DICIASSETTESIMO E ULTIMO CAPITOLO
"And in this world of loneliness I see your face"
"E in questo mondo di solitudine io ho visto il tuo viso"
( Leona Lewis - Bleeding Love)
Salutare Liam è stato abbastanza... imbarazzante. Ho preferito che non mi accompagnasse fino alla mia camera e mi sono limitata ad un abbraccio mentre lui ad un bacio sulla guancia che io ho tentato di schivare credendo che puntasse alle labbra. Durante il tragitto in auto non ho proferito parola, né tanto meno lui. A tenerci compagnia c'era solo il leggero sottofondo di qualche cantante pop troppo chiassoso che piace alle ragazzine ma credo che ci fosse troppo imbarazzo per entrambi anche per cambiare stazione radio.
Alla porta trovo inaspettatamente Mark in tutta la sua gloriosa bellezza appoggiato con un piede allo stipite e con le mani nelle tasche.
"Hey" la mia voce suona troppo stridula, quasi come se fossi nervosa ed in realtà un po' lo sono.
"Volevo solo sapere come stai, prima ti ho vista con Liam" io faccio per spostare il peso da una gambe all'altra mentre lui lancia uno sguardo allo scollo della mia maglia. Vai così, Mark.
"E' tutto ok, avevamo bisogno di chiarirci" Mark si stacca dallo stipite e si avvicina a me un po' troppo per trovare differenze tra come mi stesse vicino Liam dieci minuti fa ed ora lui.
"Se ti fa ancora del male, dimmelo." Chiude gli occhi per qualche secondo, poi li riapre. Io non mi muovo, a stento respiro. "Vorrei solo che ti rendessi conto di cosa potresti avere davvero" è questo che mi confonde di Mark: non so mai se lo stia facendo per la nostra amicizia o perché vuole me. Non ho mai avuto un grandissimo ego, ma so per certo di piacergli e questi comportamenti non fanno altro che confondermi maggiormente. Fortunatamente ci pensa la suoneria del mio cellulare a distogliermi da questa situazione imbarazzante. Il numero non è uno che conosco e in oltre il prefisso so di per certo che non è quello di Seattle.
"Pronto?" dall'altro capo sento confusione, forse si saranno sbagliati. Anche perché, chi è che potrebbe mai chiamarmi a quest'ora?
"Ehm... parlo con Meredith, giusto?" la voce mi suona familiare e potrei giurare di conoscerla, ma in questo momento proprio non mi viene in mente nessuno.
"Uh... sì. Con chi parlo?" segue un breve silenzio.
"Sono Olga, l'amica di tua madre." Ecco di chi era la voce. Ma ancora non capisco per cosa mi abbia chiamato. Segue un altro breve silenzio e dopo un respiro profondo riprende a parlare.
"Non voglio allarmarti ma... c'è un grande problema. Credo che sia meglio che tu torni" il mio cuore si ferma e non per Liam o per Mark ma perché sento di nuovo quella sensazione che mi ha perseguitato per anni dopo che la mamma mi ha lasciato: la paura.
"Cosa c'è che non va? E' tutto apposto?" vedo Mark corrucciare la fronte ma ora sono troppo impegnata a lasciarmi prendere dal panico per spiegarmi.
"Non credo che sia il caso parlarne qui per telefono, ma faresti meglio a tornare. Ti aspetto, a presto, Meredith." E riattacca.
Mi porto una mano al cuore perché improvvisamente sento un dolore allucinante proprio lì, quasi come se si potesse spezzare sotto le mie stesse mani.
"Cos'è successo?" Mark prende il mio viso tra le mani ed io non riesco a trattenere la mia voce insicura.
"Mia madre. Non so cosa sia successo, ma devo raggiungerla" senza pensarci due volte Mark entra in camera mia e mentre lo vedo prendere velocemente una borsa e buttarci dentro le prime cose che gli capitano a tiro, lo sento dire "Vengo con te!"
Durante le due ore di viaggio per raggiungere Sudden Valley in cui ha guidato Mark avrò detto solo due, o forse tre, parole. Che sia chiaro, non perché ci fossero dei problemi con Mark e questo mi impedisse di parlare ma perché sono pietrificata, completamente terrorizzata da quello che mi aspetterà non appena varcherò questa soglia.
Il viaggio è stato uno dei più lenti che abbia mai fatto, uno dei peggiori in vita mia. Ho continuato a guardare l'orologio fin quando ho capito che fissarlo non avrebbe fatto scorrere più velocemente il tempo, piuttosto aumentava la mia ansia.
Ho inviato in fretta un messaggio a Jane per informarla della situazione perché so che si sarebbe allarmata se, tornata in camera, non mi avesse trovata.
Le parole di Olga non fanno che rimbombarmi nella testa "c'è un grande problema" ed io spero con tutta me stessa che in realtà sia qualche stupido scherzo o un pessimo modo per attirare la mia attenzione.
Nel momento in cui sto salendo i gradini che portano alla porta di casa non posso fare a meno di afferrare la mano di Mark e lui, in tutta risposta, l'afferra tenendola più stretta. So che non dovrei, che questo potrebbe causare delle incomprensioni, ma è quello di cui so di aver bisogno. Quello che avrei, se mi lasciassi amare per davvero.
Non faccio in tempo a bussare che la porta si spalanca. Olga è visibilmente stanca, con le occhiaie e una tuta che sembra aver visto giorni migliori.
"Ciao, ti aspettavo" mi abbraccia dolcemente e poi passa a Mark che scruta attentamente.
"Olga, piacere di conoscerti..." i due si stringono la mano mentre Mark le sorride.
"Mark Martin, un amico di Meredith" Olga gli lancia uno sguardo di compassione, come se il figlio ignaro di cosa stia accadendo fosse lui e non io. Ci fa accomodare nel grande salone e mentre io e Mark ci posizioniamo sul divano lei si dirige al carrellino su cui la mamma tiene i vari liquori.
"Com'è stato il viaggio? Mi dispiace averti chiamata così tardi... volete qualcosa da bere?" entrambi rifiutiamo gentilmente l'offerta. Beh, Mark lo fa. Io invece passo direttamente alla cosa più importante: la mamma.
"Cos'è successo?" Olga siede sul divano di fronte a noi e porta il bicchiere alle labbra visibilmente tesa.
"E' peggiorata." non capisco. Non capisco cosa intenda, cosa voglia dire. "Credo che sia meglio se ci spostiamo di sopra, in camera di tua madre. Sarà lei a dirti cosa... è successo" posa il bicchiere sul tavolino e ci fa segno di seguirla. Mark continua a stringermi forte la mano mentre Olga si dirige nell'atrio immenso per poi salire le scale, fino ad arrivare alla stanza di mia madre. Nel frattempo sento il mio cuore rompersi e ricucirsi, rompersi e ricucirsi all'infinito. Ed io ringrazio Dio per avere qui con me Mark.
E' Olga ad aprire la porta, seguita da Mark e poi da me. La stretta alla mano di Mark mi suggerisce che non è nulla di buono ed io già me la immagino senza un braccio o qualche osso di fuori. Invece, una volta che alzo lo sguardo, resto immobile. Mia madre è a letto, senza ossa fuori posto o cose simili. Ma il suo viso è ancora più stanco dell'ultima volta, il suo corpo ancora più scarnito, i suoi capelli sono ancora più pochi, i suoi occhi ancora più tristi.
"Meredith" sorride debole mentre cerca di alzarsi e appoggiarsi alla spalliera del letto. "Non avrei mai voluto arrivare a questo. Non avrei mai voluto che questo giorno arrivasse. Non so come dirtelo e non credo che ci siano modi carini per farlo..." si prende una breve pausa per una risata amara, che mi fa sentire ancora peggio. Mark stringe la mia mano con entrambe le sue.
Fa fatica a parlare e respirare nello stesso momento "Vedi, Meredith... a volte la vita ti ripaga esattamente con la stessa moneta, ed ora lo so molto bene." Tossisce "Mi sono presa gioco di lei credendo di essere invincibile, di poter superare tutto ma la realtà è che non lo sono." Mi guarda con uno sguardo sconfitto ed io credo che morirò se non dice subito il motivo per cui mi ha fatto correre fin qui alle dieci di sera. Ma è in quel momento, quando si porta la mano ai capelli che lo noto. C'è una flebo attaccata al suo braccio.
No, no, no, no, no. Non può essere. Non ora, non adesso che stavo imparando a conoscerla. Non adesso che stavo riavendo indietro mia madre, non adesso che stavo imparando a perdonare.
"No!" la mia voce è rotta da... lacrime? Non voglio piangere. Non piangerò. Nessuno, in questa stanza, mi vedrà piangere.
"Sì, Meredith. Sono malata. Sono malata e mi restano più o meno settantuno giorni per ricordarti quanto sono orgogliosa di te." La sua voce si spezza alle ultime parole, ma si riprende in fretta "Quanto ti amo e quanto mi maledica ogni giorno per quello che ti ho fatto. Dopodiché" mi guarda negli occhi "La vita mi avrà ripagata."
Tutto si ferma. Il tempo, il tintinnio dell'orologio, la stretta della mano di Mark nella mia, la sua voce, il mio cuore accelerato, il mio respiro.
I miei demoni iniziano a ridere sommessamente, ed ora me ne rendo conto: non erano qui, nella mia testa, per mia madre. Erano qui per me. Per distruggermi.
Negli ultimi tempi ero riuscita a non pensarci. Credevo che una volta sistemate le cose con mia madre allora loro sarebbero scomparsi, così mi affrettavo a correre nella parte opposta sperando di non doverli più incontrare.
Ma non importa quanto tu possa correre lontano dai tuoi mostri perché questi, alla fine, troveranno sempre il modo per raggiungerti.
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Così si conclude qui la storia "Tell me what I want".
Vi dirò, ero indecisa se terminarla qui o proseguire ma ci ho riflettuto a lungo e, dopo giorni, sono arrivata alla conclusione che questa fosse la scelta migliore tra tutte. C'è un pezzo del mio cuore in questa storia, in Meredith, e credetemi che avrà il suo lieto fine.
Per ora, però, finisce qui.
Grazie a tutti quelli che mi hanno letta, sostenuta e invogliata a proseguire.
Ritornerò a breve, brevissimo, con "I want you".
Per ora, vi saluto così.
Una canzone che può essere un indizio, o forse no.
"Trying hard not to hear
But they talk so loud
Their piercing sounds fill my ears
Try to fill me with doubt
Yet I know that the goal
Is to keep me from falling
But nothing's greater
Than the rush that comes with your embrace"
https://youtu.be/7_weSk0BonM
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