battuta di caccia parte 2

Dopo aver cacciato, Renox e Ten si sedettero in beatitudine e in tutto il meritato riposo su di un masso che si trovava sulla piccola sporgenza di un colle. La vista era mozzafiato: lo sguardo era libero di correre fino a perdere il fiato, sino ad arrivare a posarsi su una vasta pianura erbosa dove le mandrie di korm correvano compiendo falcate più lunghe del loro stesso massiccio e imponente corpo. Il rimbombo dei loro passi arrivava fin sull'alta sporgenza, nel cuore di Ten.
"Vorrei essere intoccabile come loro... correre come loro... . Ahhh! L'invidia non ci fa godere la vita", disse con voce roca Renox.
"Se solo avessi le parole per descrivere anche solo il loro punto meno incredibile, il meno incredibile tra tanti straordinari aspetti. Ma non c'è una sola cosa di loro che riesca a togliermi il fiato meno di un'altra", disse Ten, quasi imbarazzato.
"Lascia stare tu. Non pensare a questo. Pensa ad essere più veloce, freddo e intelligente. Non hai il bisogno di essere un poeta." Renox si alzò e caricò la carcassa dell'animale da poco cacciato sulle spalle. Iniziò a dirigersi verso casa per organizzare le dispense e le provviste per l'inverno, e suo figlio aspettò pochi secondi prima di cominciare a seguirlo.
La giornata andò avanti così: calma e spensierata. Il sole tramontava dietro le catene montuose a ovest posando così le ombre delle loro vette sulla vasta valle mentre il cielo si scuriva. Molto presto, però, il sole sarebbe stato totalmente lì dietro quei giganti, e l'oscurità sarebbe calata. Quindi, prima dell'arrivo della notte, Renox aveva intenzione di rientrare a casa con la cena. Tuttavia a Ten questo quasi non importava, poiché gli avrebbe fatto piacere sentire ancora un po' la brezza del tramonto visto da lassù almeno finché non sarebbe divenuto tutto buio e tetro. Ma il padre, con un tono adesso severo, disse che non potevano affatto affrontare il lungo cammino senza almeno la luce di quel poco di sole che era rimasto, soprattutto con una carcassa sulle spalle. Quindi presero a percorrere la strada di rientro nel bosco immerso nella luce e nelle ombre del tardo pomeriggio.
Sui loro passi imboccarono angusti tratti e continuarono e continuarono avvolti nelle ombre del crepuscolo verso il losco cuore della selva. Quella era la giusta via. Poi Renox volse uno sguardo verso destra e nel sincero stupore rallentò il passo ammirando un certo albero che, a lui così vicino, si stagliava ancor più in alto degli altri tanto da toccare quelle ultime remote luci che si ritiravano con la chioma. Ma l'uomo intravide poi cosa si celava a distanza dietro il suo immenso spessore: un grosso pezzo d'acciaio nero e informe che si ergeva come una parete.
"Che noia, le giornate si fanno sempre più corte", sospirò Ten. Tuttavia, in ogni ora in cui il sole era presente e luminoso, lui era immancabilmente all'aperto, perché era particolarmente attaccato alla luce. Infatti, adesso che la notte si faceva più lunga del giorno, lui si aggrappava ancora più forte a quelle poche ore che passavano frettolosamente via sotto i suoi occhioni.
"Aspetta... seguimi, e stammi ben vicino." Allorché imboccarono un vicino e nascosto sentiero, lo percorsero per un po' finché non giungere dinanzi ad una lunga e profonda scia nel terreno che qualcosa aveva scavato tato tempo prima. Su di essa giacevano gli immensi alberi spezzati.
Un antico frammento dell'arca era stata, precipitando dal cielo all'alba della guerra.
In breve tempo i due misero piede su una grande distesa di grossi frammenti neri di metallo. Erano le resta di una capsula, nella quale per il cosmo avevano viaggiato le rimaneste dell'antica civiltà Votan.
L'uomo e il Votan toccarono con mano diversi oggetti ricchi di un'affascinante e misteriosa storia che venivano da quell'antico pianeta perso nelle lontane stelle.
La vegetazione aveva avvolto un quadro celando ciò che rappresentava. Esso era gettato ai piedi di un Albero Gigante dai rami robusti e avvolto da piante arrampicanti piene di fiori a testa in giù e dai mille colori.
Renox prese con mano quel quadro largo poco più delle sue spalle e vide insieme al figlio la storica e cruda immagine. Ed ebbe come l'impressione che chi avesse fatto quelle rappresentazioni avesse stoppato e arrestato il tempo per catturare quell'attimo senza lasciar sfuggire il più insignificante dettaglio: si vedevano in fondo al quadro, all'estremità e in lontananza, percorsi da diverse crepe e con colori sbiaditi dal tempo, occultati dalla polvere, i guerrieri dei tempi che furono privi di armatura ed elmetto che componevano un duro schieramento invalicabile, a falange, dal qual si esponevano all'infuori solo lance o spade. E anche se erano raffigurati in fondo ed erano così piccoli, saltava immediatamente all'occhio il loro volto empio di paura e il loro impenetrabile sguardo rivolto in avanti, ove si raccoglievano rosse schiere che davano l'impressione di formare un mare di sangue pronto ad abbattersi follemente su di loro.
Le immense schiere rosse erano composte da Olani, e il piccolo Votan non ne era consapevole. Mai ne aveva visto uno, ne aveva solo sentito parlare da Renox, ma non poteva immaginare quanto malvagio e terrificante fosse solo l'aspetto di una di quelle creature. Non aveva la minima idea di cosa volesse dire udire il suo verso agghiacciante e stridente. Solo il padre lo sapeva bene.
"Passato... Ormai non conta più!", disse con lingua appuntita Renox, mentre continuava a far scorrere l'occhio su quei ritratti impressionanti.
Dopo un altro paio di passi, l'uomo si sistemò meglio la carcassa sulle spalle per evitare che questa scivolasse mentre doveva scavalcare le rocce e le radici. "Torniamo a casa, e dopo che avrò sistemato un paio di cose cucinerò la cena."

Furono di ritorno. Renox andò a mettere le sue cose a posto e Ten con una pelliccia sulle spalle si sedette fuori casa su un tronco. Assaporava l'aria serale: la stagione delle piogge era vicina.
"Accendiamo un fuoco." disse il padre uscendo.
"Certo, ho tanta fame."
"Bene."
Diedero vita a un corpulento falò in poco tempo.
"Quelle creature rosse erano gli olani?" Suo padre era di poche parole su certe cose.
"Sì."
"I votan, quando giunsero qui... indossavano quelle stesse armature?"
"No, Ten. Quel quadro raffigurava un atto di un'epoca assai remota."
Lo sguardo di Ten vagava nell'oscurità.
"Ti vedo turbato. Quali pensieri ti affliggono? Parlamene, ti aiuterò."
"No, nessuno. Era solo che... pensavo agli... olani. Tutto qui."
Renox non rispose.
"Esistono ancora, gli olani?"
"Non so. E in verità non so nemmeno se esitano ancora umani, o votan oltre a noi da qualche parte nel resto del mondo." poi l'uomo mise la carne a cuocere e seguì un lungo silenzio.
"Ma è così triste e fredda questa realtà..."
Renox corrugò la fronte. "Cosa c'importa...? Adesso noi stiamo bene qui. Lascia perdere tutto il resto."
"So che dovrei, però a volte mi domando come si è potuti giungere a questo..."
"Te ne ho già parlato altre volte."
"In modo abbastanza vago e distaccato. E sono molto pieno di confusione. Mi parlasti della guerra tra voi e i votan... della devastazione che seminò... e della pace che riusciste a trovare mentre sulla terra era approdato un altro essere, che avrebbe voluto annientare entrambi, cioè gli olani. Ma poi cos'è successo?"
"Innumerevoli cose... tutte tragiche e piene di sfortuna. E forse era proprio inevitabile che si arrivasse a questo, di certo non posso saperlo io: all'inizio combattevamo l'uno contro l'altro... poi ci unimmo dianzi a quel nuovo nemico comune... ma non tutte le persone erano disposte a voltare pagina e continuarono a guardare la tua specie con occhi incerti, pieni di paura e risentimento."
"Erano in tante queste persone...?"
Renox in silenzio fissava il fuoco con uno sguardo perso nei ricordi. "In verità non è mai esistita una vera pace tra uomini e votan. E veramente tanti di questi ultimi trovarono la morte proprio pugnalati alle spalle dagli stessi umani in rappresaglie, rivolte e guerriglie."
"Ma nel frattempo c'erano gli olani, il vero nemico di tutti..."
"Mentre combattevamo loro, ci autodistruggevamo all'interno; ma infine nessuno ne uscì vincitore dal conflitto, e questo è il mondo in cui ci tocca vivere."
Ten chinò il capo.
"Ma ricorda che noi stiamo bene qui e che vivremo sempre in pace."
"Comunque non mi hai mai detto com'erano gli altri votan..."
"Erano creature dall'aria molto misteriosa. Nemmeno quando iniziammo a stare nelle stesse trincee, riuscivamo a comprendere molto di loro."
"Capisco."
"Fin ora ti ho parlato molto solo degli olani..."
"Più che altro me li hai nominati molte volte. Mi hai sempre detto che erano dei mostri, solo questo..."
"E non c'è altro da aggiungere riguardo a loro." Non fu detto altro per un po'.
Entrambi non vedevano l'ora di azzittire i brontolii del loro stomaco e per fortuna la porzione si cosse in fretta. Per contorno vi erano alcuni degli ortaggi che raccoglievano in quei giorni, poi divorarono qualche buon frutto del bosco.
"Che ne diresti di andare a esplorare ancora un po' quel versante, domani?"
"E' un'ottima idea!"
"Allora va a letto, e vedi di dormire bene e abbastanza questa notte."

***

L'ora della partenza giunse in fretta: non appena il sole si affacciò tra le montagne, l'uomo si diede una mossa ad alzarsi. Teneva sempre il suo fucile d'assalto olano a fianco, e quando si mise in piedi, aveva già quell'arma carica in mano.
Ma, con grande sorpresa per il padre, Ten era già in piedi e persino già caldo e pronto per affrontare la lunga camminata, tant'è che aspettava di partire seduto su una roccia a pochi metri dalla porta di casa rilassato nella frescura, mentre l'umidità mattutina impregnava l'aria e le foglie e l'erba erano bagnate di rugiada.
I viaggiatori quindi presero ad attraversare esattamente quella stessa strada che risaliva il fiume che avevano fatto il giorno prima, e la solitaria via era rimasta incisa nella lucida mente di Renox che, adesso e non come l'altra volta, guidava e costringeva Ten al suo passo.

***

Nel pomeriggio erano ancora fuori.
Vicino alla piccola cascata che rumoreggiava tra le rocce, i due, giocosi, si cimentarono in un corpo a corpo: Renox prese Ten alle spalle e questi si sentì sollevare irruentemente da terra da due braccia di pietra. Successivamente, sentì farsi il solletico da due mani che sembravano rocce, e iniziò a scalciare e, ridendo e strillando, a provare a sfuggire mentre l'uomo lo dondolava in modo tanto manesco: stridule e sguainate erano le risate del piccolo orsetto, che si dimenava mentre veniva dondolato bruscamente dallo spaventoso orso nero.
"Fermo!", Renox provava a placcare i risi, senza riuscire a trattenere le risate a sua volta. "Tranquillo, lasciami parlare. Fermo, non mi colpire in testa con le tue scalciate da korm matto! Stai crescendo bene e stai diventando sempre più forte, e sono immensamente felice di ciò!"
Passarono diverse ore, e dato che il territorio era a dir poco ancora sconosciuto e inesplorato, i due decisero di rimanere con l'intento di verificare se quella zona fosse ideale per la caccia. Ma si smarrirono. E già, questa non ci voleva, pensò l'umano col broncio mentre non riusciva a ritrovare la via del ritorno. E intanto si stava facendo persino buio...
"Rischiamo di complicare troppo la situazione brancolando nel buio. Domani, con la luce, troveremo facilmente la via del ritorno. Ma ci toccherà passare la notte qui." disse il Votan. Renox, pieno di frustrazione, sapeva che aveva ragione.
Tuttavia il nuovo territorio si rivelò presto ottimo per cacciare: appena le luci svanirono, il primo ancoe, saltando sugli alberi, passò. Passò e ci rimase secco provando a passare da un robusto ramo all'altro con le sue lunghissime braccia pelose e cadde a terra come un sacco di patate. La cena era pronta per essere servita. Ma i due esploratori erano riluttanti all'idea di consumare il proprio pasto proprio lì, sebbene non vi fosse altra scelta.
"Dobbiamo rischiare", sussurrò Ten mentre il padre si grattava la barba.
"Qua fuori... basta un solo sbaglio, uno solo, e sei morto", rispose, continuando a guardare in avanti. Ma dopo di ciò sospirò seccato:
"Mentre io accendo e gestisco il fuoco, provando a tenerlo il più basso possibile, tu inizia a spellare quella bestia", senza guardarlo negli occhi, pose al figlio l'impugnatura della lama.
Tuttavia, in poco tempo Ten riuscì a fare un buon lavoro: tolse tutta la folta pelliccia nera e le succose fettine erano pronte per essere tagliate. E nel frattempo, il falò, come già promesso da Renox, era molto piccolo e debole. Si potrebbe dire anche che era inversamente proporzionale alla grandezza e alla forza del pericolo costante e circostante. L'uomo mise la porzione a cuocere, e in pochi minuti già l'odore del pasto che si cucinava inebriava l'aria in quel piccolo spazio.
Ma alle loro spalle, oltre la fiocca luce, vi era qualcos'altro che assaporava l'aria. Renox non poteva vedere dietro di sé, ma poteva vedere gli occhi che ringhiavano di suo figlio, che gli era seduto dinanzi. Il piccolo guardava dietro le sue spalle.
Tuttavia era solo un uomo. Un uomo che gelava il suo viso e le sue intenzioni nell'ombra.
"Non mangio da giorni, ne è rimasto un po' anche per me?". domandò. Renox lo invitò a sedersi con un cenno del capo e questi si fece avanti lentamente, con insicurezza, forse persino paura. E una volta seduto, avido di calore si curvò verso il fuoco e dalle lunghe maniche sbucarono due mani sudice e grezze. Alla luce si mostrarono anche due occhi infreddoliti e un volto non giovane, tanto sporco e poco amichevole; levò poi un differente sguardo sugli estranei, anch'essi persone ombrose e imprevedibili a primo acchito, ma incerti almeno quanto lui. Si protese un inquieto silenzio col sottofondo dello scricchiolio del fuoco.
"Da quanto ci seguivi?" domandò Renox.
"Camminavo, poi ho intravisto questa piccola luce."
"Sei solo?"
"Adesso sì."
"Come sono morti?"
"Non sono morti... o almeno spero. Mi sono smarrito nella selva."
"Avete un'accampamento?" domandò Ten, ma l'estraneo lo guardò con occhi mutati, che gettavano silenziose minacce. Il piccolo non poteva comprendere il motivo di quello sguardo, al contrario del padre.
"Voltati." disse Renox con freddezza. "Hai mai affrontato una notte da solo e senza riparo qui?"
"No." si mostrava distaccato limitandosi a poche parole. Nel frattempo la carne si era cotta e Renox tagliò due grandi fette che iniziò subito a ingozzare insieme al figlio.
"Io pure ho molta fame..."
"Sarebbe meglio farselo amico, altrimenti come potremo dormire tranquilli?" pensò Ten masticando.
Renox impugnò nuovamente il coltello. "A patto che mi dirai di più."
Nell'aria era inebriante il sapore della brace, e una fitta più intensa nacque dallo stomaco dello sconosciuto, oramai stremato. Così incrociò lo sguardo con quell'uomo che aveva dinanzi.
"Siete soliti spostarvi?"
"Siamo fermi allo tesso punto da anni."
"Siete accampati lontano da qui?"
"Assai. Ci siamo spinti così lontani per cercare vestiti, coperte, o semplici stracci da portare a casa."
"E saresti disposto a fare di tutto, pur di possedere anche solo una di quelle cose..."
L'altro sospirò chinando il capo, poi disse con voce sommessa:
"Sarei disposto a fare veramente tanto. Come chiunque altro. Ma non farei mai gesti spregevoli; non ho cattive intenzioni, ho solo fame." gli fu data una porzione, che ingozzò immediatamente.
"Oramai è difficile mangiare. Ed è difficile anche rimediare vestiti, stracci, coperte o trovare soprattutto riparo dopo tutti questi anni... e soprattutto qui."
"Me ne rendo conto. Il tempo passa... e tutto nell'abbandono invecchia velocemente. Molte cose sono logorate o ridotte a brandelli."
"Sì, poche cose dei tempi andati sono sopravvissute fino a questi giorni. Ma di queste noi viviamo, e ce le teniamo ben strette perché non abbiamo nient'altro e ce le facciamo bastare, sebbene siano così esigue e malconce."
"E' così oramai. Tuttavia, da qualche parte, abbandonata e impolverata, deve pur esservi qualcosa ancora integra."
"Forse. Ma per trovarla dovresti camminare e camminare, frugare e frugare chissà quanto lontano da qui. Probabilmente assai. Qui non è rimasto granché. Ora camminiamo sulle ceneri del passato, sepolte sotto i nostri piedi."
"Oramai me ne sono reso conto: ho camminato per tutto il giorno, invano. Non c'è nulla. E adesso voglio solo superare questa notte, così da poter tornare a casa domani, alle prime luci."
"Cosa ti riporterà sulla strada di casa?"
Lo sconosciuto corrugò la fronte e tardò a rispondere. "Ritroverò il grande fiume e lo risalirò."
"Esso si estende per numerose miglia. E' un buon punto di riferimento, oltre a essere uno dei pochi."
"Vedo che conoscete bene questo vasto e incontaminato territorio..."
"Come il palmo della mia mano; sembri sorpreso. Vedo che vieni veramente da molto lontano e che mai ti saresti aspettato di trovare uomini, o Votan, qui."
L'altro stette a lungo in silenzio.
"Per quante miglia avevate seguito il fiume, prima che ti smarristi?" gli occhi sibillini di Renox turbarono l'estraneo, che fissava con sguardo imperscrutabile il fuoco morente. Fece attendere la sua risposta.
"Tanto".
Cattivi presagi iniziarono a inquietare il cuore di Renox. Ma non accennava a nulla.
Infine sia l'uno che l'altro dormirono con un occhio aperto e l'indomani, ancor prima dell'alba, le loro strade si divisero.

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