Capitolo 6 - In parallelo
[Versione audiolibro qui: https://youtu.be/TnVPlucARuw]
Rowan atterrò leggera sulle pietre fredde degli stretti vicoli che si snodavano intorno alle mura sul versante nord-ovest della città.
Una sgradevole sensazione di vuoto e apatia le era rimasta appiccicata dalla sua conversazione con il mago; aveva come l'impressione di essere intrappolata in una bolla che ovattava i suoi sensi e rallentava i suoi gesti, dandole l'illusione di muoversi in un mondo irreale.
Probabilmente avrebbe dovuto prendersi un momento per rimettere in ordine i suoi pensieri e accettare la realtà, ma Rowan non era mai stata brava ad affrontare i suoi sentimenti, scappare era molto più facile.
Si passò le dita fra i capelli per scostare dal volto le ciocche che la fredda brezza mattutina le aveva soffiato sul viso e si spolverò i pantaloni sulle ginocchia con le mani.
Doveva scuotersi da quel torpore, non c'era spazio per il lutto on quel momento.
Rammaricarsi per qualcosa che non poteva cambiare era un'inutile perdita di tempo, tempo che non aveva. In fondo era abituata a non ricevere mai nulla di buono dalla vita, l'unica cosa da fare era tenersi occupata finché il momento peggiore non fosse passato.
Girò intorno al vetusto magazzino in pietre grigie, che lei e i suoi ragazzi chiamavano Tana, per raggiungere l'ingresso nascosto che ne consentiva l'accesso attraverso la torre diroccata, che un tempo doveva essere una sorta di torre di avvistamento per controllare i vascelli che giungevano dal mare.
Rowan aveva scoperto quel vecchio rudere fatiscente più di vent'anni prima, quando nell'inverno dei suoi nove anni era alla disperata ricerca di un posto sicuro e riparato dove passare la notte. Certo al tempo definirlo un luogo sicuro sarebbe stato un po' un azzardo, considerato era che infestato da un poltergeist, ma un fantasma le era sembrato un coinquilino accettabile a confronto col freddo, con le intemperie e con la sconsigliabile compagnie che l'attendeva per strada. In fondo quello era sempre stato piuttosto amichevole con lei e la convivenza si era rivelata piuttosto tranquilla, anche se con l'aumentare dei ragazzi si era fatto sempre più insofferente e alla fine aveva dovuto decidere di cacciarlo con l'aiuto di Lucius.
In realtà la presenza dello spirito inquieto, unita alle pessime condizioni della struttura, avevano favorito lo svilupparsi di una serie di dicerie e leggende riguardo quella vecchia torre che avevano tenuto lontano i curiosi e gli scocciatori, finché il gran consigliere non aveva formalmente acquistato per pochi spicci il vecchio magazzino per donarlo alla mezzelfa e agli orfani di Nalhock.
Certo sistemare quel fondo diroccato per farne una sorta di dormitorio non era stato semplice, soprattutto per la parte della cucina, ma fortunatamente Rowan si era fatta molti amici occupandosi dei piccoli misteri che la città racchiudeva nelle sue viscere e di cui si prendeva la maggior parte del merito, dal momento che il mago preferiva rimanere nell'ombra il più delle volte. La mezzelfa si intrufolò nella porticina di legno spesso nascosta da un dente della costruzione in pietra e salì in fretta i pochi gradini in legno che portavano all'ingresso, un'ampia stanza semi-circolare, al momento deserta, separata del magazzino da un alto arco chiuso da pesanti tende utili in inverno a tenere dentro il calore.
Scostò i tre strati di stoffa polverosa, rappezzata insieme da vecchi ritagli di diversa provenienza ed entrò nella vasta stanza rettangolare che faceva da mensa, sala comune e, in inverno, anche da dormitorio.
In quel momento i robusti tavoli un po' consumati erano stati piazzati in mezzo al refettorio e attorno ad essi, seduti, in piedi o appollaiati sulle panche sgangherate, i suoi ragazzi facevano colazione e si organizzavano per la giornata appena iniziata, chiacchierando e schiamazzando come era normale alla loro età.
Al momento alla Tana risiedevano più di una quarantina di bambini di non più di dodici anni e una decina di ragazzi più grandi che si erano auto-promossi luogotenenti, che la aiutavano a istruire e coordinare i più piccoli.
Senza Rowan più della metà di loro si sarebbe trovata in fondo a una fossa comune a quell'ora, dimenticati dalla città e da chi avrebbe dovuto proteggerli, motivo per cui la mezzelfa non riusciva nemmeno a prendere sul serio chi pontificava sulla moralità dei metodi che adoperavano per tirare avanti.
Attraversò la stanza accolta dai saluti e dalla curiosità del suo esercito di marmocchi e si diresse verso l'angolo accanto alla porta della cucina, dove Erin sedeva circondata dal suo variegato branco di animali albini.
La ragazzina dai capelli bianchi era come una figlia per lei: l'aveva trovata in una gabbia col fondo coperto di paglia, dove veniva tenuta come un animale dal direttore di un circo itinerante. Come fosse diventata proprietà di quell'uomo o chi e perché l'avesse venduta a lui era un mistero di cui la piccola non aveva mai voluto parlare e, di fatti, non aveva mai parlato molto in generale.
In compenso il perché fosse stata comprata era stato chiaro fin dal principio: quello scriccioletto pallido dai grandi occhi rossi come il sangue aveva delle innate e sorprendenti capacità di mutaforma e un'innaturale abilità nel comunicare con gli animali. Da principio Rowan aveva pensato che la bambina albina dovesse essere stata baciata dal dono, ma col passare del tempo aveva cominciato a dubitare di quella teoria e invero anche del fatto che Erin fosse del tutto umana.
La ragazzina sollevò lo sguardo verso la mezzelfa e le fece un lieve cenno di saluto col capo.
Sul suo volto, dominato per la maggior parte del tempo da un'espressione del tutto neutrale, si affacciò un accenno di sorriso, mentre un grosso ratto albino prendeva dalle sue dita il boccone di biscotto che lei gli porgeva, sgranocchiandolo sulla sua spalla.
-Com'è andata?- chiese a Rowan.
Quella le si sedette di fronte e la piccola civetta, appollaiata sulla spalliera della sedia vuota alla destra della ragazzina, aprì un occhio per darle una rapida occhiata.
-Non male... spero.- mentì Rowan, facendo ben attenzione a tralasciare la parte che riguardava Moray -Sai com'è: io raccolgo solo le informazioni, poi sta al mago usarle a suo vantaggio.-
Erin ed Ethan erano i soli in tutta la Tana a sapere della strana amicizia tra la ladruncola e il gran consigliere del governatore, se doveva rimanere un segreto era meglio condividerlo con il numero minore di persone possibile.
-Comunque sono passata solo per un breve controllo.- riprese la mezzelfa -Se qui è tutto a posto vado a fare una visita a Bardolph, voglio sapere se ci sono state novità.-
-Non è necessario, ci sono appena stato io.-
Ethan si sedette sulla panca accanto a lei, porgendole una ciotola di zuppa d'avena con semi di sesamo e miele.
-Novità?- chiese lei impugnando il cucchiaio di peltro tutto storto.
-Hai presente Henry, il pescatore, il fratello del panettiere di vicolo dei salici?- le chiese lui.
Rowan annuì con la bocca piena.
-Allora Bardolph l'ha buttato fuori per una lite con uno schiavo di Kesseft.- spiegò -Insomma, era ubriaco perso e l'ha cacciato prima che si ficcasse nei guai e siccome tu gli avevi detto di fare attenzione, ha chiesto a Lucan di tenerlo d'occhio dalla porta.-
Lei aggrottò le sopracciglia.
-Ma Lucan non ha nulla di meglio da fare che spendere le sue serate da sobrio al Porto?- commentò la mezzelfa.
-È innamorato della figlia di Bardolph.- la informò in un bisbiglio Erin, quasi fosse scontato.
Gli altri due si scambiarono un'occhiata d'intesa.
-E bravo Lucan, ha buon gusto.- commentò Ethan - Ma tornando a Henry, a un certo punto ha cominciato a comportarsi in modo strano e si è diretto verso il molo. Lucan ha provato a fermarlo, Henry ha detto qualcosa di strano su una musica o qualcosa del genere e ha provato a raggiungere l'acqua, ma in quel momento è uscito il tipo di Kesseft che gli ha tirato un pugno in faccia, facendolo tornare in sé.-
-Brutale, ma efficace.- osservò lei -Hai idea di dove possa trovare Henry?
-Dovrebbe essere a casa con un occhio nero e un bel mal di testa.- rispose il ragazzo, ridacchiando.
Rowan annuì pensierosa.
Non era certa che Henry potesse in qualche modo essere utile alla sua indagine, ma avrebbe comunque sentito cosa aveva da dire. Si era fatta un'idea di quello che stava accadendo, voleva solo avere un'ulteriore conferma. Normalmente a quel punto dell'indagine avrebbe chiesto a Lucius, ma lui era già fin troppo oberato e lei sapeva bene che il mentalista era capace di rinunciare al sonno e saltare i pasti pur di trovare il tempo di occuparsi di tutte le questioni aperte nella città di Nalhock e la mezzelfa voleva evitare che mettesse a repentaglio la sua salute; in qualche modo sentiva che fosse suo compito proteggerlo da se stesso.
-Vediamo di organizzare i ragazzi per la giornata.- decise, posando la ciotola ormai vuota sul tavolo -La primavera è vicina, quindi arriveranno navi da Variji, bisogna avvisare i nuovi di stare lontani dagli Tzai... e già che ci siete raccomandatevi ancora di tenersi alla larga dagli elfi oscuri. È meglio essere prudenti.-
Erin annuì lentamente, mentre Ethan le fece segno di aver capito alzando il pollice.
-Quando avremo organizzato tutto farò un salto da Henry e poi vi raggiungerò al mercato.- dichiarò, alzandosi dal tavolo.-Non credo ci vorrà molto.-
Scavalcò la panca e tornò verso l'ingresso.
-Ultimo giro, ragazzi.- annunciò a gran voce, affinché tutti la sentissero, girando la grande clessidra posizionata sul mobile accanto all'entrata -Il tempo di sistemarvi e vi voglio pronti per uscire.-
Un coro unanime di assenso rispose alle sue parole con entusiasmo, accompagnandola fuori dalla sala della mensa. Si avviò su per le scale della torre, per raggiungere il buco di pietra diroccato che era solita chiamare camera. Come aveva previsto, i suoi problemi si erano risolti da soli: non c'era spazio per il lutto se non avevi neppure il tempo per pensarci.
***
Lucius mordicchio lo stelo del pennino e distolse lo sguardo dagli schemi di alchimia che aveva davanti, per spostarlo sul bibliotecario di Biorj, intento a parlare sottovoce, ma con fare concitato, con un gruppetto di saggi e studenti accanto a uno scaffale a una decina di metri da lui.
La riapertura della biblioteca era stata una benedizione; dopo un'intera mattinata passata a discutere con un manipolo di diplomatici, pronti a scannarsi l'un l'altro alla minima incomprensione, un paio d'ore di studio erano quello di cui aveva bisogno per riprendersi. Purtroppo le sue ricerche lo avevano portato ad escludere una serie di potenziali soluzioni per il suo progetto, più che a trovarne una che potesse funzionare, ma il mentalista non si scoraggiava. La risposta doveva essere lì da qualche parte, doveva solo avere pazienza, d'altro canto la magia rituale non era il suo campo e le poche nozioni che aveva avuto modo di rispolverare dopo l'accademia avevano più a che fare con la guarigione che con il mentalismo, il che era quantomeno paradossale.
Osservò il bibliotecario sistemarsi per l'ennesima volta i capelli sul lato sinistro della testa: era migliorato, aveva decisamente diminuito la frequenza, ma doveva ancora lavorarci.
Rimaneva il fatto che fosse veramente un bell'uomo, anche se certamente non era umano. Probabilmente avrebbe corso il rischio di portarselo a letto anche senza avere la certezza di cosa fosse veramente: per quelle adorabili lentiggini, quel sorriso perfetto e quei glutei marmorei ne sarebbe comunque valsa la pena.
-Vi suggerirei di smettere di guardare in quel modo il bibliotacario, se solo non fossi tentata anch'io di trascinarlo dietro il primo scaffale per soddisfare le mie più torbide fantasie.-
La voce morbida di Ciara Dundas lo strappò ai suoi pensieri frivoli.
L'elfa se ne stava in piedi accanto al tavolo con le braccia incrociate e gli occhi puntati sul bibliotecario, scorata da un paio di drow che tuttavia si tenevano in disparte a qualche metro di distanza.
-Ma non temete, nel caso dovessi cedere alla tentazione vi inviterò a partecipare.- aggiunse, spostando i suoi maliziosi occhi violetti su quelli scuri del mago.
Lui abbassò lo sguardo fingendo del pudore che non gli apparteneva.
-Molto lusingato.- ringraziò divertito -Ma temo di dovervi avvertire che un uomo di Ithra potrebbe trovare offensive le vostre... insinuazioni.-
Lei gli sorrise, sedendosi sulla sedia nel modo più allusivo e provocante possibile, continuando a sostenere il suo sguardo.
-È vero.- ammise, passandosi le dita tra i capelli -Ma voi non siete un uomo di Ithra. E fra la mia gente vi siete guadagnato una certa... reputazione.-
Il gran consigliere posò il gomito sul tavolo e poggiò il viso sulla mano aperta, guardandola con aria compiaciuta.
-La reputazione di qualcuno che accetterebbe un invito per un rapporto a tre dietro gli scaffali di una biblioteca affollata?- domandò candido.
-Esattamente.- rispose lei con un sorriso carico di malizia.
-Totalmente meritata allora.- confermò il mentalista -Anche se ammetto che sarei un po' frenato dai dubbi che ancora non ho chiarito sulla vera natura del bibliotecario.-
Ciara Dundas rise a bassa voce, lanciando un'occhiata nella direzione del bibliotecario.
-Il lato positivo è che non sono molte le specie senzienti che hanno l'abitudine di divorare il partner dopo il sesso.- osservò.
-Il che è già una discreta rassicurazione.- le concesse Lucius, annuendo pensieroso -Certo è un un mistero che vorrei svelare rapidamente. Per il momento so solo che non è umano, non è un elfo e, immagino, neppure un elfo oscuro...-
-No, infatti.- confermò lei, lisciandosi i capelli che le ricadevano sul petto e sulle spalle.
-Sono già tre di meno, è un inizio.- osservò lui con fare ottimista -E anche qualcuna in più in realtà, quindi le possibilità si riducono.-
L'elfa sollevò un sopracciglio con l'espressione di chi la sa lunga.
-Invero il numero delle risposte è davvero molto esiguo.- lo corresse -Ma voi siete un uomo di Yutrell, dovreste saperlo.-
Solo quando sentì pronunciare quelle parola da Ciara Dundas il mentalista giunse all'ovvia epifania. Dopo trent'anni a Nalhock certi meccanismi nella sua testa dovevano essersi arrugginiti.
Tuttavia quello scambio di battute sul nuovo bibliotecario era durato fin troppo, era arrivato il momento di scoprire cosa volesse veramente l'elfa oscura da lui.
-È una solida probabilità.- concluse, preparandosi a rientrare nei sui panni ufficiali -Ora però vorrei sapere cosa desidera da me la consigliera dell'ambasciatrice di Braggh.-
Ciara Dundas si appoggiò allo schienale della sedia e accavallò le gambe, mentre si arrotolava una ciocca di capelli intorno alle dita con fare vago.
-Come avete indovinato il piano per attentare alla vita di Vsevold di Raskad?- chiese con calma, girando alla larga intorno alla domanda.
Lucius si schiarì piano la voce, raddrizzandosi un poco sulla seduta.
Era abituato a leggere le persone, cogliere i segnali dietro i gesti e le parole di chi aveva di fronte. La mattina dell'approdo della delegazione di Braggh aveva notato qualcosa di anomalo nel comportamento dei suoi componenti, a partire da Dervla Urchardan fino ai silenziosi elfi della scorta. E questo anche senza considerare lo scambio di sguardi e brevi affermazioni tra l'ambasciatrice e Ciara Dundas, che lo avevano spinto a sospettare che tra le due esistesse un qualche tipo di segreto. Il fatto che ora fosse la consigliera a parlargli e non l'ambasciatrice, non faceva che confermare quel sospetto.
-Potrei dire che è un comportamento che mi aspetto da una delegazione di Braggh.- rispose il mentalista -Ma la verità è che l'approccio mostrato all'incontro con i Saicri vi ha tradito: nessuna drow proverebbe mai sedurre un Saicriano dopo i recenti eventi, eppure una delle vostre guardie è stata fin troppo amichevole con Vsevold di Raskad al ricevimento e l'ambasciatrice non ha neppure tentato di richiamarla all'ordine.-
L'elfa annuì pensierosa.
-Troppo sfacciata in effetti.- ammise con un sospiro -È un'assassina promettente, ma la mancanza di esperienza la penalizza.-
I suoi occhi si posarono sul gran consigliere.
-Nonostante il mio rammarico nel non poter vedere il cadavere di Vsevold di Raskad, potremmo anche decidere di risparmiare l'ambasciatore saicriano.- acconsentì, con apparente riluttanza -In fondo la pace è anche la nostra priorità al momento. La vera domanda è: voi cosa siete disposto ad offrire in cambio della nostra collaborazione?-
Lucius era preparato a quella richiesta: a un occhio inesperto poteva apparire come un ricatto, ma nella mediazione con gli elfi oscuri l'omicidio era un'opzione da negoziare come qualunque altra.
Gli occhi del gran consigliere scivolarono lungo la chioma della donna, cercando le perline argentate che ne adornavano le ciocche sciolte e le piccole trecce, finemente intagliate con incisioni di rune elfiche.
-Argento elfico.- disse in tono pacato -Eccezionale per fabbricare gioielli e armi leggere come piume, ma i naga di Braggh conoscono il trucco.-
Anche Lucius conosceva il trucco; l'argento elfico non era davvero argento, in realtà non era neppure un metallo, era legno.
Gli elfi di Vör lo impiegavano in abbondanza per la fabbricazione dei gioielli e alcuni tipi di armature, soprattutto quelli del mare e dei fiumi che necessitava di un equipaggiamento leggero per non annegare in caso fossero caduti in acqua. Loro tuttavia avevano la fortuna di possedere chilometri di miniere di metalli e gemme preziose nell'arcipelago, di cui invece le paludi di Braggh erano completamente sprovviste, per cui i drow erano costretti a utilizzare l'argento elfico anche per le gli armamenti. Peccato che, in quanto legno, nonostante l'apparente aspetto metallico, bruciasse con estrema facilità e con altrettanta perdeva il filo dopo giorni sotto la pioggia o il sole cocente.
-Ithra è appena uscita da una guerra lunga ed estenuante.- riprese il gran consigliere -E le nostre armerie sono piene di armi che, mi auguro, non saranno usate per molti anni; se voi vi impegnerete a evitare sconvenienti omicidi, la provincia di Nalhock vi rifornirà di armamenti per tutta la durata della vostra guerra contro i naga.-
Ciara Dundas sorrise, incrociando le braccia con fare compiaciuto.
-Direi che abbiamo un accordo.- dichiarò, per poi spostare nuovamente lo sguardo sul bibliotecario, intento a studiare un voluminoso registro dall' aria vissuta -Tuttavia la nostra divergenza di vedute non è l'unico motivo per cui sono venuta a parlarvi in privato.-
A Lucius non sfuggì la forma che l'elfa aveva usato: non aveva detto di "essere stata mandata", ma che "era venuta" a parlare con lui, scelta linguistica interessante per un popolo elfico, così attento alle sfumature sia dei singoli lemmi che del discorso nel suo complesso.
-Immagino che abbiate saputo delle difficoltà in cui versa l'Impero dei Saicri.- continuò lei serafica -Quello di cui certamente ancora non siete a conoscenza è che recentemente si sono spinti oltre i confini della vostra terra natale, ricevendo un cocente lezione da parte delle città accademia di Aruil e Nemeka.-
Effettivamente quell'informazione non era giunta alla sua attenzione, fatto strano dal momento che aveva ancora molti amici a Yutrell che facevano le veci dei suoi occhi e delle sue orecchie.
-Deve trattarsi di un fatto piuttosto recente, voi come fate a esserne a conoscenza?- chiese circospetto.
Di fatto gli elfi oscuri di Braggh avevano navigato per alcuni giorni per giungere a Nalhock, quindi doveva esserci sotto qualcosa.
-Molto.- confermò con soddisfazione la drow -La battaglia a cui mi riferisco si è conclusa un paio di giorni fa. È stato un bagno di sangue per l' Impero.-
Il gran consigliere intrecciò le dita delle mani e le appoggiò alla scrivania, sporgendosi un poco avanti sulla sedia.
-Ne deduco che neanche Vsevold di Raskad ne sia ancora a conoscenze.- commentò flemmatico, tornando sulla domanda che lei aveva ignorato -Quindi voi come lo sapete?-
-Un'incantatrice ha i suoi mezzi.- dichiarò quella, alzandosi dalla sedia con fare sinuoso -Usate questa informazione come credete maggiormente opportuno.-
Gli fece l'occhiolino, sfiorando con le dita il piano del tavolo, prima di allontanarsi in direzione dell'uscita, seguita dalla sua scorta armata.
Il bibliotecario le rivolse un accenno di inchino quando lei gli passò accanto e poi si rivolse verso Lucius, facendogli un cenno di saluto che lui ricambiò con un sorriso stanco.
Il mago raccolse le sue cose nella tracolla di pelle, preparandosi a tornare a palazzo: si era rifugiato in biblioteca per sfuggire alle contrattazioni diplomatiche e quelle lo avevano raggiunto anche lì.
***
Dall'alto del tetto della locanda "Le sette sorelle" Rowan osservava la folla aprirsi per lasciar passare un gruppetto di marinai Tzai appena giunti dal porto: tra le molte razze che si mescolavano fra le strade di Nalhock, gli uomini gatto di Variji erano sicuramente tra le più appariscenti.
A differenza dei Naga, gli uomini serpente, che si spingevano raramente oltre i confini delle loro terre, i felini umanoidi erano assidui ospiti della città portuale: dalla fine di febbraio agli inizi di novembre era piuttosto frequente vederli bivaccare nelle taverne locali, suscitando curiosità e sospetto fra i cittadini. Di certo, nonostante l'abitudine alla posizione eretta e all'uso di indumenti, gli Tzai restavano molto più simili a un comune gatto domestico che a un uomo, sebbene l'assenza del pelo li aiutasse in qualche modo a integrarsi maggiormente fra gli esseri umani.
Lucius le aveva raccontato che nell'Elidrio, la parte più a sud del piccolo continente di Othman, esisteva una variante di felini umanoidi che avevano conservato il folto mantello dei loro simili meno evoluti, ma Rowan non ne aveva mai visto nessuno di persona e non era neppure certa che qualcuno di loro fosse mai sbarcato in città.
Personalmente la mezzelfa non aveva nessuna particolare opinione su quella razza: l'esperienza le aveva insegnato a prestare una particolare attenzione ai gruppi di barbari dell'Impero dei Saicri o delle regioni a sud del continente, a tenersi alla larga dagli elfi oscuri dai Naddah e Randanh e a non doversi preoccupare troppo dei viaggiatori di Vör, tutt'al più di tenere d'occhio gli umani che giravano loro intorno, ma, per quanto riguardava gli Tzai, non le era mai capitato di scambiare più di qualche parola con mercanti e marinai che bevevano la sera nelle taverne ed era difficile farsi un'idea precisa su che tipo di gente fosse, perché la maggior parte di loro parlava un comune stentato e incerto e lei non capiva il loro bizzarro linguaggio che mescolava un idioma fortemente tonale a un complesso sistema di comunicazione non verbale che richiedeva, fra le altre cose, l'uso della coda, di cui lei era sprovvista.
Rowan spostò lo sguardo sulla porta verniciata dello speziale, dove Henry era entrato dopo la loro breve chiacchierata. Come immaginava si era rivelata una conversazione piuttosto sterile che aveva solo confermato le altre testimonianze senza aggiungere nulla all'indagine. Senza contare che l'uomo aveva passato tutto il tempo a fissarle il seno, come se non avesse mai visto prima una creatura dotata di mammelle.
La mezzelfa si spostò un poco sulla sinistra per avere una visuale migliore della strada, incuriosita dal gruppo di bizzarri stranieri.
La processione si era fermata davanti a una bancarella di gioielli e suppellettili in metallo. I mercanti del posto erano abituati a trattate con creature bizzarre, ma lei era sempre in tensione quando genti di razze così poco simili agli umani giravano per la città; c'era sempre qualche xenofobo che aspettava solo un pretesto per attaccare briga e creare problemi.
La femmina del gruppo dei felini prese uno dei bracciali in argento e lo provò al polso: aveva mani curiose, simili alle zampe di un gatto, ma con falangi più lunghe, paragonabili a quelle umane, e pollice opponibile.
Rowan le studiò con sincera curiosità, mentre la Tzai rimirava il gioiello compiaciuta, rigirandoselo tra le dita con sorprendente destrezza per un felino e seguì lo scambio tra lei e il mercante per sincerarsi che scorresse tutto liscio, poi si decise a tornare alle sue occupazioni.
Leggera come una foglia trasportata dal vento, camminò rapida sulle tegole di terracotta fino a saltare sull'edificio adiacente. Dall'alto dei letti di Nalhock , si portò sopra la grande via
del mercato che tagliava in due la città bassa e si mosse verso il porto.
I suoi acuti occhi elfici scrutavano la folla, individuando di tanto in tanto alcuni dei suoi piccoli protetti che mendicavano e rubacchiavano dagli sprovveduti passanti, traendo vantaggio dalla confusione. Non c'erano molte guardie cittadine in giro in quel momento, quindi tanto valeva approfittarne.
Sembrava una normale città vista da quelle prospettive: il viavai di stranieri provenienti dal porto, i cittadini indaffarati nelle faccende quotidiane, diligenti lavoratori che si spostarono rapidi lungo le strade lastricate fra gli alti edifici di pietra.
Sorrise tra sé pensando agli oscuri segreti che celavano gli angoli bui, là dove gli occhi dei più evitavano di posarsi.
Un fischio lungo e acuto, un segnale conosciuto, richiamò la sua attenzione verso il basso.
Ethan, fermo all'incrocio della via che portava ai lavatoi, le fece cenno di scendere. Aveva un'espressione seria in volto e pareva nervoso.
Rowan si calò lungo la canala di scolo e atterrò leggera e aggraziata nel vicolo dalla parte opposta dell'incrocio, dietro a una pila di vecchie casse sfondate e si affrettò a raggiungere il suo luogotenente.
-Che succede?- domandò, trascinandolo per una manica all'ombra della strada secondaria.
Dubitava che qualcuno avrebbe potuto prestar loro attenzione, ma era meglio non rischiare.
Lui si lanciò un'occhiata alle spalle, più una sorta di riflesso nervoso che l'effettivo sospetto di essere spiato.
-Sai che mi sto vedendo con Rose, sì?- chiese il ragazzo.
La mezzelfa annuì.
-Il fratello di Rose fa l'apprendista da Nigel, il bottaio.- riprese lui -Ecco, pare che la figlia maggiore di Nigel sia sparita.-
Ci mancava solo quella.
La ragazza imprecò dentro di sé, ma poi prese un respiro profondo e si limitò a fare le giuste domande. D'altro canto poco c'era da fare, se la figlia del bottaio era scomparsa, qualcuno doveva cercarla e quel qualcuno era lei.
-In che senso "scomparsa"?- si informò.
-Ieri sera è andata a dormire e questa mattina il letto era vuoto.- rispose lui, allargando le braccia -Non ne so di più. Pensi di poter fare un controllo?-
-Certo.- lo rassicurò lei, annuendo -Ci penso io.-
Fare qualche domanda non le sarebbe costato nulla. In fondo, per risolvere il mistero de "Il porto" avrebbe comunque dovuto aspettare il calare del sole e a lei non piaceva state con le mani in mano.
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