27.
Cominciai il turno alle 16.00. Il lunedì era per definizione una giornata fiacca e infatti di solito c'era solo uno di noi in negozio.
Ne approfittai per rimettere a posto gli attrezzi che avevo preso 'in prestito'. Passarono in tutto un paio di clienti e verso le 18.30 cominciai a sistemare il registro di cassa e nel frattempo misi Unknown Pleasures dei Joy Division sul giradischi – era uno dei miei dischi preferiti e lo ascoltavo sempre quando mi sentivo un po' giù.
Sentii la campanella dell'entrata e sbuffai pronta a dover servire l'ennesimo cliente ritardatario, ma cambiai subito idea quando misi a fuoco la persona che era appena entrata.
<Pensavo non venissi più.> era come se avessi trattenuto il respiro fino a che non me lo ero trovato davanti.
<Te lo avevo detto. E io mantengo sempre la parola.> mi rispose.
Sorrisi ed Eddie in un balzo mi raggiunse dietro il bancone.
Ecco che ricominciavano le scosse elettriche per tutto il mio corpo.
<Stai ascoltando i Joy Division?>
<Sì, ora non dirmi che anche questi ti fanno schifo che ti caccio via!>
<No, no, sono forti, amo Ian Curtis.>
<Penso che Ian sia la mia passione segreta. Love will tear us apart mi lacera l'anima. Credo che sia la canzone più vera mai scritta sull'amore.> rivelai.
<A 17 anni eleggi come canzone sull'amore una che dice che l'amore ci farà a pezzi?>
<Non è forse così? Per la mia esperienza non c'è niente di più vero.> affermai con rammarico.
<Lo dici per come è andata tra i tuoi?>
<Già.> sospirai. <Allora come sono andate le prove oggi?> cercai di cambiare discorso.
<Non male, ma i ragazzi sono un po' agitati, credo che abbiano bisogno di provare un po' di più. Più tardi ritorno da Gareth, infatti.>
<Li spremi per benino, eh? Cavolo, Munson, sei un vero nazista della musica.> sorrise.
<No, sono un perfezionista, perciò ho scelto la migliore roadie del mondo.> e dicendomi queste parole si avvicinò in maniera abbastanza preoccupante.
<Sì, che se non si sbriga a chiudere il negozio, sarà anche l'unico lavoro che avrà per cui viene pagata con erba, tra l'altro.> svicolai e lui mi fece un sorriso sghembo.
<Ti do una mano a sistemare allora.>
Stare in negozio con lui era piacevole come stare con Robin e Steve, ma con lui potevamo scambiarci tantissime idee e opinioni sulla musica – ad esempio, scoprii che il suo amore proibito (e non avrei dovuto raccontarlo a nessuno) era Starman di Bowie.
Io invece gli raccontai del mio amore per le band inglesi e ricevetti in cambio bruttissime occhiate da parte sua.
<Non puoi tradire la tua patria, con la nazione che ci ha schiavizzato per secoli!>
<Tu sei malato, Eddie Munson!> ridacchiai.
<E poi scusa, i Beatles hanno fatto la storia della musica, è dallo U.K. che è nato tutto.> e misi un dito davanti alla bocca come a zittirlo, 'shhhhhhh'.
<Mmmmm... forse.> mi fece la linguaccia.
Stemmo nel negozio più del dovuto, quando mi resi conto che erano quasi le otto.
Mi aiutò a chiudere la saracinesca, ormai era diventato pratico dopo lo scassinamento della sera precedente, e salimmo sul suo van.
<Potrei abituarmici ad avere l'autista.> lo presi in giro.
<Assolutamente no. Lo faccio solo perché così vieni ad assistere alle nostre prove.> ammise lui, rivelando il suo piano nascosto.
<Ah, quindi questo è sequestro di persona?>
<Se vuoi metterla così.> mi fissò con quei suoi profondi occhi marroni talmente intensamente che mi venne da abbassare lo sguardo per non perdermici dentro.
<Ovviamente non voglio essere rapita, ma allo stesso tempo, non voglio abbandonare i miei ragazzi prima del grande evento di domani.>
<Allora, tieniti forte, direzione: garage di Gareth.> rise divertito.
---
Che cosa eravamo io Eddie? Due colleghi? Due amici? Non lo sapevo. E forse non volevo nemmeno indagare più di tanto.
Eravamo rimasti tutta la sera insieme per le prove – loro suonavano come folli, e io andavo avanti e indietro a sistemare amplificatori, a controllare microfoni e ad accordare strumenti.
La mano destra mi si stancava spesso e mi ritrovai ad aprire e chiudere il pugno più di quanto avessi fatto nell'ultima settimana. Detti un'occhiata ad Eddie e notai che mi guardava di sottecchi. Feci finta di niente e continuai con il mio lavoro di assistente.
Si fece quasi mezzanotte e meno male che avevo telefonato a casa per avvisare, altrimenti zia sarebbe già andata a denunciare la mia scomparsa.
I ragazzi mi sembravano abbastanza pronti – avevano un bel repertorio di cover e qualche loro inedito. C'era un che di viscerale nel modo di suonare di Eddie - tecnica poca ma tanta tanta pancia.
<Scrivi tu le vostre canzoni?> domandai curiosa, mentre sistemavamo la strumentazione nel suo van.
<La maggior parte sì. Che te ne pare?>
<Mi sembrano molto intense.>
<Intendi per la musica?>
<Anche per i testi, cioè si vede che c'è una bella elaborazione dietro – non lasci le cose al caso, sono proprio le degne figlie di un fissato della musica.> scherzai.
<Mi piace scrivere quando mi sento triste, so che non dovrebbe essere così, ma la tristezza mi fa diventare più produttivo.> mi rivelò.
<Hai un animo antico, Edward Munson.>
<Cioè?>
<Se fossi nato nell'Ottocento saresti stato un perfetto poeta maledetto – amico di Rimbaud, Verlaine e Baudelaire, ti ci avrei visto bene.> scherzai, dandogli un colpetto con la spalla.
<Quando la terra cambia in un'umida cella,
Entro cui la Speranza va, come un pipistrello,
Sbattendo la sua timida ala contro i muri
E picchiando la testa sul fradicio soffitto...>
Mi disse lui, sorprendendomi.
<Wow... conosci anche i versi del sommo poeta.> ammisi ammirata.
<Oh quanto sei snob, Sally Henderson> mi scimmiottò, <credi che perché sia un pluriripetente non possa conoscere i versi di Spleen? Vedi che non mi conosci? Ma se mi dai modo, mi piacerebbe che tu lo facessi.> mi lanciò uno sguardo di intesa.
Oddio, oddio, oddio, stavo iperventilando, non sapevo cosa dire o come rispondere, allora annuii solamente e continuai a caricare gli strumenti.
Entrammo in macchina e stemmo in silenzio per tutto il tragitto. Arrivati al vialetto di fronte casa quasi mi sentii grata che potessi uscire da quel van. C'era come una tensione palpabile che non riuscivo a spiegarmi.
<Ci vediamo domani, allora.> lo salutai mentre mi slacciavo la cintura.
<Sì. Buonanotte.> non mi guardò nemmeno, ma fissò la strada davanti a sé.
Non capivo se avessi sbagliato a non rispondergli prima, se si fosse offeso per quello, sapevo solo che ormai da qualche giorno me ne andavo a letto con la testa piena di idee ingarbugliate che non avevano il benché minimo senso.
Entrai in casa, zia e mio cugino già dormivano; io volevo chiamare Steve visto che erano un paio di giorni che non lo sentivo e sapevo che parlare con lui mi avrebbe fatto bene.
Dopo essermi fatta una doccia veloce, con i capelli ancora bagnati e sgocciolanti, misi il pigiama e me ne andai in camera. Mi buttai sul letto e composi freneticamente il numero di telefono di Harrington. Pregai con tutta me stessa che non rispondessero i genitori, dato che era praticamente l'una di notte. Dopo circa una decina di squilli, qualcuno rispose.
<Pronto??> era una voce roca e addormentata, ma era la sua. Sorrisi.
<Steeeeve!>
<Sally?? Ma sei matta?? Non lo sai che ore sono??> sbadigliò.
Solo a sentire la sua voce mi rilassai.
<Sì, ma avevo bisogno di sentirti.> confessai.
<Ehi, ehi, tutto bene?> sembrò preoccuparsi.
<Ho detto ad Eddie del divorzio dei miei.> dissi tutto d'un fiato, quasi senza staccare le parole.
<Co.. wow. Non pensavo foste diventati così intimi!>
<Non lo so, Steve! Non lo so perché gliel'ho detto, non so più nemmeno perché ho accettato quella stupida proposta di essere la sua roadie... ho la testa che mi scoppia...> confidai con voce tremante.
<Ehi, piccola, ti calmi? Se te la sei sentita vuol dire che volevi farlo, ora è inutile che ti lambicchi il cervello!>
<Sì, lo so, ma ho paura.>
<Di cosa?>
<Di rivivere di nuovo certe cose e sentirmi nuovamente uno schifo.>
<Dai, hai già dato una volta, non credi che magari adesso la sfiga abbia puntato altre persone? Non ti facevo così egocentrica.>
Mi fece sorridere nonostante le lacrime che stavano cominciando a scendere.
<Gli hai detto anche della mano?> mi domandò serio, spiazzandomi.
<No, non ce l'ho fatta, e credo che non ce la farò mai – zia, tu e Robin siete gli unici a sapere cosa sia successo davvero, non lo sa nemmeno Dustin!>
<Io credo che prima o poi glielo dirai, e quando lo farai, ti sentirai libera dall'ombra del passato che ti perseguita e potrai vivere la tua vita senza più angosce.>
<Ti ho già detto quanto sei saggio?> scherzai per smorzare la tensione.
<Non lo dite mai abbastanza. Come farebbero le mie lil' nuggets, senza di me?>
<Saremmo perduti.> ridacchiai ma in fondo era la verità.
<Brava, e diglielo anche a Robin che si crede tanto illuminata.> disse con un tono da finto indignato.
<Siete illuminati entrambi, ognuno a suo modo.>
<Mmmm.... Ma io di più.>
<Ovviamente, avevi dubbi?>
<Sei un po' più tranquilla adesso?>
<Un pochino.> sospirai.
<Bene, allora vai a dormire che domani è il grande giorno, no? Siamo tutti invitati, giusto?>
<Certo che sì.>
<Buonanotte piccola e stai tranquilla, vivi la vita giorno per giorno, hai capito?>
<Va bene mamma Steve. Ti voglio bene.>
<Te ne voglio anche io.>
E riattaccai.
Finalmente, dopo essermi sfogata con il mio migliore amico, riuscii ad addormentarmi.
***
ciao a tutt*, nuovo capitoletto dove forse si inizia a capire qualcosina in più su Sally :)
non vedo l'ora di farvi leggere gli ultimi che sto scrivendo, quindi tempo permettendo, proverò a pubblicarne due al giorno **
fatemi sapere cosa ne pensate, idee, commenti, suggerimenti ... ** sapete che mi fa molto piacere leggervi **
ps: se potete sostenete la storia con qualche stellina **grazie **
PPS: vi lascio con la canzone che mi ha ispirato questo capitolo, se non la conoscete vi consiglio di ascoltarla <3 la adoro **
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