CAPITOLO OTTO

Mi avvio a passo spedito verso la mensa ormai quasi vuota.
Faccio un bel respiro prima di aprire la grande porta anche se so perfettamente che mi hanno notata tutti, dato che è di vetro.

Entro e percepisco immediatamente lo sguardo di Mark misto al furioso e il "ti strappo i capelli", simile a quello di Jane, diciamo. Non appena arrivo, le mie amiche si voltano verso la mia direzione ma capisco subito che lo sguardo non è rivolto a me, ma a quello che c'è alle mie spalle. Fa che non sia lui. Fa che non sia lui. Fa che non sia lui. Ti prego, fa che non sia lui. Mi volto.
Cazzo! E' lui.
Liam entra a passo spedito, si riavvia i capelli dietro mentre si siede accanto a Rob prendendogli il panino. Io resto lì, quasi alla soglia, impalata come se avessi visto un fantasma.

Vorrei chiudere gli occhi e ritrovarmi in Alaska, da sola e senza problemi. Ma niente, sono ancora qui e devo affrontare questa situazione.
Prendo coraggio, e vado a prendere ciò che ne resta del pranzo. Cerco di impiegarci il più tempo possibile ma resta solo una porzione di qualcosa che somiglia alla pappina per bambini insieme ad un'insalata. Quindi, vada per l'insalata.

Sul tavolo, però, già preparato c'è un vassoio pieno dei miei piatti preferiti.
"Ti avevo già preso il pranzo e ti avevo aspettato, ma poi avevo fame ed ho mangiato" mormora Mark mentre si guarda le mani, mi sento una grande stronza. Sorrido in segno di scuse perché non saprei cosa dire e scambio volentieri i due vassoi.
Fingo che mezz'ora fa le mie labbra non fossero sulle labbra di un altro. Che il mio cuore non batteva per un cuore di un altro. Fingo che mezz'ora fa, non volevo qualcun altro.

L'unica cosa positiva è che nessuno chiede il perché della mia assenza... o quella di Liam. Probabilmente sono ormai tutti abituati, dato che l'anno scorso è già successo diverse volte ma Mark... il mio povero ragazzo dai capelli biondi e gli occhi verdi, non ne ha idea del disastro che sono.

"Sei una grande stronza, dopo devi dirmi cos'hai fatto con Liam" bisbiglia Jane al mio orecchio, non rispondo perché è meglio così.

Quando ho terminato - dopo quasi quindici minuti - metà della carne che mi ritrovo nel piatto, mi rassegno al fatto che non ho fame e non posso prolungare questo silenzio ancora a lungo.
Ho sentito Liam che parlava con John e Rob, Sam chiacchierava con Matt e Jessica mentre Candice e Jane sono andate via cinque minuti fa poiché la loro prossima lezione si trova dall'altra parte del campus. Mark è rimasto in silenzio, percepivo i suoi occhi su di me ma sono troppo vigliacca per riuscire a guardarlo negli occhi.

"Dobbiamo parlare" la sua voce è dura e forte, ma non lascia trasparire nulla. Mi sta accanto aspettando che mi alzi e so che glielo devo, non posso sottrarmi.
Pendo la mia borsa e mi reco verso l'uscita con Mark che si ferma nella piccola piazza dopo la mensa.

Non ho il coraggio di avviare la conversazione e non ho idea di cosa pensi che sia successo, quindi aspetto pazientemente che sia lui a dire la prima cosa.
Sono un disastro.

"Eri con Liam, questo lo so. Dov'eri e cosa facevate?" ha gli occhi puntati esattamente nei miei, ma io non ho il coraggio di sostenere il suo sguardo, né tantomeno l'intera conversazione. Mi avvicino ma come accade a me con Liam -eccetto oggi-, Mark si allontana. Ora so come ci si sente. Sento quasi le gambe cedermi, ma mi costringo ad alzare il viso e guardarlo nei suoi stupendi occhi verdi.

Faccio un grande respiro, e provo a spiegarmi."Eravamo al bosco, mi ha solo aiutato con la faccenda di mia madre. Ti prego, credimi Mark." Mi avvicino e questa volta non si allontana, forse ho ancora una speranza. "Sì, di rovinarlo", bisbigliano.

Fissa un punto non chiaro alle mie spalle e dopo qualche istante di silenzio lo sento dire "Ti ha baciata?" Credo di aver sgranato così tanto gli occhi che a momenti li vedrò cadere come palline da ping pong per tutti i gradini che portano all'altra piazza. Resto in silenzio per un secondo, un secondo che provo a sfruttare per considerare tutte le varie conseguenze che ci sarebbero se rispondessi la verità o provassi a mentire.
E la conclusione è che so che lo perderò... indipendentemente da ciò che farò. E allora se comunque sono destinata a vivere senza di lui, voglio che almeno sappia la verità. Questa, verità. Se la merita.

"Sì", se voglio che tra noi funzioni devo essere sincera, anche se questo significa che potrei perderlo. Lo leggo dai suoi occhi quanto è deluso. Vorrei potergli portare via quel dolore che sono esattamente io a causargli, vorrei poter essere diversa, smettere di commettere errori. Ecco perché mia madre mi odia.

Il suo viso è una maschera scura. Non ci sono sentimento. Solo rabbia. La stessa che mi ha accompagnata per anni.
"Non ero in m.." non faccio in tempo a terminare la frase che lo vedo indietreggiare e voltarsi... Mark sta andando via da me, come Liam ha qualche mese fa. Tutti vanno via da me. Tutti.

Quando lo vedo dirigersi verso la mensa, capisco. Più che andare via da me, sta andando da Liam. Ho un attimo di panico ma poi gli corro dietro "Fermati, Mark." Lo vedo camminare a passo ancora più deciso "Stanne fuori, Meredith." Mi toglie di mezzo con una sola mano ma io non mi arrendo e  lo raggiungo posizionandomi esattamente davanti a lui.

"Ti amo, Mark." le mie parole escono veloci, i suoi occhi si sgranano, ho la sua attenzione. "Ti amo ed odio me stessa per quello che è successo. Non accadrà di nuovo, ma ti prego... ti prego, lascialo in pace. Sii arrabbiato con me." Mi sorprendo quando lo vedo prendere il mio viso tra le mani e la sua fronte appoggiata alla mia mentre chiude gli occhi e scuote il capo "Mi stai spezzando il cuore... lo capisci?" Non riesco più a trattenermi, sento gli occhi bruciare e le lacrime che stanno lì per scendere. Lo sto facendo, sto facendo ciò che ho sempre temuto che potesse succedere: sto distruggendo il cuore di Mark. Sto distruggendo l'unica persona che abbia mai voluto nella mia vita. Sapevo che lo avrei fatto, ma non così, non ora.

"Ti prego, perdonami." Sussurro con un filo di voce, è così vicino alle mie labbra che mi permetto di assaporare forse per l'ultima volta il suo respiro fresco sul mio volto.

"Non è ora che devi dire di amarmi, avresti dovuto pensarci prima." Si allontana ma io lo afferro per un braccio, le devo provare tutte! Non posso perdere l'unica cosa che mi abbia mai fatto sentire viva dopo dieci anni.

(CANZONE CONSIGLIATA PER LA LETTURA: EXTREME - MORE THAN WORDS.)

"Meredith, non devi dire di amarmi solo per paura di perdermi, devi dire di amarmi perché lo senti!"urla

"Credimi, Mark." prendo le sue mani e mi avvicino incerta "Credimi." Prova ad allontanarsi ma io non demordo ."Credimi! Lo sento sulla pelle, nelle ossa, nelle carni, negli occhi, nel fegato, nel pancreas, nel cuore e in qualsiasi altra parte del mio corpo, che ti amo! Lo sento in ogni parte di me." Prendo un respiro. "Voglio provarci davvero con te, voglio aprirmi e raccontarti di mia madre, dei miei pensieri e... di me." Occhi negli occhi, verde nel verde. "Voglio raccontarti di me, non avrò più bisogno di nessuno se non di te, ma dammi una possibilità... ti pre.." lo sento tirarmi con forza mentre le sue labbra si posano frettolose sulle mie, la sua lingua entra senza nessun ostacolo nella mia. Eccola ancora quella sensazione di "casa", quella sensazione a cui non voglio più disabituarmi. Non voglio vivere senza lui, mi rifiuto. Non mi sono resa conto di quanto lo amassi, fino a due minuti fa. Fino a quando non stavo per perderlo. Ma io lo amo. Con tutta me stessa.
So che è poco tempo che ci frequentiamo... ma sento di appartenergli molto di più di quanto io stessa potrò mai appartenere a me.

Le su mani sono dappertutto, tra i miei capelli, sulla schiena, le braccia, il cuore, il viso ed io sono convinta che nessun voto alto a qualche esame, nessun paio di scarpe o borsa firmata, nessuna gita con Liam, può comparare quest'attimo.

Solo quando ci prendiamo un attimo per respirare, noto i miei amici e Liam in disparte.
Ora sa cos'ho provato ogni volta che ho desiderato le sue labbra sulle mie ed ero costretta a vederle su quelle di Victoria.

"Non sarà facilem Meredith. Io..." Sospira frustato. "Io ho bisogno di tempo." Gli porto le mani al collo e sorrido-

"Sarò paziente" sussurro. Mi bacia ancora una volta ma so quanto è arrabbiato con me. Me lo merito, meriterei di peggio, a dire il vero. Merito ogni schifezza mi dicano quei mostri che ho in testa, ogni cosa.
A volte sento il bisogno di tornare a com'ero, tornare a quello schifo completo,  a mettere fine al mio dolore nell'unico modo che conosco oltre la musica. Lui non lo sa, ma è la mia salvezza, la mia pace. L'unica cosa che mi fa desistere dal crollare a picco. Non lo capisce, ma è tutto ciò che può salvarmi da me stessa e il terrore di fargli del male è come un coltello infilzato migliaia e migliaia di volte nella mia pelle fatta tutta di lui. Non posso perderlo.

Mark è visibilmente teso, e incazzato, ma si avvia a lezione di chimica mentre io mi incammino verso l'altra parte del campus.
La cosa peggiore è che oltre a chiedermi come stia Mark, è che mi sono girata per l'ennesima volta verso Liam per capire quanto mi odi, perché io mi odio davvero tanto.


***

Le due settimane successive sono trascorse lentamente ma piuttosto bene.
Io e Liam ci siamo incontrati raramente, ho passato il più del mio tempo con Mark o sono stata impegnata con lo studio.
Ammetto che i primi giorni non è stato semplice, avrei voluto mollare, le voci mi ricordavano che sarebbe ugualmente finita... ma non ce l'ho fatta. Sono troppo egoista per lasciarlo andare.
Mark è stato distante, mi ha chiesto di lasciargli un po' di spazio, ma al quarto giorno non ho più resistito e mi sono presentata in camera sua con una pizza gigante e due birre. Mi ha lasciato entrare e dopo aver divorato la pizza, ha iniziato a divorare me. Come se quei tre giorni distanti fossero stati una tortura più che lui, che per me. Pian piano mi sta perdonando, anche se in me è ancora vivido il ricordo del bacio con Liam, delle sue mani su di me... ma questo Mark non deve saperli.

Liam è partito due venerdì fa per far visita a qualche suo parente ed è tornato solo martedì scorso.
Due venerdì fa, quel venerdì in cui è partito, il Professor Thomas ha annunciato chi di noi avesse scritto la relazione migliore riguardo al tema del coraggio. Inutile dire che non riuscivo a crederci, sono rimasta a bocca aperta per circa un minuto al sentir pronunciare quel nome: era Liam. Avrebbe dovuto leggere la relazione, ma lui non c'era. Ha poi rimandato al lunedì successivo ma il professore si è ammalato, quindi la lettura della relazione è saltata a venerdì. Ho impiegato meno di un minuto a capire a cosa -o meglio a chi - si riferisse e ho dovuto fare appello a me stessa per non abbracciarlo.

"Coraggio è un giorno poter dire quanto la desidero e quanto ho combattuto con me stesso per non ammetterlo. Coraggio è guardarla negli occhi e dirle che quell'orribile maglia grigia con quella scritta ridicola le sottolinea il petto bellissimo. Lei è bellissima. Coraggio è un giorno perdonare mio padre, un giorno perdonare me stesso, un giorno dirle quanto la voglio.
Coraggio, è voltarmi verso lei e sentirmi un po' di più alla sua altezza tanto da dirle: mi piaci. Mi piaci da sempre e adoro quel piccolo neo proprio sul labbro, adoro quegli occhi verdi e adoro quando aggrotti la fronte o quando, ingenuamente, da ubriaca - ma anche da sobria - cerchi di prendere il ghiaccio dal bicchiere solo con la solita cannuccia nera. Coraggio è dire: Meredith, ti voglio.
Coraggio è poterle leggere questo e un giorno, magari, essere degno di lei senza andar più via."

Ha scritto. Il mio battito era così accelerato che ho temuto mi sentisse anche mio padre in Texas.
"Coraggio è dire: Meredith, ti voglio" ha scritto. Se avesse saputo cosa avevo scritto io probabilmente avremmo concepito un bambino proprio in quell'istante, invece quel giorno in cui il professor Thomas ha annunciato chi aveva scritto la relazione migliore, sono andata da lui per assicurarmi che non avrebbe mai e poi mai letto ciò che avevo scritto, qualunque cosa avesse scritto Liam.


Sostiene di non avere coraggio e non capisce che invece ha un coraggio disumano: con il padre, con la sua famiglia, con gli amici, gli allenamenti e, soprattutto, ad ammettere di volere una squilibrata come me.
Avevo il cuore a mille e tutto quello che volevo fare era saltargli addosso: un abbraccio. Niente di più. Un puro e semplice abbraccio. Avevo bisogno delle braccia forti di Liam intorno a me che sono fragile. Solo lì ho realizzato davvero quanto penso a noi due insieme, "non c'è nessun noi" gli ho detto quel lunedì, quanto mi sbagliavo.
Ho dovuto distogliere lo sguardo più volte, poiché quasi tutta l'aula al nome "Meredith" si era poi voltata nella mia direzione. Liam inizialmente sembrava in imbarazzo... ma poi, dopo, mi è sembrato piuttosto entusiasta del suo risultato.
Quel giorno, una volta usciti dall'aula, ho cercato di parlargli.

Mi ero rassicurata dicendomi che se gli avessi parlato non sarebbe successo niente di male, ma dovevo risentire la sua voce che si rivolgeva a me e per me e non per John o Rob. "Cosa c'è?" mi ha detto nel tono più calmo che ha. "Grazie" ho risposto semplicemente, ha sorriso e poi è andato via. Sono rimasta lì ferma per almeno dieci minuti. Avrei voluto dirgli quanto fosse coraggioso mentre l'unica codarda in quell'aula, nell'intero campus, nell'intero mondo, sono io. Quel giorno sono tornata in camera mia e non ho risposto al cellulare, avevo scritto un messaggio a Mark dicendo che non mi sentivo bene: ho poi ottenuto l'effetto contrario. Me lo sono ritrovata in camera insieme a tutti gli altri, eccetto Liam. Probabilmente per evitare lo sguardo di Mark o una probabile rissa nel dormitorio delle ragazze.

"So della lezione di oggi" ha iniziato quando siamo rimasti soli, sapevo che sapeva ma questo non lo rendeva meno imbarazzante.
"Io non c'entro nulla" ho risposto in fretta, come se cercassi di convincere più me stessa che lui.
"Lo so, piccola"ha risposto baciandomi la fronte "Ma non riesco a convivere con questa cosa, mi fa... impazzire sapere che un altro ti vuole. Tu sei solo mia", mi ha detto. "Sono solo tua", ho sussurrato. Non sono neanche di me stessa e dico al mio fidanzato di essere sua. Come può possedere qualcosa che non esiste? Esisto appena.

Quella sera Liam mi ha scritto "Come stai? Dobbiamo parlare, non domani perché devo tornare a casa, ma lunedì", non ho risposto.
Domenica sera Liam mi ha riscritto per ricordarmi della nostra chiacchierata che avremmo il giorno seguente, questo lunedì, ho risposto solo con un "ok". Ma quel giorno ho rivisto lui con Victoria, lei agitava le mani, probabilmente era arrabbiata, e allora ho girato sui tacchi e sono andata in camera di Mark ed ho spento il cellulare. Alla sera, quando ci siamo visti tutti insieme per la pizza, ho evitato il suo sguardo.

I giorni successivi ho ricevuto qualche messaggio di Liam, ma li ho cancellati tutti prima che la mia parte irrazionale li leggesse. Non l'ho rivisto perché mercoledì ho saltato arte e a pranzo sono riuscita a trovare qualche scusa, nel pomeriggio mi ritrovavo sempre in camera di Mark sapendo che lì non mi avrebbe cercata dato che martedì si è presentato alla mia porta.
"Non è qui, Liam. Va via" ha detto Jane mentre mi guardava sott'occhio, l'ho ringraziata con un sorriso di scuse e sono tornata a studiare.

Oggi è venerdì e non ho potuto saltare scrittura creativa: ciò significa rivedere Liam.
Ho passato quasi mezz'ora a decidere cosa indossare, ma niente: ogni cosa sembra troppo poco o troppo troppo. Poi ho optato per dei Jeans attillati e una camicetta nera con i miei stivaletti bassi. So che fa un po' più freddo e quindi ho deciso che metterò un cardigan.
Ho lasciato i capelli ricadere morbidi sulle spalle e, dopo una sigaretta con Candice, Matt e Jessica che ci aspettava con Sam come se scoppiassero entrambi per dover fare pipì, ho capito che era ora di entrare in aula.

Liam era seduto al suo solito posto, cioè accanto al mio, il che mi ha sorpreso dato che l'ultima volta aveva optato per un posto più in là da me.

"Ciao" mi ha detto nel momento stesso in cui stavo per sedermi, gli ho sorriso senza guardarlo davvero e sono stata salva grazie al professor Thomas che ha iniziato giusto in tempo la lezione. Oggi non ci ha assegnato nessun tipo di relazione, ma ha parlato dei sentimenti e di quanto - molto spesso - ce li teniamo dentro. "Ottimo tempismo" ho mormorato tra me e me.

Adesso che è finalmente terminata la lezione, caccio un sospiro di sollievo ma quando Sam, Jessica ed io ci avviamo verso l'uscita sento una mano calda bloccarmi.

Vorrei non saper riconoscere quel tocco, ma ho desiderato per così tanto tempo le sue mani che nel momento stesso in cui mi hanno toccata mesi fa, ho impresso la sensazione nella mente per poterla vivere e rivivere all'infinito.

Mi volto con lo sguardo basso e vedo che l'altra mano di Liam è stretta in un pugno. "Dobbiamo parlare" mi costringo a guardarlo.
I suoi occhi sono esattamente come li ho lasciati l'ultima volta: azzurri come il mare. Perfetti. Limpidi.
Ha lasciato un po' di barba sul viso, quella barba scura in perfetto contrasto con quel mare che si porta dietro.

Noto che serra la mascella e non sorride, non lascia trapelare una sola emozione se non il fatto che è contrariato.

"Non ora, sono impegnata" mi affretto a dire, mi volto e mi rendo conto che in realtà siamo rimasti solo noi due in aula, tutti gli altri sono andati via e con loro anche i miei amici. Sono ancora voltata, ma non accenno ad andar via.

Lo sento sospirare e dopo un attimo di esitazione, la sua voce riprende a torturarmi. "Ti prego, Meredith... dimmi almeno perché non sei più venuta lunedì. Dimmelo e non ti darò più fastidio" la sua voce è decisa, molto di più di quella che sarà la mia.

Serro i pugni e poi mi volto. Vuole sapere il motivo? E allora gli dirò il motivo.

"Ti ho visto con Victoria. Tu sei destinato a lei ed io a Mark. Fine della storia, sei contento?" la mia voce è quasi un lamento e avverto la solita sensazione del bruciore agli occhi, mi sembra di ripetere quel giorno di marzo dello scorso anno.
"Non so cosa ti aspettassi da me, Meredith" mi disse, e mi sentii così stupida ad aver sperato in noi. Scaccio via i pensieri negativi perché per ora, ne ho già abbastanza.

"Nono, cazzo no, Meredith." Fa un passo ed è subito di fronte a me "Le era arrivata voce di ciò che avevo scritto nella mia relazione, voleva solo delle spiegazioni. Tutto qui. Io stavo aspettando te, io aspetto te... sempre" lo sento avvicinarsi e posare la mano sulla mia guancia e mi sorprendo di me stessa quando lascio che il mio volto si lasci cullare dal suo tocco deciso ma dolcissimo.
Vorrei spegnere la mia testa.

"Sono confusa" ammetto e sono soddisfatta di aver esposto a Liam cosa sento, senza rimuginarci troppo. Lo so che questo riaccende in lui la speranza, lo noto dal fatto che spalanca gli occhi e mi prende il volto tra le mani, c'è qualcosa di diverso nel suo sguardo, c'è... voglia di vivermi. La speranza, di vivermi. Quella che lui a marzo ha spazzato via, quella che perderò se perdo Mark.

"Non c'è problema, prenditi il tuo tempo. Sarò qui anche se mi volessi tra dieci anni" sento quasi rivoltarsi lo stomaco. Non posso fare questo a Mark, mi aveva finalmente perdonata ed io sono qui a dire di essere confusa. Che razza di problemi ho? Sento ancora una volta i miei demoni darsi il cinque, quasi li sento gioire nella mia testa.

Al rumore della porta che si apre ritraiamo entrambi le nostre mani per istinto, consapevoli di fare qualcosa di estremamente sbagliato. Stavamo solo parlando eppure mi sento come se gli avessi appena sventolato le mie tette sotto il naso. Mi sento ancora peggio quando vedo Liam serrare i pugni e al pensiero del guaio che potrei affrontare quando vedrò l'inevitabile volto che mi aspetto, una volta che mi sarò voltata. E non mi sbagliavo, è Mark.

"Cosa ci fai qui?" una voce calma riempie la stanza, così calma che mi fa credere per un istante che forse, magari, è solo un terribile sogno.


"Niente" la mia voce è così bassa che a stento riesco a sentirmi io stessa. Distolgo lo sguardo da quello di Liam che si avvia verso la porta, per fortuna.


"Ci vediamo Meredith, e pensa a cosa ti ho detto" avverto la sua voce forte che risuona in tutta la stanza, ma non mi volto. Mi stupisco del fatto che non si sia scaraventato contro Mark ma quando sento pronunciare da lui le parole "stalle lontana", capisco che non finirà bene. Invece, con mia immensa sorpresa, Liam si allontana accompagnandosi da una sottile risata amara scuotendo il capo.
Non capisco come e perché Mark non gli abbia ancora fatto il culo, conoscendolo. Non capisco per quale motivo si contenga.

Sospiro al pensiero di dovergli di nuovo delle spiegazioni e per il fatto che, purtroppo, non ce ne sono!
Chiude gli occhi e resta così. Non so per quanto, ma dopo vari secondi inizio a temere che si sia addormentato lì perché giuro, anche il respiro sembrava essersi fermato. Ma quando lo vedo serrare la mascella e aprire gli occhi, capisco che sono nei guai. Ma almeno è vivo.


"Scusami" riesco a dire, e lo penso davvero, non so per cosa precisamente, se è per ciò che ho detto poco fa, se è perché avevo accettato di vedere Liam per parlare, per tutto. Per come sono io, probabilmente. La cosa migliore che potrei fare per Mark è scomparire. Lasciargli vivere la sua vita senza i miei problemi.


"Per cosa? Cazzo, ti ha baciata di nuovo" la voce alta di Mark mi risveglia subito ed io mi affretto a rispondere "No, assolutamente no, Mark."

"E allora per cosa ti scusi? Cosa ti ha detto, su cosa devi pensare? Dimmi la verità, Meredith" leggo nei suoi occhi la disperazione e odio me stessa perché sono assolutamente consapevole che sono io a causargliela.
Si porta le mani tra i capelli e poi sospira pesantemente mentre io resto lì, ferma, immobile. Faccio schifo.

"Niente, su noi" so che gliele devo, merita la mia sincerità e merita qualcuno migliore di me, qualcuno che possa amarlo davvero, senza limiti, ma sono troppo orgogliosa per tirare questa cosa in ballo in questo momento.

"Quanto è ridicolo" ride, ride di gusto al pensiero di ciò che Liam ha detto. Solo quando vede la mia serietà dipinta in faccia capisce che non sto scherzando e che lo farò. D'un tratto diventa serio "Lo farai, vero? Ci penserai?"non rispondo. "Porca puttana, come puoi dire di amarmi se poi ci penserai?" per la prima volta lo sento urlare e non per una partita di football finita male, e non perché Sam lascia i calzini sporchi nel suo cassetto, urla a me perché l'ho deluso, ancora una volta, nonostante gli avessi promesso che non sarebbe più successo. Urla alla persona che aveva confessato di amarlo e che ora gli sta spezzando il cuore.
Non riesco a rispondere ma ho gli occhi lucidi, mi bruciano per le lacrime che trattengo e nonostante questo... provo a non farlo.

"Devi scegliere" lo sento dire dopo poco "ora", aggiunge. Cammina avanti e indietro mentre io mi tormento le mani e mantengo lo sguardo basso. Non sono pronta a questa conversazione, non sono pronta ad ammettere cosa provo per Liam e cosa provo per Mark , non sono pronta a mettere a confronto i due sentimenti per poi scegliere. Non sono pronta, non ora. Troppe cose insieme e mi sembra di impazzire, ho bisogno di tempo, ho bisogno di giorni, - o ancora meglio - settimane. Mesi, forse. Anche una vita intera.

Scegliere comporta il dover perdere inevitabilmente uno dei due, ed io sono pronta a scegliere? La risposta è semplice: no. Non sono pronta neanche al bar dopo mezz'ora passata a riguardarmi quel misero menù, non sono pronta quando mi sveglio un'ora prima del solito - per fare prima – e poi esco da camera sempre con venti minuti di ritardo. Non ero pronta a rispondere al cellulare quando mia madre ha telefonato quest'estate e non sono pronta neanche a rispondere alle dieci e-mail seguenti  inviate in momenti diversi, come posso essere pronta a scegliere tra Liam e Mark in un istante soltanto?
Mi porto le mani alle tempie e faccio un lungo respiro.

 "Non ci riesco" ammetto alla fine. Sto provando ad essere la persona più sincera che ci sia, ma so che continuerò ad omettere sempre un piccolo particolare, qualcosa che sfugge, qualcosa che non ho il coraggio di afferrare. L'hai afferrato eccome, tu non sei alla sua altezza. Devi lasciarlo andare e far sì che si goda la propria vita. Urlano i maledetti, e vorrei mettermi ad urlare anch'io.

Ecco, adesso lo so. So cos'è il coraggio. Il coraggio è ammettere per una volta cosa voglio senza pentirmene il secondo successivo.

Adoro Mark, adoro il fatto che mi aspetta per pranzare, che ha sempre una parolina amara per tutti eccetto che per me. Adoro i suoi occhi verdi e adoro quando mi bacia come se non ci fosse un domani. Adoro le parole dolci che mi riserva ogni giorno e adoro il fatto che riesca a farmi sentire speciale e il fatto che con lui i miei demoni quasi scompaiono.
Ed è esattamente questo il problema: è troppo per me. Io non lo merito. Non merito un ragazzo così perfetto se io per prima non lo sono. Non raggiungerò mai la sua perfezione e non posso contaminarlo con il mio schifo. Pyima o poi ci lasceremo e sarà sicuramente per qualcosa che avrò fatto io.

Liam è stronzo, è stronzo e non cambia neanche con me, tralasciando quel giorno al bosco.  Liam sa sempre come innervosirmi ma sa sempre cosa dire per calmarmi. Sa come zittire i miei demoni e come riaccenderli il secondo dopo, mi ascolta parlare per ore di cose che non importa a nessuno. Liam mi ha aiutata a rialzarmi quando stavo cadendo un'ennesima volta, mi ha fatto sentire speciale e bellissima anche quando avevo il viso macchiato dal pianto.
Sarò sincera con me stessa, lo scorso anno ho desiderato che Liam potesse volere me, che a Victoria preferisse me anche se non sono neanche lontanamente paragonabile a lei. Ho sperato che quella canzone fosse per me, per noi. Ho desiderato che volesse baciarmi ogni qual volta mi sporgevo - di proposito - un po' troppo, ho desiderato che mi volesse. Ora che mi vuole, sento che forse manca qualcosa. Forse era solo nella mia testa, forse me lo sono immaginata io di provare tutte queste cose perché proprio no, non riesco a figurarmi Liam a cena con mio padre che parlano di Football. Eppure sento che mi lega qualcosa a Liam, un filo invisibile che in un modo o nell'altro mi porta a lui. Come se ad ogni passo fatto da me, tirasse inevitabilmente anche lui nella mia direzione e viceversa. Ma più che due fili che si toccano, sembra che siamo due linee parallele destinate ad andare nella stessa direzione senza mai incontrarsi.

Mark porta le mani nelle tasche e dopo un momento di esitazione pronuncia le parole che ho sempre saputo che un giorno avrei sentito.
"Ti facilito la scelta" annuncia freddo, i suoi occhi nei miei. "E' finita."
Sono immobile, non riesco a dire nulla, non riesco a muovermi e quasi neanche a pensare. Non riuscirei neanche a respirare se il cervello non ricordasse ai polmoni di farlo.
Mi guarda per qualche secondo, cerca da me risposte, un segno che urli "Ti amo, non andare via" ma quando capisce che dalle mie labbra non uscirà nessuna parola, scuote il capo e va via. Sussulto quando sento sbattere la porta con violenza.
Mi sento quasi mancare l'aria.

Ecco cos'è Mark per me: aria. Aria che inalavo ogni santo giorno dalla fine di agosto, aria che mi serviva a non impazzire. Tutto quel tempo speso ad essere quantomeno apprezzabile è stato spazzato via. Io l'ho spazzato via, ho spazzato via le nostre speranze e il suo amore. Mark mi ama ed io non riesco a scegliere anche se la scelta è semplicissima. Basterebbe essere più forte, più vera, più coraggiosa. Basterebbe combattere per davvero.
E adesso capisco: ho rovinato l'unica cosa buona che avessi mai potuto avere nella mia vita. Ho rovinato noi, perché tra noi c'era davvero un "noi". Ho rovinato l'unica mia speranza di poter vivere tranquilla e non dico senza, ma almeno lontano dalle mie paure.
Ma prima o poi sarebbe successo. Lui merita di più. Di più di me o di qualsiasi persona che io abbia mai conosciuto. Ma non sono io. Non io con i miei problemi, i mie demoni che continuano a tormentarmi. E' la cosa migliore che potesse succedergli: correre via da me.

Sento tremare le gambe, ho il cuore a pezzi e la cosa peggiore è che sono stata io a spezzarlo ad entrambi. Mi odio.
Solo quando sono a terra con le ginocchia raccolte a petto mi rendo conto che sto piangendo, ho rovinato tutto, ancora una volta.


Mia madre aveva ragione: non sono buona a nulla.

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