GIOCO PRIMO: PRENDERE
Mia madre mi abbraccia stretta, quasi soffocandomi.
La guardo. Non posso credere che sia davvero qui. Che sia ancora viva.
- Winger! – Mio papà corre verso di me.
Siamo nella nostra casa in giardino. Il sole ci bacia la pelle, arrossa la mia e quella di mia madre, e abbronza quella di mio padre.
Il suono della sua voce è ovattato e distante, ma è senza dubbio la sua voce.
Mio papà affianca la mamma, le stampa un bacio sulla tempia - com'era sempre solito fare, poi mi guarda e mi sorride.
È così caloroso il suo sorriso.
Provo a muovermi, ma i miei arti non rispondono delle mie intenzioni. Il braccio con il quale cerco di prendere la mano di mia mamma è pesante come un macigno. Non lo vedo ma sento che è attaccato alla spalla come al solito, come fosse morto.
Cerco di abbassare lo sguardo sul mio corpo ma i miei occhi restano inchiodati ai miei genitori, che adesso sono molto più distanti di prima.
Comincio a correre verso di loro, ma non mi muovo, e se lo faccio non me ne rendo conto.
Un ticchettìo comincia a risuonare nella mia mente.
Corri Winger. Questa volta puoi salvarli.
Apro la bocca ma non emetto suono. La voce viene a mancare improvvisamente.
Più cerco di avvicinarmi, più mi allontano.
Tic. Tic. Tic.
I volti dei miei genitori tramutano in quelli di Shannona e Thamlan, e Harry di fianco a me alza un sopracciglio. - Ricordati di applicare l'effetto fotoelettrico. I fotoni devono essere in grado di superare gli atomi nebulosi. Sai no?
- Ma certo! – Urlo. Non mi sente, scuote la testa.
I miei genitori mi guardano da lontano e io continuo a correre.
Copernico di fianco a me si siede e mi guarda.
Il Dottor Erland scuote la testa, abbracciando Copernico.
Tic. Tic. Tic.
- L'ho studiato a fondo, sai? – Mi dice la dottoressa Carter, correndo con me. Solo che poi svolta a destra e va vicino a Copernico.
Shannona e Thamlan si abbracciano. Mia mamma e mio papà si abbracciano.
Tic. Tic. Tic.
Non riesco a muovermi. Sono stanca, continuo a correre ma non riesco a raggiungerli. Piango, piango e urlo.
E poi l'esplosione che mi catapulta lontano, verso il barbecue di fianco al gazebo.
È tutto nero.
Di nuovo.
Non li ho salvati.
- Non sei nessuno, sei una lacrima che piange altre lacrime. Ogni giorno fai fuori circa un terzo dell'acqua che ingerisci.
Ky mi guarda coi suoi occhi glaciali. Ha le guance colorate di rosso, le labbra rosse, i capelli rossi.
E finalmente riesco a guardarmi le mani. Sono sporche di sangue.
Il sangue dei miei genitori.
Capisco di essere uscita dal mondo dei sogni con una ambigua irrequietezza. Percepisco il profondo silenzio, attorno a me. Prendo un respiro profondo. Era solo un sogno.
Malgrado questo, le lacrime m'incollano gli occhi. Mi sento in colpa per non aver più pensato ai miei genitori.
Mi sento in colpa per aver sostituito l'immagine dei miei genitori a Shannona e Xavier.
Singhiozzo, c'è solo il mio respiro in questo abisso di silenzio. La mia mente fa il punto della situazione.
Oggi è il giorno che deve succedere qualcosa.
Nessuno vorrà alzarsi, quando suonerà la campana.
Abbiamo tutti paura.
Attraverso il velo rosa delle palpebre filtra la luce potente dei neon, così apro gli occhi. Shannona non è più di fianco a me, ma dorme nel suo letto, avviluppata nel lenzuolo. Con un sospiro mi tiro a sedere, e un leggero giramento di testa mi causa tanti puntini neri nella visuale.
Nessuno è sveglio. O almeno credo.
Mi alzo, ancora in camicia da notte, e attraverso la stanza verso la porta, affacciandomi nel corridoio silente. Non c'è nessuno, anche se questo non significa che effettivamente siamo soli. Loro ci osservano sempre. Alzo lo sguardo al soffitto, non mi ero mai accorta di quanto fossero alte le pareti. In un angolo, in alto, vedo un puntino nero che spicca sul bianco candido dei muri: una telecamera.
Il pensiero che ci tengano d'occhio non mi sconvolge come dovrebbe, forse perché gran parte di me già immaginava questo.
Tutte le porte sono chiuse, tranne una. Abbandono con passo incerto il rassicurante sostegno della mia porta numero 221, e a piedi nudi mi avvicino a quella. Numero 116. Chissà chi dorme lì. Forse Harry. Forse Ky.
I piedi nudi attutiscono ogni rumore dei passi, ma ad ogni movimento le articolazioni delle caviglie scricchiolano, non abituate al peso del mio corpo. Mi chiedo se le senta qualcun altro, queste piccole lamentele ossute. Mi fermo di fronte alla porta, improvvisamente impaurita.
Spio, incerta se sia giusto o meno, nella stanza che scopro avere le pareti azzurre. Una voce, all'interno, sussurra parole strane. Ne intuisco qualcuna, ma è difficile capire in quale contesto siano collocate.
- ... Correre, ma bisogna fare attenzione... Fucili e fili, tanti alberi...
- Channing, calmati – una seconda voce raggiunge la prima, molto più autoritaria.
- Se perdi muori...
Strabuzzo gli occhi, ancora indugiando sulla porta. Un brivido freddo mi attraversa, percorrendo tutta la schiena. Sporgo l'orecchio, cercando di sentire il ragazzo che farfuglia.
- Ti serve lui... se è una Cupola per davvero?
- Channing, ascoltami.
Cerco di farmi più silenziosa mentre mi avvicino ancora di un passo. Dalla mia visuale vedo un letto, ma è vuoto. Il cuore batte all'impazzata, tant'è che ho paura che possano sentirmi.
Qualcosa mi suggerisce l'argomento della conversazione, ma non riesco ad ammetterlo a me stessa.
- Jimmie? – Mormora la prima voce impaurita.
- Qualcuno ci sta ascoltando.
Prima che possa comprendere il senso di quella frase, la porta si spalanca di botto e mi ritrovo di fronte a un ragazzo dai folti capelli ricci color miele e gli occhi d'ambra. Dietro di lui, sul letto, un ragazzo si dondola a gambe incrociate, coi capelli neri a coprirgli il volto.
Nello stesso istante, la campana della sveglia suona all'improvviso, facendomi fare un balzo che mi porta a scattare di corsa verso la mia camera. Il mio cuore batte così forte che mi fa male la cassa toracica, e la paura mi stringe lo stomaco, non capisco se stia per vomitare o svenire. Col fiatone, mi chiudo la porta 221 alle spalle e mi ci appoggio contro, abbandonata di ogni forze ma finalmente in salvo. Sento il cuore palpitare in testa, pulsa e taglia fuori tutti i rumori, tranne l'incessante campana. Respiro lentamente, cercando di calmarmi. L'effetto sorpresa mi ha fatto perdere la ragione e ora, ripensandoci, mi sembra così stupido essermi messa a correre.
"Se perdi muori": che cosa significa? "Cupola", cos'aveva detto ieri sera Shannona?
Allungo lo sguardo verso il letto di Shannona, che si sta svegliando. Si tira su a sedere e mi cerca nella stanza. Quando mi trova, mi studia un attimo con fare corrucciato e mi si avvicina, scendendo dal letto velocemente. Oltre la porta percepisco il rumore della vita, gli altri Terminal si stanno svegliando.
- Cosa c'è? – Mi chiede, asciugandomi una guancia bagnata. Nemmeno mi ero accorta di star piangendo, lo spavento ripercuote ancora le sue conseguenze, facendomi tremare ininterrottamente.
Scuoto la testa in dissenso, mentre un'altra lacrima solca la mia guancia sinistra. Cerco di calmarmi e stabilizzo il respiro, prima di guardare di nuovo Shannona in volto.
Mi abbraccia e mi scocca un bacio sonoro sulla fronte, umido. Le sue labbra sono un sollievo inatteso, tra le sue braccia sono al sicuro.
- Va tutto bene. Andrà tutto bene, oggi.
Shannona non è convinta delle sue parole, ma mi costringo a crederle. Nessuno ci vuole del male qui.
Altrimenti non si sarebbero sprecati a rinchiuderci tutti, a metterci al sicuro. Perché è per questo che siamo qui, no? Il Dottor Erland ha detto che siamo particolari, speciali... limitati. Tutti i Terminal nel mondo sono qui, per una ragione?
Shannona una volta aveva detto che ci tengono qui perché hanno paura di noi. Non credo sia così. Altrimenti non ci tratterebbero così.
Eppure, non posso non ammettere con me stessa che non stiamo proprio vivendo in una condizione di libertà.
Guardo Shannona, e lei mi sorride. – Voglio vedere il sole. – Mormoro.
I suoi occhi si intristiscono, e annuisce, spostando lo sguardo a terra. – Lo so.
Sono circa tre anni che non vedo un tramonto, o non sento il calore dei raggi scaldarmi il volto. Mi manca camminare a piedi nudi nell'erba fresca bagnata dalla brina del mattino, provare il piacevole tepore del fuoco in una serata sotto le stelle contro la pelle delicata. Annusare una foglia di salvia, strofinare la guancia contro il tronco ruvido di un albero.
Correre.
Questa penso sia la cosa che più patisco. La malinconia mi colpisce come un ceffone in pieno volto, una blasfema voglia di piangere mi costringe a un urlo silenzioso, soffocato contro la spalla di Shannona.
Odio la mia vita. Odio tutto questo.
- Sht... – Mi stringe lei, accarezzandomi le spalle. Mi asciuga di nuovo le lacrime e con la testa indica la tuta rossa al fondo del letto. – Forza, dobbiamo andare.
- Ho paura – sussurro. I piedi sembrano essersi incollati al pavimento, come nel sogno. Non ho forze, e ho la netta sensazione che se provassi un movimento stramazzerei a terra svenuta. Dei puntini bianchi mi impossibilitano la visuale per alcuni secondi, e compio alcuni passi completamente alla cieca, guidata dal braccio di Shannona. Mi sembra di vivere un buffo deja-vù, anche se l'ultima volta il braccio a sostenermi era quello del generale Thamlan.
Shannona si veste, poi mi spoglia e mi veste della tuta rossa, mi infila le scarpe e mi lega i capelli in due trecce, usando il suo elastico giornaliero.
- E tu? – Domando, insicura, tirando su col naso.
Scuote la testa. – Li lascio sciolti.
I suoi capelli bianchi risplendono sotto la luce a neon. Le raggiungono la vita, lisci e crespi. È così bella.
Qualcuno bussa alla porta, interrompendo i miei pensieri. Shannona alza un sopracciglio sorpresa, e apre la porta. Sulla soglia c'è Harry, che si dondola sui talloni.
- Non sapevo se stavate bene – mormora imbarazzato, sfregandosi le mani in un movimento nervoso. – Stanno andando tutti. – Azzarda un'occhiata e strabuzza gli occhi. – Hai già pianto, novellina?
- Grazie Harry – lo interrompe Shannona, mentre s'infila le scarpe. Ignoro le sue parole, e insieme seguiamo la fila indiana; per la prima volta ne vedo la fine.
In mensa ci sediamo silenziosamente, dopo aver afferrato ognuno un vassoio. Solo oggi mi rendo conto che i vassoi sono di legno bianco levigato. Non lo avevo mai notato per via della tovaglietta plastificata grigia, che ne ricopre praticamente tutta la superficie.
Oggi per colazione c'è succo di frutta alla pera, una brioches fragrante ricoperta di una spolverata di cacao e marmellata di limoni in una ciotolina di plastica.
Arriccio il naso, sedendo sulla sedia e incrociando le gambe. Non mi è mai piaciuta la pera. Allontano da me il bicchiere di succo, e avvicino invece la brioches.
La guardo un po', stupita dall'originalità del dolce. Non c'è mai stata la brioches. Allungo lo sguardo su Harry - pare dello stesso avviso - che l'ha aperta e ci sta spalmando dentro la marmellata. Mi guarda e sorride, facendo increspare le cicatrici che gli solcano il giovane viso. – Ci trattano bene stamattina. – Mormora alzando le spalle e dando un morso alla sua colazione.
Guardo Shannona, che sta bevendo il succo. Il suo sguardo è assente, scruta ogni volto in mensa.
Torno a guardare Harry, mentre lo stomaco mi lancia un leggero segnale di fame. Imitandolo, strappo un pezzo di brioches e ci rovescio sopra con le dita un po' di marmellata giallo-rosata. Quando lo porto alla bocca, il sapore intenso mi fa strabuzzare gli occhi. È così buono che non ci credo quasi. Afferro la brioches con la sinistra e ne mordo un pezzo, e con indice e medio della destra raccolgo della marmellata e me la porto alla bocca.
Mi scappa un mugolio di piacere. La marmellata è addolcita dall'aggiunta di zucchero e qualche amarena, fresca di frigo, mentre la brioches è calda e croccante, e l'accostamento è davvero perfetto. Imbarazzata, lancio un'occhiata ai miei amici. Harry mangia fugace, sembra davvero affamato, Shannona mi guarda attirata dal mio suono, e mi sorride intenerita.
Faccio un altro morso, poi vedo qualcuno avvicinarsi al nostro tavolo, guardandomi chiaramente in volto. Smetto di masticare, quando riconosco il ragazzo della mattina, quello che ha aperto la porta.
Improvvisamente il boccone mi sembra troppo grande, e mi viene voglia di sputarlo. Trattengo le labbra serrate, mentre un conato silente cerca di farmi sputare quello che ora mi sembra un semplice pezzo di pane senza gusto, secco e asciutto.
Il ragazzo sorride a me e ai miei amici, e dopo vedo un ragazzo dietro di lui fare lo stesso, anche se con movimenti molto più meccanici. Riconosco anche lui: era il ragazzo sul letto, che farneticava e piangeva.
- Possiamo sederci? – Mormora il biondo. È bello, affascinante quasi, e Shannona lo guarda incuriosita. Sembra non averlo mai visto, a differenza di Harry.
Lui si raddrizza e vedo i muscoli della mascella contrarsi, mentre allontana la sua sedia dalle altre due, che vengono prontamente occupate.
Il biondo afferra un coltello e anche lui apre la brioches, spalmandoci sopra la marmellata. – Credo di averti fatto spaventare prima. – Mi scruta da sotto le ciglia, e sorride sincero. - Mi dispiace.
Scuoto la testa in dissenso, incapace di parlare. Il boccone è inumidito di saliva e pesa sulla mia lingua, e meccanicamente lo ingoio e bevo un sorso di succo. Allontano velocemente la cannuccia quando mi accorgo di aver bevuto, e mi do della stolta mentalmente. Scuoto la testa come per risvegliarmi, cerco di riprendere possesso di me ma mi è quasi impossibile. Le parole del ragazzo di stamattina mi rimbombano nella testa, e il ricordo dello spavento mi fa sudare, sento le orecchie bruciare.
- Sono Jimmie, comunque. E lui è Channing, condividiamo la stanza. Penso tu abbia sentito stamattina l'incubo di Channing – sorride di nuovo, ma questa volta non coinvolge gli occhi. Capisco che sta nascondendo qualcosa, ma non ho il coraggio di lasciarlo intendere.
Shannona è chiaramente spaesata, Harry ha smesso di mangiare e si guarda le mani abbandonate in grembo.
Annuisco, visto che Jimmie non smette di scrutarmi, e abbasso lo sguardo sul mio vassoio.
Dopo alcuni secondi di silenzio, lo stomaco torna a reclamare il suo cibo. Anche se più per senso di sopravvivenza che di vero e proprio appetito, mordo ancora una volta la brioches, e raccolgo della marmellata che sta acquistando la temperatura della sala. Lecco le dita, lasciando che il gusto zuccherino m'inebri.
Azzardo un'altra occhiata a Jimmie. Non sembra cattivo. Non sembra pazzo.
Siamo tutti pazzi qui. Lo diceva Ky. Cos'ha lui?
Come a rispondere alla mia muta domanda, lo sguardo di Jimmie si incupisce e un attimo dopo il suo sorriso scompare, sostituito da un broncio appesantito.
- Questa marmellata fa schifo. – Mormora. Channing spalanca gli occhi guardandolo, e il labbro inferiore comincia a tremare.
- Oh no... Non di nuovo, Jimmie. – Lo prega cingendogli il braccio leggermente.
- Io non sono Jimmie! – Urla alzandosi e facendo cadere la sedia a terra. Ci scruta velocemente, rabbioso, poi afferra il vassoio e lo sbatte con furia sul tavolo, facendo schizzare tutto il succo di frutta in giro. Alcune gocce mi bagnano il viso, la marmellata finisce in grembo a Channing, che sta piagnucolando.
- No... dai... – Mormora ancora.
- Oh cazzo! – Shannona scatta in piedi, allontanandosi. Harry si alza e si mette dietro di lei; io rimango seduta, spaventata a morte.
Jimmie respira rumorosamente, fuori controllo. I ragazzi ai tavoli di fianco al nostro ci guardano e bisbigliano.
Jimmie emette una risata quasi sadica. – Ah sì, sono pazzo eh? – Guarda gli altri Terminal di fianco a noi. – Voi non lo siete? Non sapete cosa vi aspetta! Voi nemmeno avete idea di cosa...
Si accascia a terra, mosso dalle convulsioni. Il bracciale meccanico alla caviglia ronza come un'ape, e i suoi occhi chiusi lacrimano. Channing si alza e lo guarda dall'alto.
- Ecco... te l'avevo detto...
Quando il ronzio finisce, Jimmie rimane in terra. Gli altri Terminal riprendono a mangiare, Shannona allunga lo sguardo oltre il tavolo per scorgere il malcapitato a terra. Harry è ancora dietro di lei.
Jimmie si alza intontito, si passa una mano sulla fronte sudata e si siede in silenzio. Channing si accomoda di fianco a lui e gli prende una mano. Quando lo guarda, il suo sguardo è carico di comprensione.
- Te lo avevo detto io.
Jimmie lo guarda, le pupille così grandi da coprire gli occhi d'ambra. – Era Stuart?
Channing annuisce. – Penso di sì. Solo lui è così violento.
- Doppia personalità? – Chiede Shannona, accomodandosi con movimenti lenti.
Jimmie ci scruta imbarazzato, poi tenta un sorriso. – Mi dispiace. Di solito lo controllo.
Harry non si siede subito. Prima guarda Channing, quasi con disappunto. Lo guardo, facendo un movimento con la mano, un muto invito a tornare a sedersi.
Annuisce silenzioso, e si siede. È teso anche mentre finisce la brioches. Io non ho più fame, il cuore batte ancora molto forte. Abbandono sul vassoio la brioches e sfrego la mano appiccicosa sulla tuta rossa, cercando di scacciare lo zucchero dalle dita.
Channing trema sulla sedia. Avrà quasi l'età di Shannona ma si comporta come se non lo fosse, dondolandosi sulla sedia, accovacciandosi e a volte portandosi il pollice all'angolo della bocca. I capelli ricci neri sono appiccicati alla fronte sudata, gli occhi scuri viaggiano dappertutto senza fermarsi mai.
Jimmie finisce di mangiare in silenzio, poi si lascia cadere sullo schienale e chiude gli occhi.
Quale sarà la loro Dote?
Gli inservienti vengono a sparecchiare, e un silenzio teso si propaga in tutta la sala.
Allungo la mano verso Shannona, che me la stringe forte. Mi tranquillizza il suo contatto.
Anche se dovremmo alzarci, nessuno lo fa. Dove dovremmo andare? Nella Stanza dei Giochi? Nelle nostre camere?
Gli inservienti escono dalla mensa, lasciandoci soli. Un pensiero mi solletica la mente: e se adesso ci punissero tutti per non esserci alzati?
Un penoso, illimitato, universale ronzio che ci faccia stramazzare tutti a terra? I nostri bracciali meccanici in funzione, contemporaneamente?
Sarebbe da matti.
Una voce mi fa sobbalzare, una voce metallica che si dirama in tutta la mensa. – Scendete le scale.
Solo questo. Una frase, un comando. Guardo Shannona e poi Harry. Chi dovrebbe alzarsi?
Chi ne ha il coraggio?
Un leggero ronzio ci raggiunge, e dall'altra parte della mensa una ragazza si alza e si dirige verso la porta delle scale. Dopo un secondo ronzio, un ragazzo si alza e la segue.
Il messaggio è chiaro. Se non ci alziamo noi, ci faranno alzare Loro.
Shannona balza in piedi, e io la seguo a ruota, e così molti altri ragazzi nella mensa, finché non siamo tutti lontani dalle nostre sedie.
Hanno detto di scendere le scale.
Harry, Shannona ed io ci infiliamo nella fila che si sta lentamente creando. Imbocchiamo il piccolo disimpegno e cominciamo a scendere le scale. Gradino dopo gradino.
- Andiamo alla Cupola? – Chiedo a Shannona.
- Zitta – mormora. La sua risposta mi lascia un attimo di stucco, ma annuisco e mi tappo la bocca.
Finite le scale, si stanzia di fronte a noi una porta bianca, oltre la quale vi è un tunnel semibuio, con delle rotaie a pochi metri dalla porta.
La fila indiana si dispone lungo la banchina, e guardiamo tutti le rotaie. Sopra di noi il soffitto è scuro, le pareti sono di mattone e c'è solo la porta bianca dietro di noi.
Un leggero fischio ci fa allontanare dalle rotaie. – Treno! – Urla qualcuno.
Balzo lontano, abbracciando Shannona, che mi stringe forte.
- Andrà tutto bene. – Mi sussurra all'orecchio. Annuisco contro il suo petto, inspirando l'odore dei suoi capelli sciolti.
Attraverso il buio dove scompaiono le rotaie, due puntini bianchi ci avvisano del treno in arrivo. I fari ci accecano per qualche istante, subito dopo un missile bianco e nero ci sfreccia davanti, fermandosi.
Allungo lo sguardo oltre Shannona. Harry sembra a disagio, dietro di noi, ma vi è un piccolo timido sorriso ad increspare le sue labbra. Gli occhi verdi saettano a destra e sinistra.
Altri ragazzi parlano a volume alto, per sovrastare il rumore del motore. Damienne, la bambina che mi ha dato il libro delle formule, salta di fianco a Pace, il ventriloquo. – Guarda che frenata! – Gli mormora.
Riconosco i capelli bianchi di Ky, piuttosto distante da me. Di fianco a lui, una ragazza bionda. Bellissima.
Un muto cipiglio si instaura in me. Credevo non avesse amici.
Le porte del treno si spalancano, e tutti ci azzittiamo. Il treno sembra vuoto. I sedili azzurri sembrano morbidi. I vetri non sono oscurati ed è tutto candido, pulito e quasi invitante.
Guardo Shannona in una muta domanda. Lei mi sorride e alza le spalle. – Andiamo!
Mi stacco dal suo abbraccio e mi avvicino silenziosamente al treno. Gli altri Terminal sembrano del mio stesso avviso, e alcuni già stanno salendo.
Ci stanno premiando! Sicuramente. Ci siamo comportati tutti bene e adesso ci premiano.
O forse ci trasferiscono in una nuova unità.
Mossa dal desiderio e dalla curiosità, salgo silenziosamente, e l'odore di pelle sintetica dei sedili mi colpisce in pieno volto. È un odore del tutto nuovo per me.
- Cerchiamo un posto – dice Harry superandomi. Ci sono cinque scompartimenti, con venti posti ciascuno, disposti in blocchi da quattro. Io, Shannona ed Harry ci sediamo vicini e lasciamo un posto vuoto, verso il corridoio. Guardo Harry, pietosamente.
- Posso stare vicino al finestrino? – Gli chiedo. Sembra pensarci su un attimo, poi apre la bocca per rispondere ma non esce suono.
- Vieni – dice Shannona ridacchiando, e mi cede il suo posto. Di fronte a me, Harry alza le sopracciglia imbarazzato.
- Voglio vedere se si vede fuori – mormora.
- Lo so – Shannona annuisce. – Tutti vogliono.
Le sorrido per ringraziarla, ma il quarto posto viene occupato in quel momento, così la mia attenzione viene attirata dalla nuova arrivata.
La sua pelle abbronzata è ornata da piccoli disegni neri, cerchi, decori, henné e mandala che proseguono su tutto il suo corpo. Gli occhi grigi si assottigliano quando vede che la osserviamo. – Era occupato? – Chiede.
Scuoto la testa, come Harry. Lei si accomoda, poi guarda Shannona e sorride. – Ciao.
Shannona si ritrae, quasi appiccicandosi allo schienale. – Hey. È un po' che non ti vedevo.
Mi sporgo verso Shannona e le stringo un braccio. – Chi è? – Sussurro.
- Indiana King. Piacere di conoscervi. – La ragazza sorride e ci guarda, agitando la mano di fianco al volto.
Shannona sospira. – Ci conosciamo da un po'.
Una punta di rancore mi pizzica. Perché non me ne aveva mai parlato? Credevo che mi avesse detto tutto della sua vita.
Ma in fondo, io le ho mai davvero parlato dei miei genitori?
Non essere sciocca Winger. Respiro ad occhi chiusi, e quando li riapro mi accorgo di un silenzio imbarazzato.
Poi, il rumore delle porte del treno che si chiudono.
Rabbrividisco e sorrido, guardando fuori dal finestrino. Si parte. La piccola stazione scompare velocemente, slittando a sinistra, ed entriamo in un lungo tunnel scuro. Nessuno parla più, gli sguardi sono tutti puntati ai finestrini.
È come se dimenticassi chi ho di fianco, tutto il mio centro si sposta sul quel nero fuori dal vetro, che spero si tramuti presto in qualcosa di bello.
Ma non accade. Continuiamo a vagare nel buio per un bel po' di chilometri ancora, e affranta torno a guardare i miei compagni di viaggio. Harry si osserva le mani, Shannona finge di guardare fuori ma è tesa, e Indiana la scruta in modo strano.
Dove andiamo?
Shannona riporta il suo sguardo su di me e mi sorride. – Vuoi farmi le treccine?
Trattengo il respiro, mentre il cuore si gonfia. – Posso?
Shannona annuisce e si volta per darmi la possibilità di prendere i suoi capelli. Sono crespi e lunghi, ma le mie mani sono abituate a trattare i capelli difficili. Le faccio tante treccine sottili, che le partono dalla radice e scendono giù, concludendosi in ciocche smosse, dato che non ho elastici. Saranno una ventina in tutto, ma sono belle e le mettono in risalto il viso tondo. Quando ho finito ammiro un attimo l'opera, poi la abbraccio da dietro, lasciando che mi ringrazi con il suo calore. Mi stampa un bacio sulla tempia, e questo mi fa ricordare il sogno.
Mi scende una lacrima che spero si porti via anche il ricordo del sogno. Non voglio più pensarci. Mi stacco dall'abbraccio e torno a sedermi. Fuori è ancora tutto nero.
- Novellina – Harry si allunga verso di me, dal sedile di fronte al mio. – Vuoi fare un gioco?
Annuisco e incrocio le gambe, guardandolo incuriosita. Lui si gratta il mento, prima di parlare. – Io dico una lettera, e tu dici una parola.
- Okay – mormoro.
Harry sorride vittorioso, e incrocia anche lui le gambe sul sedile. – F.
- Fotone.
Annuisce, soddisfatto. – R.
- Reattività.
Annuisce di nuovo. Mi agito sul sedile, ridacchiando. Le lacrime di poco fa sono praticamente un ricordo nullo.
- C.
- Cupola – mi esce di botto. Shannona si volta a guardarmi sbigottita, e Harry si ritrae contro il sedile, spaventato dalla sua reazione. Indiana alza un sopracciglio. – Cosa c'è? – Chiede.
Shannona scuote la testa, immersa nei suoi pensieri. Sono spaventata. Ho detto qualcosa di sbagliato?
- Niente – mormora infine. Ma il suo malumore improvviso si propaga su di noi come una malattia, e Harry disinteressato torna a guardare fuori.
Sospiro, incerta se debba scusarmi o meno. Shannona evita lo sguardo di tutti, voltandosi verso la parte opposta del treno.
Sconfortata, mi sollevo sul sedile e guardo dietro di noi. Non c'è nessuno che conosco, o che abbia mai visto. Tutte facce nuove.
Una virata del treno mi fa tornare a sedere di botto, e riporta il mio sguardo al finestrino. Trattengo il fiato quando dal nero pece del tunnel sbuca fuori un meraviglioso bosco. Il cielo azzurro è stracolmo di nuvole, gli alberi s'intrecciano tra loro mescolandosi e abbracciandosi come in una muta promessa d'amore, le loro fronde sono scosse dal vento.
Mi scappa un singhiozzo, e subito le lacrime mi oscurano la visuale. Arrabbiata, mi strofino gli occhi: voglio vedere tutto.
E così via, gli alberi continuano all'infinito attirando il mio sguardo e portandomi a chiedere: ci sarà qualcosa oltre questo bosco?
La voce di Indiana mi raggiunge, seppur non abbia intenzione di prestarle ascolto recepisco il messaggio. – Hai mai più rivisto Xavier?
Riporto l'attenzione su di lei. Come fa a sapere il nome del generale Thamlan?
Si scambiano un'occhiata strana, Shannona sembra volerla uccidere, Indiana sembra divertita.
È Harry che interrompe quello scontro di sguardi. – Chi è Xavier?
Indiana si volta verso di lui e sorride. – È il generale Thamlan. Shannona ne era innamorata.
- Smettila. – Shannona si sporge verso di lei, arrabbiata. – Smettila. Puttana.
Indiana alza un sopracciglio. – Adesso mi insulti?
- Che cazzo di problemi hai? – Shannona abbassa la voce, sporgendosi verso di lei. – Non ti ho fatto niente brutta troia. Smettila.
Il sorriso cattivo di Indiana scompare. – Non mi hai fatto niente? Ne sei sicura?
Shannona scuote la testa. – Sei proprio cogliona – mormora, e Indiana non ribatte.
Cosa c'è stato tra loro due? Perché si comportano così?
Improvvisamente le luci del treno si spengono tutte. La ventola dell'aria condizionata smette di ronzare, e il motore del treno si spegne. Il treno procede per un paio di metri senza corrente, dopodiché si ferma. Restiamo tutti a guardare dal finestrino la radura verde oltre le porte del treno.
- Una falla nel motore? – Chiede Harry.
- Ne dubito – mormora Shannona, ma non aggiunge altro. Riporto il mio sguardo sull'erba verde dall'altra parte del vetro. Il sole spicca in alto, alcuni uccelli partono in volo dai rami della foresta, alcuni metri più in là.
Se solo fossero aperte le porte...
Come a comando, le porte del treno si spalancano. Balzo in piedi e guardo Shannona, che si solleva dal sedile cautamente. Indiana è già nel corridoio, e altri ragazzi si sono alzati e indugiano di fronte alla porta del treno. Mi avvicino anch'io, e l'aria fresca mi solletica il volto. È come una calamita che mi attira a sé, il mio corpo brama per percepire di nuovo il calore del sole, l'erba sotto i piedi, gli alberi da tetto.
Guardo gli altri Terminal, ipnotizzati dal panorama di fronte a noi. Se il treno avesse davvero avuto un problema tecnico? Le telecamere non sarebbero in funzione, Loro non potrebbero vederci.
Siamo liberi.
Il pensiero mi riscuote nell'animo, facendomi provare un'emozione che da tempo non percepivo sulla mia pelle. Speranza. C'è ancora speranza per me, per Shannona, per tutti noi?
Mi rendo conto di essere ancora ferma sulla porta. Gli altri ragazzi del mio stesso scompartimento dietro di me sussurrano concitatamente.
Sporgo un piede fuori dal treno, e lo faccio atterrare sull'erba. Il contatto è morbido, sento lo stomaco stringersi per la felicità.
Scendo dal treno, seguita poco dopo da tutti gli altri. Guardo il resto del treno, dove dalle altre porte stanno scendendo tutti i Terminal.
Una lacrima calda mi scende dalla guancia, e Shannona me l'asciuga. – Su, forza – mi accarezza le spalle. – Andiamo.
Apro la bocca per risponderle, ma non esce suono. Sono così felice che sia finita.
Harry spunta da dietro Shannona. – Scappiamo! – Grida, e inizialmente il suo urlo rimbomba nella pianura.
Ma poi gli altri Terminal, appena comprendono che non stanno correndo rischi, si buttano a capofitto verso il bosco, urlando e saltando.
Sono tutti gioiosi. Sono tutti liberi.
Cominciamo a incamminarci anche noi, finché non mi permetto di muovermi un po' più veloce, e corro. Il sole mi accarezza la pelle, il vento mi scuote i capelli. L'adrenalina scorre nelle vene, mentre come un tempo torno a ballare quella danza del corpo. Rido, rido come mai ho fatto nella mia vita, e torno indietro verso Shannona, che mi sorride.
- Guarda! – Le dico, e mi lancio in verticale, compiendo qualche passo sulle mani, prima di ruzzolare sull'erba. Rido, e rido ancora anche quando Shannona mi fa tirare su. Il suo sguardo non è più felice, ma triste, ed è in questo momento che un pensiero mi scuote.
Non siamo liberi. Forse siamo solo arrivati alla Cupola.
Guardo il treno allarmata, e vedo dei movimenti dall'interno. Riconosco le sagome di uomini in divisa militare.
- Corri – mi dice Shannona, ma le sue parole non mi scalfiscono. Oltre le grida divertite dei ragazzi, cerco solo di capire cosa sto vedendo.
I militari escono dal treno, armati, e si fermano di fronte alle porte. Per il momento nessuno se n'è accorto.
Poi, la voce metallica parla di nuovo. – Gioco primo: Prendere.
- Corri! – Shannona mi afferra il braccio e mi trascina via, mentre la consapevolezza mi divora. Non siamo mai stati liberi.
Le urla di felicità mutano subito in urla di terrore, mentre anche gli altri Terminal sono scossi dalla consapevolezza.
I militari aprono il fuoco, e cominciano a sparare.
Shannona mi sta ancora trascinando, e capisco che devo muovermi, così comincio a correre con lei, ma presto la supero. Sono più svelta.
Corro veloce verso il bosco, lo stomaco in subbuglio, ho paura di vomitare o di svenire. Comincio a sudare freddo, mentre il mio corpo scosso dalla paura risponde con lo stimolo delle feci.
Ho paura. Ho una paura matta.
Piango mentre corro, mentre mi inoltro nella radura verso il bosco. Gli alberi sono così vicini, ancora qualche altro passo...
Dietro di me, attorno a me, il rumore di spari e di urla. Azzardo un'occhiata sulla destra e vedo una ragazza cadere a terra. Un conato mi raggiunge la gola, e mentre corro sono costretta a ricacciar giù tutta la colazione.
Quella ragazza... è morta?
Finalmente raggiungo la prima fila di alberi, e m'inoltro dentro il bosco. Corro alla cieca, con le lacrime che mi rendono la visuale appannata. Il terreno è instabile, sotto un centinaio di foglie si nascondono le radici e i rami spezzati, che mi fanno inciampare più e più volte. Sbatto contro i rami più bassi, che s'impigliano ai capelli e me li strappano. Corro più veloce che posso, e cerco di togliermi dalla faccia il muco e le lacrime. Mentre corro finisco in una ragnatela, ma non posso smettere di correre.
Perché potrebbero uccidermi.
Singhiozzo forte, mentre mi passo convulsamente le mani sul corpo, sperando di non avere ragni addosso. Inciampo, atterrando sui palmi che bruciano. Sono senza fiato, mi fa male il fianco e i muscoli bruciano. Alzo lo sguardo e vedo molti altri ragazzi correre nel bosco, tra gli alberi. Il mio sguardo si sofferma su uno in particolare, che corre piuttosto veloce. Lo seguo con gli occhi mentre compie un salto per evitare una radice, compie altri passi di corsa ma poi rimane impigliato in qualcosa. Il suo corpo rimane appeso tra due alberi, su un filo praticamente invisibile. Il ragazzo mugugna, mentre il sangue comincia ad uscire dalle ferite. Il braccio destro penzola dalla spalla, tenuto attaccato solo da alcuni tendini.
La gamba cade del tutto, invece. E mentre il corpo rimane appeso ai fili, la testa ribalta all'indietro, rotolando sulla schiena e cadendo a terra.
Urlo come mai ho fatto in vita mia, terrorizzata. Poi mi piego di lato e vomito, e mentre mi asciugo con la manica comincio a tremare così forte da non riuscire nemmeno più a urlare.
Mi volto dietro di me, dove altri ragazzi continuano a correre, e vedo anche dei militari farsi strada fra i rovi a terra, sparando. Mi appiattisco sul terreno, sperando di non essere vista.
Mi faccio praticamente le feci nei pantaloni. Il mio corpo suda, lo stomaco punge come fosse un ago.
Dov'è Shannona?
Singhiozzo in silenzio, e comincio a gattonare ripercorrendo i miei passi. Quando sono certa di riuscire a reggermi in piedi, faccio un respiro profondo. Devo salvarla.
Comincio a correre di nuovo verso la radura, respirando a bocca aperta per via dell'acido gusto del vomito. Alcuni ragazzi si scontrano contro di me mentre scappano, alcuni urlano, altri piangono. Piango anch'io, perché una parte di me non vorrebbe tornare a prendere Shannona.
Ma comunque continuo a correre. Lentamente, sperando di accorgermi in tempo dei fili che tagliano.
L'immagine di quel ragazzo continua a ripercorrersi nella mia mente. Il sangue che sgorgava dalle ferite, gli arti staccati, la testa che cade. Gli spari continuano incessanti, e ad un certo punto qualcosa mi colpisce la scapola destra.
La spalla brucia, e mi fa urlare. Mi porto le mani a quella che scopro essere una ferita, e con le dita tremanti scavo nel tessuto rosso finché non scovo un buco nella carne.
Mi hanno sparata.
Un giramento improvviso mi fa accasciare contro un albero, e cadendo mi rendo conto di aver raggiunto la pianura.
Molte sagome a terra testimoniano la strage dei militari scesi dal treno. Una la riconosco, e mi sento mancare la terra sotto i piedi. Il corpo è in una posa innaturale, le treccine bianche sparse attorno a lei come un'aura. Il sole le bacia la pelle scura.
- No... – Sussurro priva di forze. Gattono verso di lei piangendo, e pregando Dio che non sia morta. La spalla brucia e anche il braccio, e il collo, e il petto. Il caldo è soffocante, e vorrei strapparmi la tuta di dosso, ma continuo a gattonare.
Mi avvicino lentamente, perché non ne ho le forze, ma parte di me vorrebbe correre da lei. Forse non è troppo tardi. Forse, se corressi, la potrei ancora salvare, come avrei dovuto fare con i miei genitori.
È questo pensiero che mi fa rialzare. Barcollo verso di lei e mi accascio a terra quando la raggiungo, mentre le lacrime continuano a cadere incontrollate. Il braccio penzola contro il mio fianco destro come fosse morto, non ho il coraggio di vedere in che condizioni è messo.
- Shannona... – Mormoro. Il suo volto è pallido, la tuta è zuppa di sangue.
Respira.
La sollevo lentamente e premo la sua guancia contro la mia. Emetto un mezzo singhiozzo e una mezza risata. Cerco di non pensare al braccio che brucia. – Ti prego, ti prego Shannona! Respira!
- Winger – Shannona apre gli occhi e mi sorride. I denti sono sporchi di sangue, le labbra rotte. Piango e scuoto la testa. Non avrei dovuto abbandonarla. Se fossimo rimaste insieme averi potuto salvarla.
- Non stai morendo, vero? – Le chiedo, ma faccio fatica a parlare oltre i singhiozzi.
Shannona scuote la testa, ma non risponde. Respira, ad occhi socchiusi.
Il braccio brucia in maniera inesorabile, la testa pulsa così forte che cado all'indietro. Non riesco più a sorreggermi.
Mi trascino a forza verso Shannona, di modo da avere i nostri visi vicini. Le stringo le mani, e cerco di muovere il braccio destro, urlando dal dolore.
Shannona piange. Le lacrime riflettono la luce del sole contro le pupille lucide. Piango perché non voglio lasciarla andare. Non posso.
Sto per perdere mia mamma, di nuovo.
Una sagoma ci fa ombra dall'alto, e con difficoltà guardo chi ci ha raggiunte. Distinguo prima un'arma, poi un volto.
Il generale Thamlan mi guarda impassibile. La delusione mi colpisce in pieno petto finché non riesco solamente più a piangere in silenzio, emettendo mugolii di dolore.
Si piega verso di noi, e accarezza il volto di Shannona.
- Vattene... – Sussurro, cercando di proteggere Shannona. Non deve toccarla.
Traditore.
Il dolore al braccio mi fa salire un conato. Non riesco più a vedere bene, le figure sono sfocate e doppie.
- Mi dispiace – Xavier guarda solo Shannona, e lei annuisce lentamente, ad occhi chiusi.
Un altro mugolio esce dalle mie labbra. Lascio cadere la testa contro l'erba, e porto lo sguardo alla spalla, incapace di comprendere cosa davvero mi sta succedendo.
Sento il braccio pulsare, le dita sono piene di sangue, non riesco a muoverle, o forse non ho semplicemente il coraggio di metterle alla prova. La tuta rossa si è incollata alla pelle sudata, e alcune ciocche di capelli sono sfuggite alle trecce e mi si appiccicano alla fronte.
- Proteggila – mormora poi. – Proteggila, o mi avrai sulla coscienza per tutta la tua miserabile vita.
Riporto lo sguardo verso di loro, vedo solo chiazze scure. Quello che immagino sia Xavier annuisce, dal suo respiro capisco che sta piangendo. Poi prende qualcosa di scuro e la mette davanti al viso di Shannona. Non riesco a capire cosa sia, non riesco a vederlo.
- Forza, fallo – Shannona tossisce, sussurrando le parole con una calma nauseante.
Sento un meccanismo metallico, e capisco che il generale Thamlan ha una pistola in mano. Con la sinistra mi asciugo le lacrime e sfrego gli occhi, cercando di concentrarmi. Il caldo mi soffoca, ho mal di stomaco e la testa mi pulsa. Le gambe formicolano, e sento il volto pesante, come se la pelle sul mio viso sia troppo spessa per le mie ossa, come se dovessi strapparmi la carne dal corpo.
- Ti amo – percepisco oltre la coltre di fumo che sembra attorniarmi. Il dolore è così intenso che sembra quasi assopirsi.
- Anche io – risponde lui. Chiudo gli occhi, incapace di vedere. La nausea mi scombussola. Alcune lacrime cadono sull'erba. Le sento atterrare con un tonfo.
Riconosco un respiro profondo, poi il grilletto scatta.
Una mano mi accarezza i capelli. Singhiozzo, quando capisco cosa è successo. Shannona è di fianco a me, percepisco il calore del suo corpo, ma se n'è andata.
Shannona è morta. E io non ho potuto fare niente per salvarla.
- Mi dispiace Winger – dice il generale Thamlan. Ma non lo so se effettivamente gli dispiace.
Voglio solo dormire...
- NO! – Una voce ci raggiunge, una voce femminile. Apro leggermente le palpebre, tutto è sfocato oltre le ciglia.
Il calore del sole torna ad assalirmi, e capisco che Xavier dev'essersi allontanato.
- Lurido bastardo, l'hai ammazzata! – Qualcuno si accascia a terra e scuote Shannona. Vorrei dirle di smetterla, che le potrebbe fare del male, vorrei che la lasciasse stare, ma emetto solo un mugolio lamentoso.
- Lei ti amava, e tu l'hai uccisa! Sei soddisfatto ora?! – Un urlo rabbioso mi fa pulsare la testa con più intensità.
- Allontanati da lei. – Mormora Xavier.
- Neanche per sogno. Ti ucciderò Xavier, fosse l'ultima cosa che faccio. – La donna urla come una pazza, ed è come se un martello mi colpisse esattamente fra gli occhi. Continuo a piangere.
Basta... Basta.
Smettetela per favore.
Implorerei se solo ne avessi le forze, ma adesso ho solo voglia di dormire e non svegliarmi più.
Sento ricaricare la pistola, ma sono davvero – davvero stanca. Non penso di poter sopportare oltre.
La testa continua a pulsare, le orecchie mi fischiano. Non so se il braccio è ancora attaccato alla mia spalla. Nella mente ho solo l'immagine del ragazzo appeso ai fili, e il rumore dello sparo.
- Vattene finché sei in tempo. Ti uccideranno. – Thamlan continua a parlare alla donna. Ma chi è?
- Col cazzo, Xavier. Uccidimi tu, come hai fatto con lei.
Lontano mi sembra di sentire rumore di passi, molti passi.
I due non parlano più, sento solo qualcuno che corre e scappa.
Qualcuno mi afferra per le spalle e mi scuote. Spaventata spalanco gli occhi, il cuore riprende a martellare agitato. Solo una figura scura.
Piango e sussurro quello che doveva essere un urlo, chi mi scuote ha messo la mano sulla ferita aperta. Sembra accorgersene e toglie la mano, e la mia testa ciondola sulla spalla.
- Winger, Winger ascoltami – riconosco il generale Thamlan. Vorrei allontanarmi da lui, rinfacciargli quanto è stato orribile, ma ho solo la forza di mugugnare. Il dolore alla spalla è allucinante.
- Devi trovare Harry. Fatti aiutare da tutti, non puoi morire Winger. Qualunque cosa accada non puoi morire. Okay?
Non aspetta risposta ovviamente. Mi lascia cadere a terra e con la testa tocco Shannona.
Singhiozzo, ma il movimento mi fa male a tutto il corpo.
Voglio solo dormire.
Voglio solo...
Dormire.
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