2- Call Me Nancy

Pov's Marinette

«Sicura funzionerà?» Chiesi insicura, seguendo con lo sguardo il mio kwamii svolazzarmi intorno, facendomi venire anche un lieve mal di testa per la velocità con cui si muoveva.

«Ma sì, Marinette. E poi, non hai altre scelte.» Alzò le sue piccole spalline, mostrandomi un sorriso di incoraggiamento, mentre staccava dalle pareti tutti i poster del modello, dalle più piccole fotografie ai poster grandezza quasi naturale.

Per fortuna se ne era ricordata lei, altrimenti Adrien, che sarebbe dovuto arrivare qualche minuto dopo, avrebbe capito tutto vedendo le pareti della stanza tappezzate da una cinquantina di sue foto.

Per non parlare delle fotografie nascoste sotto il materasso o la chaise-longue, abbastanza insoliti come posti, dove Tikki nascose il resto dei poster. Lì nascosti, non lo avrebbe sicuramente visti.

Se mi avesse scoperta, mi avrebbe presa per una stalker inquietante, che ogni sera dava la buona notte ad ogni singola foto. Di certo, non ero il tipo da dialogare con le foto, ma un po' stalker lo ero diventata.

«E se lui non accettasse? Insomma è un po'- imbarazzante?» Chiesi un'altra volta, mangiandomi le unghie per il nervosismo. Un mio grande vizio, che ero solita fare quando ero in ansia per qualcosa; cosa che succedeva, purtroppo, molto spesso.

Se non avesse accettato, beh, avrei dovuto rifiutare l'occasione della mia vita per fidanzarmi con il ragazzo dei miei sogni.

Forse ero un po' troppo drammatica, ma quando sarebbe successa di nuovo una cosa del genere? Non mi sarei mai perdonata, se non ne avessi approfittato.

«Perché non dovrebbe? Stai tranquilla, Marinette, andrà tutto bene.» Mi rassicurò, avvicinandosi a me e levandomi le unghie dalla bocca con uno sguardo severo, simile a quello di una mamma. Un mix di dolcezza e severità.

Le accennai un sorriso, mordendomi le labbra, insicura sul da farsi. Avevo così tante cose che gironzolavano nella mia mente, da non saper decidere sul come agire.

«Magari dovrei cambiarmi, o sistemare-»

«Marinette, c'è qualcuno per te!» Gridò dal piano di sotto mia mamma, interrompendomi, e facendomi sobbalzare. Il mio cuore perse due battiti, mentre mi sentii mancare il respiro.

«Troppo tardi.» Sussurrò Tikki, staccando l'ultima foto dal muro e, dopo essersi guardata intorno per accertarsi non ci fosse qualcos'altro di compromettente, mi fece il pollice in su con la zampetta.

«Come sto?» Cercai di sistemarmi i capelli e le ciocche ribelli che uscivano dai codini, e sistemare la maglietta con le mani, mentre diventavo sempre più agitata.

Sarei riuscita a parlare come una persona comune, a non fare figuracce o perlomeno a sembrare una ragazza senza gravi problemi mentali? Sapevo che la risposta era no, ma, come si dice spesso, la speranza è l'ultima a morire.

«Marineette!» Insisté mia mamma, incitandomi a sbrigarmi a scendere giù. Inspirai profondamente, cercando di tranquillizzarmi.

É solo il tuo compagno di classe da circa tre anni, di cui hai una gigantesca cotta dalla prima volta che hai visto i suoi occhi. Degli occhi che contenevano dolcezza, determinazione, intelligenza e non cattiveria, da come pensavi per il malinteso della gomma. Cercai di incoraggiarmi, facendo però l'effetto opposto.

Ce la posso fare, pensai.

«Sei una favola, ma ora vai! Ti ricordo che stai lasciando Adrien, da solo, con i tuoi genitori!» Mi avvertì la coccinella, facendomi intuire il pericolo a cui ero esposta. Ero consapevole di cosa erano capaci i miei genitori, sapevo che non lo facevano con cattiveria ma alcune volte avrei voluto veramente strangolarli.

Annuii, dirigendomi verso la botola scendendo le scale. Mi bloccai sul secondo scalino, scrutando la scena che mi si era posta davanti.

Un Adrien a dir poco vergognato, per qualcosa che avevano detto i miei genitori, che invece lo stavano studiando con curiosità e con un gigantesco sorriso.

«H-hey.» Attirai l'attenzione su di me, arrossendo quando il biondo mi sorrise timidamente facendo un cenno con la mano.
Persi un altro battito, sentendo le gambe tremare.

Feci per scendere, per raggiungerlo e salvare quel poco di dignità che mi era rimasta, ma calcolai male la distanza da uno scalino all'altro, trovandomi in bilico e agitando le braccia per non cadere. Quando riuscii a trovare l'equilibrio, scesi come se nulla fosse successo mentre i presenti mi guardavano sorpresi e preoccupati. In realtà sorpreso lo era solo Adrien, ormai i miei genitori c'erano abituati.

«Tutto apposto, Marinette?» Chiese con sguardo premuroso, accennando un piccolo sorriso. Annuii, mentre sentivo le mie guance scaldarsi.

«Comunque Adrien, volevamo dirti che sei sempre il benvenuto qui! Sai, Marinette ci parla molto spesso di te. É sempre un parlare senza fermarsi, da mettersi i tappi alle orecchie!» Ridacchiò mia mamma e mio papà con lei, mentre il mio felice mondo rosa e arcobalenoso andava lentamente a pezzi.

Lanciai loro uno sguardo incredula; se volevano rovinarmi l'esistenza, quella era la perfetta strategia.

Il biondo li guardava con sguardo imbarazzato, improvvisò una sorriso mentre si grattava la nuca a disagio. Volevo tanto sapere quali pensieri passavano per la sua mente.

«Sì, mamma. Sai che amo molto la moda.» Cercai di rimediare e ci riuscii in pieno, dato che Adrien sembrava averci creduto. Non ci avrei mai scommesso, ma mi ero salvata. Provvisoriamente.

«Ora noi saliamo sopra.» Li avvertii, per fermare i miei genitori dal dire qualcos'altro di inappropriato.

«È stato un piacere rivederti, Adrien! Ti piacciono ancora i croissant?» Gli occhi del biondo si illuminarono all'improvviso, e un gigantesco sorriso nacque sul suo volto.

Il suo amore per i croissant e ogni cosa che preparavano i miei genitori, era evidente.
Adrien era stato poche volte a casa mia, per lo più insieme ad Alya e Nino; anzi l'unica volta che eravamo da soli in casa sua, era per allenarsi ad un videogioco per un torneo.

«Sì, mi piacciono ancora!» Esclamò con molta enfasi, mentre mi seguiva per le scale, mantenendo il contatto visivo con i miei genitori.

«Va bene allora te li port-»

«Mamma tranquilla, poi glieli porto io.» Dissi a denti stretti, lanciando uno sguardo minaccioso che però fece l'effetto contrario di quello che desideravo, infatti scoppiarono a ridere.

«Come vuoi tu, amore.» Sorrise mia madre, appoggiando la testa sul petto del marito. Le loro espressione erano indecifrabili, un misto di felicità e tristezza nel vedere la loro bambina crescere così in fretta.

Senza rispondere salimmo in camera mia, chiudendo con forza la botola. Sospirai felice, sapendo che il peggio era passato. O almeno lo speravo.

Vidi Adrien guardarsi intorno, girando per la stanza, fermandosi davanti la scrivania che era completamente in disordine. Mi sentii immediatamente in imbarazzo, avrei dovuto pulire prima che lui venisse. Chi vorrebbe una persona disordinata attorno?

«S-scusa per il disirdone- disordine.» Balbettai, avvicinandomi a lui e posando una mano su un quaderno per spostarlo, mentre con l'altra sistemavo le varie penne velocemente.

Adrien mi fermò subito, appoggiando una mano sulla mia, ma levandola subito quando mi vide sgranare gli occhi e trattenere il respiro, con sguardo pentito e imbarazzato.

«Non è disordinato. E poi mi piace, ti rappresenta.» Aggrottai le sopracciglia, piegando la testa. «Non sto dicendo che sei disordinata! Solo che, ehm, lascia stare.» Ridacchiò timidamente, allontanandosi di qualche passo, mentre guardava ogni singolo dettaglio della stanza.

Sperai con tutta me stessa che Tikki non si fosse fatta sfuggire niente che c'entravano con il biondo.

Pulii la scrivania, per quanto potevo, e poi mi voltai verso Adrien che sembrava nervoso. Si torturava le mani, con sguardo indeciso; come se dovesse fare qualcosa, ma non sapeva quando e come.

Mi feci avanti, dopo aver respirato profondamente.

«A-avevo pensato-»
«Mi dispiace Marinette, ma-» Parlammo nello stesso identico momento, che seguì un imbarazzante silenzio.

Entrambi sgranammo gli occhi, distogliendo lo sguardo su qualunque cosa sulla stanza, evitando il contatto visivo.

Cosa aveva da dirmi? E perché gli dispiaceva?

«Parla prima tu.» Sorrise, alzando le spalle. Quanto poteva essere dolce questo ragazzo?

«O-ok, bene. La professoressa Bustier aveva detto di essere originali, per avere un voto m-migliore.» Adrien si illuminò di curiosità improvvisamente, facendomi tintinnare.

Era un'idea folle, completamente folle.

«Sì, Mari, c'ero anche io in classe con te.» Scherzò ridacchiando, guardandomi perplesso per l'espressione che aveva assunto la mia faccia.c

«M-mi hai chiamata M-Mari?» Balbettai con occhi sgranati, mentre sentivo il cuore pulsare sul mio petto più velocemente.

«Ehm, scusa. Non ti piace? Io, scusa, continuerò a chiamarti Marinette-»

«Oh nononono! Cioè, se vuoi. Voglio dire, chiamami come vuoi! Anche Mary, con la pronuncia inglese, anche Nancy se vuoi. Aspetta, io non mi chiamo Nancy! Però mi piace c-come nome, ecco tutto. Anzi lascia stare, chiamami come vuoi. Oh mio Dio,
s-scusami tanto.» Sussurrai imbarazzata, appoggiando una mano sulla fronte evitando il suo sguardo.

Ma quanto potevo essere imbarazzante? Mi prenderà per una stupida, che balbetta cose a caso e non dice una frase di senso compiuto e che non-

I miei pensieri vennero interrotti da una melodia magnifica che invase la stanza. Alzai lievemente lo sguardo, per guardarlo ridere. Stava ridendo, a crepapelle anche.

Stava ridendo di me?

Adrien notando il mio sguardo triste, si fermò subito mettendo una mano in avanti come per pararsi.

«Non sto ridendo di te! Scusa, solo che ti trovo molto dolce quando balbetti. E, sempre se ti va bene, continuerò a chiamarti Mari.» Oh, Adrien Agreste, tu volevi uccidermi. Mi trovava dolce, e non psicopatica come pensavo. Sorrisi, perdendomi dentro i suoi occhi verdi smeraldo.

«Quiindi, stavi dicendo?» Mi risvegliò il biondo dopo qualche secondo, facendomi ritornare sul pianeta terra, dove un angelo dai capelli dorati mi stava osservando curioso con i suoi meravigliosi occhi prato appena tagliato.

Mio Dio Marinette, ripigliati! Mi dissi mentalmente.

«Ehm, sì. Beh, per prendere qualche voto in più- non che tu ne abbia bisogno ovviamente, sei così f-fantastico- potevamo scambiarci i ruoli. Cioè, io ChatNoir in versione femminile e t-tu Ladybug in versione maschile.»

Ci furono secondi di silenzio strazianti, che mi fecero pensare ale  possibili reazioni di Adrien, e non erano positive.

«Mari, sei un genio! Un genio!» Esclamò, per qualche motivo sollevato, mentre un gigantesco sorriso era nato sul suo viso dai zigomi perfetti.

Mi fu inevitabile pensare che quel sorriso era opera mia, cosa che fece sorridere anche me.

Ridacchiai nervosamente, muovendo la mano dall'alto verso il basso come per dire "smettila".

Ero a dir poco imbarazzante.

«Allora possiamo cominciare? Pensiamo ai costumi prima o..? Che ne dici se, visto che sei una bravissima stilista, i costumi li fai tu? Ovviamente solo se ti va...» Propose.
Il mio cuore pulsò talmente forte nel mio petto, che ebbi paura lui potesse sentirlo.

Mi sentii onorata nel sentire quelle parole, lui era un modello -e che modello- e di stilisti e abiti ne aveva visti.

«G-grazie, comunque certo! Penso di poterci riuscire.»

«Bene! Beh abbiamo altri due giorni a disposizione, quindi oggi possiamo parlare in generale di come deve essere la scena e cose del genere.»

Accettai sorridendo semplicemente, per paura di dire qualcosa di sbagliato.

Parlammo -o meglio, Adrien parlò e io balbettai- su come potevano essere i costumi, o su cosa fare dire agli eroi nella scena. Parlare con lui, da sola, mi fece piacere. Non ricordo una nostra conversazione simile e mi piaceva.
Mi piaceva da morire.

Adrien era tornato a casa da qualche minuto e non mi ero mossa da quel momento, sorridendo come una scema. Tikki cercava di parlarmi, ma notando il mio stato irrecuperabile si arrese, tornando sul letto per sgranocchiare i biscotti che le avevo dato in caso le fosse venuta fame.

Non facevo altro che ripensare alla giornata e ripercorrere, passo dopo passo, tutte le mie imbarazzanti figure. Il modo con cui mi aveva chiamato: Mari.

Non smisi di pensare a come suonava bene pronunciato dalle sue labbra.
Ma ogni cosa che usciva dalla sua bocca suonava bene. Anche se dicesse  "vertebrato" risulterebbe dannatamente affascinante.

Quella si poteva definire la giornata più bella della mia vita! Aveva accettato la mia strana -e originale- proposta, quindi potevamo lavorare insieme.
E mi aspettavano ancora altri due pomeriggi in sua compagnia, cosa potevo chiedere di meglio?

Il pomeriggio sembrava essere passato in un batter d'occhio.

Non vedevo l'ora arrivasse il giorno dopo.

Lasciate una stellina o un commento?

Hey peopleee, vi piace questo capitolo?

Avete capito il perché del nome del capitolo, vero? HAHAHHA

Comunque, spero vi sia piaciuto!

Al prossimo capitolo,

Your,
-Storm 💭

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