Double penetration
NOTE:
Storia non riletta né corretta. Scritta e pubblicata di getto (la rivedrò e sistemerò appena possibile).
Questa one-shot si ricollega a "The hidden treasure" che trovate sul mio profilo.
Con le spalle premute contro il terreno ruvido della grotta in cui era stato trascinato, Kyojuro ansimava esausto, lo sguardo vermiglio fisso sulla creatura che lo sovrastava. Digrignando i denti e cercando un modo per sottrarsi al contatto con quel dannato tritone, provò ad afferrare la propria spada per tagliargli la testa proprio come gli aveva promesso la prima volta che si erano incontrati. Ma Akaza era più forte e agile di lui, e non gli fu difficile anticipare i suoi movimenti, strappando via la cintura a cui era agganciata l'arma per tirarla in direzione del mare.
«Non hai imparato niente dal nostro incontro, Kyojuro?» Lo canzonò il tritone, guardandolo dall'alto con i suoi grandi occhi ambrati pieni di malizioso divertimento.
«Come hai fatto a trovarmi? Ti avevo avvisato di non seguirmi, e adesso ne pagherai le conseguenze!» Rengoku urlò quelle parole nel silenzio surreale della grotta, generando un eco che si propagò fino nei meandri scuri e profondi.
Con un movimento repentino, riuscì a divincolarsi appena da sotto il corpo possente di Akaza e afferrò il coltello che teneva nascosto nello stivale. Brandendolo, sferzò l'aria a pochi centimetri di distanza dal viso del tritone, riuscendo a colpirlo di striscio su una guancia. Akaza schivò l'attacco per un soffio e portò le dita affusolate sulla ferita che adesso gli decorava il viso insieme alle strisce blu come la notte, sporcandosi il polpastrello con il suo stesso sangue.
Kyojuro provò nuovamente a colpirlo, approfittando di quell'attimo di distrazione, ma la creatura riuscì a schivarlo nuovamente e il suo attacco andò a vuoto. Akaza sogghignò, evidentemente divertito dalla situazione ed eccitato per la piega che stavano prendendo gli eventi, e rispose con altrettanto impeto, colpendo Rengoku allo stomaco con un potente pugno. L'aria lasciò bruscamente i suoi polmoni e, colto alla sprovvista dalla forza di quel colpo, Kyojuro perse la presa sul coltello che rotolò sulla roccia quando ricadde nuovamente all'indietro, contro il terreno ruvido.
Akaza gli afferrò entrambi i polsi e glieli bloccò sopra la testa, proprio come la prima volta in cui si erano incontrati, e si insinuò tra le sue gambe per schiacciarlo a terra con il suo possente corpo da tritone. Sorridendo sornione, decretò la sua vittoria, deliziato dallo sguardo di fuoco che Rengoku gli stava rivolgendo pur trovandosi sottomesso in quel modo. Gli era mancato quell'uomo forte e carismatico che aveva suscitato il suo interesse sin da quando aveva resistito al suo canto ammaliatore, tanto da fargli perdere la testa e decidere di farlo suo. Aveva aspettato così tanto prima di poterlo avere tutto per sé: stavolta non lo avrebbe lasciato andare tanto facilmente.
«Kyojuro, hai forse dimenticato che io e te siamo legati? Le nostre essenze vitali sono diventate una cosa sola ed è proprio questo che mi ha guidato fino a te.»
Rengoku digrignò i denti e serrò le labbra, contrariato e impotente di fronte all'evidente differenza che intercorreva tra di loro, infastidito dal ricordo che gli tornò alla mente nel sentire quelle parole. Quando Akaza gli aveva rubato quel bacio, costringendolo a scambiarsi una non indifferente dose di sangue, Kyojuro aveva creduto che la storia dell'essenza vitale fosse solo un modo per deriderlo e prendersi gioco di lui, per intimidirlo in qualche modo. Ma adesso che si trovavano lì, così lontano dall'isola del tesoro che li aveva fatti incontrare, Rengoku aveva uno strano presentimento che non lo faceva stare tranquillo.
«Spiegati meglio.» Gli ordinò, continuando a strattonare le braccia per cercare di liberarsi dalla sua morsa serpentina, senza però riuscire a spostarlo di un solo millimetro.
«Sei mio. Ti basta sapere solo questo.» Disse Akaza, sorridendo fino a mettere in mostra le zanne affilate.
«Sei ripetitivo. Ti ho già detto che io non appartengo a nessuno all'infuori di me stesso e del mare.»
«Quindi, dato che io sono il principio stesso del mare, ho ragione da vendere quando dico che mi appartieni.» Lo canzonò Akaza, ridendo di fronte alla sua espressione sbigottita.
«Non- non è la stessa cosa!»
Akaza sogghignò divertito e si abbassò maggiormente sul corpo di Kyojuro, portando il viso a pochi centimetri di distanza dal suo orecchio. Rengoku rabbrividì appena nel sentire il fiato caldo che si infrangeva contro la sua pelle e rantolò bruscamente quando la lingua del tritone cominciò a scorrere in maniera irriverente contro il suo padiglione auricolare.
«Sento su di te il mio odore e la cosa mi eccita da morire.» Sussurrò Akaza, premendosi maggiormente su di lui, la coda dai colori perlati che si agitava appena tra le sue gambe, producendo un suono umido quando si scontrava con l'acqua che toccava le sponde di quella rientranza naturale. «A parte questo, il nostro legame ha creato una sorta di connessione tra di noi e riesco sempre a percepire la tua presenza. È come se dentro la mia testa ci fosse una melodia continua, che cambia di intensità quando siamo abbastanza vicini, e mi guida verso di te proprio come farebbe il mio canto ammaliatore nei confronti degli esseri umani.» Disse poi, smettendo di leccare l'orecchio di Kyojuro per stringere il lobo tra le labbra fredde
Kyojuro ammutolì e cominciò a mettere insieme tutte quelle informazioni, la mente che lavorava frenetica. Anche lui aveva sentito qualcosa, in quei mesi passati a navigare alla ricerca di un altro tesoro da depredare, ma aveva dato la colpa al caldo afoso e all'acqua che aveva cominciato a scarseggiare già a metà traversata. Aveva creduto che l'odore invitante che gli riempiva le narici fosse solo una suggestione della sua mente, e la melodia che ronzava nelle sue orecchie solo il ricordo di quel canto con cui Akaza lo aveva condotto nella trappola.
Adesso che era a conoscenza di quei dettagli, capì perché avesse avuto la perenne sensazione che qualcuno lo stesse seguendo e osservando da lontano. Per non parlare del fatto che gli era sembrata una coincidenza troppo strana e infausta, l'essere stato salvato proprio da Akaza dopo che si era lanciato giù da quella maledetta scogliera per evitare di finire nelle grinfie della Marina. Era letteralmente finito dalla padella alla brace, trovandosi agguantato dal tritone che lo aveva stretto a sé e baciato per permettergli di respirare sott'acqua, venendo poi trascinato fino a quella grotta.
Mentre se ne stava lì a rimuginare tra sé e sé, concentrato sul trovare una soluzione che gli avrebbe permesso di tirarsi fuori da quell'impiccio, Akaza ne approfittò per portare avanti la sua iniziale e reale intenzione. Non aveva aspettato tutto quel tempo solo per chiacchierare con il capitano della "Tigre Fiammeggiante", non lo aveva seguito solo per rubargli un bacio fugace: lo voleva, lo desiderava con ogni cellula e con ogni squama del suo essere tritone. Fremeva dalla voglia di farlo suo a tutti gli effetti, consolidando definitivamente quel legame con cui lo aveva incatenato a sé.
Continuando a tenergli i polsi con una sola mano, Akaza portò l'altra sul petto di Kyojuro, usando gli artigli per tagliare la stoffa della giacca umida e far saltare i bottoni della camicia. Rengoku si ridestò dal flusso di pensieri in cui si era perso e abbassò lo sguardo sulle dita affusolate che avevano cominciato a sfiorargli lo sterno, lasciando una scia rossa lì dove gli artigli toccavano la pelle. Rabbrividì e strattonò le braccia con forza, ferendosi con quelle unghie che si erano infilate nel suo pettorale sinistro quando Akaza premette il palmo sul suo petto per tenerlo fermo.
«Cosa diavolo credi di fare?!» Urlò Rengoku, dimenandosi nel tentativo di riuscire a colpire il tritone per toglierselo di dosso.
«È ovvio, no? Ti rendo mio a tutti gli effetti. Non è una cosa che noi tritoni facciamo spesso: dovresti esserne onorato.» Rispose Akaza, spingendo la parte inferiore del suo corpo da tritone contro il bacino di Kyojuro, facendogli capire esplicitamente cosa voleva da lui.
Kyojuro sbiancò e sgranò gli occhi, sentendo qualcosa premere sul proprio inguine e scivolare tra le gambe che la creatura marina stava tenendo divaricate con la sua grossa coda da pesce. Quando capì cosa fosse e che intenzioni avesse Akaza nei suoi confronti, Rengoku cominciò a scalciare come un ossesso e si dimenò peggio di un'anguilla. Il tritone sorrise sornione e strinse maggiormente la mano attorno ai polsi del capitano, rischiando quasi di rompergli qualche osso, mentre riprendeva a far vagare l'altra mano sul suo petto scolpito.
Kyojuro sentì la pelle bruciare al passaggio delle dita di Akaza, segno che i suoi artigli stavano aprendo delle ferite sulla pelle tesa del suo torace. Quando la mano del tritone si spinse più in basso, mirando alla cintura dei pantaloni che gli si erano incollati addosso quando erano usciti dall'acqua, Rengoku si agitò ancora una volta e riuscì a colpire la coda da pesce di Akaza con il tacco dello stivale.
Il tritone sibilò e mostro le zanne, un'espressione contrariata dipinta sul volto attraversato dalle linee blu come la notte e lo sguardo d'ambra luminoso come non mai. Sapeva che non sarebbe stato semplice possedere quell'umano dal temperamento così sanguigno, dall'animo forte e indomabile come le fiamme stesse, ed era proprio quello che eccitava Akaza più di ogni altra cosa. Ma non aveva tempo da perdere dietro il suo ostinato rifiuto e i suoi deboli tentativi di fuga: lo voleva e l'avrebbe avuto, in un modo o nell'altro. Con quel desiderio che gli ribolliva in corpo, gli afferrò la gamba con cui continuava a colpirlo e lo immobilizzò, decidendo di sfruttare la sua arma più potente: il canto.
Anche se Rengoku aveva già dimostrato di essere in grado di resistere alla sua voce melodiosa e ipnotica, Akaza confidava nel fatto che riuscisse comunque ad ammansirlo un po'; giusto il tempo di liberarsi di quei vestiti tanto ingombranti che gli facevano da ostacolo, in modo da potersi impossessare di lui e di quel corpo caldo senza ulteriori interruzioni. Così, fremente di malcelata eccitazione e pronto a reclamarlo per sé come aveva dichiarato più e più volte, Akaza iniziò a intonare una melodia dolce e delicata.
Proprio come la prima volta, Kyojuro sentì i pensieri e le preoccupazioni scivolare via come acqua cristallina. Sentendosi leggero come una piuma, smise lentamente di opporre resistenza e si abbandonò definitivamente contro il pavimento ruvido della grotta, la mente annebbiata e lo sguardo fisso sul viso attraente di Akaza. Sapeva di doversi ridestare, di dover reagire prima che fosse troppo tardi, ma il movimento ipnotico delle labbra del tritone catturò tutta la sua attenzione, annullando ogni altra cosa.
Akaza sorrise sornione e continuò a cantare, mentre riprendeva a lacerare la stoffa dei vestiti che coprivano il corpo di Rengoku. Riuscì a spogliarlo quel tanto che bastava per avere accesso alle sue zone intime e si leccò le labbra con aria famelica quando fece vagare il suo sguardo ambrato su quel corpo tonico e invitante. Per essere il capitano di una nave pirata, Kyojuro aveva una pelle quasi perfetta. Solo alcune cicatrici e un tatuaggio sul cuore ne deturpavano la bellezza. Il tritone sentì il forte desiderio di lasciare il suo marchio su quel corpo, ma prima doveva farlo suo, spingersi tra le sue cosce in modo che niente avrebbe più potuto separarli.
Kyojuro guardò distrattamente Akaza e rabbrividì inconsapevolmente di fronte al suo sguardo predatorio. La sua mente era ancora offuscata dal potere ammaliatore del canto del tritone, ma lucida abbastanza da urlargli di reagire. Ci provò con tutto sé stesso, ma a differenza della prima volta, adesso non riusciva a fare niente se non restare in attesa. Ebbe il presentimento che quel legame che Akaza aveva imposto su di lui lo avesse reso più vulnerabile al suo canto e al suo fascino, e imprecò mentalmente.
Lo osservò sistemarsi meglio tra le sue cosce e di nuovo sentì qualcosa di strano muoversi contro il suo bacino. Adesso che la sua pelle era esposta e nuda, avvertì chiaramente il sesso del tritone scivolare tra le sue natiche, ma c'era anche qualcos'altro che si scontrava e si arrotolava attorno al suo membro. Kyojuro abbassò lo sguardo offuscato sul proprio inguine e rabbrividì nuovamente quando vide che dalla coda del tritone spuntavano ben due peni: uno aveva le stesse caratteristiche di un normale membro umano, solo che era attraversato dalle stesse strisce blu che decoravano il viso e il busto di Akaza; l'altro era flessibile e si muoveva come se avesse vita propria, somigliando più a un piccolo tentacolo.
Kyojuro sgranò gli occhi e, finalmente, riuscì a riacquistare un po' di lucidità. Ma prima di riuscire a riprendere pienamente possesso anche delle proprie azioni, ordinando al corpo di reagire e colpire il tritone, Akaza si spinse nel suo corpo con un poderoso movimento di coda. Kyojuro boccheggiò per il dolore che lo pervase, l'aria che abbandonava i suoi polmoni per via del lamento che aveva lasciato involontariamente le sue labbra. Pur essendo molto simile all'erezione di un essere umano, il sesso del tritone era più grosso e lungo del normale. Rengoku lo sentì farsi spazio dentro di sé senza alcun riguardo, strappandogli gemiti sconnessi per il forte bruciore che stava provando.
«L-lasciami andare, mostro!» Riuscì a ringhiare, mentre Akaza tirava indietro i fianchi per poi tornare a spingersi nel suo corpo, provocandogli un singulto.
«Non ci penso nemmeno. Finalmente sei mio. Mio, e soltanto mio.» Rispose il tritone, con quel suo tono basso e sensuale, quasi come se stesse facendo le fusa.
Akaza iniziò a muoversi con impeto, facendo scontrare la grossa coda contro il bacino di Rengoku, creando suoni umidi e facendolo fremere in maniera incontrollata. Kyojuro strinse le palpebre e si morse violentemente il labbro inferiore, contorcendosi nel vano tentativo di sottrarsi a quello che il tritone gli stava facendo. Il suo corpo viscido, proprio come quello di un pesce, non gli lasciava scampo, tenendolo inchiodato al terreno e facendo di lui ciò che più voleva. Provò ancora una volta ad opporre resistenza, le braccia doloranti per i ripetuti tentativi di liberarsi dalla morsa di Akaza, ma fallì miseramente.
Il tritone sorrise sornione, mostrando le zanne affilate, e si abbassò sul collo del capitano, facendo guizzare la lingua fuori dalla bocca per assaporare quella pelle umida, trovandola deliziosamente salata. Gli leccò la giugulare e scese giù, sulla clavicola sinistra; poi risalì e gli lambì le labbra, forzandolo ad aprirle per impossessarsi del suo palato. Kyojuro reagì mordendolo, ma anziché spingerlo ad allontanarsi per quel gesto improvviso, ottenne esattamente l'effetto contrario: Akaza gemette nel bacio e ricambiò il morso, dando una poderosa spinta che lo fece sussultare per il dolore.
Il sapore del sangue gli invase la bocca, mentre i suoi occhi diventavano lucidi per le lacrime che minacciavano di scendergli sul viso. Si sentì mancare l'aria, il mondo che perdeva consistenza, ma venne bruscamente riportato alla realtà quando sentì il secondo sesso di Akaza stringersi attorno al suo e cominciare a muoversi come se lo stesse masturbando. Sgranò gli occhi quando avvertì una strana scarica di piacere risalirgli lungo la colonna vertebrale e fissò allibito il volto del tritone, incredulo per ciò che stava provando.
Quella stimolazione viscida sul membro, unita al fatto che Akaza stesse colpendo ripetutamente una zona sensibile dentro il suo corpo, lo fece ansimare involontariamente nel bacio rude e umido che il tritone gli stava dando. Malgrado il disprezzo per il tritone, malgrado lo stesse odiando per ciò che gli stava facendo e il continuo lottare per liberarsi dalle sue spire, Kyojuro non poté fare a meno di eccitarsi. Si ritrovò eretto nel giro di pochi istanti, il piacere che gli scorreva nelle vene, torbido e intenso. Era tutto così maledettamente sbagliato, eppure non riusciva a resistere, a imporre al proprio corpo di non reagire in alcun modo.
«Vedo che il tuo corpo mi ha accettato, finalmente. Adesso arriva il bello.» Mormorò Akaza, a pochi centimetri di distanza dalla bocca schiusa e sporca di sangue di Rengoku.
Kyojuro non capì cosa volesse dire il tritone con quelle parole. Aveva nuovamente i sensi annebbiati, la mente completamente concentrata sul piacere che stava provando. Vide Akaza sogghignare e spostarsi dal suo viso per scendere sul petto. Sentì la sua lingua scorrere sulla pelle tesa dei pettorali e lambire i suoi capezzoli turgidi, strappandogli dei gemiti sconnessi. Continuando a tenergli saldi i polsi e muovendosi tra le sue cosce con veemenza, il tritone infilò la mano libera tra i propri corpi e afferrò il sesso del capitano, liberandolo dalla morsa viscida del suo secondo membro.
Rengoku gemette sonoramente nel sentire il palmo di Akaza sostituire quello strano sesso da tritone e si sentì attraversare da brividi incontrollati, l'eccitazione sempre più alle stelle. Akaza cominciò a masturbarlo con veloci movimenti di polso, mentre lo possedeva senza sosta. I movimenti del tritone si fecero più intensi e irruenti, e Kyojuro pensò che dovesse essere ormai prossimo all'orgasmo, cosa che avrebbe finalmente decretato la fine di quella tortura. Purtroppo per lui, Akaza aveva ben altri piani in mente e lo capì solo quando avvertì la strana erezione tentacolare stuzzicargli i testicoli e spingersi verso il basso, insinuando la punta dentro lo stretto anello di muscoli già occupato dall'altro grosso membro.
«A-aspetta! Cosa credi di- AH!»
Kyojuro provò a fermare il tritone, ma le parole gli morirono in gola, venendo sostituite da un grido di dolore e piacere al tempo stesso. Akaza aveva infilato il secondo membro dentro di lui, spingendolo in profondità insieme all'altra erezione, andando a stimolare con maggiore facilità quelle pareti calde e accoglienti che avevano iniziato a pulsare senza sosta. Rengoku riusciva a sentire chiaramente la punta di quello strano sesso muoversi in maniera diversa: si arrotolava su sé stessa, sfiorava senza alcun problema ogni singolo punto sensibile, premeva contro le sue pareti e si ritraeva seguendo un ritmo tutto suo.
Quell'ulteriore stimolo fu troppo e Kyojuro non riuscì più a trattenersi oltre: urlando per l'immenso e torbido piacere che gli incendiò ogni singola terminazione nervosa, Kyojuro raggiunse l'orgasmo tra le dita affusolate di Akaza, schizzando il proprio sperma sul suo stesso ventre contratto. Si riversò a lungo e copiosamente, teso come la corda di un arco e tremante come una foglia. Non aveva mai provato niente del genere, nemmeno con la più brava delle prostitute, e la cosa non poté che farlo sentire maggiormente confuso.
Akaza sorrise soddisfatto e si portò la mano alla bocca per leccarsi le dita e assaggiare lo sperma del suo amato, gustandolo come fosse la più deliziosa delle pietanze. Chiuse gli occhi e sbuffò dal naso, l'eccitazione sempre più crescente e prossima al culmine. Riaprì le palpebre per puntare le iridi gialle sul viso stravolto di Kyojuro e lo guardò con un crescente desiderio che gli attanagliava le viscere. Si abbassò su di lui e lo baciò, facendogli assaporare il suo stesso sapore; poi scese di nuovo sul suo collo, lambendo con la lingua la giugulare pulsante.
Si mosse in scatti veloci e violenti, continuando a spingere entrambe le erezioni dentro quel corpo caldo e fremente. Quando si sentì al limite, il tritone morse la tenera pelle del collo di Kyojuro, affondando le zanne fino a lasciare delle vistose e sanguinanti ferite. Il capitano urlò per il dolore e si contrasse, cosa che portò le sue pareti interne a stringersi maggiormente attorno ai due sessi premuti in profondità dentro di lui. Akaza lasciò andare la presa dalla carne di Rengoku e sibilò per l'ondata di piacere che gli fece rizzare la pinna dorsale e ogni singolo capello rosa. Lo guardò con aria famelica e gli arpionò i fianchi per tenerlo premuto contro di sé mentre assestava le ultime, vigorose spinte.
Kyojuro si lasciò scappare un gemito lungo e lamentoso, il dolore che lo pervadeva da capo a piedi. Anche se aveva finalmente le mani libere, non riuscì a fare altro che aggrapparsi agli avambracci muscolosi di Akaza, affondando le corte unghie vicino alle pinne e graffiandolo appena ogni volta che il tritone si scontrava con impeto contro il suo bacino. Avrebbe potuto colpirlo, tirargli un pugno sul viso, ma gli dolevano le ossa dei polsi e gli mancavano le forze.
Akaza continuò a spingersi nel corpo di Rengoku con scatti secchi e veloci, tenendolo fermo e rischiando di perforargli i fianchi con gli artigli. La mente e i sensi gli si annebbiarono nel giro di pochi istanti, il piacere che raggiungeva livelli mai provati prima, risvegliando in lui certe esigenze da tritone. L'orgasmo lo travolse con la stessa forza di uno tsunami e lui si lasciò trasportare da quell'onda potente senza opporre alcuna resistenza. Con un lungo gemito gutturale, Akaza venne copiosamente all'interno del corpo caldo di Kyojuro, riempiendolo abbondantemente con il suo seme perlaceo.
Rengoku si lasciò andare a un sospiro di sollievo, credendo che fosse tutto finito così da poter provare a fare fuori quella dannata creatura, ma le cose non andarono esattamente secondo i suoi piani. Akaza non lo lasciò andare, né uscì dal suo corpo teso e dolorante: al contrario, si premette ancora di più contro di lui e gli avvolse il busto con le braccia, quasi soffocandolo con la sua morsa. Kyojuro tentò in tutti i modi di liberarsi, contorcendosi sotto il corpo massiccio e pesante del tritone, ma fu tutto inutile. La creatura era decisamente più forte di lui, e il trovarsi in quello stato non aiutava per nulla.
«Adesso che sei mio, non ho alcuna intenzione di lasciarti andare.» Disse Akaza, con quel suo tono basso, simile alle fusa di un grosso gatto. «In fondo, sarai la madre dei miei figli. E non permetterò mai, a niente e nessuno, di portarti via da me.»
Mentre pronunciava quelle parole, Kyojuro sentì qualcosa dentro di sé muoversi, causandogli una strana e dolorosa sensazione. Il secondo sesso di Akaza, quello che somigliava tanto a un piccolo tentacolo, si era allungato e spinto in profondità. Poteva giurare di sentirlo ingrossarsi e premere contro le sue pareti interne, comprimendo l'altro membro che non aveva ancora smesso di rilasciare sperma, e qualcosa scivolò nel suo corpo, andando a depositarsi in una zona imprecisata del retto.
Sgranò gli occhi e ansimò sonoramente quando accadde la stessa cosa per altre due volte, e rabbrividendo poi nel realizzare finalmente il significato delle parole che il tritone aveva pronunciato poco prima. La consapevolezza lo colpì con la stessa forza di una palla di cannone, facendogli contorcere le viscere: Akaza stava deponendo le sue uova dentro di lui, ingravidandolo con l'aiuto del suo stesso abbondante sperma. Ringhiò e riprese a dimenarsi come un ossesso; ma più si ribellava, più il tritone stringeva la sua morsa.
Gli mancò il respiro e la grotta iniziò a girare pericolosamente, la vista che si annebbiava mentre le lacrime si raccoglievano agli angoli dei suoi occhi vermigli. L'ultima cosa che vide, prima di perdere definitivamente i sensi, fu il sorriso largo di Akaza che lo guardava soddisfatto, lo sguardo giallo brillante e penetrante che lo fissava vorace come la prima volta che si erano incontrati.
» N° parole: 3801
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