Capitolo 8 - Risultati inattesi

-Ehi, rossa, la vuoi una tazza di te?-
Rowan si stese supina sulle tegole del tetto de "il Porto" e sporse il busto oltre lo spiovente fino a ritrovarsi a testa in giù, facendo penzolare nel vuoto la cascata di capelli rossi.
-Sai che non accetto nulla dalla tua bettola.- replicò in direzione di Bardolph, in piedi sulla porta dell'osteria.
L'uomo rise fragorosamente.
-Lo so, lo so.- la rassicurò -Tra poco mia moglie viene a darmi il cambio, se vuoi una tazza di tè, te la faccio portare.-
Nel pronunciare quelle ultime parole, intercettò il figlio che stava uscendo correndo dal locale e gli scompiglio i capelli.
-In tal caso si può fare.- accettò la mezzelfa, quasi gli stesse facendo una concessione -Buongiorno, Barnabas!-
-Ciao, Rowan!- la saltò il ragazzino, agitando la mano.
La ragazza si rimise in ginocchio sul tetto malandato e tornò a sedersi sul colmo a contemplare assorta l'orizzonte.
Nalhock si era svegliata sotto un cielo grigio e pesante, sormontata da un tappeto di nuvole scure e cariche di pioggia che lasciavano filtrare una luce giallognola e malaticcia, che pareva ammorbare l'aria con qualche malsano effluvio.
Gli occhi di Rowan si spostarono dalle acque agitate del mare su per il delta del fiume fino al piccolo molicciolo sgangherato a pochi passi dalla bettola di Bardolph.
Era stata una guardia infruttuosa; nonostante avesse vegliato tutta la notte, non aveva assistito a nessun accadimento al di fuori dall'ordinario. Era stata testimone di sei risse, due accoltellamenti, quasi una dozzina di lanci dell'ubriaco e un numero indefinito di rigetti, ma nessuna strana ipnosi o incantamento.
Probabilmente avrebbe finito per addormentarsi, se Erin non fosse passata a trovarla fra una ronda e l'altra.
Per quanto la giovinetta facesse il possibile per non darlo a vedere, Rowan si era accorta che non aveva alcuna necessità di dormire: era una delle sue tante stranezze, delle quali la mezzelfa aveva ormai perso il conto, anche se non l'avevano aiutata a capire se quella creaturina dall'aria innocente non nascondesse in realtà una natura più oscura. Invero, se avesse davvero voluto una risposta, le sarebbe bastato chiedere al mago, ma come al solito il problema stava nel fatto che preferiva non saperlo.
Sospirò, stiracchiandosi sulle tegole della bettola sotto il cielo plumbeo.
Non aveva idea del perché quella notte fosse trascorsa così tranquil­la dopo tutto il trambusto di quelle precedenti e a cose normali sarebbe corsa da Lucius a verificare le ipotesi che aveva formulato e rivedere le informazioni che aveva raccolto, ma non quel giorno.
Sebbene si ripetesse che lo faceva per non disturbarlo dalle trattative diplomatiche e dai preparativi per la cena di quella sera, in fondo sapeva bene che, se non si era già presentata nel soggiorno del mago a un'improbabile ora del mattino, era soprattutto per via dell'imminente temporale.
Il mentalista diventava strano quando tirava aria di tempesta: si faceva malinconico, nervoso, fragile... e lei non era in grado di offrirgli il supporto e la comprensione di cui aveva bisogno. Non era che non si vergognasse di essere una tale pessima amica in quella circostanza, anzi, dopo finiva sempre per rendersi più disponibile del solito per compensare quella mancanza, ma non poteva farci nulla: in un certo senso per lei Lucius era una sorta di maestro, un modello di equilibrio e ragione, e non era in grado di vederlo diversamente. E forse una piccola parte di lei riteneva che, tutto sommato, l'uomo non avesse abbastanza motivi per sprofondare in quello stato di angoscia. Le cose gli stavano andando bene, nonostante tutti gli eventi del passato, ora si era sistemato. Ovviamente la giovane detestava la vocina che le suggeriva quel pensiero, ma non riusciva a scacciarla.
-A dopo, Rowan!-
La voce squillante di Barnabas che correva verso casa la strappò ai suoi pensieri.
La mezzelfa alzò la mano in segno di saluto e gli sorrise brevemente, seguendolo con lo sguardo fino alle mura della città.
Avrebbe aspettato quella tazza di tè prima di tornare alla Tana e riposare qualche ora in attesa di un'altra veglia notturna sul tetto de "Il Porto"; se la prima volta non aveva dato i frutti sperati, la seconda sarebbe stata quella buona.

***

Sotto una delle quattro cupole di vetro che sormontavano quattro dei cinque angoli della costruzione a pianta pentagonale che ospitava la millenaria biblioteca di Biorj, gli occhi di Lucius correvano rapidi dietro le dita della mano che seguivano le parole vergate in inchiostro scuro e bella grafia sulle pagine del tomo di magia rituale.
Era il quarto libro da quella mattina che divorava nella speranza di racimolare qualche suggerimento utile per il rituale che aveva in mente, senza grande successo. Nonostante gli svariati fogli di appunti che il pennino sul tavolo accanto a lui aveva preso in apparente autonomia, la maggior parte delle note erano solo curiosità generiche che il mago riteneva gli sarebbero tornate utile in futuro e solo una quota piccolissima concerneva la sua attuale ricerca. In fin dei conti la conoscenza era una moneta la cui valuta non perdeva mai di valore.
Ad ogni modo, seppur poco proficua, quella mattinata in biblioteca era almeno servita a distrarre il mentalista dal maltempo e a scacciare dalla sua mente i pensieri cupi che affioravano dallo stagno del suo passato.
Lucius chiuse il volume, "Riguardo le possessioni e il dominio della mente" di Sigfried von Halen e lo posò sulla pila delle letture concluse, per passare al tomo in cima alla torre di quelli ancora da consultare, "Della mente e delle sue connessioni" di Rupert Goodstar, alla luce malaticcia che filtrava attraverso le vetrate trasparenti.
La verità era che il mago non aveva alcuna impellente necessità di concludere quella ricerca, ma quando un'idea comin­ciava a ronzargli in testa, tendeva di sovente a mutarsi in un tarlo che lo scavava e ossessionava fin tanto che non veniva a capo del modo in cui metterla in pratica. Era una maledizione e una benedizione allo stesso tempo che il mentalista aveva imparato a gestire nel corso degli anni accademici e a volgere a suo vantaggio, almeno nella maggior parte dei casi. Certo in ciò la disciplina magica l'aveva molto aiutato.
Mentre voltava ritmicamente una pagina dopo l'altra, cominciava a farsi l'idea che neppure quel trattato lo avrebbe aiutato.
La magia rituale, come ogni campo della magia, aveva delle limita­zioni e delle criticità: nello specifico, trattandosi di un incantesi­mo che coinvolgeva due persone, queste ultime erano rappresentate dalla distanza tra i due soggetti coinvolti, il tempo di attuazione del rituale e dall'elemento di contatto che legasse i suddetti. Se l'ultima era piuttosto facile da scavalcare, le altre due erano molto più complicate: più le distanze si allungavano infatti, più in genere si dilatavano i tempi del rituale, anche preparando in anticipo i componenti.
Senza contare che in generale, a ciò si associava anche una maggior richiesta di energia e di conseguenza una maggiore dispersione, cosa che poteva attirare l'attenzione, e a Nalhock era preferibile mantenere una certa discrezione.
-Davvero riuscite a leggere così rapidamente?-
Lucius trasalì per lo spavento.
Era così concentrato sulla lettura che non si era accorto che il bibliotecario di Biorj fosse arrivato alle sue spalle, né tantomeno che si fosse appoggiato alla spalliera della della sua sedia e stesse sbirciando il suo lavoro da sopra la sua spalla, col viso a pochi centimetri dal suo.
Aros di Trand gli sorrise con fare colpevole, ma al contempo evidentemente divertito, nonostante il suo sforzo di nasconderlo.
-Perdonatemi.- si scusò -Non era mia intenzione spaventarmi, ero solo colpito da... qualunque sia il nome di ciò che state facendo.-
Il mentalista si tolse gli occhiali e si girò verso il suo interlocu­tore, ricambiando il suo bel sorriso con uno imbarazzato.
Non gli capitava spesso di essere colto di sorpresa e la cosa lo metteva a disagio, anche se mai quanto trovarsi così vicino a uno sconosciuto; nonostante le sue spiccate abilità sociali potessero far pensare il contrario, non era il tipo di persona a cui piacesse condividere con degli estranei il suo spazio personale. Al contrario il bibliotecario pareva piuttosto disinvolto nel ritrovarsi a conversare a un paio di centimetri dalla sua faccia.
-Oh, voi non ne avete colpa.- ribatté, sforzandosi di ritrovare la sua naturale pacatezza -Ero così assorbito nella lettura da non essermi neanche accorto del vostro arrivo.-
Nel pronunciare quelle parole si spostò un poco sulla sedia, in modo da poter al contempo guardare in viso il suo interlocutore e aumentare la distanza tra di loro.
Aros di Trand, dal canto suo, non parve nemmeno farci caso; spostò la sua attenzione sul grosso tomo aperto sulla scrivania davanti al gran consigliere e lo indicò con aria perplessa.
-Mi state forse confermare che steste effettivamente leggendo a quella velocità? Non stavate cercando una parola o ripassando qualche nazione fondamentale?- domandò con lo stesso stupore dei bambini davanti a una curiosa novità.
Lucius annuì comprensivo: non era la prima volta che gli capotava di avere quella conversazione, anche se di solito il tono tendeva più allo scetticismo che all'entusiasmo.
-È un trucco da mentalista.- spiegò sottovoce, per non disturbare gli altri, pochi invero, avventori della biblioteca -L'abilità di compartimentalizzare i diversi processi mentali e ottimizzare l'attività mentale è parte intrinseca della disciplina del mentalismo. Con un po' di allenamento si può facilmente arrivare a leggere settemila parole al minuto e ovviamente memorizzarle, prendere appunti tramite la telecinesi e, volendo strafare, intrattenere anche una conversazione.-
Aros di Trand si martellò le labbra con l'indice della mano sinistra, mentre i suoi occhi brillavano di una luce affascinate e curiosa.
-Dev'essere faticoso.- osservò serio in un bisbiglio.
-Lo è.- ammise Lucius, annuendo leggermente -Richiede un notevole dispendio di energia magica, ma è un piccolo prezzo da pagare quando si ha meno tempo di quanto non si vorrebbe da dedicare alla studio.-
-O, beh, di certo ne vale la pena, è strabiliante.- ne convenne il bibliotecario -Dite che potreste insegnarmi?-
Nel suo sguardo sfavillava uno scintillio magnetico, quell'entusiasmo genuino e travolgente che conduceva i fanciulli verso nuove avventure con entusiasmo e ingenuità, il quale riaccese un calore sopito nel petto del mentalista, una sensazione familiare e rassicurante, come se per la prima volta dopo molto tempo si fosse sentito di nuovo a casa.
-Si può fare, ma temo impiegherete del tempo per apprenderlo.- lo avvertì -Mi è parso di capire che voi non abbiate alcuna dimestichezza con il mentalismo.-
-Avete capito alla perfezione.- ammise quello, ancora appoggiato allo schienale della sedia -Ma sono un buono studente e... beh, credo di dover rimanere a Nalhock parecchio a lungo... e non penso che il gran consigliere del governatore preveda di trasferirsi a breve, quindi il tempo non ci manca.-
Ridacchiò sottovoce e Lucius non poté esimersi dal riconoscere la bellezza armonica del suo viso e perdervisi per un istante.
Aros di Trand si passò le dita fra i capelli, sulla parte sinistra del capo, cosa che fece notare al mago come fosse riuscito a ridurre di frequenza quel gesto e renderlo più naturale, e fece un cenno verso la pila di tomi accatastati sul piano in legno.
-Piuttosto... sono stato scortese e non vi ho neppure chiesto a cosa steste lavorando o se aveste bisogno di aiuto.- osservò in tono colpevole.
-Oh, io...- cominciò Lucius preso alla sprovvista, girandosi sulla sedia verso il tavolo per rivolgere la sua attenzione alla pila di libri che stava visionando -In realtà è un progetto complicato... più una capriccio... una sfida personale più che altro.-
-Allora, vi prego, mettetemi al corrente.- lo incalzò l'altro con rinnovato trasporto.
Il mentalista esitò per un istante, ma desiderava così tanto potere condividere il suo progetto con qualcuno che potesse capire di cosa stesse parlando che cedette immediatamente.
-Sto cercando di disegnare un rituale che consenta alla mente di due individui di scambiarsi di corpo per un periodo indefinito di tempo.- spiegò Lucius con calma, cercando di non tradire l'esaltazione che gli suscitava l'argomento -L'idea è che l'innesco del rituale generi lo scambio e la rottura del rituale riporti le menti nel loro corpo originario. Purtroppo al momento mi sto scontrando con un problema di criticità.-
-Tempo a distanza, ad occhio e croce.- indovinò il bibliotecario, sfregandosi il mento con l'indice con fare meditabondo -E finora avete trovato qualcosa di utile per risolverle?-
Lucius scosse tristemente la testa.
-Purtroppo no.- rispose -Le poche informazioni utili che ho trovato non riguardano le criticità. Non sono stato in grado di scovare neanche un rituale vagamente simile.-
Aros di Trand girò intorno alla sedia e prese a scrutare le coste dei vecchi tomi ordinati in nelle due pile sul tavolo.
-Questi...- mormorò assorto, mettendo due volumi della torre di quelli ancora da consultare davanti al gran consigliere -Questi potrebbero contenere qualche informazione utile. Ma gli altri... i miei saggi hanno una conoscenza vergognosamente limitata delle discipline magiche, non saprebbero consigliare un bambino.-
Prese fra le braccia i tomi restanti.
-Riporto questi a posto e vi cerco qualcosa di più utile.- riprese -E vi porgo le mie scuse per il tempo che i miei sottoposti vi hanno fatto sprecare.-
Non gli diede neppure il tempo di replicare che aveva già disceso i quattro gradini che separavano la scrivania dal resto della biblioteca e sparì oltre una delle alte colonne di pietra dell'edificio.
Lucius si riscoprì a sorridere tra sé e scosse il capo, nel tentativo di uscire da quello stato di fibrillazione fanciullesca e tornare a concentrarsi sui suoi studi.
Erano passati cinque anni dall'ultima volta che aveva avuto qualcuno con cui confrontarsi sulla magia e le sue applicazioni e ora che ne aveva nuovamente l'opportunità gli pareva che fosse trascorsa un'eternità. Era stato così assorbito dalle questioni cittadine, dai problemi quotidiani da essersi quasi dimenticato quale fosse la sua vera natura e quell'assaggio di collaborazione gli sembrava una boccata d'aria fresca dopo un lungo periodo passato sott'acqua.
Prese il primo dei tomi che si erano salvati dalla selezione del bibliotecario e tornò a concentrarsi sul testo. La piuma, che fino a quel momento era rimasta adagiata sul tavolo sopra una pila di pergamene ben ordinate, frullò nell'aria e si tuffò nel calamaio, per poi tornare a vergare la carta di precise parole scure, copiando le righe d'inchiostro che scorrevano sotto gli occhi del mago.
Era già arrivato alla fine del primo capitolo quando Aros tornò carico di nuovi volumi.
-Questi dovrebbero aiutare.- annunciò a bassa voce, posandoli delicatamente sul piano del tavolo -Ora, come posso aiutarvi?-
Lucius sollevò lo sguardo sul suo interlocutore per poi lanciarsi un'occhiata attorno.
-Non fraintendetemi, mi fa molto piacere poter giovare del vostro aiuto e della vostra compagnia, ma non avete altri impegni più stringenti che assistere un vecchio mago in difficoltà?-
Sul bel viso del bibliotecario si dipinse una smorfia di fastidio e disagio.
-Dovrei...- borbottò vago, per poi esprimersi in un sospiro seccato -Da quando ho annunciato imminenti e radicali cambiamenti nell'organizzazione e nella formazione dell'ordine, per risollevarlo dal casino in cui è precipitato, i miei saggi non mi danno tregua e gli studenti sono diventati isterici. È da questa mattina che che mi sto nascondendo e spero che vedendomi occupato con voi abbiano la decenza di non venire a seccarmi.-
Lucius non poté trattenere una risata.
-Temo vi siate messo in un bel pasticcio.- osservò conciliante -In linea di principio a Nalhock conviene prima fare i cambiamenti e poi annunciarli.-
Aros di Trand sospirò con rassegnazione.
-Mi avrebbe fatto comodo saperlo prima, ma almeno ora lo so e posso tenerlo presente per il futuro.- sentenziò -Ma per il momento mi concentrerei su un altro tipo di problema, quindi: come posso aiutarvi?-
Lucius fece un cenno verso i libri in attesa sul lucido piano in legno.
-Temo che la mia non sia che una noiosa ricerca nozionistica per il momento.- rispose -Se voleste controllare qualche capitolo al posto mio mi risparmiereste del tempo.-
-Ah, credo di non poter competere con la vostra spettacolare abilità.- ribatté l'altro -Ma farò del mio meglio. Su cosa vi occorre che mi concentri?-
-Direi un rituale simile per tempo o distanze... o intento.- elencò il mentalista -Per le specifiche direi i componenti individuali, lunga distanza, tempi stretti, necessaria consensualità.-
-Piuttosto difficile.- osservò il bibliotecario pensieroso -Mi piacciono le sfide.-
Si sedette sulla sedia davanti a Lucius, dall'altra parte del tavolo intarsiato e prese il volume in cima alla pila.
Si susseguirono alcuni minuti di silenzio, scanditi solo dal grattare del pennino sulla superficie ruvida dei fogli di pergamena, quando il bibliotecario abbassò improvvisamente il libro.
-Perdonate questa mia assunzione. - sussurrò, incrociando i suoi occhi blu come il mare più profondo con quelli scuri del gran consigliere del governatore -Ma dopo il ricevimento mi è capitato di ripensare alla nostra breve conversazione e ho realizzato che non vi è un solo posto a Ithra dove avreste potuto conseguire un diploma di magia dal momento che non siete affiliato dell'ordine. Al che ho pensato che non doveste essere originario del Regno, dico bene?-
Il pennino frullò su se stesso lasciando il periodo a metà.
-In effetti dite benissimo.- mormorò Lucius, mentre un sorriso nostalgico gli stirava gli angoli della bocca -Sono nato e cresciuto in una città accademia, nella confederazione di Yutrell.-
Aros di Trand schioccò le dita.
-Yutrell, certo!- commentò a voce un po' troppo alta, per poi abbassarla subito -Avrei dovuto capirlo dalla vostra altezza e dai tratti del vostro viso. Anche se devo dire che il vostro accento e la vostra dizione sono impeccabili.-
Il mago si affrettò a nascondere un certo orgoglio che quelle parole avevano risvegliato in lui.
-Anni di esercizio e un certo aiuto dal mentalismo.- confessò -Per un periodo ho pensato che avrei potuto adottare l'inflessione tipica di Nalhock, ma credo che per un diplomatico sia meglio mantenere una parlata il più neutrale possibile. E in questo voi certo non mi siete secondo, il vostro comune è assolutamente impeccabile e il vostro Ithriano non risente di nessun accento locale, tantomeno quello cantilenante di Trand.-
Il bibliotecario fece un vago gesto con la mano nell'aria.
-Come voi ritenete che un buon diplomatico debba parlare una lingua chiara e pulita- spiegò -Io ho ritenuto che, se dovevo rappresentare la voce di un dio su Otherian, fosse meglio ripulire la mia parlata dalle contaminazioni regionali e locali. Ritengo sia più... solenne.-
Si schiarì la voce e si portò la mano a sfiorare i capelli sul lato sinistro del viso.
-Probabilmente la mia è solo vanità.- scherzò -Piuttosto, prima non mi avete det...-
-Bibliotecario!-
Il titolo risuonò nella biblioteca, sfuggito dalla bocca di un giovane saggio comparso alla destra dei due uomini e pronunciato in tono di troppo alto, con una mescolanza di sollievo e al contempo rimprovero.
Aros di Trand fece bruscamente cenno al ragazzo di abbassare il volume e indicò con un cesto seccato Lucius.
-Sarei intento ad aiutare il gran consigliere del governatore con una spinosa questione, persona alla quale non mi pare sia portato sufficiente rispetto tra queste mura.- lo informò con assoluta serietà.
Quello si fece rosso in volto e accennò un inchino frettoloso e impacciato verso il mentalista, per poi tornare a rivolgersi al bibliotecario.
-Capisco, marstro, ma alcuni degli studenti vogliono interpellare le famiglie e molte sono...- bisbigliò preoccupato.
Aros di Trand lo interruppe sollevando la mano e alzò gli occhi al soffitto.
-Ho capito.- sbuffò, per poi rivolgere un sorriso fiducioso a Lucius -Spero avremo modo di riprendere la nostra conversazione questa sera... e magari la nostra collaborazione la prossima volta che avreste modo di venire in biblioteca.-
-Con piacere.- rispose quello, col suo solito fare garbato.
Con un sospiro di rassegnazione il bibliotecario si alzò dalla sedia e seguì il giovane saggio evidentemente a disagio.
Il gran consigliere sorrise tra sé: si era fatto l'idea che il nuovo bibliotecario fosse esattamente come si mostrava, ma di certo non si era bevuto la storia della buona dizione per apparire più solenne. Quello che era certo era che ora sapeva cosa fosse davvero Aros di Trand.

***

-Passerai di nuovo la notte al Porto?-
Rowan allacciò la cinghia dello spallaccio sotto l'ascella e sollevò la testa verso Ethan, appoggiato all'arco che faceva da soglia alla stanza della mezzelfa.
-Il piano è quello.- rispose lei -Ci sono problemi?-
Se ne stava seduta sul suo letto di stracci, preparandosi per la nottata di guardia che l'attenda, sulla cima di un tetto sgangherato alla mercé di una fredda notte di fine febbraio.
Ethan scrollò le spalle.
-No, volevo solo farmi un'idea di quale fosse il programma.- spiegò -Credo che Sally e Henry vogliano farsi un giro per osterie e Jhon andrà alla locanda del cervo per qualche ora, magari si porterà pure un paio dei piccoli... ma comunque dovrebbe essere una nottata tranquilla.-
Rowan annuì lentamente, infilandosi lo stivale sinistro e tirandolo con forza fino a metà coscia.
-Saranno tutte nottate piuttosto tranquille fino alla festa di primavera.- asserì, stringendo i lacci di cuoio -Quando cominceranno i festeggiamenti per la primavera, dovremo organizzare dei turni notturni e diurni in modo da ottenere il maggior guadagno possibile. Le nostre casse sono mezze vuote e la nostra dispensa si sta svuotando.-
-Giust'appunto!- esclamò quello.
Ethan portò le mani a tastare l'abbondante armatura per un paio di secondi, prima di ricordarsi di farle passare al di sotto del pettorale di cuoio per arrivare alle tasche della sua casacca.
-Ho fatto una lista.- spiegò, mostrandole un pezzo di pergamena spiegazzato, redatto in una grafia incerta -Per la prossima settima­na dobbiamo rifornirci di farina e avena, sono quasi finite entrambe. E la nostra scorta di patate si sta esaurendo rapidamente. In compenso ho fatto un buon affare per un carico di lenticchie e fagioli in arrivo da Dilka. Penso siano rubati, ma non sono tipo da dare troppo peso a questi dettagli.-
Rowan ridacchiò, finendo di stringere le cinghie del secondo stivale.
-Non è di sicuro un problema nostro.- ne convenne -E una volta risolta la questione del Porto, userò il denaro con cui Bardolph mi pagherò per farina e avena... e chissà che non ci rimanga qualcosa anche per le patate.-
Ethan rimise goffamente la lista nella tasca e si sistemò l'armatura alla bene e meglio nel tentativo di darle una parvenza di dignità, ma fallendo miseramente.
-Bardolph non ti paga un granché per l'impegno che ci stai mettendo.- borbottò con una smorfia.
La mezzelfa posò i palmi delle mani su letto alle sue spalle, facendo leva sulle braccia tese, e scrollò leggermente la testa facendo ricadere all'indietro i capelli color rame.
-Bardolph mi paga quello che può.- ribatté pensierosa -Che non è poi così poco per il tempo complessivo che mi impiegherà.-
Si alzò di scatto in piedi, prese il mantello appeso al muro con un gancio e attraversò a passò deciso lo spazio che la separava dalla soglia. Tuttavia si fermò quando si trovò davanti al giovane.
-Tieni sotto controllo i ragazzi e rivolgiti a Erin in caso ci fosse qualche problema.- si raccomandò, posandogli la mano sulla spalla -Ma se proprio non potete fare a meno della mia presenza, manda lei a cercarmi al Porto e nessun altro, non sono certa che questa notte le cose scorrano lisce come spero.-
-L'hai detto anche ieri.- le fece notare lui, alzando un sopracciglio.
-E lo dirò anche domani se dovesse servire.- ribatté lei lapidaria.

***

Lucius si tolse il mantello imperlato di minuscole gocce d'acqua e Herbert lo prese dalle sue mani per scuoterlo fuori dalla porta.
-È stata una giornata proficua, signore?- chiese l'uomo con fare composto.
-Più di quanto sperassi- rispose il mago con un sorriso gentile -Purtroppo non per i miei studi, ma questo non ha importanza per il momento. Prendiamo quello che ci viene dato e ne traiamo il guadagno migliore che ci sia possibile.-
L'altro annuì, piegandosi in un lieve inchino.
-Molto saggio, come sempre, signore.- lo elogiò.
Lucius si espresse in un lieve gesto di gratitudine, per poi incamminarsi su per le scale.
La residenza del mago era distribuita su tre piani, se si escludeva il piccolo studio ricavato sul tetto, e le camere da letto padronali si trovavano al piano più alto, lontano dai rumori e dai fastidi della strada.
Nella sua testa il mentalista sta già cominciando a costruirsi un'idea della serata che lo attendeva e aveva già selezionato gli abiti da indossare sotto la sua miglior tunica viola da primo mago della città. Si era anche fatto una scaletta delle cose da fare prima di uscire in modo da ottimizzare al meglio le tempistiche e incastrare i diversi passaggi; insomma il suo rituale standard per gli eventi pubblici.
Lucius non era mai stato particolarmente vanitoso, ma negli anni aveva imparato a dare importanza a come appariva agli occhi delle persone e quella sera doveva essere assolutamente impeccabile solo per irritare il gran sacerdote.
Quando Faramond era salito ai vertici della chiesa di Nalhock, lui l'aveva catalogato come uno sciocco borioso da cui tenersi il più alla larga possibile, ma col tempo aveva sviluppato un sincero odio nei suoi conforti, scaturito dalle idee retrograde e bigotte, che l'alto prelato aveva cercato di diffonde­rne tra la popolazione cittadina, e alimentato da tutte le frecciatine e gli insulti più o meno velati che il prete gli aveva riservato negli anni.
Quello di Faramond non era che lo sfogo della frustrazione di non poter influenzare la politica della città col suo potere ecclesiastico, cosa della quale il gran consigliere del governatore aveva la massima parte di responsabile dal momento che Eluard non era che uno sciocco bambinone incapace.
Lucius si chiuse alle spalle la porta della sua stanza e posò la borsa di cuoio carica di appunti sulle sedia davanti allo scrittoio.
Nonostante il suo piccolo progetto personale di infastidire Faramond, non aveva alcuna voglia di partecipare alla pagliacciata di quella sera, che si sarebbe rivelata una gigantesca leccata di culo al bibliotecario, ma desiderava genuinamente parlare ancora con quest'ultimo e magari farsi un'idea più precisa circa il suo pensiero riguardo la chiesa di Abjan. Infatti una parte di lui era molto curiosa di vedere come Aros di Trand si sarebbe rapportato con Faramond, considerato il tono aspro con cui si era espresso nei suoi riguardi al ricevimento.
Il mago si sedette sul letto e prese un respiro profondo per decomprimere la mente e schiarirsi i pensieri.
Un sorrisetto compiaciuto distese le sue labbra, nel ripensare agli eventi di quel pomeriggio. Se da un lato si sentiva un po' in imbarazzo per aver impiegato tanto tempo a svelare il piccolo segreto del bibliotecario, dall'altro si crogiola nella piacevole prospettiva di un loro prossimo incontro, magari lontano da orecchie indiscrete e improvvise interruzioni.
Si passò le dita tra i capelli brizzolati, quasi volesse scacciare con la mano quei pensieri dispettosi, e finalmente si alzò in piedi per cominciare a svestirsi, sebbene ancora incapace di togliersi quel sorriso ebete del viso: evidentemente non serviva molto per intrattenere un vecchio mago.

***

La gelida brezza serale soffiava dal mare portandosi dietro l'odore del sale.
I passi di Milo, giovane pescatore di Nalhock, parevano risuonare sulle assi al ritmo delle onde, che si infrangevano contro i pali di legno del piccolo molo che si affacciava sulle profonde acque del fiume Ahm. Gli occhi del ragazzo erano come persi nell'ombra della notte, affacciati su scenari lontani dal profilo della città, mentre un sorriso ebete gli affiorava sulle labbra.
Calpestò le travi scricchiolanti del misero porticciolo, cullato da una stolida volontà e si spinse con decisione oltre il bordo.
Sarebbe di certo caduto in acqua se Rowan, che fino a quel momento si era limitata a osservarlo nascosta dall'oscurità della notte, non lo avesse afferrato per un braccio.
Milo la fissò confuso e smarrito, con quello sguardo vacuo, e lei, non sapendo esattamente che fare, gli assestò uno schiaffo in pieno viso, facendolo barcollare.
-Ma cosa...?!- esclamò il giovane.
La sua voce era un poco impastata a causa dell'alcol, e le parole gli uscirono biascicate, ma i suoi occhi erano nuovamente vigili e presenti.
-Fila a casa, Milo.- gli intimò la mezzelfa, sganciando la lanterna dalla cintura -Hai bevuto troppo.-
Lui aprì la bocca per protestare, ma la completa noncuranza che gli dimostrò Rowan, intenta ad accendere il lume, lo fece desistere e si limitò ad allontanarsi borbottando qualche lamentela che la mezzelfa non si prese la briga di interpretare.
Tenendo la piccola lanterna in alto davanti a sé, si avvicinò al bordo della passerella di legno, scrutando l'acqua scura appena increspato del fiume.
La fiamma del lume si riflesse negli occhi grandi e scuri di una fanciulla innaturalmente minuta immersa nell'acqua fino al mento: il suo pallido viso a cuore era incorniciato da una cascata di lisci capelli neri che galleggiavano nell'acqua intorno a lei e le sue labbra morbide e livide erano increspate in un'espressione interdetta.
-Quindi sei tu la responsabile.- commentò Rowan, osservandola con attenzione alla luce della lanterna.
-Apparteneva a me.- rispose una vocina morbida e melodiosa nella testa della mezzelfa.
C'era fastidio nel tono di quel sussurro telepatico, forse addirittura una punta di rabbia, ma la ladruncola non si fece impressionare.
-Come Rose, la ragazza che hai preso due notti fa?- ribatté, cercando di nascondere che sapeva meno di quanto non volesse dare a intendere.
La fanciulla inclinò leggermente la testa di lato e poi si esibì in una rapida capriola, sparendo per un istante sotto il pelo dell'acqua per poi ricomparire un attimo dopo un poco più vicina.
-No, sciocchina.- la corresse, quasi sorpresa dall'ignoranza della sua interlocutrice -Ho preso la ragazza perché stavo morendo di fame, il pescatore lo volevo per accogliere i miei piccoli.-
Un brivido gelido corse lungo la schiena di Rowan e una smorfia di disgusto le increspò le labbra, ma si sforzò di non mostrare alcun segno di perplessità o esitazione, anche se non le era chiaro cosa intendesse dire la creatura.
-Quali che siano le tue motivazioni, non puoi restare qui.- la informò -Un porto non è il luogo per una sirena.-
La fanciulla scivolò verso il piccolo molo, increspando l'acqua intorno a lei, e si sollevò dai flutti del fiume per appoggiarsi alle assi umide di legno, facendo indietreggiare Rowan di un passo.
La pelle diafana del suo corpicino minuto sembrava avere una leggera sfumatura azzurrina e piccole squame bluastre salivano lungo i suoi fianchi per abbracciare i piccoli seni acerbi della sirena e impreziosire il suo collo e i lati del suo viso, precedentemente nascosti dai capelli neri, come piccole gemme che risplendevano alle fiamme della lanterna.
-E sarai tu a mandarmi via?- domandò la creatura marina, quasi in tono di scherno dentro la sua testa, mentre la sua piccola bocca si distendeva in un lieve sorriso.
La mezzelfa osservò le sue mani minute poggiate sul legno: le dita sottili terminavano in unghie lunghe a appuntite ed erano unite da uno sottile membrana semi-trasparente.
Con un gesto rapido e fluido la ragazza estrasse il luogo pugnale che portava nel fodero allacciato alla coscia.
-Preferirei che te ne andassi di tua spontanea volontà, ma se sarò costretta non esiterò neanche un istante.- dichiarò risoluta.
Una risata incontrollata le esplose nella testa a quelle parole; le labbra della sirena si stirarono in un ampio sorriso e gli angoli della sua bocca si distesero fino a tagliare le guance fin quasi alle orecchie, rivelando due doppie file di piccoli denti aguzzi in quelle fauci mostruose.
-Ammiro la tua audacia, bambina.- si complimentò la vocina divertita nelle sua mente -Ma prima di arrivare a usare quel pugnale, dovrai confrontati con le mie di "armi".-
Rowan esitò un istante, non riuscendo nuovamente a comprendere cosa la sirena intendesse dire, e ciò diede il tempo a quest'ultima di mostrarglielo: tutt'a un tratto i pensieri della mezzelfa si riempirono di un'irresistibile melodia, che la trascinò in luoghi lontanissimi e ricolmi di estasi e bellezza.
La ragazza tentò invano di opporsi; quel canto meraviglioso la riempì e l'avvolse, colmandola di una felicità pura e inebriante, di una pace completa e perfetta. Ogni cosa attorno a lei parve sparire in una nebbia dorata: la città, Moray, i suoi ragazzi, le sembravano cose piccole e insignificanti che potevano sprofondare nella profondità più recondite degli abissi della sua coscienza.
Sentì un tocco gentile sul suo viso, poi una mano delicata che le spostava i capelli dal collo.
-Tu non mi servi.- bisbigliò al suo orecchio una voce dolcissima, mentre quel canto melodioso echeggiava tutt'attorno -La tua carne... dev'essere deliziosa... ma non ho fame... e saresti un problema se ti lasciassi andare, non è così?-
-Ti darei la caccia fino a che non ti avrei uccisa.- rispose Rowan con voce sognante, quasi non fosse lei a parlare.
-Esatto.- sussurrò quella voce flautata al suo orecchio -Per questo dovrai fare una piccola cosa per me: sali sul ponte più alto della città e gettati di sotto. Lo farai per me?-
-Certo, qualsiasi cosa per te.- acconsentì la mezzelfa, in estasi.
Mosse un piede dietro l'altro, tornando verso la città, come se stesse galleggiando su una nuvola di pace assoluta e spensierata.
Doveva solo trovare un ponte, il ponte più alto, e saltare e dopo non sarebbe mai più stata infelice, ogni problema sarebbe scomparso per sempre.
Le strade, i muri, le alte guglie del tempio, le mura della cittadella apparivano così belle, così luminose, come se anziché essere fatte di pietra fossero state forgiate nel cristallo e nell'oro; persino le stelle del cielo sembravano brillare più vivide e intense.
Rowan si arrampicò sulla balaustra del ponte di Nenka, che portava il nome di un valente soldato che su quello stesso aveva combattuto valorosamente contro un manipolo di invasori impedendogli di raggiungere la cittadella.
Lasciò che il vento della sera le scompigliasse i capelli cullandola in quell'estatica melodia, ma non saltò: una piccola vocina, comparsa dall'abisso della sua coscienza, si faceva strada nella sua testa verso i pensieri coscienti, più fredda della melodia, meno seducente, ma implacabilmente insistente. Diceva: "non saltare".
La mezzelfa restò lì, in piedi sulla balaustra, con l'odore del sale che veniva dal mare e la canzone che si faceva ogni secondo più forte, più intensa, più perentoria, mentre quel sussurro razionale la teneva ancorata a terra. Ma era un bisbiglio che non poteva vincere contro l'irresistibile melodia.
Allungò un piede nel vuoto, ma d'un tratto quella scintilla di lucidità gridò più forte della musica: "l'acqua".
Rowan fece un paio di passi di lato e quando quel canto seducente esplose con tutta la sua violenza nella sua testa, saltò.
E il fiume Ahm l'accolse con un freddo abbraccio nei suoi flutti.

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