SHANNONA
PREMESSA
Dovete sempre leggere prima il capitolo di "Terminal, La Discendente" e poi il capitolo dedicato al personaggio, così vi evitate spoiler.
Se ve lo state chiedendo, sì, il disegno in allegato è opera mia ^^
Questo è un capitolo dall'intro particolarmente difficile. Potrete essere d'accordo come non, comunque sappiate che la vostra opinione è ben accetta nei commenti!
Ci tengo comunque a ringraziare per le 4 e passa K visualizzazioni, mi rendete felicia :3
E sì, lo spazio autore a inizio capitolo è tattico, altrimenti non lo leggereste ahahah xD
Si dice che l'arte sia il mezzo per poter appagare i propri sensi.
In realtà, il fatto è piuttosto soggettivo.
Spesso, la mente umana tende a dar retta ai bisogni naturali che abbiamo.
La musica, così come il cibo, o il sesso, o le tre cose associate insieme, conducono la persona al culmine delle proprie capacità di sopportazione.
Il modo migliore di liberarsi da un peso è il pianto, o lo sport, o il rapporto carnale.
Per quanto ci sforziamo, ognuno di noi ha un piccolo, frivolo desiderio di sfogo, qualche cosa sì d'intenso, ma anche di spinto, a volte violento.
A volte, i nostri desideri ci portano a far del male alla nostra persona.
A volte, far del male agli altri predilige un senso di realizzazione in noi stessi.
Alla fine però, i nostri sensi e i nostri desideri rimarranno immutati; il bisogno di appagarlo sarà diminuito, ma il desiderio sarà pur sempre lì, ad attendere il momento giusto per emergere e pretendere di essere saziato.
Avere un desiderio o un bisogno che è comunque non necessario, è prova inconfutabile di egoismo. Per raggiungere la perfezione bisogna spingersi al di là della natura umana, al di là dei bisogni primi, imparare a distinguere ciò che è inevitabile da ciò che è vano, e imparare a farne a meno.
Perché ammettiamolo: desiderare è da stolti. Desiderare è avere alta aspettativa di se stessi. Nessuno ti dice che meriti ciò che desideri. Bisogna dunque imparare ad accettare ciò che ti viene donato, perché esso sarà premio di ciò che hai concluso fino a quel momento.
Imparare ad accontentarsi, e quindi essere accontentati con più entusiasmo.
Ci sarà sempre qualcuno più grande di te, più bravo di te che saprà correttamente giudicare se ciò che fai è bene o male.
Come Loro.
La sveglia è di nuovo annunciata dalla fastidiosa campanella che suona, si infila nella fitta nube di sonno portandomi a sobbalzare. Shannona sta ancora dormendo accanto a me e mugugna, quando il suono si propaga anche nelle sue orecchie.
Si butta giù dal letto e corre a vestirsi, per poi infilarsi di nuovo nel suo letto imperterrita. Mi alzo con calma, mentre a poco a poco un susseguirsi di immagini mi narra la notte precedente, portandomi a una sottospecie di sentimento strano, quasi umiliante.
Il pensiero di avere avuto Shannona di fianco a me per tutta la notte giustifica il mio sonno pesante. Mi sento bene, come se non avessi dormito per anni, e ora una strana energia euforica aleggia nelle mie vene, paziente e ansiosa.
Mi vesto, e mi metto in fila, seguita poco dopo da Shannona. Una piccola parte di me spera che si sia mossa di spontanea volontà, e non per via di una scossa elettrica.
Sono strana, sono... felice. Ho un leggero mal di stomaco, ho fame e ho voglia di sorridere; sento che presto avrò una buona idea.
A colazione non c'è il latte, ma un piatto di uova e bacon, del succo di frutta e una fetta di pane. Harry si siede di fianco a noi e comincia a masticare a bocca apertarumorosamente, sorridendomi appena incrocia il mio sguardo.
Shannona è appoggiata contro lo schienale della sedia, sembra stanca, e gioca con il cibo che ha nel piatto con sguardo vacuo. Sospira, i capelli biondo platino che le ricadono sulle spalle mossi e crespi, le labbra morbide e scure acconciate in una smorfia disgustata.
- Che succede? - Chiede Harry, acconciandosi meglio gli occhiali che gli scivolano sul naso.
Shannona alza le spalle, sospirando. Poi prende il piatto rovesciando il contenuto sul tavolo, e con un movimento secco lo spezza a metà. Alcuni pezzettini bianchi di ceramica rimangono sulla tuta rossa, e mi ricordano incredibilmente dei granelli di sale. In pochi secondi, fa a pezzettini tutto il piatto, poi prende pezzetto per pezzetto, e li incastra nell'uovo in senso verticale.
Mi sporgo sul tavolo, incrociando le braccia al petto, incuriosita. Harry ridacchia e mi da una leggera spinta con la spalla.
- Adesso vedrai. La chiama "la sua giornata sì" - sorride dondolandosi leggermente sul posto, e riporto lo sguardo su Shannona.
Il mosaico di ceramica ha velocemente assunto l'aspetto di una meravigliosa basilica, Shannona pone ogni pezzo con una grazia innaturale e perfetta, così gradevolmente lieve che mi fa trattenere il fiato.
- Brava - sussurra Harry. È stupito quasi quanto me, e si passa le mani fra i capelli castani ricci come movimento di routine, contento.
- Che cos'è? - Domando, sconvolta.
- La Cattedrale di Santa Maria del Fiore, più o meno. È una chiesa Europea, ci sono stata una volta con ehm... i miei genitori.
La sua risposta mi stupisce, ma la sorpresa non è duratura: in quel momento gli inservienti cominciano a sparecchiare, distruggendo la meravigliosa opera di Shannona. Un impeto di gelosia e rabbia m'assale, in parte perché vorrei anch'io essere così brava, in parte perché non è giusto che la sua opera venga scartata così.
Un attimo dopo, siamo tutti di nuovo in fila verso la Stanza dei Giochi. Mi prudono le mani, ho qualche strana sensazione positiva.
Arrivo al mio Studio trattenendo il respiro. In un secondo miliardi di idee mi allagano la mente, tutte impazienti di essere sviluppate; non so cosa fare, talmente sono emozionata. Mi tremano le mani mentre mi isso sullo sgabello, e allungo lo sguardo sulla mia Tavolozza. Noto con piacere che è tutto rimasto come l'ho lasciato il giorno prima, e questa constatazione mi trasmette una calma farcita di sollievo.
Prendo una matita e un foglio, e comincio a disegnare. L'opera di Shannona di oggi continua ad apparire nel mio campo ipersensoriale, nell'anticamera del cervello. Chiudo gli occhi e sospiro, concentrandomi. Come mi hanno insegnato, stabilizzo il respiro, pensando a quanto stupirò Loro quando avrò finito con tutto... questo, qualunque cosa voglia fare.
Uno, due, tre... uno, due, tre.
Riapro gli occhi con una leggera vertigine, e osservo la matita tracciare gli inconfondibili segni di un progetto. Non so cosa ne uscirà, rimango semplicemente a guardare mentre le mie mani e la mia mente firmano un contatto indistruttibile, e creano, semplicemente creano.
Poco dopo, il progetto è finito.
Mi guardo intorno cercando ciò che mi occorre. Tutto quel che mi serve è sparso nel mio Studio, all'interno del quadrato di cinque metri quadri color della cenere.
Cavi elettrici, tubi elettronegativi, cacciaviti, casse sensoriali, dischetti di colla secca, e ancora lampadine, antenna parabolica, lastre di metallo leggero, vernice impermeabile, fissante, saldatrice, maschera di protezione e molto altro.
La mattinata finisce in fretta, e con la mente rimango al mio progetto anche durante il pasto. Shannona è seduta di fronte a me, e Harry è alla sua destra, gobbo e impacciato, che mastica rumorosamente la sua bistecca.
- A cosa stai lavorando, novellina? - Mi domanda, schioccando la lingua dopo aver ingoiato.
Non rispondo subito, non so veramente se parlare loro del mio progetto. Non sono ancora certa dell'utilità della mia idea. Probabilmente deluderò tutti, probabilmente deluderò Loro. Meglio non seminare aspettative.
- Almeno ha un nome? - Chiede ancora, osservandomi e pulendosi gli occhiali con la manica.
- Copernico - sussurro. Sì, decisamente si chiama così.
- Copernico? Perché? - Shannona poggia entrambi i gomiti sul tavolo, e mi osserva accigliata. Sorrido, non posso farne a meno: potrò dimostrargli quanto valgo descrivendo il mio progetto.
Mi rende felice.
- Mio padre aveva scritto un libro su Copernico. - Mi esce dalla bocca. E subito dopo connetto la frase, e grossi lacrimoni mi inondano gli occhi, ché non ricordavo questa parte della mia vita.
Sembra così lontana, sembra un'altra vita. Il mio amato papà, che mi prendeva sempre sulle spalle, che mi veniva a prendere a scuola, che mi insegnava a giocare a carte...
Singhiozzo stringendo i denti, coprendomi il volto con le mani. Loro non vogliono che io pianga, loro non vogliono che mi abbatta così. Stabilizzo il respiro, mi asciugo gli occhi e torno a guardare i miei amici.
Questa constatazione mi toglie il respiro. Sì, sono miei amici. Com'è strano, averne alcuni.
- La tua amica ha qualcosa che non va - dice Harry a Shannona, tornando alla sua bistecca.
- Abbiamo tutti qualcosa che non va qui - sbotta Shannona, cominciando a pettinarsi una ciocca di capelli.
Rimango ad osservarli per un po', un magone opprimente all'altezza del petto, cercando di capire se sono arrabbiati o meno.
Allungo poi lo sguardo al di là del nostro tavolo, osservando gli altri ragazzi. Sono tutti zitti, ma il rumore di piatti e stoviglie sovrasta il silenzio.
Forse è meglio così.
- Il mio progetto si chiama Echow - dice poi Harry, abbandonandosi contro lo schienale della sedia. - Il 98% del Dna non viene mai considerato negli esami, sapevi? Eppure, è grazie a quella parte se noi ci ammaliamo. La maggior parte dei punti di attacco per gli istoni* si trova in questa parte di Dna, viene spiegato nel Progetto Encode del 2012. Comunque non ha considerato le cellule staminali all'interno di questa percentuale. Pensa se si scoprissero tutti i segreti del Dna: si potrebbero considerare modifiche genetiche che cambierebbero la persona, la renderebbero diversa!
Lo guardo accigliata, mordicchiandomi il labbro. - E perché dovremmo cambiare il nostro Dna?
- Per cambiare ciò che sei. Puoi cambiare identità, diventare ciò che non sei mai stato. Nell'arco di poco, dopo le necessarie modifiche, il corpo assumerebbe le modifiche fatte nel Dna e tu stessa potresti cambiare aspetto, o ricevere una malattia mortale, o ancora essere immune a determinati tipi di farmaci! - Harry si dondola avanti e indietro, e parla osservando intensamente un punto al centro del tavolo. Sorride, gli brillano gli occhi, e i capelli dondolano seguendo il movimento del suo corpo.
- Perché vuoi cambiare ciò che sei? - Gli domando. Shannona ci osserva imbronciata, ma i suoi occhi guizzano da me a Harry, segno che è attenta alle nostre parole.
Harry si fa serio, smette di dondolarsi e inizia a muovere convulsamente le mani, grattandosi le nocche. Non mi guarda in faccia quando parla. - Perché sì.
La sua risposta è seguita da un triste silenzio. C'è un qualche cosa di tenebroso nel progetto di Harry, anche se non riesco ancora a comprendere bene cos'è.
- Come fa una macchina a vedere al buio? - Domando ad un certo punto.
Harry mi fissa accigliato.
- Dipende da che tipo di macchina - risponde Shannona, - Il risultato nel test di Turing**?
- No, aspetta - interviene Harry, poggiando una mano sul tavolo e tracciando il perimetro con l'indice dell'altra mano. - Dipende anche da cosa vuoi fargli fare.
- Ehm... - mi stupisce che prendano la domanda così seriamente. In parte mi spaventa, in parte mi rende felice. - Deve superare il test. Deve essere in grado di riconoscere le costellazioni anche in una notte nuvolosa, oppure scovare la stella polare nel caso sia tutto coperto.
Rimangono in silenzio per un paio di minuti. Vedo gli inservienti che cominciano a sparecchiare, e l'urgenza mi assale. Devo saperlo, ora.
- A prescindere dal fatto che la mappa delle costellazioni è un fatto di memoria interna - dice Shannona, alzandosi, - Dovresti impiantare un sensore di vista acuto, tipo HFD o simili.
- Però - dice Harry, scrollandosi le briciole dai pantaloni e alzandosi a sua volta. - Ricordati di applicare l'effetto fotoelettrico. I fotoni devono essere in grado di superare gli atomi nebulosi. Sai no?
- Ma certo - dico, alzandomi a mia volta e ripetendomi il nome dell'effetto. - Ma certo, - ripeto ancora.
Impaziente, appena arrivo al mio Studio mi seggo muovendo la gamba in un movimento ansioso. Non so nulla dell'effetto fotoelettrico. Non so nulla di nulla.
Immancabilmente mi ritrovo ad osservare Ky. Statuario, bello, elegante, i suoi movimenti sono pura perfezione. A differenza mia, lui sa quello che vuole e riesce ad ottenerlo. La sua tela è un misto di colori rosso, mattone, cera, terracotta e arancio.
- Stupendo - mi ritrovo a dire. Ky alza lo sguardo e incrocia i miei occhi. Un brivido mi percorre la schiena e mi ritrovo a stringere i denti, impaurita.
Dalla proporzione dei suoiarti alla distanza dei suoi occhi con il suo naso, e ancora il suo modus operandi, lui è tutto perfetto. Rispecchia in pieno i canoni richiesti da Loro, dev'essere senz'altro il loro paziente modello.
Anche io voglio essere il loro paziente modello. Anche io voglio essere perfetta.
Mi guardo intorno sperando che nessuno mi sgridi, e mi incammino lentamente verso il confine del mio quadrato grigio, verso il perimetro del mio Studio.
- Ky? - Domando. Lui non ha staccato un attimo gli occhi da me e adesso mi osserva con celata compostezza.
- Tu sai cos'è l'effetto fotoelettrico? - Mi vergogno a chiederlo, vorrei sapere tutto, vorrei bastarmi da sola, con le mie conoscenze e le mie funzioni, ma mi ritrovo ancora una volta ad essere ignorante.
Questo pensiero instaura in me un inguarubile senso di autocommiserazione. Faccio pena.
Mi salgono le lacrime agli occhi, che asciugo con un movimento veloce.
Lui non risponde, e riporta la sua attenzione sul suo quadro. Sospiro rattristata, e mi volto verso la mia Tavolozza, quando una voce mi raggiunge. Damienne, undici anni, si sporge dal suo Studio e mi osserva incuriosita.
- Io so che cos'è. - Dice, - Io so che cos'è - ripete più forte.
La guardo in attesa di aiuto, grata e al contempo gelosa.
- Ti do il libro delle formule? Ti do il libro delle formule. - Ripete ancora, porgendomi un libro dalla spessa copertina marrone consumata.
- Puoi tenerlo, eh. Puoi tenerlo. Io lo so a memoria, a memoria.
Afferro il libro e la osservo curiosa. - Grazie.
Lei annuisce con un moto deciso del capo, poi torna alla sua postazione.
Guardo il libro come fosse tesoro, meravigliosa grazia. Sulla copertina è inciso in lettere dorate il titolo "Equazioni che hanno cambiato il Mondo".
Sfoglio velocemente l'indice, trovando ciò che mi occorre.
Il testo cita "L'effetto fotoelettrico è la ragione per cui Albert Einsten vinse il premio Nobel, verso l'inizio del '900. I raggi catodici di una luce puntata verso un metallo emettono fotoni, che devono attraversare lo strato di atomi metallici. A seconda della potenza della luce, il raggio luminoso può e non può superare la barriera. Questa operazione è facilmente calcolabile grazie alla formula E=hv; nel qual caso v è la frequenza mentre h è la costante di Planck. Questo effetto da credito alla meccanica quantistica, e stravolge la visione del mondo atomico a un occhio novecentesco".
Affascinata dalle parole del libro, leggo e rileggo quella e molte altre definizioni, e scopro così l'equazione di Dirac, o la Legge della Leva, o ancora l'Identità di Eulero.
Quando chiudo il libro, so cosa sto per fare.
È il momento di cominciare a costruire. Mi piace, mi da tregua, mi appaga costruire ciò che progetto, saziarmi di formule e ancora applicare equazioni e leggi e sperimentare sulla mia pelle.
È elettrizzante, tant'è che non mi accorgo del tempo che passa, e presto veniamo richiamati per tornare nelle nostre camere. Posiziono con cura il libro sotto uno scaffale e mi avvio verso la fila, che si fa via via più lunga. Non vedo Shannona, né tantomeno Harry, ma so che ci ritroveremo durante la strada.
Tornare in camera, non è sicuramente una bella sensazione. Ho voglia di fare, voglia di costruire e dare sfogo alla mia nuova, inspiegabile passione.
Sono triste, non so cosa mi accade, ma presto mi ritrovo a piangere nel mio letto, con le luci spente e le coperte fin sopra la testa.
Vorrei che i miei genitori fossero qui. Vorrei che mia madre mi vedesse, che mio padre mi guardasse orgoglioso, vorrei qualcuno da abbracciare, qualcuno che mi culli e mi dica che sono stata brava.
Ma questo desiderio è troppo alto. Non lo merito, non posso meritarlo. Per quanto possa comportarmi bene, il pagamento che desidero è la punizione per cui sono qui ora.
Se non fosse stato per me, avrei ancora i miei genitori.
Singhiozzo forte, e sento un sospiro rassegnato, poi dei passi, infine un peso si affloscia sul mio materasso. Una mano mi accarezza la schiena, e una calda presenza mi raccoglie tra le sue braccia in un dolce abbraccio.
Mi lascio andare a quel contatto, scoppiando in lacrime e maledicendomi mentalmente. Sono una persona orribile. Merito davvero questa vita? Questi amici, questa seconda possibilità?
- Ssh, Winger. Non piangere - Shannona sussurra dolcemente al mio orecchio, e la cosa mi fa stare anche peggio.
Silenzio. C'è silenzio, a parte i miei singhiozzi irregolari. Non sento nessun rumore provenire da fuori la nostra camera, solo noi due, e le mie lacrime.
Shannona sospira. - Sai - dice, muovendosi un poco, - Non ho mai avuto seriamente dei genitori. Mio padre mi cresceva sì e no con cibo in scatola e programmi tv, mia madre non c'era mai. Poi sono andata da mia zia, che in realtà sembrava più una vicina di casa. Sono cresciuta da sola, Winger. E cazzo se ero bella. C'è stato un periodo della mia adolescenza che ero bellissima. Ero nella squadra delle cheerleader, avevo un fottuto ragazzo fichissimo e tipo tutti mi volevano bene. Mi sono costruita la mia cazzo di famiglia nel posto che preferivo. Ho scelto la mia vita, Winger. - Fa un sospiro, sembra commossa. - Poi è andato tutto a puttane. Una sera tornavo a casa e un tipo mi ha afferrata e mi ha spogliata, poi mi ha infilato il suo coso dentro di me e mi ha picchiata. - Singhiozza, e capisco che sta piangendo, così mi irrigidisco, pur senza avere il coraggio di voltarmi e guardarla.
Shannona piange, trema come una foglia. Non ha più quella maschera di cattiveria, è fragile.
- Cazzo Winger, il fatto è che mi è piaciuto, capisci? Capisci quanto posso fare schifo?! - Urla infuriata, - Quale persona prova piacere a ricevere uno stupro?
Sono sconvolta, esterrefatta.
Su di noi cala il silenzio, la sento respirare affannosamente, ma sono troppo stupita per potermi girare.
Non riesco a guardarla in faccia, non riesco ad affrontarla.
- E adesso - dice, tirando su col naso - adesso farò schifo anche a te.
È sbagliato tutto questo. È sbagliata la sua reazione, è sbagliata la sua storia.
Shannona è l'essere più imperfetto che abbia mai conosciuto.
Questa constatazione mi irrita in modo a dir poco deprorevole. Deve seguire le regole, deve stare al gioco! Non può... piacergli, il fatto di essere usata.
Le hanno fatto del male.
- È che non so... ho sempre pensato che il mondo avrebbe dovuto notarmi. Volevo che tutti mi conoscessero. - Sussurra Shannona. - Desideravo le attenzioni che mi hanno negato per tutta la vita.
Arrabbiata, trattengo il respiro. Chi credeva di essere? Come poteva pensare di meritare l'attenzione del mondo?!
La sento alzarsi, e tornare nel suo letto.
Mi dispiace per lei, mi dispiace per tutto.
Ma ha sbagliato. Siamo qui perché Loro ci stanno dando un'altra possibilità. Da questo punto di vista, il modus operandi di Shannona, quel suo tipico andare contro le regole e resistere diviene ancora più irritante sotto questa nuova luce. Ha sbagliato, sbaglia e continua a sbagliare.
Anche lei ha avuto un passato orribile, e ha avuto l'occasione di riscattarsi.
Mi chiedo se si merita davvero questa seconda possibilità.
Mi chiedo se anche io sto facendo lo stesso errore.
*Gli istoni sono proteine che inattivano più geni in una sola volta, avvolgendoli in spirali strettissime
**Il test di Turing serve a definire se il comportamento di un'intelligenza artificiale può essere percepito come quello di un uomo, ovvero se una macchina può essere in grado di pensare
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