi immaginò di tirare su quel pesce, lo stesso di cui parlavano in quel mattino, in un giorno celeste mentre i raggi di luce risplendono sulle sue scaglie azzurre.
Renox anche lui si addormentò comodamente sul suo scomodo materasso, che aveva lavato pochi giorni prima, affondando la testa nel cuscino e stringendosi tra le pellicce.
***
Come ogni volta, con il calare della notte fonda, i rumori del Bosco si spegnevano e molti esseri notturni uscivano dalle loro oscure buche vagando qua e là silenziosi come le dorate foglie dell'autunno che accompagnate dal vento cadono sul terreno. L'umano a volte gli immaginava quando era ora di dormire, ciò lo rilassava. Ma tutto d'un tratto l'acuto fischio della vecchia porta risuonò nel silenzio e Renox, confuso, si svegliò. Sapeva che non l'aveva immaginato, e stette qualche attimo immobile, impietrito. I vecchi assi di sotto scricchiolavano. Un passo e poi l'altro, ancora e ancora... nelle sue orecchie c'era solo quel sommesso e delicato rumore, tutto il resto era silenzio. Quindi si mise seduto con l'arma, che teneva sempre vicino, poggiata sulle mani e con lo sguardo fisso nel vuoto. Nel frattempo quel rumore si faceva sempre più limpido.
Renox impugnò il fucile mettendosi in piedi. Non temeva nulla, sapeva cosa doveva fare. E si incamminò verso il letto del figlio con un passo che sembrava non esercitasse pressione, freddo e silenzioso.
Ten percepì la presenza di qualcuno, inizialmente non sapeva che era il padre, e aprendo gli occhi osservò quell'ombra impenetrabile che gli si ergeva in piedi dinanzi. Non capì, il suo cuore era pieno di confusione, ma immediatamente Renox gli bisbigliò nell'orecchio e solo allora si rese conto di ciò che stava succedendo. Si alzò lentamente, con ancora tanta paura e perplessità addosso. Dall'uomo ebbe subito un'arma in mano.
Camminando fianco a fianco, si fermarono a sbirciare il piano inferiore: videro solo ombre tra le ombre udendo il rumore di persone. Il Votan doveva fidarsi ciecamente del padre. E poco dopo gli fu sussurrato da lui di restare fermo e immobile dietro le sue spalle. Con ciò si voltò, e nelle sue orecchie esplose il malvagio rimbombo dei colpi d'arma da fuoco.
Solo paura cominciò a provare mentre rimaneva immobile assordato da quel frastuono incessante: credeva che non sarebbe mai finita o che non avrebbero superato la notte.
Ma infine furono solo pochi, interminabili, e terribili secondi, poi tutto sembrò fermarsi, ogni rumore estinguersi. Allorché si tolse lentamente le mani dalle orecchie, poi accese una candela e volse lo sguardo: tremò dinanzi a quel poco che riusciva ancora a scorgere da sopra nell'oscurità. Ma mentre scendeva le scale angustiato, con una luce in mano, l'oscurità si diramava dallo scempio appena fatto: e si mostrarono i corpi dilaniati distesi sulle pozze del loro sangue che continuavano lentamente a espandersi.
Altri morti erano nascosti nel buio a pochi passi, ove la luce non giungeva: Renox li perquisiva tutti freddamente, con i piedi scalzi bagnati nel sangue.
"Forse c'è qualcuno che ha sentito questi spari... e che forse si sta avvicinando." bisbiglio il Votan. Ma l'uomo non lo guardò nemmeno, bensì volse solo un lungo sguardo alla notte. Poi chiuse lentamente la porta che era rimasta spalancata lasciandola fuori.
"No, non c'è nessuno. Ora torna a dormire."
"No..." non poteva più riuscirci.
"Non stare qui..."
Ten ispirò a testa bassa. Sul rosso e viscido sangue c'era il riflesso della luce che teneva in mano. Ed era inorridito da quello scenario ai suoi piedi.
"Forza, sali." la sua voce era ferma.
"Perché?"
"Ubbidisci!", gridò.
Il resto della notte Renox lo passò seduto sui gradini con una semplice coperta sulle spalle, e l'indomani all'alba trascinò i corpi verso la riva. Il fiume se li portò via.
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