4-Chemestry You Don't Scary Me

«La titolazione è un tipo di analisi chimica che viene utilizzata per determinare la concentrazione incognita di un acido o di una base in una soluzione -analita- facendola reagire con una soluzione a concentrazione nota rispettivamente di una base o un acido -soluzione titolante-.» Spiegava Ms. Mendeleiv, scrivendo tutto disordinatamente alla lavagna bianca, con un pennarello quasi completamente finito.

Mi guardai attorno, constatando di essere l'unica a non capire le parole che uscivano dalla bocca della nostra professoressa, ed ero anche l'unica a non riuscire a leggere la sua bizzarra scrittura, che per anni era stata la mia rovina, per quanto riguarda gli appunti.

Tutti i miei compagni stavano maneggiando -alcuni con più sicurezza di altri- con gli oggetti che si trovavano davanti, facendomi sentire un'incapace. Lanciando uno sguardo confuso ai vari strumenti che mi ritrovavo davanti, cercai di capire il loro scopo e il modo per maneggiarli.

Chimica non era di certo la mia materia preferita e, come se non bastasse, ero profondamente odiata dalla donna dai capelli viola sgargianti e dagli occhiali dalla forma ben appuntita.

Beh, odiata forse era una termine troppo pesante, ma di certo non mi sopportava e ogni piccola cosa che facevo, per lei diventava un problema di stato. Non era solo una mia impressione, anche il resto della classe l'aveva notato.

Non sapevo bene il motivo, ma forse -e dico forse- la principale causa erano le numerosi esplosioni in classe, per colpa di qualche mio esperimento fallito. Ho già detto che non ero per niente -e ripeto- per niente, portata in chimica?

«I passaggi sono scritti alla lavagna, ma se preferite sono scritti anche a pagina 191 del vostro libro; mi raccomando, seguiteli passo dopo passo e non sbagliate. L'unica cosa che vi chiedo, è di non far saltare in aria la scuola.» Pronunciò l'ultima frase con superiorità, scroccandomi uno sguardo severo, come per puntualizzare che si stesse riferendo unicamente alla sottoscritta.

Si aspettava la perfezione e io non mi spiegavo il motivo di tale comportamento: non sono mai stata brava nelle materie scientifiche, perché aspettarsi che io sia impeccabile proprio in queste materie?

Alzai gli occhi al cielo, nonostante - di malavoglia- dovetti darle ragione: dovevo fare attenzione ai vari procedimenti, per non passare un'altra settimana scambiata per un puffo gigante, a causa del mio bizzarro e momentaneo colore della pelle.
Per fortuna, la pelle non ha reagito alle sostanze chimiche presenti.

Pensai a quanto sarebbe stato bello e soddisfacente un attacco akuma, proprio in quel momento, solo per saltare quell'ora di assoluto orrore.

Osservai per qualche secondo Alya, che versava in un piccolo recipiente graduato un liquido trasparente con estrema sicurezza e fermezza.
Il suo sguardo faceva intuire che sapesse bene cosa stava facendo e come lo stava facendo, a differenza del mio che, molto probabilmente, chiedeva aiuto sotto ogni punto di vista.

La invidiavo in quelle situazioni: Alya era sempre stata bravissima nelle materie scientifiche, dall'algebra alla chimica alla biologia, mentre io mi trovavo molto meglio nelle materie letterali; incredibile che nonostante la nostra diversità, fossimo diventate migliori amiche.

Sfogliai svogliatamente il libro, cercando la pagina indicata dalla professoressa e, non appena lo trovai, lessi i passaggi senza averli letti veramente.

Infatti, la mia mente era troppo occupata a pensare ad un libro che volevo leggere da tanto tempo e ai modi con cui avrei dovuto convincere a comprarmelo, con i miei. Certo che i miei voti in chimica non avrebbero aiutato però, eh.

«Come vedete, molti di voi hanno già finito l'esperimento ed è riuscito alla perfezione, vista l'enorme facilità. Lo scopo dell'esperienza è determinare la concentrazione incognita di una soluzione di acido cloridrico HCl per titolazione con una soluzione di idrossido di sodio NaOH a concentrazione nota.
Per cui, avviene la seguente reazione:
HCI (aq) + NaOH (aq) —> NaCI(aq) + H2O (l) Ma penso ci siate arrivati anche voi a questi ragionamenti, oserei dire basici.»

Mi guardai intorno sbalordita, incredula del fatto di essere l'unica ad non aver neanche toccato nessuno di quei strai aggeggi che stavamo di fronte a me.

E, naturalmente, Alya aveva completato l'esperimento, con il massimo dei voti per giunta.

«Ti prego, aiutami-» La scongiurai disperata, disposta addirittura a mettermi in ginocchio per convincerla.

Alya sorrise, guardò dalla mia parte e il suo sorriso si trasformò in una sorta di ghigno, il quale mi mise fin da subito ansia. Quell'espressione non prometteva bene, o almeno per me.

«Nah.» Mi fece l'occhiolino e si diresse verso il banco di Rose e Juleka, senza neanche darmi il tempo di ribattere.

«Stupida chimica!» Sussurrai tra a me e me, afferrando un strano oggetto che sul libro era chiamata buretta. Mi sentii una stupida e immatura quando quasi scoppiai a ridere, per il buffo nome che per quale strano motivo suscitava in me tutte queste risate.

«Hai bisogno d'aiuto?» Adrien si avvicinò a me con il suo sorriso perfetto e la sua incomparabile gentilezza, comportandosi come il perfetto principe azzurro delle favole, che compariva sempre nei momenti di bisogno. Peccato che non mi sentissi affatto come la bellissima e innocente fanciulla da salvare.

«B-beh, in realtà sì. Hai già finito tu?» Domandai imbarazzata, ringraziando il cielo per aver fatto nascere la meraviglia che avevo davanti e che in quel momento, si stava offerendo di aiutarmi e di stare con me per qualche minuto.

Inutile dire, che il rapporto tra me e il biondo era migliorato, non quanto sperassi, ma era già un passo in avanti. Dopo i pomeriggi passati insieme imparai a conoscerlo di più e lui lo stesso con me, nonostante i vari balbetti, che però -con mia grande sorpresa e piacere- diminuivano.

Non sapevo il perché e il come, in soli due pomeriggi passati insieme, ero riuscita a tranquillizzarmi e a parlargli più normalmente, ma ne ero felice.

«Sì, me la cavo in chimica...» Fece un sorriso timido, facendo sorridere anche a me.

Sapevo che era il più bravo -insieme ad Alya- a fare gli esperimenti, ecc, e non solo che se la "cavava". Questo faceva capire quanto Adrien fosse umile e non volesse per niente sentirsi superiore agli altri.

«Madame, il suo cavaliere è qui per aiutarla.» Scherzò facendo un piccolo inchino, scatenando in me una varietà di sensazione e un battito cardiaco eccessivamente accelerato.

Ridacchiai, sentendo le guance irreparabilmente scaldarsi, consapevole di essere diventata un peperone rosso fuoco, cercando invano di calmare il battito del mio cuore, intimorita che lui potesse addirittura sentirlo.

Ogni volta che ero in sua compagnia, il resto del mondo diventava come sfuocato e l'unico soggetto a fuoco era lui.

Adrien si sedette accanto a me, rileggendo con rapidità la pagina dove erano scritti i vari passaggi, seguendo con il dito le righe.

Mi presi il piacere di guardare il suo viso di profilo, seguire con gli occhi i suoi lineamenti perfetti e le sue labbra muoversi velocemente mentre leggeva con sussurri impercettibili.

Adrien non era cambiato molto da quando aveva quattordici anni, sia esteticamente che caratterialmente.
Ovviamente, possedeva un viso e un fisico più da adulto -cosa che non poteva che farmi piacere-, ma solo quello era variato in lui. I capelli, gli occhi e le labbra erano rimaste uguali. E si vedeva anche un accenno di barbetta, non troppo accentuata, ma neanche troppo visibile.

Caratterialmente, era rimasto esattamente com'era e di questo ne fui grata più e più volte. Se non fosse stata così, me la sarei dovuta prendere con la tanto odiata pubertà, che fa tanti miracoli quanti disastri.

«Ok, la prima cosa da fare è avvicinare la buretta per 2-3 volte utilizzando pochi mL della soluzione di NaOH.» Si girò verso di me, facendomi sobbalzare e abbassare spontaneamente lo sguardo. Sperai che non avesse notato il mio sguardo fisso su di lui, sarebbe stato imbarazzante per entrambi.

Gli passai l'oggetto che avevo preso in mano prima che arrivasse, che pensavo fosse la buretta di cui parlava.

«No, Mari. Ci serve l'altra buretta, quella di sensibilità 0,1 mL. Questa è di 0,5 mL.» Sorrise, prendendola dalla mia mano e sfiorandomi le dita, che cominciarono a formicolare e quasi non me le sentii più.

«Sono un disastro, scusa. Io e la chimica non andiamo molto d'accordo.»

«Naah, anche io stavo sbagliando prima e la professoressa mi ha corretto.» Sapevo perfettamente che stesse mentendo per farmi sentire meglio, ma apprezzai lo stesso il suo tentativo.

«Oggi pomeriggio possiamo stare a casa tua? Non mi va di rimanere rinchiuso casa, come gli altri giorni. Almeno vario un po'.» Mi chiese, mentre incastrava la buretta in uno strano oggetto per tenerla di cui ignoravo il nome.

«Uhm, sì! Voglio dire, certo. Per ma va benissimo. Oh, ho anche finito i costumi.»

«Davvero? Non vedo l'ora di indossare il mio! Sarò la perfetta Ladybug, non credi?» Scherzò, alzando ripetutamente un sopracciglio con fare giocoso, mentre era concentrato sull'esperimento.

«Sarai la Ladybug migliore. E poi, con il mio costume da gatto Chat Noir mi farà un baffo.»
Il suo sguardo scattò su di me, e un sorriso che partiva da un orecchio all'altro nacque sul suo viso. Si morse il labbro e poi cominciò a ridacchiare, abbassando lo sguardo e scuotendo leggermente la testa.

«Bella questa, Mari.» Aggiunse, regalandomi un sorriso, per poi ricominciare a maneggiare con quei stupidi aggeggi.

«Tieni, ora tocca a te.» Adrien spostò con delicatezza tutti gli strumenti davanti a me, appoggiando il libro sulle propria ginocchia.

«A-Adrien non è una buona idea.»
«Beh, se la professoressa non vede che fai qualcosa non credo ti darà un bel voto.»
«E se sbagliassi qualcosa? Potrei farlo scoppiare o qualcosa del genere. E in ogni caso, quella donna non mi darà mai un bel voto sopra il 6.»
«Ma sì che te lo darà, tu intanto provaci. Magari ti sorprenderai delle tue abilità.»

Storsi il naso, non capendo come mai avesse così tanta fiducia in me ed era pure presente ad ogni fallimento di ogni mio esperimento.

Annuii e, anche se malavoglia, lo ascoltai e cominciai versare uno strano liquido in un ampolla, seguendo con attenzione i passaggi che mi dettava il biondo.

Ad un certo punto, il liquido incolore cominciò a diventare giallastro e per qualche secondo uscì addirittura del fumo.

«Oh no! Sta per esplodere, attenti!» Mi allontanai di scatto dal banco, facendo quasi cadere la sedia e, gridando, attirai l'attenzione di tutti, che cominciarono a guardarmi impauriti e con il fiato sospeso.

Una terribile sensazione di déjà vu mi invase, ma sapevo bene che quella non era soltanto una "sensazione" e che avevo vissuto situazioni del genere

«No, Marinette. Non sta esplodendo! È giusto, ci sei riuscita.» Mi sussurrò l'ultima frase Adrien, afferrando con dolcezza il mio polso, mentre il cuore esplodeva sul petto e le mie guance si tingevano di un colore violaceo.

Per qualche secondo sul viso di Adrien c'era un'espressione concentrata, come se stessa ascoltando qualcosa, e con mia sorpresa lo vidi arrossire lievemente e un sorriso imbarazzato si dipinse sul suo volto, dopo mi lasciò il polso.

«Che succede qui?» La voce acuta e fastidiosa della professoressa si introdusse nei miei timpani.

«Professoressa, Dupain è riuscita nell'esperimento e se mi posso permettere, con un risultato eccellente.» La sua espressione mentre esaminava il liquido, per trovare qualche pretesto per rimproverarmi, era appagante, ma non durò molto.

«É vero, ma il tuo aiuto, Agreste, è stato fondamentale per la riuscita. Quindi aumenterò il tuo voto. Per quanto riguarda te, Dupain, brava hai preso 7-.»

«Ma professoressa-» Lo fermai, afferrandogli il braccio.
«Va bene, grazie professoressa.»

«Ma Marinette-»
«È più di quanto avrei meritato, visto che non ho fatto molto.» Gli sorrisi, arrossendo per la vicinanza, venendo subito ricambiata.

«Oh, adoro pranzare con la tua famiglia Mari. C'è un'atmosfera che sa di, mh, casa. E poi, come cucina tuo padre!» Esclamò Adrien, con ancora l'acquolina pensando al pranzo di qualche minuto prima.

«Però sono un po' troppo appiccicosi. Mh, dove sono? Ah, eccoli.» Gli porsi una scatola, quella delle scarpe.

Mentre io scesi sotto per prendere lo zaino, gli dissi di provarsi il costumo e quando avrebbe finito di 'bussare' sulla botola.

Quando salii in camera, dopo aver sentito il 'segnale' lo vidi in tutto il suo splendore.

Aveva i capelli un po' disordinati, il viso coperto quasi completamente dalla maschera rossa e pois. La tuta, essendo attillata, metteva in risalto il suo perfetto corpo, ben scolpito. Sotto il suo sguardo, mi sentii quasi mancare le gambe.

«Allora, come sto? Potrei intimidire i miei nemici?» Chiese, facendo qualche posa buffa e mi fu inevitabile ridere.

«Cosa potrebbe intimorire di più un ragazzo vestito da coccinella?» Rise insieme a me.

«Bene, ora tocca a te. Il tuo costume!» continuò, dopo la mia faccia confusa.

«No, sarà una sorpresa. Dai, proviamo.»

lasciate una stellina e un commento.

-lavostrastorm

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