SETTIMO CAPITOLO - PRIMA PARTE
Non sogno mia madre da... praticamente sempre. Solo nel periodo in cui è andata via mi è capitato di sognarla in modo, come dire, "normale". Gli anni successivi invece sono stati caratterizzati unicamente da incubi, ne facevo in continuazione, anche da sveglia vivevo continuamente in una condizione che mi faceva sentire in pericolo. Non riconoscevo più quale fosse la verità o ciò che la mia mente creasse. Non riuscivo più a distinguere il vero dal falso, il sogno dalla realtà, il dolore che provavo davvero per ciò che era successo e quello che mi infliggevo da sola. Non riuscivo più a capire chi fossi.
Il mio ultimo ricordo di quella donna è lei che mi urla di essere una bambina cattiva, che non avrei dovuto e che se non avessi avuto una madre, era solamente colpa mia. Non so esattamente come stia ora, non le parlo da anni, ha provato a scrivermi ma non ho mai avuto il coraggio di risponderle. So solo che qualche anno fa è migliorata. Mi sono chiesta spesso come sarebbe stato se avessi avuto una madre migliore, se lei non avesse commesso tutti i suoi errori, magari io non sarei così, non avrei scelto e fatto determinate cose e non mi incolperei anche se il sole oggi non splende. Perché oggi non splende, piove a dirotto esattamente dalle 6:18. Lo so perché ero sveglia, credo di essermi svegliata almeno cinque volte dopo quell'incubo. Continuo a definire incubi i sogni in cui c'è mia madre, indipendentemente da ciò che accade.
"Beh tesoro, che hai dormito male si vede dal tuo viso. Cazzo, ce l'hai uno specchio?" A Candice ovviamente non sfugge mai nulla. Sam, come sempre, è così gentile con me che ha fatto lui la fila alla mensa per la colazione, prendendo tutte le mie cose preferite. Forse troppe.
"Buongiorno amore" arriva Mark stampandomi un bacio sulle labbra ma nel vedere i volti di tutti, soprattutto il mio, aggiunge "Okay, cos'è successo?" ma ci voltiamo tutti quando sentiamo un grande "Buongiorno ragazzi", Liam. Che faccia tosta. Si siede di fronte a me ma io non ho la forza di affrontarlo, non ora. Non oggi che vorrei scomparire più del solito.
Non appena i suoi occhi incontrano i miei, resta impietrito. Devo avere davvero un pessimo aspetto se provoco queste reazioni.
Finiamo di fare colazione tra Sam che spiega matematica a Candice, Matt e Jessica che discutono riguardo ad un nuovo video musicale, Mark che mi accarezza la schiena con una mano mentre discute con Jhon e Rob della partita di Football che terranno giovedì, ed io che mangio in silenzio senza mai alzare lo sguardo dal libro poiché so perfettamente che Liam guarda me, dato che non lo sento intervenire e so che in queste situazioni non sapere cosa accade lo innervosisce.
"Posso parlarti?" mi volto e vedo lo sguardo perso di Liam, probabilmente pensa che è per la situazione che si è creata ieri ma non è così. O forse sì? Non lo so, l'unica cosa che so di per certo, è che sognare mia madre mi ha sconvolta. "Non ora, Liam. Andiamo a lezione" non controbatte, non aggiunge altro, ed io gliene sono grata. Sa che non è per lui se mi trovo in questo stato, sa che oggi lo avrei attaccato per la questione di ieri. E sa esattamente cosa fare in queste situazioni.
Se solo non mi sentissi così... Vorrei odiarlo.
Dopo aver terminato la lezione di letteratura inglese insieme, e dopo aver salutato Mark che si è assicurato che stessi bene, entro in aula di letteratura creativa. Avrei davvero voluto avere il coraggio di raccontare a Mark di mia madre e di come mi sento, dell'incubo e del pensiero costante che ho di lei, ma non ci sono riuscita. E' sempre così, mi convinco di essere pronta a parlarne e poi mi ritrovo a fare i conti con la triste verità: io non sarò mai pronta a parlarne.
"Buongiorno ragazzi, prendete posto che iniziamo tra qualche momento" annuncia il professor Thomas mentre Sam ed io riprendiamo i posti della scorsa volta e lo stesso fa Jessica che nel frattempo importuna il nuovo Matt. Liam si siede alla mia destra, ed inizia a picchiettare nervosamente la penna sul banco. Sono nervosa al solo pensiero che possa aggiungere qualcosa riguardo a ieri notte e, soprattutto, temo per cosa potrà dire in presenza di Mark. Ha detto che me ne pentirò, cosa intendeva con questo? Ho la testa che mi scoppia.
"Il tema di oggi, ragazzi, è il coraggio. Scrivete almeno cinque pagine su cos'è per voi il coraggio, se credete di averne e la relazione del coraggio con le paure. Buon lavoro." Aggiunge velocemente il professore. Cerco di tenere lo sguardo fisso sul mio foglio per non dover incrociare quello di Liam alla mia destra, anche se avverto i suoi continui sbirci, come se si aspettasse qualche mia reazione. Non so se definirmi sollevata o delusa quando realizzo che per tutto il resto della lezione Liam se ne sta per fatti suoi, anche se una cosa è chiara: una parte di me avrebbe voluto che insistesse nel sapere quale fosse il mio problema, "ne hai tanti" mi suggeriscono i miei demoni. In compenso, ho scritto molto stronzate in sette pagine.
"Coraggio è un giorno ammettere che l'unica persona a creare del male a me stessa, sarò sempre e solo io.
Coraggio è un giorno prendere quel cellulare e urlare "mi manchi."
Ma non può mancarti qualcuno che odi, giusto? Ma questo non c'entra con il coraggio, o forse sì? Forse il coraggio è anche capire cosa si prova e poi ammetterlo.
Ecco, ammettere. Coraggio è anche ammettere che più di tutto avrei voluto che si scusasse per non essersi mai scusato. Di essersi reso conto di me solo quando era troppo tardi mentre io, in realtà, lo avevo sempre notato. Credevo che fosse la cosa migliore in tutta la merda che mi aveva perseguitato per anni, credevo fosse l'eccezione alla "regola" e invece col tempo sono stata costretta a ricredermi. Lui non è il meglio, e con ogni probabilità – certezza - non lo sono neanch'io. Non poteva e mai potrà ripulire tutto la merda che mi porto dietro come io non potrò mai ripulire la sua.
Coraggio, è dire alla persona accanto a me che tutto ciò che volevo in quel momento era che continuasse a stringermi tra le sue braccia, e che non andasse via.
Coraggio è ammettere al mio cuore cosa voglio, senza aver paura delle conseguenze.
Cosa mi spaventa di più? Qualcuno tormentato così come lo sono io, o qualcuno da poter ferire e ferire e ferire?
Coraggio, è capire cosa volere e andare a prenderselo."
Concludo così le mie sette pagine, e mi rendo conto di aver appena ammesso che, forse, non son poi così estranea a questo ragazzo.
"Bene ragazzi, consegnate il vostro lavoro e la prossima settimana leggerò alla classe quello migliore." Annuncia il professor Thomas e, consapevole del mio pessimo lavoro, me ne vado tranquilla, senza aver rivolto neanche una parola a Liam.
Mi allontano molto velocemente dall'aula dopo aver consegnato il mio lavoro.
All'angolo Sam si dirige verso l'aula di chimica mentre io andrò in biblioteca per rivedere alcuni appunti dato che per questa mattina non ho altre lezioni. "Devo parlarti" Liam mi tira per un braccio e mi conduce - forzatamente - al di fuori dell'edificio. Ammetto che non oppongo resistenza, ma deve smetterla di afferrarmi ogni volta per un braccio e pretendere che faccia ciò che dice.
"Okay credo che ora puoi lasciarmi andare" strattono via il mio braccio dalla sua mano mentre cerco di apparire più calma possibile anche se guardarlo con quella felpa blu che risalta i suoi occhi azzurri non aiuta molto. Fuori ha smesso di piovere ma la mia t-shirt non è abbastanza calda per sopportare questo vento di fine settembre. Ha il volto corrucciato mentre si avvicina a me "Cos'è successo? E' per quello che ho detto ieri? Scusami io n.." lo interrompo bruscamente alzando la mano in segno di stop "E' tutto okay, Liam. E' solo una giornata no e stanotte non ho dormito un granché, ma sto bene." Mi prende per il braccio e mi trascina verso il parcheggio e, come prima, non oppongo resistenza nonostante mi impegni di sembrare il più indignata possibile. "Basta, Liam" dico in tono quasi esasperato, ma in realtà spero che questa "conversazione" possa prolungarsi il più possibile, ma che problemi ho?
"Non ti lascio andare finché non mi dici cos'è successo. So che c'è qualcosa che non va, ti conosco, Meredith." si avvicina a me ma io non gli do tempo per accarezzarmi il volto perchè lo interrompo subito.
"Ho sognato mia madre" alzo lo sguardo e vedo il suo quasi preoccupato, conosco quell'espressione e so che non mi farà tornare dentro fin quando non gli avrò raccontato almeno la metà di ciò che vuole sapere. Questa volta mi prende per mano – con abbastanza forza - e mi conduce alla sua auto "Entra" dice aprendomi lo sportello del passeggero, lo guardo e subito dopo aggiunge "Lo so che non hai lezioni, quindi non inventarti scuse e sali in auto." anche questa volta non oppongo resistenza e faccio ciò che dice entrando nella sua Rangerover nera. L'auto ha il suo profumo mischiato a quello delle sigarette e per un attimo ricordo il suo volto della scorsa notte quando parlava ad un millimetro dalle mie labbra, l'odore della birra e del suo profumo, il suo respiro caldo... caccio via questi pensieri e mi concentro a guardare la strada.
Non chiedo dove stiamo andando perché non sono sicura di volerlo sapere e non sono sicura neanche del fatto che in questo momento sarei in grado di poter rispondere ad una sua eventuale domanda dopo aver risposto alla mia. Non sono pronta neanche per cosa sto facendo in questo momento, eppure una parte di me, forse la più piccola, mi dice che sto facendo la cosa giusta. Alla radio danno Smells Like Teen Spirit dei Nirvana, una delle mie canzoni preferite, Liam canticchia e mi meraviglio del fatto che sia in grado anche di fare questo. Certo, non ha chissà quale voce ma è abbastanza intonato.
Dopo cinque minuti capisco che ci stiamo dirigendo al Washington Park Arboretum e dopo venti minuti di viaggio ed aver ascoltato alcune canzoni di Eminem e dei Coldplay, capisco che non è il mio giorno fortunato e non è la radio che conosce i miei gusti alla perfezione. Ma è Liam. Vagando con lo sguardo noto una pen drive attaccata all'autoradio e capisco. Ha realizzato una pen drive con tutte le mie canzoni preferite, gliene avevo parlato prima che partissimo per le vacanze ma poi decisi di stargli lontano dato il suo "riavvicinamento" con Victoria, solo che non avrei mai pensato che lo facesse per davvero, neanche quando eravamo più... "intimi". Decido di non dirgli nulla, non voglio metterlo a disagio perché lo sono già abbastanza io per entrambi.
Ci sono stati diciassette secondi in cui non ho pensato al volto di mia madre senza capelli e incazzata nera con me. Diciassette secondi. I secondi impiegati per aggiustare la cerniera della borsa. Diciassette. Lo so perché dall'ultima volta che ho guardato l'orologio, sono trascorsi esattamente diciassette secondi anche se per me sono sembrati anni. Anni in cui mia madre non c'era più nella mia vita ed io non avevo più nessun ricordo legato a lei.
Ma chi voglio prendere in giro? Restano pur sempre diciassette secondi. Scaccio via i pensieri negativi e d'istinto scuoto la testa, Liam lo nota, ma oggi è troppo buono con me per farmelo notare.
"Siamo arrivati" annuncia dopo qualche minuto spegnendo il motore, mi guarda come se chiedesse il via libera per uscire, come se si accertasse del fatto che io sia pronta o meno. Gli faccio cenno di sì, e nel frattempo che io rimetto cellulare e sigarette in borsa, Liam esce dall'auto per venirmi ad aprire lo sportello. Un gesto così da gentiluomo che quasi fatico a credere che sia lo stesso Liam che cerca di far inciampare in continuazione Candice. Se questa è solo una delle tante cose "dolci", o comunque gentili, che riserva a Victoria... capisco perché lei lo perdoni sempre. No, aspetta... io non sarei in grado di perdonare tradimenti, tira e molla, bugie, ma probabilmente questo è un mio limite, o la mia salvezza, dipende dai punti di vista.
Camminiamo senza scambiarci una parola e in parte gliene sono grata, non saprei cosa dire e proprio non riesco a capire perché mi abbia portata in questo posto. Arriviamo alla radura, il sole ha quasi asciugato la pioggia, anche se su alcune foglie restano ancora qualche goccia d'acqua.
Liam si siede sul grande prato al sole, io resto un po' incerta poiché temo che mi si bagneranno tutti i pantaloni. Tuttavia, non credo che restare alzata sia il caso ma, anzi, aumenterebbe la distanza tra noi, quindi decido di fare un sacrificio sedendomi sull'erba umida.
Il sole emana un calore piacevole che quasi mi fa scordare di essere vestita così leggera.
"Allora, cos'è questa storia di tua madre?" la voce di Liam è dolce, sincera, calma. Accorcia la distanza tra di noi sedendosi al mio fianco – quella distanza che avevo lasciato di proposito proprio per non stargli così vicino – e nel frattempo si accende una sigaretta, mi porge il pacchetto per chiedermi se ne voglio una ma io agito il mio davanti al viso.
Tiro fuori anch'io una sigaretta, l'accendo, e cerco di svuotarmi completamente da quell'incubo. "Ho sognato che era incazzata nera con me, senza capelli, era... orribile." Ispiro dalla sigaretta sperando che Liam abbia qualcosa da dire perché mi sento come bloccata, come ogni volta.
Resta qualche minuto in silenzio, quasi come se stesse meditando su cosa dirmi e come dirmelo. Poi si volta verso di me, ma io lascio che il mio sguardo resti fisso nel vuoto. Ancora ancora e ancora.
"Io credo che crescendo stia crescendo in te anche la rabbia ma solo perché tu non fai nulla per fermarla. Prova a parlarle, prova a vedere cosa ha da dirti. Se morisse.." mi giro di scatto verso lui che fa una pausa come se dovesse prendere coraggio per ciò che sta per dire "se morisse sono sicuro che ti pentiresti di non averle più rivolto la parola. Non puoi chiuderti in te stessa per sempre, Meredith. Devi aprirti." Mi guarda negli occhi cercando di capire di quale umore sia, se quelle parole hanno provocato in me qualche emozione o rabbia. Non lo so, in realtà. Probabilmente la mia parte razionale sa che ha ragione, ma la mia "me" orgogliosa prevale quasi sempre su tutto. Lo guardo in cagnesco e sa che ha appena innescato una bomba poiché lo vedo alzare gli occhi al cielo.
"Non me ne pentirò, Liam. Non c'è mai stata per me e perché ora dovrei esserci io per lei? Dov'era quando mio padre si spaccava la schiena a lavoro per comprarle quegli stupidi capi firmati? Dov'era quando sono caduta dalla bici e mio padre ha cercato di medicarmi? Dov'era seduta quando a scuola mi sono vestita come albero di natale per quell'odiosa recita? E dov'era il giorno di Natale?" Guardo lui ma davanti ai miei occhi si ripetono ogni scena ancora ancora e ancora. "Vuoi sapere dov'eravamo io e mio padre?" chiedo, occhi negli occhi "Ad aspettarla. Due lunghe ore seduti a tavola in silenzio. Quando capimmo che non sarebbe arrivata mio padre si alzò sconfitto e si chiuse in camera senza dire una parola. Quel giorno ho mangiato da sola ed ho scartato da sola i miei regali, non l'avevo fatto la mattina perché aspettavo lei." Prendo un attimo di respiro e getto la sigaretta, non riesco a credere che sto raccontando tutto questo a Liam. Sento scorrermi l'adrenalina nelle vene ma al tempo stesso mi sento sul punto di crollare. Cerca di rispondere ma alzo la mano per fermarlo e così capisce che devo ancora concludere. "Vuoi sapere dov'era?" scuoto la testa e rido, una risata isterica più che divertita "Era ad ubriacarsi e a scoparsi il suo capo mentre mio padre la chiamava per ore ed ore, ed io ad ogni macchina che sembrava accostarsi fuori casa, ricominciavo la preghiera per pranzare, ma non arrivava." Ammetto sconfitta. "Non arrivava mai." Distolgo lo sguardo, so cosa sta pensando, che è una gran puttana... e io non potrei dargli torto se lo pensasse ad alta voce. Sento il cuore battermi in petto e questo lungo silenzio non fa che aumentare la mia ansia che non so neanche quando ho iniziato ad avere.
"Chi ha... beh, chi ha scoperto cosa faceva tua madre?" è una domanda completamente diversa da ciò che mi aspettavo, ma almeno non devo sentirmi prediche su cosa dovrei fare e il perché dovrei perdonarla.
"Io." Rispondo "Avevo dieci anni. Quella sera mio padre era a lavoro ed io ero in casa da sola. Mia madre aveva la malsana abitudine di uscire non appena mi addormentassi. Credeva che non sentissi il tonfo della porta di ingresso che si chiudeva o dello sportello dell'auto. Le volte in cui magari la sentivo tornare, o le volte in cui non facevo in tempo ad addormentarmi e l'aspettavo, mi chiedeva di tenere la bocca chiusa, mi diceva che usciva per fare commissioni importanti ma che mio padre non doveva saperne nulla. Ero consapevole che non uscisse per fare nessuna commissione importante, ma non avrei mai immaginato che si scopasse quasi tutte le sere, o quando ne aveva la possibilità, il suo capo." La sua mano sta stringendo la mia, immobile, tremante. "Una sera tornò troppo presto, o forse ero io ad essere sveglia troppo tardi, ero in salotto quando sentii le chiavi di casa. Pensavo che fossero i miei che tornavano insieme e invece no, era mia madre con il suo capo. Si baciavano e io non seppi contenermi. Urlai che l'odiavo e corsi in camera. Passò quasi mezz'ora a cercare di convincermi a tenere la bocca chiusa, che mi sbagliavo a pensare che tradisse mio papà. Ricordo ancora quanto puzzava. In quel periodo aveva quasi sempre un odore nauseante tra un profumo troppo forte ed alcool. Ci pensai, pensai davvero di tenere quel segreto per me ma mi stava tormentando. Non riuscii a dormire quella notte, e tutte le notte seguenti, così il giorno dopo decisi di dirlo a mio padre cosa avevo visto, lui mi sorrise e disse che non dovevo odiarla e non dovevo odiare lui se fino ad allora l'aveva sempre saputo ma non aveva fatto nulla per fermarla. Ma che da quel momento, sarebbero cambiate le cose." Solo ora che termino di parlare mi accorgo che sto piangendo. Non so come fermarmi e quale di queste cose mi faccia più male.
Ricordo perfettamente il volto rassegnato di mio padre quando gli dissi cosa avevo visto. "Stai tranquilla, tesoro, si sistemerà tutto." Mi disse, eppure passammo i giorno seguenti in silenzio, senza dirci una parola, fin quando un giorno tornò a casa con le mie caramelle gommose preferite e mi chiese di guardare un film assieme. Da lì non ci siamo più separati, è la mia metà. Il mio tutto.
Ma nella mia vita è continuato ad andare tutto a rotoli. A non andare bene.
Liam asciuga una lacrima che scende lenta lungo la gote, ancora una volta sta sul punto di rispondermi ma io lo anticipo."E sai cosa mi disse quando trovò le sue valigie accanto alla porta di casa? Liam, hai idea di cosa disse?" Continuo senza sosta "Che era tutta colpa mia, che se non avessi avuto una madre era per colpa mia e.." solo quando Liam mi attira a sé capisco che sto urlando e piangendo. Non lo respingo, non mi oppongo, ho bisogno esattamente di questo. Mi culla nel suo abbraccio caldo mentre le lacrime continuano ad uscire incessanti.
"Shh tranquilla" ripete con il viso affondato tra i miei capelli. E vorrei esserlo, davvero. Ma non potrò mai. Mai!
Restiamo così per minuti, forse ore. Sono stesa sulle sue gambe mentre la mia pelle avverte il tocco leggero delle sue mani fredde fredde che mi accarezzano a partire dai capelli, passando alle braccia, fino ad arrivare in fondo alla schiena. "Sto bene." mi costringo a dire dopo altri cinque minuti.
Ha gli occhi lucidi e le labbra rosse per il freddo ed anche così non posso nascondere che è estremamente perfetto.
"Non puoi darti la colpa se lei si scopava il suo capo e non puoi darti la colpa per le sue scelte, ma hai bisogno di darle una seconda possibilità, Meredith... le persone cambiano. E' malata e potresti non rivederla più, ti prego, pensaci." Mi limito ad annuire mentre mi sistemo di fronte a lui con le gambe incrociate, la sua espressione è cambiata, è più... dolce.
"Ora distraimi, parlami un po' di te." dico, perchè non ne posso più di deprimermi. Potrei sembrare quasi entusiasta e potrei giurare che lo è anche lui, soprattutto sembra rilassarsi al pensiero di cambiare discorso.
Che novità.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top