Only in Dreams - Time To Pretend
Only in Dreams
Time to Pretend
Parte 3
«But there is really nothing, nothing we can do
Love must be forgotten. life can always start up anew».
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Quel suono tamburellante come una campana, irritante come lo stridere di unghie affilate su una lavagna è l'unica cosa che riesce a svegliarti da un sonno che sai che è durato fin troppo. Non riesci tuttavia ad aprire gli occhi, a dar loro modo di vedere dove accidenti sei, cosa sta succedendo intorno a te e forse non lo vuoi nemmeno sapere.
Hai troppa paura di scoprirti lontano; troppo lontano da casa per poterlo accettare e quando infine trovi il coraggio di aprirli, ti senti come se ti trovassi all'inferno.
C'è un vento leggero e caldo ad accarezzarti il viso e se solo piccoli e infimi frammenti di sabbia non ti graffiassero la pelle, diresti che è quasi piacevole.
Annaspi aria con difficoltà. La sabbia ti entra nella gola secca, la graffia e senti un sapore salato e allappato sotto al palato. Ti stringi una mano sul cuore, spalanchi gli occhi, ti senti mancare. Senti le vie respiratorie restringersi e un forte boato ti fa trasalire e alzi il viso sopra di te, dove una raccapricciante coltre di nebulosa viola e blu mischiata ad altri gas atmosferici che non conosci fa da tetto a quel posto orribile.
Tuoni fortissimi esplodono prima lontani, poi vicini e lampi squarciano quella pantomima horror di un cielo autunnale in un tramonto piovoso.
Il terreno è una lunga e infinita distesa di sabbia rossa come il sangue, dove i tuoi piedi sono sprofondati ed è bollente.
Poi c'è quel suono insopportabile, infinito, che echeggia e allo stesso tempo è continuo, puro e solido, quasi puoi toccarlo.
Sembra un gong che non ha alcuna intenzione di fermarsi; sembra scandire ogni istante come se quello dopo potessere essere l'ultimo ed è qualcosa a cui non ti abituerai mai. Lo sai.
Stringi i denti e gli occhi, premi le mani sulle orecchie e inizi a piangere, le ginocchia al petto, la voglia solo di vivere, di sopravvivere.
C'è odore di pioggia ma anche di morte, di putrefazione e speri davvero di non essere tu quello che sta morendo, anche se senti che presto succederà.
Hai una sensazione di vomito incontrollata, la bocca dello stomaco è come una morsa, come se l'esofago si fosse arrotolato su se stesso e volesse uscirti dalla gola.
Hai un conato e piangi ancora, ti disperi, non sai dove sei. Ti premi la mano sulla bocca, disperato come non lo sei mai stato.
Non voglio morire!, pensi.
Vuoi andare a casa, a casa tua. Vuoi tornare da zia May, abbracciarla, dirle che stai bene e che non farai più niente per farla preoccupare ed ora sei solo, in un posto che non conosci, che non riconosci e l'ultima cosa che hai visto, prima di arrivare lì, è lo sguardo preoccupato di Tony sul tuo; le sue braccia salde intorno al tuo corpo e hai quasi creduto potesse salvarti.
E invece non lo ha fatto.
Urli, urli più forte che puoi. Qualcuno potrebbe sentirti, qualcuno deve sentirti.
«Aiuto», mormori, la voce rotta dal pianto e ti stringi nelle spalle, ti guardi ancora intorno e ripeti, urlando: «Aiuto!».
«Ehi», la voce di Tony, è lontana. Lontanissima. Qualcosa ti scuote, ti prende per le spalle e tu continui a vedere solo i colori cupi e crudeli di quel posto orribile. «Ehi!», ripete la voce, stavolta più vicina, meno composta, meno gentile ma preoccupata.
Spalanchi gli occhi, ed è buio. Non c'è più la tempesta a riempire l'aria e il gong è sparito. Il vento caldo è cessato e al suo posto c'è il lieve soffio di un condizionatore acceso e quel fresco quasi ti toglie il respiro.
Sotto di te il comodo materasso di un letto matrimoniale sostituisce quella sabbia rossa come il sangue che, comunque, è l'unica cosa che continua a graffiarti la gola.
«Peter», ti chiama Tony e senti la sua mano accarezzarti i capelli bagnati, madidi di sudore. «Stai bene?».
Non riesci a rispondere, non hai la prontezza di farlo. Prendi una grossa boccata d'aria, come se fossi stato in apnea per chissà quanto e un conato di vomito ti costringe a scostarti bruscamente da lui e dalle lenzuola che fino a quel momento ti hanno coperto e, traballante e con una mano premuta sulla bocca, corri in bagno e ti sporgi appena in tempo nel lavandino per vomitare.
Senti le mani di Tony prenderti per le spalle e massaggiarle come se solo quello potesse risolvere tutto. Un gesto che ti fa salire il cuore in bocca, e senti che la cosa migliore da fare è fidarsi di lui mentre il tuo stomaco continua ad espellere ansia e terrore e la gola inizia a bruciarti, come se stesse prendendo fuoco e quando finalmente sembra che quell'attimo sia passato, ti concedi qualche minuto immobile col capo chino sul lavandino ed è Tony ad aprire l'acqua per te, in modo che tu possa pulirti.
Ti sciacqui la faccia, la bocca; bevi così tanta acqua e con tanta foga che quasi ti va di traverso e, dopo aver chiuso il rubinetto, alzi il viso sullo specchio appeso al muro e ti vedi, cianotico e stanco, non riesci a trattenerti e inesorabilmente, scoppi a piangere.
Indietreggi e ad accogliere la tua schiena ricurva dall'insicurezza c'è il petto di Tony.
Ti circonda con le braccia, e ti culla. Ti bacia la nuca, ti sussurra che va tutto bene, che è stato solo un sogno e che non succederà più. Ora sei al sicuro, dice.
Sai di esserlo ma hai paura lo stesso.
«Scusa», mormori, la voce rotta dal pianto, la sola voglia di smetterla di deludere le persone con quella debole anima che ti ritrovi. Ti odi. Sai di non meritare così tanto e hai avuto fin troppo.
Quei poteri... sarebbe stato meglio se li avesse avuti qualcuno più coraggioso e forte di te. Non sei degno di essere Spider-Man.
«Va tutto bene, Peter... va tutto bene. Non hai fatto niente, non devi chiedermi scusa, okay?», ti dice Tony, il suo timbro è goffamente dolce. Sai quanto è difficile per lui mostrare quel lato sensibile.
«Scusami», piangi ancora, non riesci a fermarti. Vuoi che ti perdoni per qualcosa che hai sicuramente fatto ma che non hai idea di cosa sia. Sai solo che ti senti in colpa. Così tanto che quando lui ti prende per le spalle e ti volta verso di lui per guardarti, distogli lo sguardo per non incontrare i suoi occhi, per paura di vedere disappunto e delusione nei tuoi confronti.
Ti prende le guance tra le mani, ti costringe a guardarlo e ti fa male il cuore.
«Ehi, smettila. Non hai motivi di scusarti. Sei spaventato a morte, ed è dannatamente normale, Peter. Piangi, urla, arrabbiati, fai quello che vuoi ma non sentirti come se mi stessi facendo un torto».
«Voglio solo... vorrei che tu... dimmi che non c'è l'hai con me. Voglio che tu me lo dica, Tony... per favore!», lo preghi, gli occhi carichi di lacrime, di sensi di colpa, di rabbia, frustrazione e dolore.
Da quando ti ha riportato indietro hai capito così tanto e quel gesto non riuscirai a ripararlo nemmeno vivendo un milione di vite. Nemmeno se fossi costretto a fare la stessa cosa, un giorno, per lui.
Non avrebbe lo stesso significato.
«Avercela con te? Per quale accidenti di motivo dovrei avercela con te?», ti chiede. È confuso, ti fissa e aspetta e tu sei stufo di farlo aspettare. Non merita di aspettarti ancora, lo ha fatto fin troppo.
Anche quando ti ha conosciuto, quel giorno che sei arrivato a casa e lo hai trovato lì, a parlare con zia May. Ti ha aspettato. E tu arrivi sempre dopo di lui.
Ti senti sempre un passo dietro al suo. Hai paura che prima o dopo smetterà di aspettarti. Ti terrorizza l'idea di perderlo.
Corrughi la fronte e dici, in un singhiozzo che ti strozza la gola: «Per averti lasciato da solo».
Il tempo si ferma, gli sguardi si fermano. Si pietrificano, come un muro impossibile da distruggere, come se quella terribile consapevolezza vi avesse bloccati entrambi in un loop senza fine fatto di niente.
Il niente però non è mai esistito tra di voi, è l'unica cosa che sai riguardo a ciò che vi lega. C'è tutto. Nemmeno un frammento di quel niente che tanto ti spaventa.
Tony poi rompe il muro, lo sfascia, senza bisogno di martelli, di un'armatura che lo rende più forte.
«Sono io quello che ti ha lasciato solo. Mi hai implorato di aiutarti, mi hai detto che non volevi andare... ed io ho lasciato che succedesse e non ti ho protetto come invece avrei dovuto».
Non è vero. Non è vero. Non è vero!.
Lo ha fatto, ti ha protetto con tutto se stesso, con l'intento di farlo fino in fondo.
O non ti avrebbe riportato indietro rischiando di morire per te. Non avrebbe mai permesso al mondo di andare avanti senza la tua presenza. Perché è questo che ti ha detto, quando gli hai chiesto perché lo ha fatto. E ti ha detto anche che quando sei sparito il suo mondo ha cessato di muoversi, come un pianeta a cui è stata tolta la propria stella che gli dava vita.
Poi hai fatto ritorno, e tutto è tornato com'era. Anche meglio, ti ha detto, perché lui si sente cambiato e non ha idea di come tu sia riuscito in quel miracolo che tutti, nessuno escluso, hanno provato a compiere.
«Non potevi fare niente. Lo sai», gli dici.
È una conversazione che avete intrapreso un mucchio di volte. Tutti e due vi sentite in colpa nei confronti dell'altro e tutti e due siete consapevoli che in fondo forse nessuno dei due ha realmente sbagliato.
È solo il mondo ad aver avuto la pretesa di dividervi e Tony ha dimostrato che questo non è possibile. Nemmeno lontanamente.
«Nemmeno tu, Peter. Non potevi fare niente», ti dice e ti sorride. Abbassa lo sguardo impacciato, poi lo alza di nuovo e i suoi occhi brillano ancora una volta di speranza. È finita, di nuovo. Siete insieme, conta solo quello e i sensi di colpa continueranno a logorarvi, forse a dividervi di tanto in tanto ma non riusciranno mai a distruggere totalmente quello che c'è tra di voi, «vieni qui».
Allarga le braccia, ti circonda così stretto che senti il suo corpo premere contro il tuo in un abbraccio totalmente diverso dal solito.
È pieno d'amore, ma anche di sollievo, di paura di perderti ancora e di leggerezza d'animo.
«Tornerà tutto come un tempo», dici, ma la tua è quasi una domanda. Hai così paura del futuro, di quello che verrà. Di ciò che vi aspetta, perché non è finita e sebbene siate di nuovo insieme quella minaccia grava su di voi, ed è proprio questo a minare ciò che siete. È questo che non vi fa vivere come se fosse possibile godere l'uno dell'altro senza timore di veder morire l'altro.
Tony ti ha già visto sparire dalla sua vita, e se toccasse a te la prossima volta? E se Thanos stavolta decidesse di privare te della persona più importante che hai?
Tremi. Stringi di più le braccia intorno alla sua vita. Nascondi il viso nel suo petto e senti di nuovo il respiro mozzarsi.
Alzi la testa, incontri i suoi occhi color nocciola. Luminosi e grandi, circondati da ciglia lunghe e piccole rughe d'espressione che ti incantano ogni volta.
Sarà che quando sorride, come sta facendo ora, si piegano di più e sono un altro motivo di sicurezza. Significa che l'esperienza che le ha create, quelle pieghe, sarà in grado ancora di proteggerti per molto tempo.
Tony alza una mano sulla tua guancia, ti accarezza i capelli, ti guarda come se potesse entrati dentro e sciogliere ogni nodo che il tuo animo ha annodato. Rilassi le spalle, gli stringi la mano libera e sorridi leggermente sotto lo sguardo protettivo e dolce che ha incatenato nel tuo.
Ti bacia con dolcezza, con premura, con una lentezza persuasiva. Come un incantesimo.
È un tocco così leggero che le labbra tremano, pizzicano e non sei capace nemmeno di chiudere gli occhi, troppa è la paura di riaprirli e ritrovarti da solo, di nuovo sotto la nebulosa viola e blu, con quelgong infernale a lacerarti le orecchie e la sabbia rossa a riempirti i polmoni.
Non è il momento, non vuoi pensarci più. Sai che sognerai quel posto ancora per molto, che ti farai inglobare dall'oscura atmosfera di quel luogo e dimenticarlo sarà impossibile ma un giorno, speri non troppo lontano, saprai semplicemente gestirlo.
«Usciamo», ti dice in un sussurro, quando vi staccate, a due centimetri dalle tue labbra e l'intimo sguardo che ti sta rivolgendo fa quasi male al cuore.
Sorridi incerto, come se quello che hai appena sentito non fosse altro che un semplice malinteso e Tony di tutta risposta ti accarezza le braccia, ti avvicina di più a lui e ti culla come se, da un momento all'altro, doveste cominciare a ballare un lento.
«Cosa?», chiedi, incapace di credere a quello che ha appena detto, non tanto per la proposta in sé quanto per il momento in cui è stata fatta.
«Hai capito benissimo», ti dice e chiude gli occhi, ti lascia un fugace bacio sulle labbra che quasi sa di ciliegia e non sai capire perché ti ha ricordato quel sapore.
«E... dove vorresti portarmi?», chiedi ancora, poi arricci le labbra perché vorresti sorridere; perché certe cose ti fanno battere forte il cuore ma hai sempre paura che Tony possa pensare a te come uno sciocco ragazzino innamorato. Lo sei in effetti, ma quanto vorresti che non fosse così. Che quel sentimento possa essere più maturo, meno dettato dalla confusione dovuta alla tua giovane età e vorresti essere all'altezza di tutto questo, ma sai di non esserlo e ti chiedi come sia possibile che Tony continui a guardarti con gli occhi illuminati da un'adorazione quasi divina.
Come puoi essere davvero così importante, proprio tu che hai sempre pensato di valere meno di niente?
«Dovunque, purché sia lontano da qui, Peter. Per un'ora, due, tre... è notte fonda, nessuno ci disturberà ma, per favore, usciamo», ti supplica quasi e ti chiedi se non sia un po' perché ne ha bisogno e un po' perché si sente ancora in colpa per quella sua convinzione che ti stia tenendo prigioniero. «Ci farà bene».
Allora pieghi le labbra all'insù: «D'accordo, Tony», dici, semplicemente e lui sospira sollevato e ti stringe ancora, e ti regala un altro bacio che sa di sollievo e di senso di appartenenza; sa di un graziepalesato con un gesto e non a parole. Dopotutto non è mai stato capace ad esprimere gratitudine diversamente da quel modo così intimo.
Fuggire da quel posto non sarà di certo la vostra salvezza e ne sei cosciente molto più di quanto Tony ne è cosciente, eppure quando tornate a guardarvi e ti regala un sorriso che gli solleva gli zigomi e lo fa sembrare un ragazzino, sai che solo quel gesto vale più di ogni altra cosa al mondo, perché la sua felicità è indubbiamente anche la tua ed è una cosa che, per fortuna, nemmeno quella involontaria prigionia potrà mai distruggere.
Fine.
«This is our decision to live fast and die young. We've got the vision, now let's have some fun.
Yeah it's overwhelming, but what else can we do?».
- MGMT - Time to Pretend -
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