𝚕𝚒𝚎 𝚊𝚗𝚍 𝚌𝚑𝚎𝚊𝚝 𝚠𝚑𝚒𝚕𝚎 𝚒𝚗𝚜𝚒𝚍𝚎 𝚝𝚑𝚎 𝚜𝚑𝚎𝚎𝚝𝚜

[she/her]

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Le persone si spostano.

Quando passiamo, le persone si spostano.

Me ne rendo conto la terza, forse la quarta volta che vedo spalle spostarsi per allontanarsi da noi, che le persone si spostano.

Tu procedi con i fianchi che ondeggiano, le gambe che si susseguono una dietro l'altra nel movimento ipnotico dei tacchi che sbattono contro il pavimento, non ti guardi attorno, non chiedi scusa.

Io ti seguo.

E le persone... le persone si spostano.

Credo sia per me.

Non perché sono importante, non perché sia intelligente o conosciuto o chissà cos'altro, quelle sono cose vere, ma non il vero motivo di quello che sta accadendo.

Si spostano...

Perché percepiscono noi due, percepiscono la tua luce che brilla, la tua sensualità, la tua bellezza, tutta racchiusa in quel corpicino così esile, e percepiscono me, che sono alto, che svetto su chiunque, ad un paio di centimetri dalla tua schiena, che chiudo la visuale su noi due rendendoci una cosa sola, più che due persone separate.

Tu sfili fra la gente.

Io faccio il vuoto, con le mie spalle larghe e la mia naturale autorità.

È come se fossimo intoccabili.

Come se fossimo spaventosi, impressionanti, come se tutti capissero che siamo una bomba a orologeria che procede in mezzo alla gente.

Vedono te, che sei la luce, che sei la perfezione della tua bellezza.

E poi vedono me, calato come un'ombra sulla tua statura così minuta, che torreggio sul resto del mondo per dirgli di allontanarsi, che stai passando tu, che non meritano la tua presenza e pertanto devono levarsi di mezzo.

È tutto finito, vero?

È tutto finito.

Le bugie, i segreti, i sotterfugi.

Sta per finire tutto.

E sai cosa?

Sono... sono felice. I nervi sulla mia schiena sono sciolti, la tensione di doverti mantenere nascosta è scomparsa, mi sembra di tornare alla luce del Sole dopo mesi, e di ricordarmi quanto piacevole sia il suo specchiarsi sulla mia pelle.

Ora siamo noi.

Solo noi.

Solo noi com'è sempre stato da quando siamo diventati un "noi".

"A tutti i traditori manca il tradimento, tradiranno anche le persone con cui hanno tradito".

No, non è così.

Non lo è.

Non per me.

Guardo le tue spalle che si muovono, i tuoi fianchi che un minuto fa tenevo stretti fra le mani, il retro dei tuoi capelli chiari e perfettamente tagliati che ondeggia ad ogni passo.

Non sei un tradimento, per me, Kenma.

Sei un ritorno.

Sei un destino che si compie.

Sei...

È tutto finito, vero?

Quindi posso...

Allungo una mano verso la sua vita, verso di lei, la lego al suo fianco, passo il pollice sul tessuto increspato e trasparente del suo vestito.

Non è colpa mia se mi sono innamorato.

Non è nemmeno colpa tua.

È colpa della divinità che ti ha fatta così.

Di chi ha pensato che fosse geniale mettere il veleno e il miele dentro le tue vene, di chi ha deciso di comporti ed estenderti nella meraviglia che sei, di chi ti ha presa e plasmata per essere tutto quello che ho sempre voluto e sempre cercato.

Non potevo fare altro.

Non c'era modo, per me, di scappare da questo destino.

Non tenterò di spiegarlo a Mae e anche volessi, non lo capirebbe, lo so. Lei vedrà i fatti, le cose che sono successe, niente di più. Lei guarderà noi e vedrà un trentaseienne viscido sedotto da una ragazzina seducente e allusiva, null'altro.

Ma noi siamo ben più di questo.

Molto, molto di più.

Siamo fatti per stare assieme, Kenma. In ogni luogo, in ogni universo, in ogni linea temporale. In ogni caso, in ogni storia, in ogni destino.

Che questo debba essere così contorto, non è mai stato un problema.

Perché io e te saremo io e te a prescindere da quanto potrei perdere stasera, e non rimpiangerò mai, mai, mai nella vita di essere caduto nella tua trappola.

Vorrei affondare il viso fra i capelli sulla tua nuca, baciarti, annusare il tuo profumo. Vorrei stringerti una volta ancora, non m'importa come, non m'importa dove, vorrei poter essere sempre dentro di te, vorrei sentirmi bene come mi sento solo in quel caso, quando siamo solo io e te, io e te e nient'altro.

"Non ho niente se non ci sei tu", è così che mi ha detto prima, no?

Credi che per me sia diverso?

Potranno esserci il mio lavoro, i miei amici, la mia mente geniale, i miei talenti. Potranno esserci tutte le cose che in trentasei anni di vita ho costruito per nascondermi da me stesso, Kenma.

Ma alla fine si riduce tutto a te.

Posso trovarne un altro, di lavoro, posso tenere questo. Posso perdere i miei amici, posso essere così insopportabile da far diventare il mio genio qualcosa che le persone detestano, posso cambiare tutto, modificare, ricostruire, riadattare.

L'unica cosa che non posso spostare dalla posizione in cui è, sei tu.

Tu no.

Tu rimani dove sei.

Tu non ti muovi di un millimetro, tu rimani, stai là, dove ti ho messa.

Kenma, oh, Kenma.

Amo tutto di te.

Amo il tuo corpo, amo la tua voce e il tuo profumo, amo quello che fai con il tuo corpo e come lo fai, amo il sesso ma amo anche averti rannicchiata addosso che dormi, amo il modo in cui lo usi per sedurmi ogni volta ma anche quello in cui me lo affidi perché me ne prenda cura.

Amo il tuo carattere.

Lo amo perché...

Mi fa sentire meraviglioso.

Kenma, col veleno intessuto nelle fibre del suo corpo, malefica, insopportabile, egoista, infantile, capricciosa, fastidiosa, sboccata, volgare, tagliente, cattiva.

Con chi non si merita la tua dolcezza, sei così, vero?

E chi è, che se la merita, la tua dolcezza?

Io.

Io me la merito.

Solo io.

Solo io mi merito le lacrime, le mani che tremano e il viso intristito, solo io il tuo corpo rilassato seduto sul mio mentre cerchi di prendere sonno, solo io le tue idee, la tua mente, i tuoi interessi.

Siamo perfetti, assieme.

Lo siamo.

Perché il mondo non capirà mai chi siamo, ma poco c'importa che il mondo lo faccia, finché troviamo negli occhi uno dell'altra quella comprensione che ci siamo sempre meritati.

Sento un sorriso disegnarsi sul mio volto quando le persone si spostano ancora di fronte a Kenma che non rallenta e non guarda in faccia nessuno.

Fa paura, eh?

È spaventosa.

C'è così tanto, dentro di lei, che...

– Non la vedo, Tetsurō, tu che sei tanto alto la riesci a vedere? –

– Mae? –

– No, mia sorella. –

Rido appena, le arruffo i capelli meritandomi un "non rovinarmi la piega" e mi guardo attorno.

No, non la vedo.

Non ho idea di dove sia.

Forse...

– La chiamo, che dici? –

– Ma così non c'è gusto. –

– In che senso? –

Si gira verso di me.

Non si spalma sul mio corpo ma mi risistema la giacca con le mani, prima di passare le dita aperte sul tessuto per un secondo, come in trance.

– Volevo andare là e dirle "ciao, Maeko, mi faccio tuo marito", solo che se si aspetta di vedermi non ha lo stesso effetto. –

– Sul serio? –

Sorride.

– Sono ancora indecisa, in effetti. Pensavo anche a "lo sai perché tuo marito non ti scopa da due mesi? Perché mentre sei a casa che lo aspetti lui sta scopando me e quando torna non ha più voglia". –

– Kenma, mi sembra un po' eccessivo. –

Stringe lo sguardo.

– Non è eccessivo, è vero. Abbiamo parlato un attimo fa di come mi faccia sentire essere contraddetta da te, Tetsurō. –

Addolcisco la mia espressione.

– Kenma, ascoltami. –

Mi rivolge gli occhi.

– Il fatto che io ti dica di andarci il più piano possibile con Mae non vuol dire che non ti ami, che tu non sia tutto quello che voglio e che tornerò da lei. Siamo stati insieme dieci anni, credo di doverle quantomeno un trattamento rispettoso. –

Fa il broncio.

Increspa le labbra e stringe le braccia.

– Odio quando fai il ragionevole. –

– Amo che tu non sappia esserlo. –

Mi avvicino a lei di mezzo passo per tenere i nostri corpi a contatto, per farle sentire che ci sono, che sono qui con lei.

– E se se la prende con me? Che fai? Cerchi di essere rispettoso? Preferisci essere rispettoso con lei invece di... –

– No, no, assolutamente no. Tu sei la mia priorità. Lo sai che lo sei. –

Il broncio inizia a sciogliersi. Prova a non cedere, ma i bordi delle sue labbra salgono da soli.

– Questa è una cosa che direbbe un padre, Tetsurō. –

– È per quello che ti piace così tanto. –

Stringe le gambe, alza gli occhi al cielo.

– Usare i miei daddy issues contro di me è scorretto. –

– Sicura? –

Mi sporgo appena appena verso di lei. Non posso baciarla, non ora, non così, ma posso farla sentire un po' in trappola e un po' messa all'angolo, e so che le piace quando la sovrasto col mio corpo.

Mi guarda dal basso, si morde l'interno della bocca.

– Appena finiamo questa cosa andiamo a casa e mi dici altre cose che direbbe un padre mentre facciamo sesso, ok? –

Rido piano.

– Ok. –

Mi guarda un'ultima volta, mi sorride definitivamente, poi io mi rimetto su e le si gira di nuovo dandomi le spalle, alla ricerca, di nuovo, di Mae.

Scomparsa.

Chissà dov'è?

Non doveva cercarmi?

Chissà dove cazzo è finita.

Prendo il telefono dalla tasca dei pantaloni, quando lo sblocco la prima cosa che mi si presenta è la foto aperta di prima. La squadro e passo il telefono a Kenma per renderla partecipe.

– Vuoi davvero mettere questa foto come salvaschermo? –

Certo, è una bella foto e io sono...

Ok, senza fingere modestia che non ho. Sono bello, col mio completo, i miei capelli scuri e gli occhi che sembrano d'oro inquadrato dal basso con le gambe di Kenma attorcigliate attorno alla vita, sono molto bello.

– Assolutamente. Non ti piace? –

– Per carità, sono venuto bene, ma magari è un po'... –

– È perfetta, non lagnarti. Chiama tua moglie, invece. – taglia corto, girando di nuovo il viso verso le persone e ricominciando a guardare fra la folla.

Fa un po' ridere.

Non la vedo io, che spunto da sopra le teste degli altri, figurati Kenma che manco arriva alla statura media di una persona adulta.

Scaccio il pensiero, apro i contatti, cerco Mae.

La chiamo.

Appoggio il telefono all'orecchio e lo ascolto squillare.

Kenma mi si appoggia addosso, le scapole che mi arrivano appena sotto lo sterno, reprimo l'istinto di circondarla con un braccio e baciarle la fronte.

Non ci mette molto a rispondere, Mae.

Un paio di istanti.

– Tetsu? Dove sei? –

Prendo fiato.

Non sono... infelice o ansioso, niente di tutto ciò. È che so che sto per cambiare la vita di Mae per sempre, per questo ho una strana sensazione in corpo.

– Mae, esci. Ci vediamo fuori, di fronte all'entrata. Devo dirti una cosa. –

– Eh? –

Deglutisco la saliva.

– Davanti alla scalinata. –

– Ma cosa devi dirmi? Che è quel tono, Tetsurō? –

– Mae, davanti alla scalinata. Fa' in fretta, prima arrivi prima ci togliamo il pensiero. –

– Tetsu, mi stai spaventando. –

È stranita, immagino che lo sia, confusa. Lo so che sei confusa, lo so, però...

– Ci vediamo là. –

– Tetsurō che cosa stai... –

Chiudo la telefonata.

Se fossi rimasto un attimo di più so che le avrei detto di "non preoccuparsi" e di "star tranquilla", ma deve preoccuparsi e non deve stare tranquilla, non volevo mentirle.

Non volevo che pensasse che va tutto bene perché non va tutto bene, non andrà tutto bene, anzi.

Sono stato insensibile?

Non lo so.

Ho solo cercato di...

Kenma mi prende la mano da dietro e ricomincia a camminare, diretta, questa volta, ad un posto ben preciso. Ha il passo più svelto, le anche che ondeggiano un po' di meno, ma le persone continuano a spostarsi e io continuo a guardarla, sempre più lontano ogni passo che fa dall'idea di quello che stiamo facendo, con la stessa nebbia nella testa che mi ha messo dalla prima volta che l'ho vista, confuso, decisamente confuso, ma altrettanto felice.

Ci guardano.

Le nostre mani collegate, la sua postura.

Ci guardano e riconosco delle persone che sanno chi sono

Sorrido, quando vedo i loro occhi incollarsi a me.

Sono felice.

Così felice.

Non potete capire quanto io sia felice, quanto...

Ci sono così tante cose a cui dovrei pensare. Al fatto che io Mae viviamo assieme, al fatto che siamo sposati, a tutte le cose che dovrò fare per rimettere a posto la situazione, a cosa succederà e come, al fatto che potrei avere problemi a lavoro, a...

Non m'importa.

Ora non m'importa più.

L'unica cosa che mi chiedo è perché non l'abbia fatto prima.

Sono tutte cose materiali, quelle, tutte stronzate inutili che in un modo o nell'altro posso risolvere, tutte cose molto meno importanti di Kenma, di quanto io amo Kenma, di quanto voglio vivere la mia vita con lei.

Dovrei pensare a tutt'altro.

Ma penso solo a come sarà bello svegliarmi con lei tutte le mattine, toccarla e baciarla quando voglio, darle la mano in pubblico, amarla come merita di essere amata.

Arriviamo alle scale in un attimo, mi si avvita al braccio come quando siamo scesi per salire, ma non procede come una sfilata, come l'entrata in scena di qualche star, ora, rimane aggrappata e sale gli scalini in silenzio, con un sorriso grande quanto la città intera stampato in volto.

Pensi a questo?

Pensi a questo anche tu?

A come sarà bello tornare a casa assieme, dormire abbracciati, fare sesso fino all'ora che ci va e poterci marchiare a fondo, che tanto nessuno deve vederci? Come sarà bello vederti coi miei vestiti addosso tutto il tempo che vuoi, come sarà...

Saliamo l'ultimo scalino nel silenzio tombale della sera.

Saranno le dieci, forse più, forse meno, e se prima brulicava di persone, questo posto, ora è vuoto. Credo siano tutti dentro, logicamente so che è così, ma l'atmosfera così vuota, così assente, mi ricorda nell'istinto un po' una...

Una tempesta.

La quiete prima, per l'esattezza.

Sospesa, eterea e notturna.

Chissà che cosa sta per succedere.

Chissà che cosa...

– Non è ancora arrivata. –

– Dalle un minuto, noi eravamo vicini all'uscita. –

– Voglio che questa cosa finisca il prima possibile. –

– Anche io. –

Mi si appoggia contro il fianco, strofina la fronte contro la mia spalla, sembra far le fusa come un gatto. Che bella, che bella, sei così... così...

– Tetsurō, me la togli una curiosità? –

Alzo un braccio per accarezzarle i capelli.

– Dimmi. –

– Tu, lei, l'hai mai... amata? Ho capito che ora non la ami, ma prima... –

Prendo fiato con calma.

– È un po' complicato, in realtà. –

– Me lo spieghi? –

– Certo, tutto quello che vuoi. –

Mi sporgo per appoggiarle le labbra sulla fronte, poi mi stacco, ricomincio ad accarezzarle i capelli.

– Non per tutti è facile come lo è per te vedere... la persona che sono davvero, Kenma. Sai, sono sempre stato così, ma ho anche sempre fatto finta di non esserlo. –

– Così come? –

– Un pazzo narcisista egocentrico che crede che il mondo gli ruoti attorno. –

Apre gli occhi e mi guarda.

– Ho provato così tanto a far finta di essere un'altra persona che sono arrivato a crederci, ad un certo punto della mia vita. Sono stato un altro Tetsurō per anni. Quindi la risposta è che no, io non l'ho mai amata, ma Tetsurō l'altro, quello che alle persone piace, lui sì, l'ha amata. –

– E quale Tetsurō preferisci essere? –

Sorrido, sorrido verso il suo viso così dolce.

– Il tuo, Kenma. –

Sorride di rimando, si adagia meglio, borbotta qualcosa che non capisco, vedo gli occhi che le brillano, l'espressione che si dipinge in una tonalità più gioiosa di quella di prima.

– Posso fartela anch'io una domanda? –

– Sì, certo. –

– Se non avessi avuto trentasei anni e se non fossi stato sposato saresti comunque stata attratta da me? –

Sbatte le palpebre, lei e le sue ciglia lunghe, poi annuisce piano.

– Se me l'avessi chiesto all'inizio ti avrei detto di no. Due mesi fa l'unica cosa che mi importava è che fossi bello, che mi facessi sentire come l'unica al mondo, che fossi disposto a distruggere la tua vita per me e che fossi molto più grande di me. Ora che però so chi sei... –

Mi stringe più forte addosso.

– Sono convinta che ci sia qualcosa di davvero giusto, anche se è tutto sbagliato, non so se mi spiego. Lo so che io sono cattiva e che quello che tu hai fatto non è corretto, lo so, però... è anche giusto. E non dipende né da quanti anni hai né dal fatto che tu sia sposato, dipende dal fatto che tu sia come sei, e come sei mi piace tanto.  –

Ride piano.

– Poi sei alto. Il fatto che tu sia alto mi avrebbe fatto sbavare in qualsiasi universo, Tetsurō, ho un po' un kink per la differenza di corporatura fra me e il mio partner e non mi sarei mai lasciata scappare due metri e tre di scienziato, lasciamelo dire. –

– Sei tremenda. –

– Colpevole. –

Ridiamo assieme, giusto per un attimo, poi butto un occhio alla scala, non vedo nessuno, mi chino a baciarla.

Non è uno dei nostri soliti baci, quelli caldi e passionali pieni di movimento e saliva e lingue che s'intrecciano e corpi che si muovono su altri corpi, no, è dolce, delicato.

Le do un bacetto e basta.

– Ti amo, Kenma. –

– Anch'io ti amo, Tetsurō. –

Ci guardiamo per un istante, respiriamo la stessa aria, rimaniamo sospesi nella notte che ci avvolge e ci amiamo, così, giusto per un po', prima di rovinare chiunque il nostro amore abbia rovinato.

Che poi non mi sento neanche più in colpa.

Davvero, non mi sento...

Io ti amo, Kenma.

La scelta era privarmi di te o tradire.

Che altro avrei dovuto fare?

Chi avrebbe fatto qualcos'altro?

Chi avrebbe scelto la sofferenza, la solitudine, il dolore e il grigiore del mondo contro la gioia che solo tu mi puoi dare?

Io sono una persona di merda.

Ma lo sono poi così tanto?

Alla fine ho solo scelto quello che mi rendeva felice. Tu, tu mi rendi felice, tu mi rendi euforico, tu mi dai tutto quello che voglio, tu sei la mia casa, sei tutto quello che ho sempre desiderato, sei...

Oh, Kenma.

Non m'interessa più niente.

Non lo fa.

Ti amo, ti amo tanto.

Questo è tutto quello che ora conta per me.

Tutto quello che...

Sentiamo i passi.

I passi sugli scalini, i tacchi di Mae che fanno un rumore ritmico e affrettato sul marmo, uno dopo l'altro, uno dopo l'altro.

Non mi sale l'ansia.

Non mi viene da piangere, da urlare, non ho l'istinto di fuggire.

Sono calmo.

Penso solo...

"Finalmente".

Guardo negli occhi mia moglie, la donna con cui ho condiviso quasi un terzo della mia vita e penso "finalmente", "finalmente è finita", e mi rendo conto di quanto le cose cambino, quanto in fretta e quanto inaspettatamente.

Mi ricordo il nostro matrimonio, Mae.

Mi ricordo che mi aveva commosso vederti col vestito bianco che avevi scelto, che avevo pensato fossi bellissima, che quello fosse il giorno più bello della mia vita, che ti avrei amata per sempre.

Mi ricordo quando ci siamo messi insieme, quando avevo dieci anni meno di adesso e uscivamo con gli altri a bere e ti guardavo sotto le luci psichedeliche dei locali pensando che sarei voluto rimanere con te per sempre, ricordo il primo lavoro, la prima promozione, le lauree a cui sei venuta, quando abbiamo comprato casa, quando abbiamo ritinteggiato le pareti da soli e ti ho detto che eri bellissima tutta sudata, con la vernice fra i capelli, i miei vestiti per non sporcare i tuoi e i calzini diversi.

"Finalmente".

Già, finalmente.

Finalmente lo chiudiamo, questo libro ben scritto di una storia che non era altro che quello, una storia, raccontata da me per te, che non mi avrebbe mai fatto sentire bene come sto bene ora.

– Tetsurō! Dio, Tetsurō, che è successo? Ho fatto più in fretta che ho potuto ma ero di là con le mie amiche e non mi sono resa conto che... va tutto bene? Che cosa sta succedendo? –

Fissa gli occhi su di me, poi su Kenma avvinghiata al mio braccio.

Spalanca le palpebre, ma non dice niente.

Niente, niente.

– Maeko, dobbiamo parlare. –

– Questo l'hai già detto al telefono, ma non capisco di cosa dobbiamo... –

– Io lo so che tu lo sai ma che lo neghi a te stessa. Mae, smetti di negarlo. Tu sai perfettamente di cosa dobbiamo parlare. –

– No, Tetsurō, giuro che davvero non... –

– Maeko. –

Cala il silenzio.

Per un paio di istanti, cala il silenzio.

Mae mi guarda negli occhi.

– Dobbiamo parlare di noi, Mae. Di me e te. Del nostro... –

Si blocca.

S'irrigidisce.

– Del nostro matrimonio? –

– Sì, Mae, del nostro matrimonio. –

Per un attimo sembra congelare.

Poi mi riguarda, e riguarda Kenma.

– E Kenma è qui perché... –

– Perché fa parte di questa conversazione. –

Le tremano le mani.

È confusa, sembra confusa.

– C'è qualcosa che non va fra di noi e tu vuoi... –

– È finita, Maeko. È finita. Io non posso continuare a stare con te. –

Vedo panico nei suoi occhi.

Panico, incomprensione, confusione.

È confusa.

Poi, d'improvviso, poi non lo è più.

Sembra invecchiare di un paio d'anni in un attimo. Non perché imbruttisca, rimane comunque una bella donna, ma perché sembra stanca. Stanca, sfinita, spossata. Sembra che la sua spina dorsale non le regga più il corpo, che le sue gambe cedano, che la sua intera energia collassi.

Sta in piedi.

Ma è stanca e non sembra farcela più.

– Sono settimane che le mie amiche me lo dicono. – mormora poi, la voce distrutta, tremolante.

Si tira indietro i capelli.

– Settimane. Settimane, Tetsurō, settimane. Settimane che mi dicono che se torni a casa tardi ad orari che prima non avevi mai fatto, se non mi tocchi, se mi eviti, se sembri con la testa da un'altra parte e porti il tuo telefono sempre con te senza lasciarlo mai, se non mi racconti cosa fai durante il giorno e se ogni occasione è buona per farmi sentire inadeguata allora la risposta è una. –

Lo sa.

Lei... lei lo sa.

– Ma io dicevo loro che non è vero. Che non è possibile, non è possibile, non può essere. Tetsurō, mio marito? È una persona d'oro, è dolce, è premuroso e comprensivo, è dolce, farebbe di tutto per me. Lui mi ha chiesto di sposarlo, lui ci ha provato con me, lui ha mandato avanti questa cosa quando all'inizio credevo fosse troppo per me. –

Kenma mi stringe forte.

– Pensavo ci fosse una spiegazione a tutto. Una spiegazione al fatto che Yaku mi abbia chiamato un mese fa e che alla domanda "alla fine con la macchina come hai risolto" abbia risposto "quale macchina", al fatto che non ci sia nessun convegno a Osaka, che io abbia chiamato il laboratorio la settimana scorsa e mi abbiano detto che tu non c'eri. Io credevo ci fosse una spiegazione. Una, una che non fosse quella che mi rifiutavo di vedere. –

Prova a guardarmi in faccia ma non ce la fa.

Lei... non ce la fa.

– Qualsiasi cosa, avrei creduto a tutto, Tetsurō. A tutto pur di non riconoscere il fatto che mio marito non mi ama più e non solo non mi ama più ma mi mente, mi tratta come una stronza e mi rifiuta, mi butta fuori. Ci ho sperato, oggi, sai? Ci ho sperato. Lo dicevo un attimo fa alla mia amica. Oggi mi sei sembrato di nuovo l'uomo di cui mi sono innamorata e ho sperato che fosse tutto normale. Ho fatto finta con me stessa come ogni giorno degli ultimi due mesi che fosse tutto normale, che forse avessi un momento un po' difficile con te stesso e che... –

Le cadono un paio di lacrime sul viso.

Parallele sulle guance.

Sbattono per terra e col silenzio tombale che ci circonda, si sente il ticchettio che fanno.

– Tu non sei la persona che amo. Non so chi tu sia. Mi fa schifo, chi sei adesso. –

La sua voce si alza un po', è permeata da una patina di... rabbia.

– L'uomo con cui mi sono sposata non avrebbe mai buttato dieci anni di relazione nel cesso come hai fatto tu per... per cosa, Tetsurō, per cosa? Per una ragazzina. Per una ragazzina, Tetsurō. Una ragazzina che ha vent'anni meno di te e che ti sostituirà come tu hai sostituito me, che si stancherà di te come fanno le ragazzine. Una ragazzina volgare e sola che non ha amici e che distrugge le vite degli altri per gioco. Io pensavo che fossi più sveglio di così e che... –

Non la fermo in tempo.

Kenma mi lascia andare e mi si piazza davanti, fra me e Mae, più bassa di me e anche di lei, ma con una presenza decisamente più incombente di entrambi.

– Brutta stronza, smetti di piagnucolare e lagnarti e guarda in faccia la cazzo di realtà. È facile darmi della troia e della stupida e pensare "quella merda di mio marito mi ha lasciato per questa bastarda", lo so, così hai qualcuno da odiare, non ti biasimo. Ma non hai alcun diritto di parlare per me. Io amo Tetsurō. Lo amo davvero. Non permetterti mai più di dire il contrario. –

– Lo ami? Tu lo ami? Lo ami perché è bello, solo perché... –

– Lo amo anche perché è bello. Lo amo per tutte le cose che pensi tu, sì, perché è alto, perché la sua voce è meravigliosa, perché ha fascino, perché le persone lo rispettano, perché è mostruosamente intelligente. Ma lo amo anche per molto altro e lo so che fa male, pensare che ci sia chi lo ama più di te e che se lo merita più di te, ma non me ne frega un cazzo, tu di me queste cose non puoi dirle. –

Mae mi guarda per un secondo, poi guarda Kenma.

Tutto, ora riversa tutto.

Tutta la sua rabbia, tutta l'ingiustizia che ha subito, tutta...

– Tu te lo meriteresti più di me? Oh, ragazzina, tu parli tanto e fai tanta scena, ma il modo in cui ti comporti la dice lunga su di te. Sei una stronza infantile che non sa accettare il "no" e credi che il mondo debba darti tutto quello che vuoi, ti diverti a rovinare le vite altrui perché la tua è troppo triste perché tu riesca a gestirla, non sei niente e butti veleno sugli altri perché speri che siano niente come te. Sei solo una stronza viziata e prima o poi qualcuno t'insegnerà come cazzo si sta quando qualcuno ti prende quello che ami. –

Fa un passo, Kenma.

Fa un passo verso Mae.

Poi chiude la mano sulla sua collana, la tira verso di sé, avvicina il viso al suo.

– Mi hanno preso tutto, Maeko. Mi hanno preso tutto tutta la vita. Mi hanno rubato me stessa, mi hanno rubato la mia identità, la mia felicità, la mia vita. Gli altri, mi hanno resa niente. Gli altri mi hanno resa così. Credi che a me piaccia? Credi che io sia contenta di sapere che l'unico modo che ho nella vita per non farmi mangiare viva sia farmi odiare? Credi che sia felice di quello che mi hanno reso? Io mi odio, e non riesco a cambiare perché sono terrorizzata all'idea che se mi ammorbidissi ricomincerei ad essere il bersaglio dell'odio di tutti. –

Oh, Kenma.

Piccola, dolce Kenma.

– Tuo marito è l'unica persona che mi abbia mai amata per come sono. Che mi abbia amata per la parte di me che è ancora dolce, sotto tutta la merda che ho vissuto, e per quella orribile che tutti odiate, per tutto quello che sono, per la mia identità, il mio corpo, i miei pensieri. Io merito tuo marito più di te perché io ho bisogno di lui. –

Mae ha gli occhi vuoti

Vuoti e permeati di rabbia, com'è giusto che sia, come mi aspettavo, ma...

– Ti credi tanto intelligente quando mi parli così ma forse non ti rendi conto di chi sei, Kenma. Tu sei solo una fra le migliaia di troie che gli si gettano addosso. Sei la prima che ci è riuscita. Non sperare di essere l'ultima. –

– Io sono l'ultima, io sono... –

– Sei solo una delle tante che crede di essere l'unica. Io almeno l'ho avuto per un po', almeno si ricorderà il mio nome quando passerà alla prossima. Tu sei solo una ragazzina stupida che pensa di aver vinto al lotto con un uomo che ha tradito sua moglie e ha vent'anni più di lei. È patetico. –

Apro bocca per intervenire, io che sono rimasto in silenzio a guardarle litigare tutto questo tempo, ma non riesco a farlo abbastanza in fretta che...

– Lo sai cos'è patetico, Maeko? Lo sai? –

– Cosa, che mi abbia lascia... –

– Lo sai cosa stava facendo tuo marito venti minuti fa quando sei entrata al bagno per lagnarti del fatto che non ti toccasse più? Lo sai cosa stava facendo mentre tu facevi la povera vittima all'idea che non gli piacessi più e che ti mancasse fare sesso con lui e che speravi che stasera forse sarebbe potuto funzionare? –

Gli occhi di Mae si spalancano, io m'irrigidisco e faccio per dire "no, Kenma, non è il caso" ma la mia voce nemmeno la sentono, nessuna delle due, e quel ch'è fatto è fatto prima che io possa fermarlo.

– Stava scopando me, Maeko. Eravamo a due metri da te e tuo marito stava scopando me. Mi stava ripetendo quanto fosse innamorato di me e quanto fossi bella, quanto lo eccitasse, quanto amasse scoparmi come stava facendo. –

Molla la collana, ma tira su la mano verso il suo viso, le stringe la mascella con le dita e si avvicina a lei, così tanto che credo le loro fronti si stiano praticamente toccando.

– Mentre tu piangevi perché tuo marito non ti scopa lui aveva il suo cazzo dentro di me. Questo è patetico. Questo è davvero patetico. –

La lascia andare e Mae barcolla indietro, come se non si reggesse in piedi. Non cade, ma sembra frastornata, le lacrime sul suo viso nemmeno più scendono dalla quantità di emozioni che le imperversano dentro. È... sotto shock, credo.

Ma Kenma no.

Kenma è inviperita.

Perché a lei si può dire tutto, davvero, che è una stronza, che è una serpe, ma a me...

A me no.

Nessuno può darmi del viscido traditore patologico e passarla liscia, perché Kenma è dalla mia parte, e lo è a prescindere da tutto.

– E se vuoi posso scendere in altri mille dettagli. Posso raccontarti dell'anello che mi ha regalato il giorno del mio compleanno e del fatto che manco sono riuscita a mettermelo da sola perché mi aveva scopata così forte che non sapevo nemmeno se fossi viva, posso raccontarti di quando gliel'ho succhiato in un vicolo a tre metri dalla strada, di quando mi sono seduta sulla sua faccia, di quando tu l'hai insultato e per consolarlo mi ha praticamente aperta in due, di quando si è messo in ginocchio per me sul bancone della mia cucina e di quando... –

Mae le si avvicina.

Fa un paio di passi dalla sua parte.

Poi alza il braccio.

E se ero rimasto imbambolato come un coglione a guardarle discutere, quando alza il braccio e lo piega contro Kenma, qualcosa lo faccio.

Prendo il suo polso poco prima che la sua mano si schianti contro la faccia di Kenma.

Lì, a mezz'aria, come ho fatto con la mia amante mezz'ora fa.

Ma se con Kenma era più un gioco, ora...

– Tu non la tocchi. –

– È lei che mi ha presa per la faccia un secondo fa, io non... –

– Tu. Non. La. Tocchi. –

– Tetsurō, io spero che tu stia scherza... –

– Non sto scherzando. Io non sto scherzando manco per il cazzo. Tu non la tocchi e basta. Toccala e renderò questa cosa ancora più dolorosa di quanto non sia per te adesso. –

Apro le dita e lei ritrae la mano, mi guarda male, malissimo, sembra volermi pugnalare anche solo con lo sguardo.

– Stai minacciando di mettermi le mani addosso? –

La guardo con l'espressione più disillusa che sono in grado di fare.

– Sai che non lo farei mai. –

– Non lo so più, che cosa saresti in grado di fare. –

Passo la mano sulla spalla di Kenma che gira il viso per guardarmi, sorride, c'è così tanta gratitudine nei suoi occhi, così tanta dolcezza. Piccola Kenma, piccola, dolce, meravigliosa Kenma.

Basta.

Su, basta.

Smetti di proteggermi.

Ora ci penso io.

Ora...

– Vieni qui, Kenma. –

Spalanca gli occhi, poi sorride di nuovo e annuisce.

Si avvicina a me, passa oltre il mio corpo e si nasconde dietro il mio braccio, le mani aggrappate alla manica della mia giacca e la fronte che sbuca appena appena da dietro per guardare la situazione.

Maeko ha così tante cose, in viso, che elencarle sarebbe un'impresa nella quale decido di non gettarmi.

Mi guarda.

È...

Come vuoi che sia, Tetsurō?

La stai lasciando dicendole che la lasci per una ragazza che ha la metà dei suoi anni. Che cosa pretendi che faccia? No, non la biasimo per la sua rabbia, come potrei? Solo per il gesto di toccare Kenma, la biasimo, solo per quello, solo per...

– Mae, mi dispiace tanto che tu stia male. Davvero, se ci fosse stato un modo per non ferirti ti prometto che l'avrei usato, ma non è stato possibile. So che mi odi, so che mi odierai per tutto il resto della tua vita. Spero che un giorno tu possa capire che... –

– Capire? Che io possa capire? Credi che io capirò mai perché un adulto come te si sia messo a fare il coglione con una sorta di Lolita con la lingua lunga e... –

– Devi smetterla con questo paragone. È offensivo. –

Spalanca gli occhi.

– E allora? Non è quello che è? –

– No. Kenma è giovane ma non ha dodici anni, Maeko, io non ne ho cinquantacinque, non ho assolutamente abusato di lei in nessun modo e il solo fatto che tu lo pensi mi disgusta. Mi sembra troppo, davvero, io non sono qui per giustificarmi, so di aver sbagliato, sono solo convinto che non sarebbe potuta andare in altro modo. –

– Potevi rimanere con me! –

Si indica, tastandosi lo sterno, la sua voce sembra tirata da quanto è sofferente, gli occhi castani sono pieni di lacrime.

– Potevi rimanere con me e potevamo risolverla insieme, potevamo... potevamo... –

– Maeko, noi non saremmo mai stati felici insieme. Io non sono quello che credi. Non... non lo sono mai stato. Ti avrei presa in giro e ti avrei... se non ti avessi tradita forse non saresti stata così distrutta, ma non ti avrei mai potuta rendere felice. Non senza diventare un infelice io stesso. –

– Quindi hai preferito essere egoista e lasciarmi qui a... –

Prendo fiato con calma, sento Kenma stringere una delle mie mani con le sue.

– Sì. Ed è quello che avresti fatto anche tu. Mi prendo la colpa di essere un traditore, di essere un bugiardo, un viscido e quello che ti pare, ma non di aver scelto la mia felicità per prima. Non mi pentirò di averlo fatto. –

– Io non l'avrei mai... –

– L'avresti fatto, Mae, e lo farai quando troverai qualcosa che ti renda felice come Kenma rende felice me. –

Apre la bocca per rispondermi ancora ma non sa cosa dire, non lo sa.

– Mi dispiace tanto, Mae, davvero. Mi dispiace tanto che sia finita così. Avrei dovuto capire allora che non era giusto quello che ti stavo facendo, ma... –

– Intendi tradirmi? –

– Intendo sposarti. –

Una pugnalata.

Questa è una pugnalata.

Ma è la verità.

L'unica, l'unica che ci sia.

– Ti penti di avermi sposata? Davvero? –

– Non è questo che sto dicendo, Mae. Sto dicendo che mi pento di averti illusa che fossi una persona diversa da quella che sono, mi pento di averti convinta che potessimo avere un futuro. Io per come sono non ti sono mai piaciuto, ho fatto finta di non... –

– E chi te lo dice che non mi sei mai piaciuto? –

– Tu. L'hai detto tu più di una volta. –

– Quanto mai avrei... –

Prendo un grande respiro.

– "Ti amo nonostante i tuoi difetti" non è "ti amo", Mae. È "ti amo ma ricordati che c'è qualcosa di sbagliato in te e ricordati che io sopporto quel qualcosa pur di amarti". Io sono un egocentrico pezzo di merda, sono un bastardo che pensa solo a se stesso. Ho finto di non esserlo per te perché tu mi amavi nonostante quello, non per quello. –

– Nessuno ti amerebbe per quello. –

– Io lo amo per quello. Anche per quello. – interviene Kenma, il viso che sporge dalla mia spalla e le mani ancora strette alla mia.

Mae sposta lo sguardo da me a lei, costernata.

– È una bugia. Nessuno ti sopporta quando fai... –

– Mi piace. Mi piace che sia arrogante e che sia autocentrato. Mi fa sentire davvero importante che abbia scelto me nonostante creda che tutto il mondo gli stia sotto. So che è un po'... problematico, ma mi piace. –

Mi sento sorridere.

– Sei una matta, Kenma. –

– Sai che lo sono. –

Mae rimane in silenzio qualche istante, davvero, in silenzio. Muta come un pesce, boccheggia nel panico e nel peso di tutto quello che le sta succedendo, sembra persa, smarrita.

Poi alza lo sguardo verso di noi.

– Sai cosa, Tetsurō? Hai ragione. Anche tu, Kenma. Tu te lo meriti, lui. Vi meritate a vicenda. Siete proprio fatti per stare insieme, siete una coppia perfetta. –

Indietreggia.

– Fate schifo tutti e due. Siete due persone disgustose, non v'importa di niente che non sia voi stessi, non v'interessa di chi ferite, come, perché. Siete due persone di merda. Non augurerei a nessuno di avere a che fare con voi, davvero, siete... –

Ci indica.

Il fiato sembra morirle in gola quindi ne prende un altro.

– Siete fatti per stare insieme. Siete... –

Riempie e svuota i polmoni, le guance le si scuriscono, finalmente le lacrime tornano a sgorgare.

Ci guarda un'altra volta.

Poi...

Poi cede.

Poi non ce la fa più.

– Io non me lo merito di perdere il mio tempo qui con due persone come voi. Io non me lo merito. Io ho dei sentimenti, degli amici, delle cose da fare, io... sparite. Io non vi voglio più vedere. Andate via dalla mia vita, lasciatemi in pace, non fatevi vedere mai più, non ce la faccio, io non ce la faccio più, io... –

– Vuoi che ce ne andiamo, Mae? –

Annuisce.

Forsennatamente.

Annuisce e alza le mani, cerca di fermare le lacrime che sono un torrente.

– Voglio che spariate dalla mia vita. –

– Sai che dovremo rivederci per... –

– Sparisci, Tetsurō, cazzo! Vattene! Non hai nemmeno un po' di compassione per me? Vattene, porca troia, vattene! –

Provo a dire qualcosa perché... non lo so neanche io perché, sinceramente, forse più di riflesso che altro, ma Kenma legge la situazione meglio di me e mi stringe forte la mano.

– Tetsurō, no. Andiamo via. –

Mi giro dalla sua parte.

– Ma... –

– Non la puoi far smettere di piangere. Potresti provare a spiegarle tutto, ma tanto non... andiamo via, Tetsurō. Andiamo a casa mia, ci facciamo una doccia, ci mettiamo a letto e ci guardiamo un film. Solo noi due. Che dici? –

Andiamo a casa sua, ci facciamo una doccia, ci mettia...

Alza una mano sul mio viso.

Mi accarezza una guancia, passa con il pollice sullo zigomo, mi sorride.

Ma a me dispiace per Mae, mi dispiace che sia...

Non mi dispiace.

Non è vero che mi dispiace.

Non...

– È finita, Tetsurō. È tutto finito. Ora siamo solo io e te. –

– Solo io e... –

Si alza.

Io mi chino.

Completamente ignaro, o meglio, fregandomene completamente del fatto che ci sia Mae ad un metro da me che piange come se qualcuno le avesse strappato un braccio, coi nervi che si sciolgono e il cuore che batte più forte di prima, unisco le labbra con quelle di Kenma, mi immergo nel suo sapore e ci annego dentro per un attimo che sembra infinito.

Kenma, Kenma, Kenma.

Piccola seduttrice.

Kenma, torna tutto a te, torna sempre tutto a te, sei tutto quello che amo, sei...

Si stacca. Mi tiene il viso con le mani, lancia un'occhiatina a Mae di lato, sorride a lei e sorride a me, osserva come io non sia in grado di fare lo stesso, di staccare lo sguardo da lei per rivolgerlo a qualcun'altra, piega la testa e sbatte le ciglia.

– Solo io e te, Tetsurō. –

Mi bacia la punta del naso.

Poi si allontana, fa un paio di passi dal lato della strada, si gira e mi porge la mano.

La prendo.

La prendo e non mi guardo indietro.

Non... non mi giro.

Solo io e te, Kenma.

Per sempre, solo io e te.

─── ・ 。゚☆: *.☽ .* :☆゚.───

ok this was harsh ma spero che vi sia piaciuto!!! ne manca solo 1 che se dio vuole posto domani, quindi ci risentiamo domani, spero solo che la storia vi piaccia e vi auguro una super buona giornata

kisses
mel :)

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