What happened?
CHIARA'S POW
Si era fatta notte, ancora una volta.
Le ore di luce passavano così in fretta che non riuscivi a tendere la mano per cercare di prenderle che già erano sparite.
Una leggera brezza muoveva la tenda della finestra della stanza di Chiara, le colpiva la spalla, la ragazza si coprì di più d'istinto.
Si sentì un rumore di una brusca frenata fuori, sebbene fossero le quattro del mattino, poi uno sbattere continuo di porte all'interno dell'ospedale, donne che urlavano in cerca dei dottori, in quel momento in pausa per la notte, infermieri che portavano barelle a destra e a manca, flebo, garze, cerotti, perfino sacchetti per coprire gli eventuali cadaveri e borse di ghiaccio.
Alla reception, la donna incarica delle visite stava al telefono, cercando di contattare qualcuno dal cellulare del paziente che era riuscito a generare tutto questo caos di prima mattina.
Lei era là, picchiettava le unghie sul tavolo in preda all'ansia, in attesa che qualcuno rispondesse.
Una volta sentito quel "pronto?", la sua voce divenne spezzata.
"È successo qualcosa di terribile a vostro figlio, signora, venga subito all'ospedale San Martino, e ringraziando il cielo che è successa la catastrofe in questi paraggi" -la donna non riusciva proprio a tranquillizzare le persone in caso di pericolo, preferiva non mentire.
Molto spesso le persone ad un "come stai?" Rispondono "bene" anche quando stanno male, mentono pur di non far preoccupare le persone che amano, le quali di conseguenza stanno tranquilli come loro desiderano.
Ma ci sono quelle eccezioni che riescono a leggerti dentro con uno sguardo, che pressano affinché "le vittime" non parlino, spronandoli con il discorso "se non me lo dici, mi preoccupo il doppio".
Oppure l'altra eccezione, le persone che mettono sempre la sincerità al primo posto, che sono rare da trovare, però sono consapevoli delle conseguenze delle menzogne a causa di esperienze personali ed hanno capito che non devono più dire bugie.
La donna alla reception, provvista del solito cartellino con il nome sulla divisa, si chiamava Karen ed aveva appena chiuso la chiamata.
"Dottor Clemente"-disse seria- "si muova, ho visto lo stato del ragazzo ed assolutamente lei è il migliore nelle operazioni di trapianto di costole". Aveva un'espressione seria e fredda mentre pronunciava queste parole, probabilmente la pensava come Chiara: ci sono certi medici che hanno comprato la laurea per essere lì ed altri che sono bravi, ma evidentemente antipatici, magari anche pigri e infantili di tanto in tanto.
Fortunatamente, la seconda opzione riguarda casi rari, ma il dottor Clemente ne rappresentava uno.
Karen sospirò, era una bella donna di colore, veniva dall' America, era abbastanza giovane per il suo lavoro, aveva quasi 30 anni.
Da quando era nell'ospedale, aveva imparato a non fidarsi più di nessuno, data la sua esperienza.
Lei e il dottor Clemente erano stati insieme, lui aveva quasi 50 anni, era sposato e aveva due figli, una femmina e un maschio.
Karen non ne aveva la più pallida idea, non essendo mai stata in casa sua; infatti lui la convinceva sempre a portarlo in casa sua, lì passavano la maggior parte del tempo insieme, e la donna era così innamorata, ma veramente, da non vedere la stranezza.
Un giorno una sua amica afroamericana come lei, venuta in Italia qualche mese dopo per lavorare come speaker in un call-center, non fidandosi di quell'uomo, riuscì ad entrare in casa sua con la scusa di dover presentare un wi-fi della sua rete omaggio.
In un momento di distrazione, attivò il registratore del suo telefono.
Si sentirono le voci dei figli, di lui e della moglie; perfino lo schiocco di un bacio tra quest'ultimi.
Tutto ciò arrivò all'orecchio di Karen, la quale lo lasciò immediatamente.
In un primo momento venne insultata in tutti i modi, ma non si dimostrò debole, così la questione finì in neanche una settimana.
La donna sospirò, il medico le rivolse un'occhiata fugace ed entrò nella stanza con il nuovo paziente.
Chiara, in una la confusione, aveva poggiato i calzini a terra, non percepiva la temperatura del pavimento.
Era vestita solo con una delle classiche vestaglie che ti coprono appena le parti intime, dietro era abbottonata, Chiara si vergognava un po' ad uscire con solo quel capo, dato che l'avevano svestita completamente per i controlli.
Si alzò dal lettino e si mise almeno l'intimo di sotto, dopo si mosse piano, barcollando un po', ancora confusa per tutta quella giornata.
Raggiunse la porta e poggiò la mano ai suoi lati, uscendo con la testa, i suoi capelli scompigliati e imperlati di sudore facevano schifo, si, ma le cadevano anche sul viso, dandole un po' di fastidio.
Aveva un codino attaccato al polso, lo usò per farsi uno chignon; ora andava decisamente molto meglio.
Sbattè le palpebre più volte prima di mettere a fuoco nel buio, davanti a sé, una sedia a rotelle.
Si sedette sopra e iniziò a spingersi da sola tramite le ruote, non riusciva proprio a camminare senza sembrare ubriaca.
I suoi occhi si abituarono completamente al buio.
La ragazza sembrava essersi trasformata in un gatto.
Nessuno passava per quell'ala dell'ospedale, essendo una delle poche a contenere solo stanze per i pazienti e non sale operatorie.
Tutti dormivano, sembrava che solo lei avesse sentito quel fischio fastidioso delle ruote che tentavano di fermare l'auto.
La ragazza aveva anche sete, dopo un quarto d'ora raggiunse la macchinetta e si versò dell'acqua in un bicchiere, la tunica che si appiccicava sempre più di più al suo corpo a causa del sudore, si rese conto solo in quel momento di essere preoccupata per qualcosa di ignoto.
Forse aveva paura di scoprire un cadavere, andando avanti?
Forse aveva paura di essere beccata e punita in qualche modo per essere uscita di notte nell'ospedale?
Magari come punizione l'avrebbero legata al lettino, così da impedire altre fughe?
Chiara sapeva benissimo che quell'ospedale avesse delle regole molto rigide, sperava la portassero altrove, ma evidentemente il più vicino era stato questo.
Finalmente vide un corridoio illuminato e sentì delle voci.
Decise di alzarsi dalla sedia e contare solo sulle sue forze, da seduta perdeva più tempo.
"É grave?" -disse una donna la cui voce era ignota alla ragazza, sembrava spezzata.
"Signora, noi stiamo facendo tutto il possibile, lei si sieda, non vogliamo peggiorare le cose, agitandola inutilmente" -disse l'infermiera che stava davanti alla porta, con voce calma.
Spazio scrittrice.
Hi guys! Vi sono mancata?
Ecco a voi un capitolo di TMH, fresco fresco.
Spero vi piaccia, commentate o lasciate una stellina per farmelo sapere.
Al prossimo capitolo!
Ps: qualche settimana fa ho aggiornato ECC, fateci un salto!
Pps: follow me on Ig (beax_7)
-Bea.✨
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